Recensione a ''Dolce, cara Audrina'' (racconto thriller psicologico)


Trama:

Vita strana, quella di Audrina. Una madre un po' distratta, un padre che l'adora e sembra volerla proteggere da tutto, a costo di farne una reclusa. E il senso del tempo, che manca. Quanti anni ha Audrina? Nessuno parla. Vera, la sorellastra, lancia allusioni sinistre. Zia Ellsbeth, che vive in casa più come una serva che come una parente, tace. Una cosa è certa: prima di questa Audrina è esistita un'altra Audrina, bella, brava, buona al di là di ogni immaginazione, morta atrocemente anni prima, e mai dimenticata dal padre, che la elogia di continuo. Per questo Audrina, la seconda Audrina, deve sforzarsi di raccogliere "il dono" della Prima Audrina, per compiacere il padre. Ma perché Audrina ha quei buchi di memoria? E perché ricorda ossessivamente un flashback - una bambina stuprata da alcuni teppisti in un bosco - ?

Nota di Lunaria: il libro, appartenente al filone del Thriller psicologico (anche se non mancano pagine a confine con l'horror, con allusioni a sospiri e bisbigli che paiono di fantasmi), è davvero ben scritto. Malgrado la mole (369 pagine) riesce a seminare con maestria la tensione e la sottile inquietudine un po' per tutte le pagine, anche se la trama, di per sé, con il suo colpo di scena (che comunque giunge "citofonato", soprattutto per i lettori più esperti e attenti) poteva anche risolversi nel racconto breve. I personaggi sono ben caratterizzati psicologicamente, con fini ritratti che ne mettono in mostra pregi (pochi) e difetti (parecchi). A parte Audrina, la protagonista con la psiche devastata, tutti gli altri sono sempre caratterizzati da una malvagità e da un'ipocrisia più o meno celata, che spesso viene enfatizzata più dai loro comportamenti silenziosi, dal non-detto, da guizzi maligni appena percepiti, più che dalle parole: il padre perfetto e affettuoso è anche un sadico megalomane che usa la cinghia per picchiare le bambine, la zia all'apparenza bigotta è in realtà la prima amante del padre, la mamma di Audrina rimpiange spesso di essersi sposata e aver rinunciato alla carriera da pianista, Vera, la sorellastra, nasconde nella sua viziosa ninfomania e nel suo acido cinismo il dolore di essere stata rifiutata dal padre e di vedersi eternamente perdente in paragone con Audrina. A tratti, sembra che l'Autrice si sia divertita a fare una parodia dissacrante della famiglia americana dell'alta borghesia (il padre di Audrina è un brillante agente di finanza e di borsa). Intrigante l'idea di presentare Audrina, "l'eterna bambina di papà", come una sorta di bambina ottocentesca, a cominciare dall'abbigliamento da bambola, tutto trine e grandi fiocchi, che il padre le fa indossare: forse una citazione del celebre "Che fine ha fatto Baby Jane", con quella vecchia decrepita vestita come una Shirley Temple...

Il libro, da quel che ne so, è uscito in due diverse edizioni, e io lo ricomprai nell'edizione uscita per Sonzogno, che ne ha curato una copertina davvero suggestiva che riassume al meglio tutta la vicenda. 




è un libro che parla sì di stupro e di dolore femminile, ma anche di rapporti malsani sviluppati all'interno di una famiglia che, similmente a famiglie reali spesso al centro di morbosi fatti di cronaca, fa di tutto per apparire rispettabile ad occhi altrui, nascondendo il marcio che alberga dentro di sé, dietro le grandi mura della grande villa dall'aspetto cupo e cinereo.     

Qualche stralcio, tratto dalla prima parte.

C'era qualcosa di strano nella casa in cui sono cresciuta. C'erano ombre negli angoli e sussurri sulle scale e il tempo era insignificante come la chiarezza. Ma non saprei dire come facessi a saperlo.
C'era in atto una guerra in casa nostra: una guerra silenziosa, senza rombi di cannoni, e i corpi che cadevano non erano che desideri morenti e le pallottole parole e il sangue versato si chiamava sempre orgoglio.
Sebbene non fossi mai stata a scuola - avevo sette anni ed era ora che ci andassi - sembrava che sapessi tutto sulla Guerra Civile. Attorno a me la Guerra Civile infuriava ancora e, anche se fossero passati miliardi di anni, restava la guerra che non avremmo mai dimenticato giacché il nostro orgoglio ne era rimasto ferito e le nostre passioni bruciavano ancora. Eravamo stati ignobilmente sconfitti. Forse è per questo che continuava a far male.
La mamma e zia Ellsbeth dicevano sempre che gli uomini amavano più di ogni altro argomento le discussioni accese sulla guerra, ma se è vero che esistevano altre guerre, quale che fosse la loro importanza, non se ne parlava mai in casa nostra. Papà leggeva qualunque libro, andava a vedere qualunque film, ritagliava qualunque fotografia che si riferisse a quella guerra tra fratelli, anche se i suoi antenati avevano combattuto contro quelli di mia madre [...] per quanto tutti credessero che Vera fosse mia sorella, io sapevo che era figlia illegittima di mia zia - e che dovevamo tenerla al riparo dal pubblico disprezzo fingendo che fosse la mia sorella maggiore. Avevo anche una sorella maggiore legittima, ma era morta prima che venissi al mondo. Anche lei si chiamava Audrina e, sebbene fosse morta da un pezzo, era ancora fra noi. Papà non aveva mai dimenticato la prima - e migliore - Audrina e continuava a sperare che un giorno sarei diventata altrettanto eccezionale [...] A dire il vero anch'io pensavo che ci fosse qualcosa di strambo in me. Non ricordavo nulla della mia prima infanzia. Non ricordavo nulla del passato... di quello che avevo fatto la settimana o anche il giorno prima. Non avevo idea di come avessi imparato le cose che sapevo e per quale ragione sapessi cose che non avrei dovuto sapere.
I molti orologi sparsi in quell'enorme casa contribuivano a confondermi ulteriormente. Le pendole nei corridoi segnavano ore diverse [...] Gran parte della mia insicurezza derivava dalla prima Audrina, morta esattamente nove anni prima che io nascessi. Era morta in circostanze misteriose nel bosco, dopo che alcuni ragazzi crudeli e senza cuore l'avevano deturpata in maniera indescrivibile, e per causa sua non dovevo inoltrarmi nel bosco, neppure per andare a scuola [...] Oh, quanto odiavo e invidiavo la mia sorella morta! Che maledizione era per me portarne il nome!

"Quanti anni ho, babbo?" [...] Si alzò dal letto e si diresse verso la porta e, dalla soglia, si voltò e indugiò a guardarmi. Le lampade a gas del corridoio gli facevano brillare i folti capelli neri.
"Hai sette anni, presto ne compirai otto."
"Quanto presto, papà?"
"Presto, vedrai."
[...] "E riesci a ricordare una festa di compleanno di Vera?"
"No"
"è perché in questa casa non festeggiamo i compleanni. è molto più saggio dimenticare il tempo e vivere come se non esistessero orologi o calendari. In questo modo non si invecchia."

[...] Ma la sua lezione non era ancora finita, spietatamente papà mi trascinò più vicina. Adesso piangevo, completamente sconfitta, annientata dalle sue argomentazioni. Non avrei mai dovuto disobbedire, mai. Non avrei mai dovuto dimenticare l'altra Audrina.
Mi stava portando alla tomba di famiglia. Odiavo quel luogo. Cercai di fare resistenza passiva, ma papà mi prese per la vita.

[...] La depressione mi schiacciava come una cappa di piombo all'alba mentre facevo il bagno, mi vestivo e silenziosamente scivolavo al piano di sotto. La casa era gravida di malinconia; la luce del sole non filtrava attraverso le vetrate colorate [...] un'occhiata fuori dalla finestra della cucina mi rivelò un cielo torbido e plumbeo, gravido di pioggia. Brume mattutine aleggiavano sul fiume Lyle. Lontane sirene ululavano tristi e luttuose e ancora più in là battelli diretti verso il mare rimandavano singhiozzanti addii [...] Volevo che la nebbia si sollevasse per rassicurarmi e dirmi che questo mio nono compleanno non sarebbe stato foriero di cose terribili solo perché la giornata era così tetra.