Ripensare la stessa esperienza cristiana (1) in funzione dei valori umani significa citare la nuova sensibilità alle dimensioni politiche, economiche, sociali dell'impegno cristiano; il riflettere sulla rivoluzione, sulla violenza, sulla lotta di classe, sul Terzo Mondo; infine, riflettere sulla struttura ecclesiale e sull'esercizio dell'autorità.
Quindi, se volessimo definire la situazione di certa chiesa, parleremmo di secolarizzazione.
Nella misura in cui la religione appare sul piano individuale e sociale, incompatibile con i valori di cui si afferma l'autonomia scoppia un conflitto tra la secolarizzazione e la fede.
Diversi tipi di ateismo derivano proprio da questo conflitto: spesso l'ateismo non consiste tanto nel negare Dio quanto nell'ignorarlo o nel ritenere che è superato (2)
[...] L'attuale tendenza di molti cristiani li porta ad assumere sino in fondo le esigenze dell'umano per se stesse, in dialogo e in collaborazione con coloro che accettano di situarsi lealmente sullo stesso terreno.
Oggi, per un numero crescente di cristiani, tutto si svolge come se la realizzazione personale e collettiva dell'uomo fosse, anche in campo religioso, criterio di valore e di verità, come se il cristianesimo non potesse essere vero se non è umanizzante. Questo rovesciamento di prospettiva non è soltanto di ordine teorico, investe orientamenti esistenziali profondi, personali e comunitari; si situa nel punto preciso in cui la dottrina penetra l'azione.
[...] In tali condizioni, più l'uomo si sente vuoto e debole, deluso e frustrato nelle sue aspirazioni umane, più sente di aver bisogno di Dio ed è disponibile all'esperienza religiosa.
La sofferenza diventa l'itinerario privilegiato verso Dio: quando tutto ciò che è umano ci abbandona, si impone la necessità di Dio.
Le esigenze dello sviluppo dell'essere umano possono entrare in conflitto con le esigenze della gloria di Dio: quindi devono essere soppresse. Un esempio viene da Abramo.
Il sacrificio appartiene alla natura del cristianesimo, che venne considerato uno scandalo per giudei e una follia per i pagani.
Rendere il cristianesimo "ragionevole" vorrebbe dire snaturarlo.
La rivoluzione cristiana consiste nel rovesciare le categorie umane, nell'apprezzare ciò che gli uomini disprezzano.
La penitenza, il sacrificio, la rinuncia sono associate alla tradizione cristiana: la mortificazione dà gloria a Dio; la vita monastica è un "olocausto" caratterizzato dalla fuga dal mondo e dal suo disprezzo (fuga saeculi, contemptus mundi); ci si stacca dai valori umani e terreni, dall'eliminazione dei rapporti umani, per contemplare Dio.
In questa teologia del sacrificio, Cristo realizza ciò che Isacco rappresentava simbolicamente. (...) La passione di Cristo mette in evidenza il carattere di distruzione della vittima; la stessa interpretazione è riferita al sacrificio della messa.
Sul piano sociale, la subordinazione totale del tempo all'eternità, della speranza terrestre alla speranza escatologica, pone al centro dell'interesse del cristiano la salvezza della sua anima e di quella degli altri. è il Cielo la patria (...) La società terrestre è ordinata alla società futura (...) La società civile ideale diventa il regno di Cristo sulla terra, la Gerusalemme terrestre. La società è popolata da istituzioni cristiane, come i partiti, i sindacati e in primo luogo, lo Stato. (Nota di Lunaria: interpretazione che sarebbe guardata con orrore da un cristiano evangelico fondamentalista, da un cattolico tradizionalista e da un testimone di Geova, cristiani che considerano "questo mondo" come "qualcosa che giace sotto il potere del Diavolo")
Da qui l'alleanza tra il trono e l'altare. Il trono (il potere temporale) assicura alla religione una posizione di potere (Nota di Lunaria: questa idea la ritroviamo nella Teologia del Dominio in voga presso certi evangelici). Il trono diventa il braccio secolare della religione, in cambio la religione offre un fondamento al regime, all'autorità (...) la religione è strumento di governo. (Nota di Lunaria: si veda l'inquisizione: lo Stato era il suo braccio armato che eseguiva le condanne)
(...) D'altraparte, la subordinazione del temporale allo spirituale sopprime l'interesse del cristiano: a che scopo guadagnare il mondo intero se si perde l'anima?
Questo mondo è un esilio, una valle di lacrime.
(...) D'altraparte è vero che tutti i valori umani sono cristiani, perché il cristiano deve assumerli nella loro autonomia, e perché lo Spirito di Dio è presente in ogni sforzo autentico di umanizzazione, sia esso compiuto da cristiani o da atei. Anzi, tra un cristianesimo senza amore e un amore senza cristianesimo è in quest'ultimo che Cristo si riconosce, anche se gli uomini non lo riconoscono.
(...) La realizzazione umana esige l'amore degli altri, l'impegno per la loro liberazione, e perciò dei sacrifici che possono andare fino a esporre il proprio avvenire, la propria famiglia, la vita stessa; sacrifici iscritti in una ricerca positiva che danno gloria a Dio perché arricchiscono l'uomo che Dio ama e del quale vuole la grandezza.
Così, nella morte di Cristo, ciò che dà gloria al Padre non è che il Cristo abbia sofferto, che si sia umiliato, che si sia annientato, che sia morto, ma che abbia amato gli uomini accettando sino alla fine le esigenze della sua missione. Non è direttamente con la sua distruzione che Cristo afferma il primato di Dio, ma col dono totale della sua vita ai figli del Padre suo. (...) La Croce, in quanto atto supremo di libertà e di amore, è il vertice della realizzazione del Cristo e dell'uomo.
Note:
(1) Nota di Lunaria: è evidente che quasi tutto il simbolismo cristiano è androcentrico e patriarcale ed esclude la femmina dalla sfera del divino: un Dio Padre, un Dio maschio redentore, un'ancella che lo partorisce, un prete maschio che lo rappresenta in Terra durante la messa. Dico "quasi" perché di tanto in tanto, qualche teologo "si è degnato" di parlare di Dio Madre\Spirito Santo materno.
(2) O, nella prospettiva femminista radicale, nel ritenerlo un dio patriarcale funzionale alla subordinazione della donna all'uomo.
Prevengo subito l'obiezione: lo so benissimo che sono esistiti ed esistono teologi che hanno criticato\rifiutato l'androcentrismo patriarcale cristiano "alla Tommaso d'Aquino" (per giunta, uno scimmiottamento della misoginia aristotelica) così come so che esistono teologhe che hanno dato interpretazioni più "femminili" a certi testi biblici e al simbolismo di Dio.
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