Un mio scritto (aprile 2016)
L'Induismo ha così tante Dee e così tanti concetti che ogni Divinità lascia una profonda impressione nella mente (...o nello spirito...) di chi si avvicina ad essa.
Dhumavati è proprio una Dea singolare, già partendo dal suo nome, con quel "Dhu" ("Dhum" nel mantra) che in inglese si legge come "Doom", "Giudizio, Destino", rimandando anche a una delle correnti musicali più oscure, "alla moviola" e catartiche: il Doom Metal.
(e chiunque conosca canzoni come "Jack Frost" o "In the Asylum" dei Saint Vitus mi ha capito alla perfezione...)
Dhumavati si differenzia nettamente da tutte le altre Dee induiste, giovani, bellissime, adorne di gioielli (anche le Dee guerriere come Durga o Kali vengono ritratte con forme seducenti).
Dhumavati invece è vecchia, scheletrica, consunta, incadaverita, disadorna.
Indossa un abito bianco quasi tendente al grigio (il tessuto è sporco...), il tipico abito da vedova. E, in effetti, Dhumavati è una Dea Vedova. è spesso associata ad altre due Dee nefaste: Alakshmi (sorella di Lakshmi) e Daridra, le Dee della povertà e della miseria.
Il suo nome significa "La Fumosa", "Colei che è fumo" e la Dea si manifesta proprio come fumo e gradisce offerte di fumo (incenso).
Il fumo, come la nebbia, non ha barriere, non ha corpo, non ha peso, si diffonde ovunque e tutto offusca. è la Dea di coloro che hanno perso tutto, la Dea dei Nichilisti e dei Profeti del Nulla.
"L'uomo idealmente lucido, e quindi idealmente normale, non dovrebbe avere altra risorsa all'infuori del nulla che è in lui..." (Cioran, "Sommario di Decomposizione")
"Distruggere significa esercitarsi a non essere niente." (Cioran, "La Caduta nel Tempo")
"Poichè non esiste soluzione ad alcun problema, né via d'uscita ad alcuna situazione, non ci rimane che girare a vuoto. Nutriti di sofferenza, i pensieri prendono la forma di aporie, questo chiaroscuro della mente, la somma degli insolubili proietta una tremula ombra sulle cose. La serietà incurabile del Crepuscolo..." (Cioran, "Lacrime e Santi")
"Quando si impara ad attingere nel vuoto a piena mani, non si paventa più il domani" (Cioran, "Sillogismi dell'amarezza")
Predilige i forni crematori, dove i corpi sono dissolti in polvere. Per questo è immaginata anche come ricoperta di cenere mentre siede su un cadavere. Si dice anche che il suo abito sia proprio un sudario.
è la Dea della Dissoluzione Cosmica (Pralaya). è il Vuoto, che esiste prima e dopo la Dissoluzione. è fumo, perché solo il fumo si alza, dopo la Distruzione.
è accompagnata dai corvi e siede su un carro senza cavalli.
Nelle raffigurazioni più antiche, Dhumavati cavalca un corvo e ha la pelle completamente nera.
Ricorda molto Morrigan, la Dea Celta dei corvi e delle battaglie. è legata soprattutto alle stagioni piovose.
Dhumavati è tutto ciò che infausto; appare come povera, lebbrosa, moribonda; dimora nelle "ferite del mondo", come i deserti, le rovine, le case abbandonate, i cimiteri. è spesso associata anche alle streghe e soprattutto alla magia nera: si pensava che bruciare un corvo mentre si cantava il mantra di Dhumavati, spargendo le ceneri nella casa del nemico, fosse sufficiente ad affatturarlo. Chi desidera onorare la Dea, per un giorno intero dovrebbe restare in silenzio.
è anche la personificazione dell'Ignoranza: l'Ignoranza è necessaria, perché serve a manifestare la Sapienza, come la Tenebra manifesta la Luce e il Male serve a manifestare il Bene. Per la sua valenza di Distruttrice Cosmica, è spesso associata a Kali, anche lei Senza-Tempo e adorata nei forni crematori.
Può anche essere considerata l'aspetto di Kali nei crematori (propriamente detto Smashana-Kali).
Dhumavati potrebbe derivare anche dalla vedica Nirriti, Dea della miseria e della malattia, e da Jyestha, anche Lei legata al corvo e alla carestia. Verrebbe da pensare quasi alle Parche o alle Norne,
ma anche a figure come Rangda o Baba Yaga.
"Al di là del nome e della forma, al di là delle categorie umane, solitaria ed indivisibile, come la Grande Dissoluzione, Lei, Dhumavati, rivela la natura della sapienza ultima, che è senza forma e non conosce le divisioni di bene o male, puro e impuro, fausto e infausto"
(David Kinsley)
Cosa ci insegna Dhumavati?
Per prima cosa, è una Dea che essendo legata al distacco e alla perdita, può aiutarci a rielaborare i traumi. In secondo luogo, Dhumavati ci insegna a vedere oltre il velo del possesso (o del far dipendere se stesse dagli averi terreni o persino dalle persone che amiamo) e ad accettare con serenità la perdita per raggiungere la quiete, la salvezza (Moksha). è Colei che dona i Siddhis (poteri) contro i problemi, le illusioni, le speranze vane, le paure, le ansie, le frustrazioni, perché Lei stessa non ha niente e ha perso tutto. è la Dea dell'Atarassia inseguita dai filosofi. Proprio perché è una Dea Vedova (e l'unica Dea
induista senza consorte) e solitaria, è una Dea vicina alle donne che hanno il cuore infranto o vivono una momentanea rinuncia (volontaria o meno) dai sentimenti amorosi e dalle relazioni. è una Dea tipicamente legata alla condizione femminile. Rappresenta il distacco, ma il suo essere eternamente affamata e assetata indica anche i desideri insoddisfatti. Si pensa anche che un tempo fosse la compagna di Shiva,
ma Dhumavati lo divorò, fagocitandolo nel suo fumo, e il Dio, rinato, la lasciò, uscendo dalla nube fumosa che lo aveva avviluppato. La Dea è quindi completamente staccata dall'elemento maschile, ma resta ancora una Shakti, un'Energia Femminile latente.
In Nepal però, e in versioni alternative, Dhumavati è stata anche rappresentata come una giovane fanciulla, spesso adorna di gioielli e legata all'attività sessuale. Secondo questa visione, potremmo vedere Dhumavati come Triplice: la Dhumavati Nepalese, la Vergine aperta all'amore, alla passione e in costante divenire come la Luna Crescente, DhumavatiKali, la Madre Cosmica (Luna Piena) e Dhumavati la Crone, ormai nella fase della Morte e della Dissoluzione, del Nascondimento.
Certo, Dhumavati non è una Dea per tutte. Per capirla, apprezzarla, fondersi in Lei bisogna avere un substrato psichico nutrito di letture come il "Sommario di Decomposizione", libro che è una delle letture esistenziali per eccellenza. Penso che sarebbe piaciuta molto a Cioran, se non si fosse limitato a studiare il solo Buddhismo e se avesse integrato la sua profonda riflessione filosofica usando, di tanto in tanto, archetipi femminili. Dhumavati sarebbe stata la sua Musa.
E a ritmo DOOOOOOOOOOOOM....