La Pittura di Friedrich e il Sublime Cristiano Panico e Panteistico

Articolo che avevo fatto uscire anni fa e che riaggiorno con un nuovo commento 

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La pittura di paesaggio anteriore e contemporanea a Friedrich era ferma nel riprendere le tipologie di quella olandese del '600. Pur rifacendosi a modelli seicenteschi di pittori come Philips Koninck e Meindert Hobbema, specialmente nel taglio prospettico dilatato e nell'indagine meticolosa degli elementi naturali, Friedrich perviene a un'interpretazione nuova: attribuisce al rapporto uomo-natura una valore sentimentale: la partecipazione commossa del soggetto, il senso dell'infinito e del mistero, che conduce con sé simboli, evocazioni, allegorie. Sovente è la natura stessa a fare da protagonista, sia per l'assenza dell'uomo, sia perché anche quando è presente esso si fonde con la natura in un tutt'uno che celebra l'Assoluto. Da pittore romantico Friedrich ritrae paesaggi che, nella loro bellezza trasfigurata assumono un timbro quasi irreale. Talvolta rientrano nella categoria del "Sublime": il sentimento del Sublime nasce dal senso di sproporzione scaturito a contatto con i fenomeni naturali che non possono essere assoggettati al dominio dell'uomo: su di loro lo sguardo dell'artista si deposita, passando attraverso il filtro della malinconia e dell'elegia. Talvolta sono inondati di luce e variano con il variare dello stato d'animo del pittore. (https://intervistemetal.blogspot.com/2020/12/breve-introduzione-allarte-dellottocento.html)

Essi sono sempre il teatro nel quale si riflette una presenza superiore che è dentro e oltre la natura stessa: la presenza di Dio che si manifesta sotto le speci di un crescente lunare o della croce di cristo (Nota di Lunaria: in realtà, il Sublime è più pagano che cristiano; difatti la Contemplazione Estasiata della Natura può portare al panteismo e quindi a divinizzare gli elementi naturali: Il Dio Sole, la Dea Luna, la Dea dell'Acqua, la Dea della Terra, la Dea del Grano, il Dio del tuono ecc.: la Natura diventa epifania del Divino, e di un Divino sessuato: maschile e femminile, e in effetti lo stesso cristianesimo di Friedrich è intriso di uno spiritualismo panico: querce, pini, abeti, vette non rimandano al Nazareno, bensì agli Dei e alle Dee pagane, adorate nelle querce, nei pini, sulle vette, nelle rocce...)

L'imponenza del mare, del cielo, delle distese pianeggianti, dei monti, spesso viene sottolineata dalla posizione di spalle delle figure isolate, in rapporto con l'Infinito, che non dialogano con lo spettatore, ma nelle quali lo spettatore può immedesimarsi.

Friedrich è un pittore propriamente romantico: sia per la sua idea di paesaggio, sia per come vuole registrare i sentimenti, sia per il senso malinconico che riveste gli stupendi scenari naturali che egli ritrae, sia per la ripresa di elementi legati al Medioevo cristiano, come le cattedrali diroccate, le abbazie e solitarie figure di monaci. Il mondo di Friedrich è quello del Romanticismo Tedesco, ma il pittore oltrepassa gli accenti tumultuosi del movimento settecentesco dello Sturm and Drang e li traduce in una concezione della vita e della natura che è dominata da Dio e da Cristo: il Cristo della Crocifissione e quello della Resurrezione.

Il cristianesimo che troviamo in Friedrich è molto radicato nella cultura tedesca ed è affermato nelle riflessioni di un estetico di ispirazione misticheggiante come Wilhelm Heinrich Wackenroder e di Novalis, che nei suoi "Canti Spirituali" dava forma poetica a uno sconforto esistenziale, alla nostalgia e alla rappacificazione dell'uomo in dio, determinata dalla redenzione di cristo. La nostalgia è l'elemento che lo fa sentire attratto verso l'Essere Infinito. Per Novalis la vita è come il cammino di un viandante solitario che deve percorrere il tragitto necessario alla propria umana realizzazione. Il tema del Viandante è celebrato anche da un musicista come Franz Schubert che compone un lieder e una fantasia per pianoforte intitolati "Wanderer" ("Il viandante"). Non a caso, anche Friedrich tratta il tema: "Viandante sul mare di nebbia". 



Emblema del sentire romantico, l'opera rappresenta un viandante solitario che giunto alla sommità di un picco roccioso contempla una sconfinata veduta, i cui contorni sono avvolti e trasfigurati dalla nebbia; la posizione di spalle proietta immediatamente lo spettatore nella stessa contemplazione. L'uomo sta di fronte all'infinito come innanzi a qualcosa di assolutamente inaccessibile, ma ad un tempo ne è affascinato.

Con la scelta di ritrarre la giovane moglie, Caroline Bommer, come "modella" nei suoi quadri, i dipinti di Friedrich acquistano una tensione verso l'Infinito, la contemplazione della Natura, la meditazione sul termine della vita terrena, lo stupore di fronte alla resurrezione sono introdotti dalla delicata figura della moglie, isolata o che accompagna affettuosamente il marito: scaturisce un tono poetico più intimo, un sentimento di pace pervaso da sereno affetto.


Nel 1817 O.H. von Loeben scriveva che "nelle opere di Friedrich vediamo i paesaggi diventare contemplazione della vita interiore".

"Wanderer" (Il Viandante) 1816

Testo Poetico: Georg Philip Schmidt

Musica: Franz Schubert


Vengo dalla montagna,

la vallata è piena di nebbia, il mare mugghia,

cammino in silenzio, il cuore è gonfio di tristezza

sospirando, non smetto di domandare: dove?

Il sole mi appare così freddo,

il fiore appassito, la vita così carica d'anni,

e ciò che mormorano non è che un'eco vana,

ovunque sono straniero.

Dove sei patria mia amata?

Inseguita, sentita e mai trovata?

Patria, Patria ove la speranza risplende,

Patria, ove fioriscono le rose.

Dove i miei amici camminano,

dove i miei morti resuscitano,

Patria che la mia stessa lingua parla,

O Patria, dove sei?

Cammino, in silenzio, il cuore è gonfio di tristezza,

non smetto di domandare, sospirando: dove?

Una voce di morte in un sussurro mi risponde:

"Dove non sei, lì è la felicità".

 

L'Abbazia nel Querceto, 1809 

Il corteo di confratelli accompagnano un corpo a sepoltura. Dal primo piano cosparso di lapidi e croci sepolcrali, s'innalzano verso il cielo con accentuato verticalismo e rigorosa simmetria le imponenti vestigia del passato: i tronchi spogli delle querce e al centro le rovine di un'abbazia gotica che si ispira ai ruderi di Eldena, nelle vicinanze di Greifswald. 

L'albero dei corvi, 1822


è ancora l'incombente presenza della morte a riempire tutto lo spazio del quadro attraverso il fitto ramificarsi della quercia, simbolo ricorrente della tradizione eroico-pagana. Il tema è ulteriormente ribadito all'interno della composizione dalla spoglia altura, che l'iscrizione sul retro identifica in un'antica tomba unna. Gli stessi corvi annunciano sventura. Alle buie tonalità del primo piano subentrano i limpidi chiarori del cielo, sul quale in controluce si ritaglia l'articolato disegno dei rami. 

Paesaggio Boemo, 1810


Il lento digradare dei piani è interrotto dal profilo del monte Milleschauer a sud di Teplitz.

Il Riesengebirge, 1810


In primo piano si impone un picco roccioso con il crocifisso. Dietro, il paesaggio si dilata oltre lo spazio infinito del mare di nebbia e del cielo rischiarato dall'aurora. La netta linea dell'orizzonte è superata soltanto dall'esile croce. cristo, con le braccia aperte, è il signore di quell'immensa vastità. A lui tende la faticosa ascensione dei due viandanti: la donna, aggrappata al legno con una mano, tende l'altra all'uomo che ancora deve compiere gli ultimi passi. 

Paesaggio invernale con chiesa, 1811

Due stampelle sono state abbandonate sulla nave dal giovane, ora raccolto in preghiera. Gli abeti sono l'unico elemento di vita in una natura sepolta dalla neve. Una chiesa gotica appare tra le nebbie.

Croce in montagna, 1807

Sulla cima di un picco roccioso in ombra si staglia il crocifisso. La sua posizione conduce il nostro sguardo alla sorgente nascosta della luce: l'immagine del padre eterno che vivifica ogni cosa. Gli alberi simboleggiano la speranza del cristiano. 

Tomba unna nella neve, 1807

Il tema della morte pare unire in un comune destino, l'uomo e la natura. Sul terreno sepolto dalla neve sorgono tra querce maestose, ma completamente spoglie e nodose, simbolo di una concezione della vita eroico-pagana. Le querce sembrano vigilare la tomba unna, monumentum di un valoroso popolo antico. Si intrecciano così due interessi tipicamente romantici: il senso della caducità e il recupero dei momenti gloriosi della storia.

"Il Watzman", 1825

La scansione dei piani incita all'ascesa: al cammino fisico si associa quello spirituale, come suggeriscono i rimandi simbolici: i pericoli della vita terrena destinata alla morte (i dirupi e i tronchi rinsecchiti e sradicati), la forza delle fede e l'energia della speranza (la roccia e l'abete), la perfetta eternità di dio (il ghiaccio perenne in cima) 

"Il mare di ghiaccio", 1824

è impossibile che dipingendo questo dipinto nella mente di Friedrich non fosse affiorato il ricordo dell'episodio più tragico della sua vita. Aveva 13 anni quando, pattinando, il ghiaccio si ruppe sotto di lui; fu salvato dal fratello Johann che morì annegato al posto suo. 

La massa scheggiata dei ghiacci s'innalza come una cattedrale. Lo spunto di questo dipinto venne offerto a Friedrich da un fatto di cronaca: il fallimento di una spedizione al Polo nel 1820, con il conseguente naufragio di una nave.


ALTRO APPROFONDIMENTO SUL "VIANDANTE" DI FRIEDRICH

Commento tratto dall'opuscolo


"Il Viandante, opera simbolo del Romanticismo, volge le spalle allo spettatore. Come se lo avesse già oltrepassato. Non che proceda e avanzi come noi  che ci interroghiamo su di lui non e possiamo più raggiungerlo. Per la verità egli ha arrestato il suo cammino e se ne sta lì, assorto. Ma guarda oltre. Oltre la linea dell'orizzonte. Di quella profondità cerca il principio. Ne studia i presupposti. Probabilmente si chiede come figurarsi quel vortice che disorienta e quel fondo senza fondo in cui tutto si inabissa. Insomma, il suo problema è l'infinito" (Sergio Givone)


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