Stilema: l'intervista per "Utòpia"


1) Ciao ragazzi e bentornati! La prima volta ci siamo sentiti nel 2017, per parlare del vostro debutto, l'EP "Ithaka", cosa alquanto innovativa per una band Metal, ispirato al poeta Kavafis. https://intervistemetal.blogspot.com/2017/05/stilema-folk-metal.html

Esattamente come allora, proponete un Folk Metal dai tratti celtici e "powereggianti", con qualche divagazione quasi prog e orientaleggiante (come nella title track).

Gianni: Ciao Lunaria, è un piacere tornare a parlare con te. Pur rimanendo fedeli al nostro sound, con “Utòpia” volevamo spingerci oltre e cercare più varietà, sia dal punto di vista della musica etnica, anche se predomina la componente celtica, sia dal punto di vista del rock e del metal, quindi si ci sono parti che strizzano l’occhio al prog, ma anche al symphonic, abbiamo aggiunto un po’ di growl qui e li, la voce femminile, ed abbiamo osato anche parti più spinte, ad esempio il blast beat nel brano “Da qui non si passerà”

Federico: A mio avviso c’è maggiore completezza in “Utópia”, in quanto c’è stata la partecipazione di tutti i membri della band, dagli arrangiamenti, alla scelta dei suoni e a tante altre decisioni. Ne fa un lavoro dal carattere meno transitorio rispetto a “Ithaka”. Ci ha fatti conoscere meglio, ci ha resi più band. Chiaramente questa ricerca, oltre ad aver dato un carattere più variopinto all’opera, ci ha posti frequentemente in una condizione pericolosa: il rischio di trasformare alcuni brani in minestroni esagerati lo abbiamo corso in alcune fasi. Ma non abbiamo demorso, ci siamo presi più tempo e credo che siamo riusciti nell'intento di dare tutti il nostro apporto individuale senza snaturare le linee guida delle composizioni, che, in sei casi su otto, sono frutto del songwriting di Gianni. Questo è stato il nostro modo di lavorare e da qui ripartiamo per il prossimo futuro.

2) Leggo che a seguito del buon successo di critica riscosso da "Ithaka" avete vinto il premio all'Inedito Rock Festival e siete riusciti a suonare anche al di fuori dell'Italia... dev'essere stata una bella soddisfazione, considerato anche il fatto che usate l'italiano per i vostri testi... come vi ha accolto il pubblico polacco? 

Gianni: Abbiamo avuto dei buonissimi feedback per “Ithaka”, e con “Utòpia” è andata ancora meglio, quindi speriamo che appena si possa tornare a suonare dl vivo, di avere anche più occasioni di quante ne abbiam avute con “Ithaka”, le quali ci avevano permesso di farci conoscere un po', fino ad arrivare a suonare fuori dai confini italiani. Devo dire che non mi aspettavo un'accoglienza così calorosa. Non eravamo abituati a fare foto e autografare dischi. È stato molto emozionante. In Polonia non ci conosceva nessuno, era solo giunta voce che una piccola band italiana avrebbe suonato in qualche locale. Il punto è che li, se c'è una serata con musica dal vivo, i ragazzi ci vanno, qualsiasi sia il giorno o l'orario o il nome di chi suona. Qui da noi in Italia, le cose sono più difficili da questo punto di vista, ammetto che in mezzo alla settimana, molte volte ci siamo ritrovati a suonare per i fonici e per l'altro gruppo con cui dividevamo la serata. Ovviamente la trasferta in Polonia è stata decisamente un'esperienza che speriamo di rifare al più presto, ed i testi in italiano non hanno influito negativamente sul risultato finale, dopotutto oggi il metal cantato in lingua madre non è più una sorta di eresia come succedeva anni fa.

Federico: All'In-edito è stato un percorso piacevole e divertente. Ci siamo confrontati con musicisti di altri generi in un contesto più di condivisione e amicizia che di concorso “finto serio” come quelli che vanno in tv. In Polonia il pubblico che è venuto ad ascoltarci ci ha ripagato della fatica nell’affrontare quel blitz di tre giorni e soprattutto delle lacune organizzative dell’agenzia, o presunta tale, che ha fatto da tramite. I ragazzi polacchi ci hanno restituito il doppio dell'energia che gli trasmettevamo. Fantastici! Appena saliti sull'aereo che ci riportava in Italia, il pensiero comune è stato: “quando torniamo?”

3) Trovo che la copertina di "Utòpia" sia molto naif... ci sono diversi elementi, come una testa di Gorgone al di sopra del vostro monicker, una statua pagana che sembra prendere fuoco, alcuni strumenti musicali rinascimentali e ottocenteschi e sullo sfondo un borgo medievale... Anche per il retrocopertina di "Ithaka" avevate usato l'immagine degli strumenti musicali... il tutto vuole forse rimandare alle diverse influenze che caratterizzano la vostra proposta?

Gianni: Se unisci il retrocopertina di “Ithaka” alla copertina di “Utòpia” vedrai che in realtà è un disegno unico. È stata un’idea della nostra artista Elena Bugliazzini legare visivamente i due dischi, come fossero due tessere di un puzzle, il mondo greco che sfocia in quello rinascimentale, in un flusso temporale legato all’arte, passando in particolare attraverso i diversi strumenti musicali che fanno parte dei due periodi, ma soprattutto con l’idea incentrata sulle opere utopiche, che hanno avuto i loro primi alfieri nel mondo greco, pensa a Platone, per poi affermarsi durante il rinascimento. In fondo al disegno c’è la nostra città di “Utòpia” che ricorda anche la stella a otto punte del nostro logo. Abbiamo inserito diversi simbolismi nell’artwork, legati a ciò che crediamo, amiamo, odiamo e di cui abbiamo cantato nei brani di “Utòpia” ed “Ithaka”. Ecco il perché di così tanti elementi.

Federico: Esatto, la copertina rispecchia le nostre influenze, per non parlare della nostra passione per i viaggi nel tempo eheheheh! Ma anche la nascita di un mondo nuovo, in armonia col tutto, dalle macerie di quello antico che prende fuoco per autocombustione. Volendo, è una metafora del nostro tempo, ma lasciamo alla fantasia altrui il compito di interpretarla.

4) Come mai avete usato un titolo come "Utopia"? Cos'è "l'utopia" per voi? Al tempo della nostra chiacchierata per "Ithaka", mi rispondeste che "“Ithaka” è la destinazione finale, la meta a cui tutti siamo destinati ad arrivare. Può essere vista come la stessa morte, arida per sua natura. Tutto ciò che sta in mezzo tra il porto da cui siamo salpati e “Ithaka”, siamo invece noi a gestirlo, nonostante le tempeste che ti possono talvolta far perdere la via. Se usiamo il tempo che abbiamo a disposizione per apprendere invece di criticare, cercando di arricchire il nostro bagaglio culturale intrecciandolo a quello degli altri che incontriamo sulla nostra strada, invece di illuderci che la nostra visione del mondo sia unica e indiscutibile, allora quando arriveremo ad “Ithaka”, non la vedremo più come una terra desolata, ma la guarderemo con gli occhi pieni di tutte le meraviglie che abbiamo appreso lungo il nostro viaggio." Anche l'Utopia rimanda ad un concetto altrettanto profondo... forse decisamente più pessimista...

Gianni: “Ithaka” era un percorso interiore, “Utòpia” è un’amara condanna. Scrissi la musica di “Utòpia”, dopo aver letto “Kobane Calling” di Zerocalcare, volevo mettere in musica non solo il conflitto, ma gli ideali e la gente del Rojava. Poi decisi che invece di una canzone articolata e descrittiva, avrebbe avuto più senso un brano diretto, un inno di battaglia e di resistenza, quindi è nata “Da qui non si passerà”, la nostra folk metal combat song per eccellenza, dedicata si al popolo curdo, ma dedicata a chiunque ha dovuto e deve ancora resistere a qualsiasi tipo di sopruso: politico, sociale, razziale, psicologico e così via. Rimaneva adesso un bel strumentale da completare con un testo e l’idea di quel “Contratto sociale del Rojava” che lessi sul libro e approfondì in seguito, principi che facilmente farebbero invidia al cosiddetto mondo libero occidentale. Quella è per me l’utopia, e sottolineo che non c’è scritto niente di così assurdo li, ma anzi sono dei principi che vengono così naturali, che mi riesce difficile pensare che in verità non li abbiamo già tutti nelle nostre menti a portata di mano. Ma l’utopia per me non nasce dall’impossibilità di attuare una “società ideale”, ma dalla ferma volontà di non volerla attuare, per interessi personali, comodità o semplice indifferenza. Ecco perché rimane sempre un “non luogo”. Proprio a partire dal “Contratto sociale del Rojava”, alla comparazione di quei principi, con la società in cui ci ritroviamo a vivere, dove dietro ad uno stato di libertà fittizia, le persone vengono viste solo come utile capitale, dove si sa più facilmente escludere invece di includere, nasce un brano di denuncia come “Utòpia”.

Federico: L’utopia è stata interpretata in parecchi modi dai filosofi e dai letterati. Anche in maniera non positiva, da chi giustamente ne evidenziava il carattere ascientifico. Nei secoli ha cambiato forma innumerevoli volte e possiamo dire, tagliandola con l’accetta, che esistono tante utopie, a più livelli. Dovessi esprimere in breve ciò che rappresenta per me questo termine, ti direi che, nei nostri giorni l’utopia è una necessità impellente, un’esigenza comune a molti umani di dover cambiare passo, pena l’estinzione, di dover fare una rivoluzione, ma per molti aspetti, senza sapere da che parte cominciare...

5) La tragica e bellissima figura di Ophelia (probabilmente l'eroina shakesperiana più amata, insieme a Lady Macbeth) ha ispirato molti altri artisti. Come mai vi siete sentiti attratti da questa eroina immortalata dal sublime dipinto di Millais?



Federico: Ophelia è uno di quei casi in cui la musica, scritta prima del testo, non poteva desiderare tema e figura migliori per unirsi in una sola entità. La musica descrive il testo e viceversa, a mio avviso senza la minima forzatura. Un colpo di fulmine tra Ophelia e gli accordi.

Gianni: Era da tempo che volevo parlare di Ophelia, senza mai riuscire a trovare le note adatte. Quando sentì la musica del brano di Federico, mi venne in mente proprio il dipinto di Millais, sapevo di aver trovato quelle atmosfere gotiche e decadenti, ma allo stesso tempo rabbiose, adatte a cantare di “Ophelia”. Narro la storia di Ophelia, ma come sempre, non è solo un mero omaggio al personaggio. Per me ci si sente così vicini a questa figura perché il suo male crescente fino al tragico epilogo riecheggia continuamente a più livelli in una buona fetta di persone. Molti sembrano subire questa sorta di destino scritto dagli altri, si spengono in un intreccio di relazioni sbagliate, divengono spettatori della loro vita, che finisce nella peggior delle ipotesi nell’autodistruzione, tra disillusione e rabbia. In questo senso Ophelia tende ad essere un personaggio molto attuale. C’è l’altra parte della storia, l’auspicio di non subire, di trasformare quella rabbia in qualcosa di costruttivo e non distruttivo.

6) "Mondi Paralleli" ha un testo molto di critica "politica"... da certi versi sembra di capire che siete piuttosto critici anche nei confronti delle religioni...

Federico: I testi sono tutti scritti da Gianni, ma tutti ne condividiamo i contenuti. La critica nei confronti delle religioni è presente anche in altre zone del disco a livelli diversi: talvolta come critica nei confronti del fanatismo, altre volte verso l’istituzione e altre ancora verso le dottrine, i dogmi e le superstizioni che, grazie a Dio, non ci appartengono.

Gianni: Ad oggi personalmente non mi dà nessun sollievo credere in qualche divinità, infatti ho un disinteresse totale nei confronti della metafisica, anche se negli anni ho letto tanto anche di questa, perché qualsiasi cosa venga scritta, nel bene o nel male, ha diritto ad essere letta e capita.  Credo però che il fine ultimo dell’uomo sia essere felice e vivere in serenità. Questa serenità la si deve costruire in qualche modo, c’è chi la trova in un’ideale, nel proprio lavoro, nella natura, nell’arte e così via. C’è chi la trova anche nella fede in un dio, e va bene così, è un qualcosa di tuo, intimo e personale, e tale dovrebbe rimanere. Purtroppo quello spicchio di serenità, proprio per queste sue caratteristiche, diviene la parte più fragile e facilmente manipolabile della tua persona, se non hai un’armatura abbastanza dura da proteggerti. Il testo di “Mondi Paralleli” è molto esplicito, punta il dito contro chi manipola le persone, chi si inventa un nemico da combattere, chi ti dice che se lo segui sei dalla parte giusta dell’universo, se no, sei condannato. Questa figura del padre padrone, è esplicita nelle religioni, ma anche in molti politici che a seconda dei voti da ottenere, arrivano persino a mettersi a recitare il rosario in televisione. Credo che l’unica armatura al mondo abbastanza spessa da non permetterti di essere vittima di questo gioco al massacro, sia la cultura.

7) Non conosco Trilussa, come poeta, che mi citaste nella prima intervista. Come mai avete scelto questo nome? Che altri scrittori vi piacciono?

Gianni: Per estetica sono più legato ai poeti decadentisti francesi (Rimbaud su tutti, ma anche Baudelaire, Verlaine). Amo molto i “Canti Di Ossian” di MacPherson, (capolavoro assoluto. Nota di Lunaria) 


così come gli scritti di Blake. Per quel che riguarda i romanzi, potrei citarti Dickens e qualsiasi cosa riguarda l’epoca vittoriana, oppure Verne fino ad arrivare a Tolkien, King, Philip K. Dick, Kerouac, Pratchett, Herbert e potrei continuare per molto. Trilussa qui in mezzo in effetti non sembra centrare nulla. Ma apprezzo molto chi usa la propria arte anche come mezzo per parlare di talune tematiche importanti, cercando un linguaggio che possa essere capito da chiunque, e che attraverso questo, veicoli dei messaggi sociali, condanne ai giochi dei potenti, nozioni che altrimenti arriverebbero a pochi. Trilussa era questo, usava il vernacolo, lo ergeva a poesia, si beffava dei potenti con sarcasmo, spiegando il loro gioco al popolo. Nella precedente intervista ti avevo detto che “Ninna Nanna Della Guerra” sarebbe uscita con quest’album, ma non mi convinceva ancora del tutto la musica, quindi l’ho rimandata alla prossima uscita.  

Federico: Ci piaceva il progetto di cantare la sua “Ninna Nanna Della Guerra”, scritta alla vigilia dell’entrata nel primo conflitto mondiale dell’Italia. Una poesia che con arguzia smaschera i veri volti dei potenti. È un testo di grande contemporaneità. Amo la letteratura e farei fatica a trovare scrittori da non leggere. Parlando di contemporanei, negli ultimi tempi mi sono appassionato nella lettura dei romanzi del collettivo Wu Ming.

8) In "Armonie" citate Klimt... Visto che sono una grande appassionata di arte, sarei curiosa di chiedervi quali artisti amate e da chi siete ispirati... se la vostra musica fosse un dipinto, che dipinto scegliereste?

Federico: Anche qui è una bella fatica... di getto, senza pensarci troppo, ti posso dire che mi ispirano la pittura e il senso del reale dei macchiaioli. In particolare Fattori e Signorini. 


Dipingevano un mondo passato, una società che non esiste più, ma che non è così distante da noi, anzi probabilmente ne riconosciamo a livello epidermico alcuni tratti, e il loro modo di interpretarlo mi pare così fresco e giovane che sembra siano trascorsi pochi istanti dall’ultima pennellata.

Gianni: Dal punto di vista della tecnica pittorica ti direi Monet, che ha dipinto dei capolavori. Ma fin da piccolo sono stato affascinato soprattutto dal surrealismo, Dalì su tutti, ma anche Magritte e Mirò. Non saprei dirti il dipinto che possa descrivere la nostra musica, molto dipende dal mood in cui ci troviamo e dall’approccio che le vogliamo dare di volta in volta, quindi cambierebbe continuamente. Ti direi che diversi brani del prossimo disco sarebbero ben rappresentati da “La persistenza della memoria” di Dalì,

sono legati alla tematica del tempo, del ricordo, dell’ossessione dei due. Ma a questo punto son curioso di sapere anche da te che ci hai ascoltato, che dipinto sceglieresti per noi?

(Nota di Lunaria: bella domanda! Forse assocerei la vostra musica dalle tinte folk e ancestrali a qualche dipinto di Hans Dahl)



9) Questa pandemia ci sta prostrando in tutti i sensi; per un musicista, abituato a girovagare ovunque, forse è ancora più triste ritrovarsi confinato in quattro mura senza poter interagire dal vivo con i suoi fans... Voi avete usato questo tempo di "stasi" forzata per scrivere il nuovo materiale, che andrà a formare il seguito di "Utòpia"... cosa ci dobbiamo aspettare? Un cd dal sound pessimista e cupo, che risente della negatività di questo periodo o tutto il contrario, avete scelto di reagire a questa catastrofe sfoderando suoni cristallini, potenti, gioiosi?

Gianni: Si abbiamo già parecchio materiale su cui stiamo lavorando, come sempre giocheremo con i diversi sottogeneri musicali a cui siamo legati, a seconda della colonna sonora che vorremmo dare ai diversi testi. Quindi sarà vario stilisticamente ed anche dal punto di vista dei mood. Non avrà un’unica aura, preferisco i dischi dalle tante sfaccettature. Alcuni brani non possono non essere stati influenzati da questa pandemia e da ciò che ha comportato in tutti i sensi. Come ti dicevo prima, il tempo che scorre nonostante tutto, sarà uno dei temi principali trattati, tanto da scomodare qualche verso delle “Metamorfosi” di Ovidio.   

Federico: Nel nostro materiale nuovo ci sarà spazio sia per momenti cupi e riflessivi che per quelli più “estroversi”. Mai credo, del tutto pessimisti. Alla base c’è sempre un bisogno di riscatto che ci tiene artisticamente in vita. Il tutto condito da una buona dose di potenza sonora. Accanto all’italiano, ci saranno testi in inglese, e in romanesco, e ci saranno altre novità... speriamo solo di non far passare troppo tempo!

10) Concludete a vostro piacimento e grazie per questa nuova intervista!

Gianni: Ringrazio chiunque abbia avuto la voglia di leggerci fino a questo punto, e se vi abbiamo incuriosito e volete ascoltare qualche nostro brano vi invitiamo su Spotify o qualsiasi altra piattaforma digitale dove di solito ascoltate musica e troverete a disposizione l’intero album di “Utòpia” e l’ep “Ithaka”. Se siete amanti del formato fisico potete contattarci su stilemaofficial@gmail.com, o richiederlo alla nostra etichetta, la Hellbones Records, o al nostro distributore ufficiale, Mister Folk Distrò che trovate facilmente su facebook. Ovviamente il più grande ringraziamo va a te Lunaria, che ci dedichi sempre il tuo tempo per una bella e interessante chiacchierata.

Federico: La cosa che ci manca di più è quella di esibirci. Nel frattempo, visto che ci si rimprovera di avere dei social piuttosto scarsi a livello di visite, andate a dare un’occhiata alle nostre belle facce su Facebook e Instagram @Stilemaofficial. Ci saranno presto novità anche su quel versante! Grazie a te per lo spazio dedicatoci!


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