Il Tempo per Newton nella Fisica Classica e nella Ciclicità Wiccan


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Molti, anche oggi, vivono sulla base del presupposto diffuso secondo il quale il tempo non solo è lineare, ma è anche assoluto e fisso. Questa concezione del tempo deriva da Isaac Newton (1642-1727), lo scienziato inglese le cui leggi del moto fisico hanno dominato la concezione occidentale del mondo per più di due secoli (*) e sono note come principi della fisica classica.
Stando a Newton, "il tempo assoluto, vero e matematico, grazie a se stesso e alla sua natura, scorre uniformemente e non dipende da un qualsiasi agente esterno." E lo stesso concetto era valido anche per quanto riguardava lo spazio.
Questi assoluti sembravano scritti nella natura stessa dell'universo. Era quindi impossibile immaginare, dal punto di vista scientifico, che una persona potesse intravedere un evento C prima che gli eventi A e B si fossero verificati e ciò rendeva impensabile qualsiasi tipo di divinazione. Ma alla fine del XIX secolo l'incertezza che circondava tali assoluti cominciò a dissiparsi.
Nel 1883, due scienziati americani provarono che l'etere non esiste: per etere si intendeva un fenomeno che si credeva permeasse lo spazio e che gli scienziati del XIX secolo adoperavano come quadro di riferimento per misurare lo Spazio Assoluto di Newton.

Questa scoperta indusse Albert Einstein (1879-1955) che si era a lungo dibattuto tra tali problemi, a formulare, nel 1905, la sua teoria della relatività ristretta, la quale rivelò a un mondo attonito che non esiste alcun quadro di riferimento assoluto. I concetti newtoniani di tempo e spazio erano ormai sorpassati; al loro posto Einstein propose un continuum spazio-temporale e quadridimensionale all'interno del quale l'unica costante o assoluto è la velocità della luce. Lo spazio tridimensionale e il tempo unidimensionale vanno continuamente riassestati per tener conto della velocità a cui viaggia un osservatore in relazione a un altro osservatore. (**)

Note:

(1) Cioè un deficiente misogino , razzista e schiavista, adorato come una sorta di semidio, che non ne ha azzeccata una-che- sia-una, parlando di scienza e biologia e che era a favore dello sfruttamento e della schiavitù della donna e dell'uomo "non-greco". (https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/e-io-bestemmio-il-dio-aristotele.html)
è incredibile come l'idolatria che si porta ad aristotele sia ancora diffusa al giorno d'oggi (tanto che chiunque "osa confutarlo" viene linciato...) ma il  NON SERVIAM vale pure per questo cialtrone, lui sì che era malriuscito e difettoso nel cervello!!!    

(*) Irritante che questa "concezione occidentale del mondo" sia di matrice cristiana, perciò anti-donna per definizione. Non si capisce perché un non-cristiano debba "computare il tempo a partire dalla nascita del dio maschio gesù, che piace ai cristiani", quando la nascita di questo dio-maschio non è "un evento edificante", tutto il contrario, quando una ha un minimo di autostima gino-centrica. Preferirei computare il tempo basandomi sulla nascita del Dio Anansi o della sua venuta nel mondo... un tipo di Dio che giudico infinitamente più adorabile del nazareno, essendo io un'appassionata aracnofila, specialmente di Argiope bruennichi, il mio ragno preferito.



Un top perfetto per ogni aracnofila che si rispetti! *_*




(**) Noi misuriamo il tempo in base a segni di moto e cambiamento ovvi come il ciclo stagionale (che, nella spiritualità pagana e wiccan, è contrassegnato da un serie di festività dedicate a Dei e Dee: Yule, Imbolc, Ostara, Beltane, Litha, Lammas, Mabon, Samhain)
  






Immaginate, però, un oggetto costituito da materia deteriorabile congelato a temperatura più bassa possibile, vicino allo zero assoluto. Anche dopo mille anni, esso non mostrerà alcun segno di decadimento biologico, benché sia senz'altro invecchiato, mentre un suo omologo, esposto agli elementi, sarà sparito da un pezzo. Si può quindi vedere come il nostro concetto del trascorrere del tempo, in effetti, sia estremamente relativo.
E comunque, da buona Cioraniana, io sono congelata nel Tempo: "La non aderenza alla vita genera una voglia di fissità. Si comincia a vedere il mondo in forme rigide, linee definite, contorni morti; quando non provate più quella gioia che nutre il divenire, tutto sfocia in simmetrie; quello che tra i vari tipi di follia, è stato chiamato "Geomatrismo", non sarebbe dunque altro che un eccesso di questa predisposizione all'immobilità che accompagna tutte le depressioni. Il gusto delle forme tradisce una tendenza segreta alla morte. Più siete depressi, più le cose si fissano, nell'attesa di farsi ghiaccio."
Certo, le cose sono fissate ormai dal 2003, accasciata e sfiancata, ma sempre stazionaria.


APPROFONDIMENTO



Stralci di Cioran, inerenti il tempo, e il suo trascorrere, tratti da "Sommario di Decomposizione"

In se stessa ogni idea è neutra, o dovrebbe esserlo; ma l'uomo la anima, vi proietta i propri ardori e le proprie follie; impura, trasformata in convinzione, essa si inserisce nel tempo, assume forma di evento: il passaggio dalla logica all'epilessia è compiuto... Nascono così le ideologie, le dottrine e le farse cruente. Idolatri per istinto, noi convertiamo in Incondizionato gli oggetti dei nostri sogni e dei nostri interessi. La storia non è che una sfilata di falsi Assoluti, una successione d templi innalzati a dei pretesti, un avvilimento dello spirito dinanzi all'Improbabile. Anche quando si allontana dalla religione, l'uomo vi rimane assoggettato; si affanna a creare simulacri di dèi, e si precipita poi ad adottarli: il suo bisogno di finzione, di mitologia, trionfa sull'evidenza e sul ridicolo.

L'abbondanza delle soluzioni agli aspetti dell'esistenza è pari solo alla loro futilità. La Storia: fabbrica di ideali, mitologia lunatica, frenesia delle orde e dei solitari, rifiuto di considerare la realtà quale è, sete mortale di finzioni...
L'origine dei nostri atti sta nella propensione inconscia a ritenerci il centro, la ragione e l'esito del tempo. I nostri riflessi e il nostro orgoglio trasformano in pianeta la briciola di carne e di coscienza che noi siamo. Se avessimo il giusto senso della nostra posizione nel mondo, se confrontare fosse inseparabile dal vivere, la rivelazione della nostra infima presenza ci schiaccerebbe. Ma vivere significa ingannarsi sulle proprie dimensioni...
Giacchè se tutti i nostri atti - dal respiro sino alla fondazione degli imperi o dei sistemi metafisici - derivano dalle illusioni che ci facciamo sulla nostra importanza, a maggior ragione l'istinto profetico. Chi mai, avendo l'esatta visione della propria nullità, tenterebbe di agire sulla realtà e di erigersi a salvatore?


L'amore - un incontro di due salive... Tutti i sentimenti attingono il loro assoluto dalla miseria delle ghiandole. Non vi è nobiltà se non nella negazione dell'esistenza, in un sorriso che sovrasta paesaggi annientati".
(Un tempo avevo un "io"; ormai sono soltanto un oggetto...Mi imbottisco di tutte le droghe della solitudine; quelle del mondo erano troppo leggere per farmelo dimenticare. Dopo aver ucciso in me il profeta, come potrei avere ancora un posto tra gli uomini?)


...Ed ecco perchè, ritrovandoci dopo ogni notte di fronte a un nuovo giorno, l'irrealizzabile necessità di riempirlo ci colma di spavento; e, spaesati nella luce, come se il mondo si fosse appena messo in moto, avesse appena inventato il suo Astro, noi fuggiamo le lacrime - poichè ne basterebbe una sola per estrometterci dal tempo.


Gli istanti si susseguono gli uni agli altri: nulla conferisce loro l'illusione di un contenuto o la parvenza di un significato; si svolgono; il loro corso non è il nostro; prigionieri di una percezione inebetita, li guardiamo passare; il vuoto del cuore dinanzi al vuoto del tempo: due specchi, uno di fronte all'altro, che riflettono la loro assenza, una stessa immagine di nullità... Come sotto l'effetto di un'idiozia sognante, ogni cosa si livella: niente più cime, niente più abissi...Dove scoprire la poesia delle menzogne, il pungolo di un enigma?
Chi non conosce la noia si trova ancora nell'infanzia del mondo, quando le epoche erano di là da venire; rimane chiuso a questo tempo stanco che si sopravvive, che ride delle sue dimensioni, e soccombe sulla soglia del suo stesso...avvenire, trascinando con sé la materia, elevata improvvisamente a un lirismo di negazione. La noia è l'eco in noi del tempo che si lacera... la rivelazione del vuoto, l'esaurirsi di quel delirio che sostiene - o inventa - la vita...
Creatore di valori, l'uomo è l'essere delirante per eccellenza, vittima della convinzione che qualche cosa esista, mentre gli basta trattenere il respiro e tutto si ferma, sospendere le sue emozioni e niente freme più, sopprimere i suoi capricci e tutto diventa scialbo.
La realtà è una creazione dei nostri eccessi, delle nostre dismisure e delle nostre sregolatezze.Un freno alle nostre palpitazioni: il corso del mondo rallenta; senza i nostri ardori, lo spazio è di ghiaccio. Il tempo stesso non scorre se non perchè i nostri desideri creano questo universo decorativo che un minimo di lucidità metterebbe a nudo. Un briciolo di chiaroveggenza ci riconduce alla nostra condizione primordiale: la nudità; un pizzico; di ironia ci spoglia di quel paludamento di speranze che ci permette di ingannarci e di immaginare l'illusione: ogni via opposta conduce fuori dalla vita. La noia non è che l'inizio di questo itinerario...Essa ci fa sentire il tempo troppo lungo, inadatto a svelarci una fine. Distaccati da ogni oggetto, senza poter assimilare nulla dall'esterno, ci distruggiamo al rallentatore, poichè il futuro ha cessato di offrirci una ragion d'essere.
La noia ci rivela un'eternità che non è il superamento del tempo bensì la sua rovina; è l'infinito delle anime marcite per mancanza di superstizioni: un assoluto piatto in cui nulla impedisce più alle cose di girare in tondo alla ricerca della propria caduta.
La vita si crea nel delirio e si disfa nella noia.
(Chi soffre di uno specifico male non ha il diritto di lamentarsene: ha un'occupazione. I grandi sofferenti non si annoiano mai: la malattia li riempie, così come il rimorso nutre i grandi colpevoli. Ogni sofferenza intensa suscita un simulacro di pienezza e propone alla coscienza una realtà terribile, che essa non riesce a eludere; mentre la sofferenza senza materia, in quel lutto temporale che è la noia, non oppone alla coscienza niente che la obblighi a un passo fruttuoso. Come guarire da un male non localizzato e sommamente impreciso, che colpisce il corpo senza lasciarvi traccia, che si insinua nell'anima senza imprimervi un segno? Assomiglia a una malattia cui si sia sopravvissuti ma che abbia assorbito le nostre possibilità, le nostre riserve di attenzione e ci abbia lasciati incapaci di colmare il vuoto conseguente alla scomparsa delle nostre angosce e allo svanire dei nostri tormenti. L'inferno è un rifugio in confronto a questo spaesamento nel tempo, a questo languore vuoto e prostrato in cui nulla ci trattiene se non lo spettacolo dell'universo che si deteriora sotto i nostri occhi. Quale terapia usare contro una malattia di cui non ci ricordiamo più, e i cui postumi si ripercuotono sui nostri giorni? Come inventare una medicina per l'esistenza, come concludere questa guarigione senza fine? E come rimettersi dalla propria nascita? La noia, questa convalescenza incurabile...)


Se i pomeriggi domenicali si protraessero per mesi, dove andrebbe a finire l'umanità, emancipata dal sudore, libera dal peso della prima maledizione? L'esperimento varrebbe la pena d'esser fatto. Con ogni probabilità il crimine diverebbe l'unico svago, la dissolutezza parrebbe candore, l'urlo melodia e il sogghigno tenerezza. La sensazione dell'immensità del tempo farebbe di ogni secondo un supplizio intollerabile, una cornice da esecuzione capitale. Nei cuori pervasi di poesia si insedierebbero un cannibalismo annoiato e una tristezza da iena; i macellai e i carnefici morirebbero di languore, le chiese e i bordelli risuonerebbero di sospiri. L'universo trasformato in pomeriggio domenicale: è la definizione della noia - e la fine dell'universo...

(L'unica funzione dell'amore è quella di aiutarci a sopportare i pomeriggi domenicali, crudeli e incommensurabili, che ci feriscono per il resto della settimana - e per l'eternità.
Senza l'impulso dello spasmo ancestrale, ci occorerebbero mille occhi per lacrime nascoste, oppure unghie da rosicchiare, unghie chilometriche...Come amazzare altrimenti un tempo che non scorre più? In queste domeniche interminabili il male d'essere si manifesta pienamente. A volte riusciamo a dimenticare noi stessi in qualche cosa; ma come fare a dimenticare noi stessi proprio nel mondo? Tale impossibilità è la definizione di quel male. Chi ne è colpito non guarirà mai, nemmeno se l'universo cambiasse completamente. Solo il suo cuore dovrebbe cambiare, ma esso è immutabile; sicchè, per lui, esistere ha un unico senso: immergersi nella sofferenza - fino a che l'esercizio di una quotidiana nirvanizzazione non lo innalzi alla percezione dell'irrealtà...)


Ognuno subisce di persona quella unità di disastro che è il fenomeno uomo. E l'unico senso del tempo è di molteplicare queste unità, di accrescere indefinitamente queste sofferenze verticali che si reggono su un briciola di materia, sull'orgoglio di un nome e su una solitudine senza appello.


Qualsiasi cosa, elementi e atti, concorre a ferirti, corazzarti di sdegni, isolarti in una fortezza di disgusto, sognare indifferenze sovrumane? Gli echi del tempo ti perseguiterebbero nelle tue estreme assenze... Quando nulla può impedirti di sanguinare, le idee stesse si tingono di rosso o sconfinano come tumori le une sulle altre. Nella farmacie non vi è alcun rimedio contro l'esistenza - solo palliativi per i fanfaroni. Ma dov'è l'antidoto alla disperazione chiara, infinitamente articolata, fiera e sicura? Tutti gli esseri sono infelici; ma quanti lo sanno? La coscienza dell'infelicità è una malattia troppo grave per figurare in un'aritmetica delle agonie o nei registri dell'Incurabile.Essa sminuisce il prestigio dell'inferno e trasforma i mattatoi dei tempi in idilli. Quale peccato hai commesso per nascere, quale colpa per esistere? Il tuo dolore, al pari del tuo destino, è senza motivo. Soffrire davvero significa accettare l'invasione dei mali senza la scusa della causalità, come un favore della natura demente, come un miracolo negativo...
Nella frase del Tempo gli uomini si inseriscono come le virgole, mentre tu, per arrestarlo, ti sei immobilizzato in punto. 


La vita non acquista contenuto se non nella violazione del tempo.


Come potrebbe trovar pace? Da un lato, la volontà di essere immersi nella comunione del cuore e del suolo; dall'altro, quella di assorbire continuamente lo spazio in un desiderio inappagato. E poiché lo spazio non ha limiti, e con esso aumenta la propensione per i vagabondaggi, lo scopo arretra via via che si avanza. Da qui il gusto esotico, la passione per i viaggi, il piacere del paesaggio in quanto tale, la mancanza di forma interiore, la profondità tortuosa, seducente e ripugnante nello stesso tempo.
 

Non si insisterà mai abbastanza sulle conseguenze storiche di certe approssimazioni interiori. Una di queste è appunto la nostalgia: essa ci impedisce di riposare nell'esistenza o nell'assoluto, ci obbliga a fluttuare nell'indistinto, a perdere le nostre basi, a vivere alla scoperto nel tempo.

Non è facile formulare un giudizio sulla ribellione del meno filosofo degli angeli, senza mischiarvi simpatia, stupore e riprovazione. L'ingiustizia governa l'universo. Tutto ciò che vi si costituisce, tutto ciò che vi si disfa porta l'impronta di una fragilità immonda, come se la materia fosse frutto di uno scandalo in seno al nulla. Ciascun essere si nutre dell'agonia di un altro essere; gli istanti si precipitano come vampiri sull'anemia del tempo - il mondo è un ricettacolo di singhiozzi...


Per quali misteri certe mattine ci svegliamo con la smania di demolire ogni cosa, viva o inerte che sia? Quando il diavolo annega nelle nostre vene, quando le nostre idee sono convulse e i nostri desideri fendono la luce, gli elementi si incendiano e bruciano, mentre la loro cenere ci scorre fra le dita. Quali incubi abbiamo alimentato durante la notte, per alzarci nemici del sole? Dobbiamo liquidarci da soli per farla finita con tutto? Quale complicità, quali legami protraggono la nostra intimità con il tempo? La vita sarebbe intollerabile senza le forze che la negano.


Tutto ciò che attiene all'eternità cade inevitabilmente nel luogo comune. Il mondo finisce con l'accettare qualsiasi rivelazione e si rassegna a qualsiasi brivido, purchè se ne sia trovata la formula. L'idea della futilità universale - più dannosa di tutti i flagelli - si è degradata al rango di evidenza: tutti la ammettono e nessuno vi si conforma. Lo spavento di una verità definitiva è stato domato; una volta divenuto ritornello, gli uomini non ci pensano più, perchè hanno imparato a memoria una cosa che, anche solo intravista, dovrebbe trascinarli o verso l'abisso o verso la salvezza. La visione della nullità del Tempo ha fatto nascere i santi e i poeti, e la disperazione di qualche isolato, invaghito di anatemi...


Ieri, oggi, domani, sono categorie a uso dei servi. Per l'ozioso insediati sontuosamente nella Sconsolatezza e afflitto da ogni istante che scorre, passato, presente, futuro non sono altro che parvenze variabili di uno stesso male, identico nella sostanza, inesorabile nel suo insinuarsi e monotono nel suo persistere. E questo male è coestensivo all'essere, è l'essere stesso.
Fui, sono, sarò sono una questione di grammatica e non di esistenza. Il destino - in quanto carnevale temporale - si presta alla coniugazione ma, una volta che sia stato privato delle sue maschere, si rivela immobile e nudo quanto un epitaffio. Com'è possibile attribuire più importanza al tempo presente che a quello passato o futuro? L'equivoco in cui vivono i servi - e qualsiasi uomo aderisca al tempo è un servo - rappresenta un vero stato di grazia, un oscuramento incantato; e questo equivoco - come un velo soprannaturale - occulta la perdizione alla quale è esposto ogni atto generato dal desiderio. Ma per l'ozioso disingannato, il semplice fatto di vivere, il vivere esente da ogni fare, è una fatica così estenuante che sopportare l'esistenza qual è gli sembra un mestiere ingrato, una carriere sfibrante - e ogni gesto supplementare impraticabile e irrilevante.


"Ho sognato primavere lontane, un sole che non illuminasse altro che la schiuma dei flutti e l'oblio della mia nascita, un sole nemico della terra e di quel mare di trovare ovunque soltanto il desiderio di essere altrove. La sorte terrena, chi mai ce l'ha inflitta, incantenandoci a questa materia tetra, lacrima pietrificata contro la quale i nostri pianti - nati dal tempo - si infrangono, mentre essa, immemoriale, è caduta dal primo fremito di Dio?


Restiamo per ore ad attendere altre ore, ad attendere istanti che non fuggano più il tempo, istanti fedeli che ci ristabiliscano nella mediocrità della salute... e nell'oblio dei suoi scogli.


Prima della vecchiaia, verrà un tempo in cui, ritrattando i nostri ardori e curvi sotto le palinodie della carne, cammineremo per metà carogne e per metà spettri... Avremo represso - nel timore di complicità con l'illusione - ogni palpito in noi. Per non essere riusciti a disincarnare la nostra vita in un sonetto, ci trascineremo dietro la nostra putredine in brandelli e, per essere andati più lontano della musica o della morte, avanzeremo incespicando, ciechi, verso una funebre immortalità... 


Inchiodati a noi stessi, non abbiamo più la facoltà di deviare dal cammino iscritto nell'innatismo della nostra disperazione. Farci esentare dalla vita perchè essa non è il nostro elemento? Nessuno rilascia certificati di inesistenza. Dobbiamo perseverare nel respiro, sentire l'aria bruciarci le labbra, accumulare rimpianti dentro una realtà che non abbiamo desiderato, e rinunciare a dare una spiegazione al Male che alimenta la nostra rovina. Quando ogni momento del tempo si avventa su di noi come un pugnale, e la nostra carne, sollecita dai desideri, rifiuta di pietrificarsi - come sopportare che un solo istante si aggiunga alla nostra sorte?


Ho visto ciascun uomo procedere nel tempo per isolarsi in un rimuginio angoscioso e ricadere in se stesso, con la smorfia inattesa delle proprie speranze quale unico segno di rinnovamento.


Irresponsabile per tristezza, la tua vita ha deriso i suoi istanti; ma la vita è pietà della durata, sentimento di un'eternità danzante, tempo che supera se stesso e rivaleggia con il sole...


è passato il tempo in cui l'uomo pensava a se stesso in termini di aurora; giacendo su una materia divenuta anemica, ora è disposto a compiere il suo vero dovere, quello di studiare la propria perdita e di correrle incontro; eccolo sulle soglie di una nuova èra: quella della Pietà di sé. E questa Pietà è la sua seconda caduta, più netta e più umiliante della prima: è una caduta senza riscatto. Invano egli scruta gli orizzonti: migliaia e migliaia di salvatori vi si profilano, salvatori da farsa, anche loro sconsolati. Egli se ne allontana per prepararsi, nella sua anima sfatta, alla dolcezza di marcire...Giunto nel più profondo del suo autunno, egli oscilla tra l'Apparenza e il Nulla, tra la forma ingannevole dell'essere e la sua assenza: vibrazione tra due irrealtà...


Il tempo corrompe tutto ciò che si manifesta e agisce: un'idea o un avvenimento, attuandosi, prendono forma e si degradano. Così, quando la moltitudine degli umani si mise in moto, ne derivò la Storia e, con essa, l'unico desiderio puro che abbia ispirato: che si concluda in un modo o nell'altro.


Qui trovate altri post dedicati al Tempo: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/03/eternita-del-mondo-creazione-ex-nihilo.html

https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/associazioni-misteriche-riti-di.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/03/il-tempo-ciclico-nel-contesto.html