La Giöbia: la Dea Crone della Lombardia

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Nota di Lunaria: nella città di Busto Arsizio si festeggia "il Rogo della Giöbia" (o Giobiana): un fantoccio con sembianze di vecchia viene bruciato.
 


Ovviamente è un rito pregno di simbolismi ancestrali e pagani, in tempi nei quali si praticavano sacrifici umani e animali ("capri espiatori") per mondare i "peccati della comunità",  uccidere lo spirito dell'inverno\fine dell'anno, favorire la fertilità. Roghi di fantocci (dalle sembianze di vecchie oppure di creature ricoperte di muschio, con corna, dai volti deformi ecc., che sfilavano anche in processione) hanno sostituito i sacrifici umani delle vittime che venivano immolate nei tempi antichi. Inoltre, la Giöbia è la personificazione degli attributi delle Dee Crone e Vedove, cioè le Dee che rappresentano il terzo aspetto della Triplice Dea:  il terzo aspetto tremendo, terrifico, invernale, lugubre, della carestia, della Luna Calante; gli altri due aspetti della Triplice Dea sono la Fanciulla Vergine Immacolata e la Dea Madre e Feconda. Un esempio di Triplice Dea è l'antica Triade pre-islamica formata da Al Uzza, Allat e Manat: Al Uzza era la Dea Fanciulla, Vergine Guerriera, Allat era la Dea Madre, Manat la Dea Crone. https://intervistemetal.blogspot.com/2020/05/la-kaaba-la-pietra-nera-e-la-litolatria.html


Le Dee Crone\Vedove più famose sono Cailleach, Cerridwen, Manat, Dhumavati, Ecate (Triplice Dea), Rangda, Brigid (Triplice Dea), Morrigan (Triplice Dea). Anche la Baba Yaga del folklore slavo può essere considerata ispirata dalla Dea Crone, così come Morana, la Dea slava dell'Inverno, contrapposta a Vesna, la Dea della primavera. 


















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In Lombardia, la zona della Brianza è collinare, e un tempo era abitata dai Celti: Brianza significa, appunto, "Terra delle Colline" ("Bran", "collina" in lingua celtica). Le persone che abitavano in queste zone, un tempo credevano che fossero abitate da alcune streghe chiamate Giöbie: ogni giovedì queste streghe si riunivano per danzare.
L'ultimo giovedì di gennaio era chiamato il "El dì de la Giöbia", e in questa occasione la Giöbia rapiva giovani fanciulle. Si annunciava con delle urla, poi si calava dalla cappa del camino, facendo apparire la sua gamba rossa (*) 


La Giöbia come la Dona del Zöch ("Donna del Gioco", personificazione della Dea Diana https://intervistemetal.blogspot.com/2020/05/diana-signora-del-giocodomina-ludi-la.html) poteva assumere un aspetto gigantesco, con i piedi che potevano stare l'uno su un tetto di una casa, l'altro su un tetto ancora più lontano; una gamba era rivestita con una calza rossa ma la Giöbia era vestita con abiti stracciati, di cui però andava molto fiera.
Quando la Giöbia stava sui tetti, filava un filo magico che, se lanciato nei camini, poteva rapire le ragazze.


Durante il "El dì de la Giöbia" era pericoloso andare in giro per i boschi nebbiosi, perché si poteva incontrare la Giöbia" che stava appollaiata sui rami degli alberi (**). Se era una fanciulla ad incontrarla, la Giöbia appariva bellissima e le rivelava cose misteriose assicurandole un cammino sicuro, se la fanciulla avesse rispettato la condizione di non rivelare a nessuno quanto la Giöbia le aveva rivelato. Se invece era un uomo, la Giöbia si divertiva a spaventarlo urinandogli in testa; appariva bella, come una regina, solo alle donne che, se rispettavano il patto, sarebbero state edotte con insegnamenti.
Non si sa cosa la Giöbia rivelasse, ma le fanciulle che tradivano la sua fiducia raccontando in giro questi segreti venivano punite: la Giöbia sarebbe venuta di notte, col suo aspetto terrifico e gigantesco, arrivando con passi pesanti e gridando "Sto arrivando... mi mancano solo sette passi... mi mancano solo sei passi", fino a che le afferrava con le sue mani adunche terminanti con unghie che dilaniavano, portandole chissà dove.
(Nota di Lunaria: anche Rangda è immaginata con lunghi artigli)


A Cantù, nei pressi di Como, si raccontava che la Giöbia si divertisse a prendere in giro le donne arroganti e vanitose: con un filo magico tesseva delle vesti splendide che poi faceva trovare a queste donne; quando queste donne, ammaliate dalla bellezza dell'abito, lo indossavano andando in giro per la città pavoneggiandosi, la Giöbia tirava il filo magico fino a che l'abito era tutto scucito e le lasciava tutte nude e imbarazzate.
Fino a qualche anno fa in Brianza, nell'ultimo giovedì di gennaio, si svolgeva una festa dedicata al nuovo anno agricolo, che serviva a propiziare il nuovo raccolto: a questo evento partecipavano solo le donne, riunendosi in una stalla o in una stanza per cucinare cibi a base di castagne e il "pulin", una polenta fatta con farina gialla e bianca. Dopo aver cenato, le donne danzavano, cantavano e si raccontavano storie per tutta la notte.
Tutto questo ci porta a ipotizzare che la Giöbia fosse, anticamente, una Dea della fertilità agricola e del tempo stagionale, che poteva rendere il raccolto abbondante e la festa dell'ultimo giovedì di gennaio era la rappresentazione degli antichi culti femminili.


NOTE:

(*) Nota di Lunaria: quando ero piccola, i miei genitori mi avevano raccontato la leggenda della Gamba Rossa: era una gamba che appariva sul soffitto, specialmente se i bambini erano stati disubbidienti e quindi si doveva essere bravi e obbedienti, altrimenti si sarebbe stati visitati da questa gamba rossa che volteggiava negli angoli del soffitto... mi ricordo ancora questa cosa perché sicuramente da piccola devo averne avuto paura...


(**) Altro elemento pagano: i Pagani adoravano gli alberi, considerandone alcuni sacri e come manifestazioni o residenze delle divinità... Vedi il culto della quercia (la Dea Dione era una Dea-Quercia, poi la quercia passò alle divinità maschili), del vischio, del sambuco o del Noce di Benevento (questi ultimi due, poi, connessi alle streghe), dell'edera e della vite (Dioniso\Bacco), del frassino (Yggdrasill), del mirto (Afrodite)...

Nota di Lunaria: le streghe e la Befana sono immaginate come vecchie col naso adunco perché l'antichissima Dea era immaginata anche sotto forma di uccello e la Dea Crone rimanda anche a Morrigan, la Triplice Dea della battaglia, dei corvi, immaginata sotto forma di corno e\o accompagnata dai corvi; anche Dhumavati è accompagnata dai corvi: il naso adunco delle streghe rimanda al becco degli uccelli.







«Ma perché gli uomini temono le donne vecchie?» chiese Eilidh. «Non temono i vecchi nello stesso modo!»
«L'uomo vecchio diventa un saggio, un modello cui aspirare», spiegò Caillean. «Temono la vecchia perché è sottratta al loro potere. Con l'avvento del sangue della luna una ragazza diventa donna. Ha bisogno di un uomo per diventare madre, e una madre ha bisogno di un uomo per proteggere i suoi figli. Ma la vecchia conosce tutti i segreti della nascita e della morte; è rinata e non ha bisogno di nulla. Perciò naturalmente l'uomo, il quale conosce solo il primo mutamento che lo porta alla virilità, ne ha paura.»
("Le Querce di Albion" di Marion Z. Bradley)



Altro approfondimento, tratto da


Una tradizione contadina che si è conservata a Borsano e in altre località del Varesotto è la festa della Gioeubia. (Nota di Lunaria: si pronuncia "Giobia", con la "o" detta molto profonda, come "eau" in francese)
L'ultimo giovedì di gennaio la Gioeubia, un fantoccio dalle fattezze femminili imbottito di paglia, viene arsa in piazza Toselli, dopo essere stata portata in una sorta di processione di cortile in cortile.
Bruciare la Gioeubia era l'occasione per una festa popolare: attorno alle fiamme si scaldavano i corpi intirizziti dal freddo, e giovani e vecchi danzavano.
Questa festa trae le sue origini da qualcosa di magico-sacrale, un rito propiziatorio: bruciare la Gioeubia voleva dire bruciare il rigore dell'inverno per attendere la primavera. Non è da escludere che in una sorta di rito pagano, le ceneri del fantoccio venissero gettate sui campi affinché fossero fecondi.
Anche oggi a Busto e dintorni rivive l'usanza di cucinare i "brusciti", della carne di manzo tagliata a pezzettini, fatta cuocere con burro, lardo, e dell'erbabona (semi di finocchio) messa in un sacchettino di tela, il tutto accompagnato dalla polenta tradizionale e dal vino rosso.