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La vita di Maurice Utrillo non fu felice: figlio illegittimo, nato nel 1883, prese il cognome da un amico di famiglia; a 15 anni era già alcolizzato; presto fu internato in cliniche psichiatriche; poi divenne misantropo per paura, indifeso e disarmato, incapace di relazionarsi con le persone; dipingeva in cambio di vino, spesso rintanato a finire i quadri nel retro delle osterie.
Fu su consiglio di un medico, che consigliò alla madre di Maurice di spingere il figlio verso la pittura, per procurargli una distrazione dalla bottiglia. Maurice apprese proprio dalla madre a maneggiare pennelli e colori: infatti Suzanne Valadon era una pittrice abbastanza nota.
Da lì a poco, la pittura divenne un mezzo di espressione per il tormentato Utrillo: gli consentì di manifestare il suo essere più profondo.
Il mondo di Utrillo fu Montmartre, all'epoca un insieme di casupole misere, abitate da poveri e artisti. è raro vedere persone nei dipinti di Utrillo: il pittore era un solitario, che vagabondava solo per andare nelle osterie. è la solitudine, il tema prediletto dal pittore: solitudine delle cose, dei muri ciechi, dei cieli opachi, delle facciate tristi e delle finestre spente, delle casette tristi, delle stradine contorte.
Dapprima, i quadri di Utrillo avevano tinte fosche, fredde; in seguito, acquisirono una trasparenza, con colori limpidi come il bianco gesso, da lui prediletto, i rosa teneri, i grigi delicati: è il "periodo bianco" di Utrillo.
Neanche la fama cambiò la vita di Utrillo, che nel 1934 si era sposato con una vedova, che fece il possibile per aiutare Maurice a bere di meno.
Nonostante i suoi eccessi alcolici, Utrillo morì nel 1955, quando i suoi quadri avevano già raggiunto quotazioni altissime.
Vedi anche: https://intervistemetal.blogspot.com/2020/11/breve-introduzione-allespressionismo.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2020/12/paul-cezanne.html
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