Cose normalissime hanno il potere di spaventarmi. La luce del sole. Ombre troppo nette sull'erba. Rose bianche. Bambini con i capelli rossi. E il nome "Harry". Un nome così normale.
Fin dalla prima volta che Christine pronunciò quel nome, provai il presentimento di qualcosa di terribile.
Aveva cinque anni, e avrebbe dovuto cominciare la scuola tre mesi più tardi. Era una calda giornata serena e lei stava giocando da sola in giardino, come faceva spesso. La vidi distesa pancia in giù sull'erba, cogliendo margherite e intrecciando ghirlande, tutta compresa di gioia. Il sole le infuocava gli smorti capelli rossi, facendo risaltare l'estremo biancore della pelle. La concentrazione le dilatava i grandi occhi azzurri.
Improvvisamente volse lo sguardo al cespuglio di rose bianche che proiettava la sua ombra sull'erba, e sorrise.
"Sì, sono Christine", disse. Si rialzò e s'incamminò lentamente verso il cespuglio con le tenere gambette grassottelle che la corta gonnellina di cotone azzurro ricopriva appena. Cresceva in fretta.
"Con mamma e papà", disse chiaramente. Poi, dopo una pausa: "Oh, ma loro sono la mia mamma e il mio papà."
Ora stava nell'ombra del cespuglio; sembrava che fosse passata dal mondo a quello della tenebra.
Inquieta, senza sapere perché, la chiamai.
"Chris, cosa stai facendo?"
"Niente." La sua voce sembrava provenire da molto lontano.
"Torna in casa, ora. Fa troppo caldo per te, qui fuori."
"No, non fa troppo caldo."
"Vieni dentro, Chris."
"Devo rientrare, ora", disse. "Ciao" e s'incamminò lentamente verso casa.
"Chris, con chi stavi parlando?"
"Harry", rispose.
"Chi è Harry?"
"Harry"
Non potei cavarle nient'altro, così le diedi una fetta di dolce e del latte e le lessi una fiaba fino all'ora di andare a letto. Mentre ascoltava, teneva lo sguardo fisso al giardino.
Una volta sorrise e fece un cenno con la mano. Fu un sollievo alla fine rimboccarle le lenzuola e sentirla al sicuro.
Quando Jim, mio marito, ritornò a casa, gli raccontai del misterioso "Harry". Si mise a ridere.
"Ah, le ha preso quella mania, eh?"
"Che vuoi dire, Jim?"
"Non è raro che i figli unici si inventino un compagno immaginario. Alcuni chiacchierano con le loro bambole. Chris non ha mai avuto una gran passione per le bambole. Non ha né fratelli né sorelle, non ha amici della sua età. E così se ne inventa uno."
"Ma perché ha scelto proprio quel nome?"
Alzò le spalle. "I bambini scelgono a caso. Non capisco di cosa ti stia preoccupando, proprio non lo capisco."
"Nemmeno io, sinceramente. è solo che mi sento così responsabile di lei, più che se fossi la sua vera madre."
"Lo so, ma non c'è niente che non vada: Chris è carina, sana, intelligente. Tutto merito tuo."
"E tuo."
"In effetti siamo dei genitori modello."
"E soprattutto modesti!"
Scoppiammo tutti e due a ridere, e lui mi diede un bacio. Mi sentii rassicurata.
Ma solo fino al mattino seguente.
Di nuovo il sole brillava sul piccolo prato luminoso e sulle rose bianche. Christine stava seduta sull'erba, a gambe incrociate, fissando sorridente il cespuglio di rose.
"Ciao", disse, "speravo che tu venissi... perché mi sei simpatico. Quanti anni hai?... Io solo cinque e un pochino... No, non sono un bebé! Andrò presto a scuola e avrò un vestito nuovo. Verde. Tu ci vai a scuola?... Che fai allora?"
Rimase in silenzio per un po', annuendo, ascoltando assorta.
Mi sentii gelare il sangue mentre me ne stavo lì in cucina. "Non essere sciocca: molti bambini hanno un compagno immaginario", mi ripetevo disperatamente. "Continua come se niente fosse, non ascoltare, non fare la stupida."
Ma richiamai Chris per la merenda prima del solito.
Il tuo latte è pronto, Chris, vieni!"
"Fra un minuto." Era strano che rispondesse così. Di solito si precipitava a bere il suo latte e a mangiare i biscotti alla crema di cui era molto golosa.
"Su, vieni, tesoro", dissi.
"Può venire anche Harry?"
"No!", la violenza del mio grido mi sorprese.
"Ciao, Harry. Mi dispiace che tu non possa entrare ma devo bere il mio latte", disse Chris. Poi corse verso casa.
"Perché anche Harry non può avere un po' di latte?", disse, con sfida.
"Chi è Harry, tesoro?"
"Harry è mio fratello."
"Ma Chris, tu non hai fratelli: papà e mamma hanno solo una figlia: tu. Harry non può essere tuo fratello."
"Harry è mio fratello. L'ha detto lui."
Si chinò sul bicchiere di latte e quando sollevò il capo aveva le labbruzze tutte bianche.
Poi afferrò i biscotti.
Almeno Harry non le aveva sciupato l'appetito!
Quando ebbe bevuto il latte le proposi: "Andiamo a fare compere, ora, Chris. Ti piace venire con me nei negozi, vero?"
"Voglio restare con Harry!"
"Beh, non puoi: devi venire con me!"
"Può venire anche Harry?"
"No"
Mi tremavano le mani mentre mi mettevo guanti e cappello. In casa faceva freddo, come se un'ombra gelida vi stagnasse, nonostante il sole di fuori. Chris mi seguì abbastanza docilmente, me mentre percorrevamo il viale si voltò e agitò la mano.
Non ne feci parola con Jim, quella sera: sapevo che si sarebbe limitato a prendermi in giro, come il giorno prima. Ma le fantasticherie su "Harry" di Christine continuarono un giorno dopo l'altro, e ne avevo i nervi scossi. Arrivai a odiare e a paventare quelle lunghe giornate estive, e a desiderare cieli grigi e piovosi. Avrei voluto veder appassire e morire le rose bianche; tremavo quando sentivo la vocetta di Christine cinguettare in giardino; ora parlava a "Harry" più scopertamente.
Una domenica Jim, ascoltandola, disse: "Bisogna convenire che i compagni immaginari fanno fare progressi nel linguaggio ai bambini: Christine parla molto più disinvoltamente, ora."
"Sì, con un accento", mi lasciai sfuggire.
"Un accento?"
"Un leggero accento dialettale."
"Tesoro, ogni bambino londinese ha un leggere accento dialettale. Sarà ancora peggio quando andrà a scuola e incontrerà una quantità di bambini."
"Noi non parliamo in dialetto. Da chi lo ha preso? Da chi può prenderlo se non da Ha..."
Non riuscivo a pronunciare quel nome.
"Dal fornaio, dal lattaio, dallo spazzino, dal carbonaio, dall'uomo che ci pulisce i vetri... ti basta?"
"Sì, mi basta." Risi melanconicamente. Jim mi faceva sentire sciocca.
"Comunque", concluse Jim, "non ho notato alcun accento dialettale in lei."
"Non l'ha quando parla con noi. Succede solo quando parla a... lui."
"A Harry. Lo sai che sto affezionandomi a questo Harry? Non sarebbe buffo se un giorno guardassimo fuori e lo vedessimo?"
"No!", gridai. "Non dire così! è il mio incubo. Mi ossessiona. Oh, Jim, non potrò sopportarlo ancora per molto!"
Mi guardò stupefatto: "Questa faccenda di Harry ti sta proprio buttando giù, vero?"
"Ma certo! Un giorno dopo l'altro non faccio altro che sentire "Harry questo, Harry quello, Harry dice, Harry pensa, Può averne anche Harry, Può venire anche Harry?" A te che stai tutto il giorno in ufficio va tutto bene, ma io devo conviverci, e io... io ho paura, Jim. è tutto così strano."
"Sai cosa penso che dovresti fare per metterti il cuore in pace?"
"Cosa?"
"Portati dietro Chris dal vecchio dottor Webster domani. Fagli fare una chiacchierata con lei."
"Pensi che abbia qualcosa che non funziona... nel cervello?"
"Santo Cielo, no! Ma quando ci imbattiamo in qualcosa fuori dalla nostra portata, è meglio chiedere un consiglio professionale."
Il giorno dopo condussi Chris dal dottor Webster, lasciandola nella sala d'aspetto mentre lo ragguagliavo brevemente su Harry. Annuì comprensivo poi disse: "è un caso abbastanza insolito, signora James, ma non certo unico. Ho avuto diversi casi di compagni immaginari che per i bambini diventano così reali da spaventare i genitori. Suppongo che si tratti di una bambina piuttosto sola, vero?"
"Non conosce altri bambini; siamo nuovi del luogo. Ma sarà diverso, spero, quando comincerà la scuola."
"Certo, quando andrà a scuola incontrerà altri compagni, le sue fantasie scompariranno. Vede, ogni bambino ha bisogno di amici della sua età, e se non li ha, se li inventa. Gli anziani sol parlano tra sé e non per questo sono pazzi, hanno soltanto bisogno di comunicare con qualcuno. Il bambino è più pratico: gli pare strano parlare da solo, così inventa un amico con cui farlo. Onestamente penso che non abbia niente di cui preoccuparsi."
"è ciò che dice mio marito."
"Ne sono sicuro. Ad ogni modo, siccome me l'ha portata, farò due chiacchiere con Christine. Ci lasci solo."
Andai in sala d'aspetto a prendere Chris.
Stava alla finestra e disse: "Harry è lì che aspetta."
"Dove, Chris?", chiesi con calma, desiderando improvvisamente vedere i suoi occhi.
"Laggiù, accanto al cespuglio di rose."
Il dottore aveva un cespuglio di rose bianche nel suo giardino.
"Ma lì non c'è nessuno", dissi. Chris mi lanciò un'adulta occhiata di disprezzo. "Il dottor Webster vorrebbe vederti per un attimo, tesoro", dissi tremando.
"Te lo ricordi, no? Ti aveva regalato le caramelle durante la convalescenza dal morbillo."
"Sì", disse avviandosi di buon grado verso l'ambulatorio del dottore.
Aspettai con impazienza. Sentivo debolmente le loro voci attraverso la parete, le risatine del dottore, il riso squillante di Christine.
Chiacchierava liberamente col dottore come non faceva ormai più con me.
Quando uscirono, lui mi disse: "Niente che non vada, assolutamente. è solo una scimmietta piena di immaginazione. Un consiglio: la lasci parlare di Harry. Che abbia confidenza in lei. Lei deve aver mostrato segni di disapprovazione verso questo "fratello" e allora non gliene parla più molto. Sa costruire giocattoli di legno, vero Chris?"
"Sì, Harry sa costruire giocattoli di legno."
"E sa leggere e scrivere, vero?"
"E anche nuotare, e arrampicarsi sugli alberi e dipingere quadri. Harry sa fare tutto. è un fratello meraviglioso."
Il suo visino splendeva di adorazione.
Il dottore mi diede un colpetto sulle spalle.
"Harry ha tutta l'aria di essere un buon fratello per lei. Ha persino i capelli rossi come te, vero?"
"Sì, Harry ha i capelli rossi", dichiarò orgogliosamente Chris.
"Più rossi dei miei, ed è alto quasi come papà, solo più magro. Sarà alto come te, mamma. Ha quattordici anni. Dice che è alto per la sua età: quant'è essere alti per la sua età?"
"Te lo spiegherà la mamma mentre tornerete a casa", disse il dottor Webster. "Beh, arrivederci signora James. Non si preoccupi. La faccia solo chiacchierare. Ciao Chris, salutami Harry."
[continua...]
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