Leopold von Sacher-Masoch

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Leopold von Sacher-Masoch nacque nel 1835 a Lemberg, in Galizia. Il nome di questo scrittore fu scelto da Krafft-Ebing per denominare una perversione sessuale, il masochismo. In realtà, Sacher-Masoch fu autore di romanzi storici e di cicli basati sui problemi delle minoranze etniche e sulle donne dominatrici. 

Il primo successo fu "La donna divorziata" (1870); i racconti "L'amore crudele" sono tra i punti più caratteristici della sua produzione. Prendendo spunto da episodi storici, introduce la sua vena di crudeltà e morbosità.

Qualche stralcio, per dare l'idea...

Da "La Zarina Nera": "Sopra la città di Halyts, in Galizia, in cima ai monti che, costeggiando il Dniester, si stendono da sua a est, si ergono le maestose rovine dell'antico castello degli zar. (...) Al tempo in cui si svolse questa vicenda, però, le mura si drizzavano ancora minacciose nel cielo rosso della sera e i muri del palazzo scintillavano nel luccichio del loro splendore orientale. Il grande zar Wladimiro è adagiato ai piedi della sua schiava. La finestra è aperta e la sua grande arcata inquadra il paesaggio invernale in una sontuosa cornice. (...) Le torri isolate di alcuni nobili boiardi emergono come pennoni bluastri; piccoli villaggi sembrano tronchi d'alberi frastagliati e, nel lontano crepuscolo, la cupa linea della selva montuosa spicca sulle nuvole bianche. (...) La bella schiava, sdraiata sui morbidi cuscini, si crogiola dolcemente. Uno dei suoi piedi si appoggia, come su uno sgabello, sul padrone coricato. (...) "T'ho fatto dispiacere, sovrana mia?" "Non chiamarmi sovrana". "Non lo sei, forse? Il più grande degli zar, che comanda milioni di sudditi, davanti al quale gli imperatori di Bisanzio tremano sui loro troni d'oro, non è forse uno schiavo ai tuoi piedi? (...) Non t'amo più del mio dio, forse? A lui offro incenso, fiori, oro e terre. A te offro me stesso. Tu appoggi i piedi su di me come su uno sgabello. Non sono forse tuo?" (...) Per un istante il suo sguardo restò fisso e sperduto. Poi, scuotendo la testa: "Niente", ripeté. "Il sole saluta in me la sovrana. Wladimiro, mio schiavo, in ginocchio!" Lo zar obbedì. "Baciami il piede." E gli tese il piedino nudo, dalle forme pure e bianco come il marmo. Lo zar, estasiato, vi premette le labbra tumide. (...) "Voglio avere l'aspetto di una regina", ordinò lei, "vestita d'ermellino." (...) "E se ti prendessi in parola una seconda volta? Se volessi constatare fin dove arriva il tuo amore? Se ti facessi frustare come uno schiavo, torturare, uccidere? Mi invocheresti, morendo, come un martire il suo dio? Lo zar chinò la testa in silenzio." (...) "Alti dignitari del mio impero", disse lo zar, "nobili boiardi, fedeli servitori della mia casa, ascoltate qual è oggi la mia volontà. Dal sorgere del sole fino al tramonto, rinuncio alla mia sovranità su voi e sull'impero, la rimetto nelle mani di Narda, la mia schiava qui presente. (...) Io, il grande zar, per oggi sono io stesso il suo schiavo e le rendo omaggio in ginocchio." (...) Rimboccando la manica della pelliccia, ella sferzò lo zar in piena faccia [con lo staffile]. (...) "Regna", egli disse. "sarò tuo schiavo". (...) "No", diss'ella ridendo, "sarebbe pericoloso (...) bisogna che cada la tua testa, se io devo regnare, e regnare io voglio. (...) Faccio ciò che voglio. Inebriati della mia crudeltà e della voluttà di morire per mano mia." (...) Tigris [la boia] afferrò con la sinistra i bei capelli ricci dello zar, e, d'un sol colpo, gli troncò la testa. Il sangue si sparse sull'ermellino."

Da "Acqua di gioventù": "Tu sai quanto piacere io provi nell'essere crudele. (...) Un giorno in cui facevo decapitare un contadino ribelle, stavo accanto a lui mentre gli tagliavano il collo e il suo sangue mi schizzò sulle mani. Poco tempo appresso, feci la sorprendente scoperta che le rughe ne erano completamente scomparse. (...) Quando un altro delinquente fu condannato a morte, feci colare il suo sangue in questa vasca e mi ci immersi. Un mese dopo, ero completamente ringiovanita. Da allora, ogni notte di luna piena mi immergo in un bagno di sangue umano"

Da "La Venere in Pelliccia":

"Tu non sei più il mio amante, sei il mio schiavo. Prova dunque cosa significa esser nelle mani di una donna. Imparerai a conoscere chi sono! Innanzi tutto assaggerai la frusta, e per davvero, senza che tu abbia commesso colpa alcuna, affinchè ti renda conto di quello che ti aspetta se ti mostrerai maldestro, disobbediente, o ribelle. In ginocchio!" Obbedii. In quello stesso istante Wanda mi colpì con un calcio. Poi si rimboccò lentamente le maniche della giacca di pelliccia e mi colpì sulla schiena. Mi contorsi, sentendo la frusta tagliarmi la carne come un coltello. "Ebbene, ti piace?" chiese Non risposi. "Aspetta un po', ti voglio sentire guaire come un cane sotto la frusta", mi dice minacciosa, e ricominciò a colpire. I colpi mi piovevano rapidi e fitti con una violenza spaventosa sulle spalle, sulle braccia, sulla nuca, e mi mordevo le labbra per non urlare. Poi mi colpì in viso, il sangue caldo prese a scorrere, ma lei rideva e seguitava a frustare." "E contorciti un po', urla, mugola, chiedi grazia. Sono il tuo ideale, ora? Sono Venere in pelliccia? Non ti aspettare nessuna pietà da me."  Continuò a colpirmi, crudele, implacabile, tremenda come un carnefice. Gemevo, pazzo di dolore, e al tempo stesso mi struggevo di voluttà ai suoi piedi. "Chiedi grazia!" m'ingiunse. "è tanto dolce soffrire per mano tua", mormorai. Rise, diabolica, e seguitò a frustare.

"Vieni da me, Gregor" Mi avvicino a quella splendida donna che mai come oggi mi è apparsa così seducente nella sua crudeltà, nel suo disprezzo.  "Ancora un passo" mi ordina "Inginocchiati e baciami il piede" Tende il piede sotto il bordo dell'abito di raso bianco e io, pazzo, vi premo le labbra mentre lei ride, trionfante.

Un ordine scritto. "Con la presente il mio schiavo viene convocato per ricevere ordini" Wanda.

Il mattino seguente, con il cuore in tumulto, scosto le portiere di damasco ed entro dalla mia Dea, nella camera da letto ancora immersa in una dolce penombra. "Sei tu, Gregor?" chiede lei, mentre io, im ginocchio davanti al caminetto, mi accingo ad accendere il fuoco. Un fremito m'assale al suono di quella voce amata. Ma non vedo la divina, che si cela, inavvicinabile, dietro i tendaggi del letto. "Sì, graziosa signora" rispondo. "Che ore sono?" "Le nove passate" "La colazione!" Corro a prenderla, e mi inginocchio davanti al letto con in mano il vassoio. "Ecco la colazione, mia signora"

In questo momento è così seducente, così conturbante, che mi sento ribollire il sangue e il vassoio della colazione comincia a tremare. Lei se ne accorge e fa l'atto di afferrare la frusta posata sul comodino. "Sei maldestro, schiavo" dice, aggrottando la fronte. Abbasso il vassoio a terra e tengo il vassoio fermo il più possibile, e lei fa colazione, sbadigliando e stirandosi voluttuosamente nella sua meravigliosa pelliccia.


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