La Leggenda delle Dolomiti (Trentino)


Prima di essere come sono, tutte bianche e luminose, erano montagne nere, con i loro torrioni protesi nell'aria, guglie sinistre tra gole scure e inaccessibili. In quel tempo, un potente monarca regnava in quella regione alpina e aveva un unico figlio, che era tutto il contrario del padre: il re era un uomo di guerra, non pensava che alle armi e alle conquiste mentre il principe aveva l'animo di un poeta: bello, delicato, dai grandi occhi da sognatore, egli passava i giorni a coltivare i fiori e le notti a contemplare la luna e a furia di contemplare l'astro nelle notti limpide, gli era nata in cuore una curiosa malinconia. Il suo regno, in mezzo a quelle cupe montagne, a quei picchi neri e selvaggi, gli sembrava brutto e inabitabile. Chissà come doveva essere bello il paesaggio lassù nella luna se a vederlo da lontano pareva un paese tutto d'argento. Prati, montagne e valli, lassù, dovevano essere pieni di luce, ed egli sentiva un disperato desiderio di conoscerlo, quel paesaggio. Le notti, lasciava il castello e, solo e malinconico, si incamminava verso le cime vicine per contemplare il paesaggio lunare.

Si era innamorato della Luna e per questo strano amore, il principe deperiva a vista d'occhio.

Una notte, mentre, in un angolo della montagna, si struggeva nella contemplazione del plenilunio, ebbe un sogno. Gli parve di vedersi venire incontro una giovinetta bellissima, tutta vestita di un manto d'argento e con un viso straordinariamente luminoso. In mano portava dei fiori strani, di un bel colore d'argento e dopo avergli sorriso gli si sedette accanto. "Chi siete e donde venite, bellissima fanciulla?", chiese il principe alla sconosciuta. "Io", rispose", "sono la figlia del Re della Luna." Tanta fu la commozione del principe che si destò. Si guardò intorno e si trovò ai piedi di un torrione di roccia tutto avvolto nella nebbia.

Con l'ansia di rivedere la luna, si mise a salire la cima di quel torrione, e mentre saliva, con suo grande stupore, gli parve di udire un parlottare sommesso. Continuò ad arrampicarsi e giunse in cima. Lassù il parlare si udiva ormai distinto, veniva da una specie di grotta. Il principe, che nel salire aveva raccolto alcuni fiori di rododendro, entrò in quella grotta e vide due vecchietti, con capelli bianchi che sembravano aureole di santi. Il principe chiese chi fossero. "Siamo abitanti della luna", risposero, "e siamo venuti in una breve gita sulla Terra. Ma presto ritorneremo lassù perché qui il troppo buio ci mette malinconia." "Oh, potessi seguirvi anch'io!", rispose il principe. "è facilissimo. Potete seguirci subito", risposero i vecchi.

E, usciti dalla grotta, si adagiarono sopra una nuvola che circondava la cima del torrione, invitando il principe a fare altrettanto. La nuvola si mise a salire verso l'alto. Di lì ad un'ora, tutti e tre scendevano in un paese meraviglioso, dove tutto - alberi, prati, montagne - era luminoso come l'argento. I giardini erano pieni di fiori candidi, i ciottoli luccicavano come gemme. "Ecco, voi siete già nella Luna. Quello laggiù è il palazzo del Re. Andate a trovarlo", dissero i due vecchi.

Il principe, meravigliato per quello che vedeva intorno, si incamminò tenendo in mano il mazzo di rododendri, e giunto al palazzo, sulla soglia vide la fanciulla del suo sogno. "Salute, bella principessa", disse il principe, "io vi ho già vista in sogno sulla Terra. Posso offrirvi questi fiori che nascono sulle mie nere montagne?" "Grazie, bel principe", rispose la fanciulla, che amava i fiori. "Venite, vi presenterò al mio papà." Il Re fece un'accoglienza festosa al principe che rimase ospite per diverso tempo. Presto, tra il principe e la principessa nacque l'amore. Il principe la chiese in moglie al Re e lui rispose: "Ben volentieri, principe, ben volentieri io vi darei mia figlia, ma temo che non si adatterà a vivere in mezzo alle nere montagne del vostro regno. è troppo abituata alla luce del mio, dove è nata." "Papà", disse la principessa, "farò seminare su quelle rocce i fiori che noi abbiamo quassù e vedrai che quelli renderanno bello e luminoso il paesaggio terrestre." Il Re non si oppose.

Fece spargere ai suoi servi i semi dei fiori lunari sulle Dolomiti: il fiore che noi chiamiamo Stella Alpina.

I due innamorati si sposarono e le prime settimane di matrimonio furono un periodo di felicità senza confini. Ma dopo qualche mese la fanciulla deperì. Ella si sentiva morire in quel paesaggio di picchi scoscesi e pieni di ombra, in mezzo a quei fiori della Terra dai colori violenti. Desiderava con infinita nostalgia l'argento dei suoi giardini, il tenero opale delle albi lunari. La sua malinconia era inguaribile. Il Re suo padre venne a saperlo e i medici rivelarono che la principessa si ammalava perché la poca luce delle montagne terrestri era insufficiente al suo organismo. Doveva tornare sulla Luna.

Questo responso gettò la costernazione più cupa nell'animo dei due giovani, che si amavano e non si rassegnavano all'idea di stare lontani l'uno dall'altra... ma la principessa continuava a deperire e il principe dovette consentire a lasciarla partire per i luminosi paesaggi della Luna.

Rimasto solo, in mezzo ai picchi delle sue montagne nere, il giovane non ebbe più pace. Errava giorno e notte, si sedeva nei luoghi più belli dove crescevano le stelle alpine e piangeva. 

Un giorno, mentre si trovava sopra una montagna vide spuntare, da dietro un macigno, la testa di un essere strano. Era un nano, dal viso arguto e barbuto. Quell'omino pareva spiasse con interesse le mosse del principe. Il principe andò incontro al misterioso nanerottolo che però fuggì, andando a nascondersi dentro una grotta. Il principe entrò anche lui, e vide una ventina di quegli omini che lo guardavano con curiosità e simpatia. "Chi siete?", chiese il principe. "E che cosa fate sulle mie montagne?" "Ecco", disse uno di loro, facendosi avanti, "noi apparteniamo al popolo dei Salvani e io sono il Re. Il nostro paese d'origine è l'Oriente ma una terribile guerra fece cadere il mio regno e io, con pochi uomini del mio popolo, sono alla ricerca di qualche monarca ospitale che voglia concedermi il permesso di abitare stabilmente nel suo regno." Il principe ebbe pietà e raccontò loro la sua disavventura. "è roba da nulla", risposero dopo averlo ascoltato. "Vedi, principe", disse il Re Salvano, "la lunga pratica dell'esilio e il bisogno hanno insegnato a noi Salvani le arti più raffinate. Noi siamo capaci di fare cose che nessuno riesce ad immaginare. Siamo in grado di venirti in aiuto." Il Re Salvano ordinò ai suoi uomini di munirsi di certi strumenti e si diresse verso le cime delle montagne dolomitiche. Qui giunti, i nanerottoli misero fuori ciascuno un fuso e un arcolaio. Era venuta una meravigliosa notte di luna: l'astro, nella pienezza del plenilunio, splendeva nel cielo limpido. I nanerottoli si misero a lavorare: prendevano con le mani i raggi della luna come fossero fili di seta, li attorcigliavano, li filavano, li avvolgevano in lucide matasse ai loro arcolai. In breve, una vera montagna di quelle matasse d'argento lunare filato fu accatastata su quelle cime. Poi i nanerottoli si sparsero intorno a quelle montagne e si misero a circondare di quel filo tutte le cime e i torrioni. In breve il paesaggio si trasformò come per incanto: mandava luce come un paesaggio lunare. Quando tutto fu finito, le montagne furono circondate da quelle matasse d'argento, e il Re dei Salvani disse al principe: "Ecco, ora tua moglie potrà venire ad abitare anche lei queste montagne, perché sono luminose come quelle del suo paese. E così anche tu potrai essere felice.". E così avvenne, infatti. La principessa ritornata col suo sposo tra le Dolomiti, non soffrì più e le belle cime del nostro Trentino rimasero da allora dotate di una luminosità prodigiosa che le rende uniche al mondo.

Nota di Lunaria: mentre trascrivevo questo racconto, mi sono venute in mente le atmosfere dei primi Within Temptation.




Ma probabilmente una canzone ancora più adatta è quella di Phildel https://www.youtube.com/watch?v=EZVzMTt2UTk


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