Creta e Mater Matuta nel commento di Bachofen

Erodoto fa provenire da Creta la popolazione della Licia; la stessa cosa fa e nello stesso identico modo, Strabone. Fino ad ora ho incontrato un unico aspetto in evidente relazione con il matriarcato. Creta è infatti la sola terra in cui non si diceva "terra patria" bensì "terra madre".

Quando il Licio, rispondendo alla domanda su chi egli fosse, nominava la madre e quindi risalendo all'indietro, si rifaceva sempre alle madri, egli doveva chiamare la terra di nascita della sua prima madre - vale a dire la sua propria patria - terra madre e non terra patria. 

Il matriarcato conduce necessariamente a questa designazione, terra madre, ed è perciò importante che Creta l'abbia mantenuta dopo che essa era sparita altrove ed era stata sostituita dalla nuova terra patria.

La designazione "terra madre cretese" si incontra in Platone il quale aggiunge che i Cretesi dicono "amata terra madre", un'espressione d'affetto che viene messa particolarmente in risalto nella qualità materna del paese natale.

[...]

Le donne non sono in un semplice rapporto di discendenza con la terra, esse sono piuttosto la terra stessa, e il carattere materno di quest'ultima passa in loro.

Le donne recano in sé un grado di sacralità più elevato degli uomini. 

La loro inviolabilità riposa sulla loro maternità terrena, quella degli uomini, invece, sulla loro discendenza dalla maternità come tale.

Da ciò consegue che la legge numaica sul paricidium acquistò significato soprattutto per la sua estensione al sesso maschile. Ciò che inizialmente, e anche senza legge, valeva per la madre e qualsiasi donna, venne ora applicato agli uomini, l'inviolabilità dei quali non era altrettanto ovvia.

Mentre infatti l'inviolabilità stessa della donna riposava sulla sua identità con la terra che tutto partorisce, quella dell'uomo veniva riconosciuta attraverso la legge. 

La sacralità della donna l'abbiamo trovata anche nel puro stato di natura. Non così quella dell'uomo.

[...]

Non è un fatto molto raro che venga messa in risalto la parentela che si crea attraverso la discendenza materna. Può essere dovuta a ciò l'usanza delle donne romane di implorare la Dea Ino-Leucotea, che viene equiparata alla romana Mater Matuta, affinché protegga non i loro figli, ma quelli della sorella Ino-Matuta, che rappresenta il principio naturale femminile che è alla sommità di ogni cosa, la donna mortale è la sua immagine terrena e perciò, così come Ino è al vertice della natura, la donna è al vertice della famiglia. 

(...) Tutte le donne terrene hanno il loro punto di unione nella grande Madre Primordiale Mater Matuta.

(...) Le Dee Madri vengono quindi concepite come la terra stessa e precisamente, nella sua qualità materna.

Dal loro grembo esse inviano alla superficie ogni frutto.

Il loro posto ed il loro compito sono rappresentati dalle donne terrene, madri mortali queste, così come le altre sono le immortali madri originarie di ogni frutto materiale.

In questa rappresentatività riposa il fondamento della dignità femminile. Le donne sono al vertice della loro stirpe così come le Dee lo sono nei confronti della vita della natura in generale.     

Non solamente la prosperità fisica, quindi, ma anche il benessere dello Stato dipende dalle Madri. Come non riconoscere il nesso tra questo culto e l'istituzione dello Stato?

Che nella sovranità della donna e nella sua consacrazione religiosa fosse contenuto un potente e grandioso elemento educativo e di continuità, lo si deve ammettere in modo particolare per quei tempi primordiali in cui la forza bruta infuriava ancor più selvaggiamente, la passione non aveva ancora un contrappeso nelle usanze e nella istituzioni di vita, e l'uomo non si inchinava se non dinanzi al magico e per lui inspiegabile potere che la donna esercitava nei suoi confronti.

 Alle selvagge, indomite manifestazioni di forza degli uomini, le donne si opponevano beneficamente, come rappresentanti dell'educazione e dell'ordine, come la personificazione della legge, come oracolo di una saggezza innata e presaga. (...) 

La donna, anche fisicamente, è fatta per la stabilità. 

Ella è prefigurata dalla natura stessa "a domiseda" (fondamenta) della casa, ed anche in ciò partecipa del carattere della terra: possiede la natura della zolla da cui trae origine. Riposando su se stessa con imperturbabile certezza, ella riconduce sempre a sé l'essenza errata ed inquieta dell'uomo. Nella coscienza della sovranità posta nelle sue mani, la donna di quei tempi antichi deve essere apparsa a epoche più tarde avvolta di una grandezza e di una solennità misteriose.

(...) La stessa idea presente nel culto materno torna in Demetra. La terra, nella sua maternità, forma il contenuto, pensato del tutto materialmente, di questa divinità. 

Per questo il matriarcato cretese attribuisce grande importanza al fatto che nella feconda isola di Creta Demetra si concede all'amore di Iasio su di un maggese arato tre volte, la Dea immortale con l'uomo mortale.

Nell'immortalità della donna, contrapposta alla mortalità dell'uomo, il predominio del matriarcato ha conservato una manifestazione che appartiene alla più antica concezione religiosa. Al patriarcato corrisponde il rapporto opposto, molto più frequente nel mondo mitologico, in cui l'immortalità sta dalla parte del padre e la mortalità da parte della madre.

Cio è espressione del principio spirituale di Zeus che appartiene all'incorporea forza della luce celeste.

Il matriarcato proviene, per contro, dal basso, dalla materia, dalla terra, la quale poiché partorisce tutto dal suo grembo oscuro, viene concepita come la madre primordiale di ogni creazione visibile. Effimero è ciò che da essa proviene, ma ella resta in sé eterna e gode di quell'immortalità che non può comunicare ai suoi frutti, neanche al più bello di essi.  

Così come l'albero è della terra e non può mai svincolarsene, allo stesso modo l'uomo appartiene completamente alla madre, non al padre. L'immortalità di Demetra si ripete nel matriarcato, anche per le donne terrene.

Come ne patriarcato il figlio succede al figlio, così nel matriarcato la figlia succede alla figlia.

Nell'ultima nipote continua a vivere la madre, attraverso la madre continua a vivere la prima madre originaria. Nel matriarcato il figlio non continua la famiglia; egli ha un'esistenza puramente individuale, limitata alla sua vita. 

è la parte mortale, mentre la donna è quella immortale.

Il rapporto di Demetra con suo figlio Pluto è adatto a fornire ulteriori chiarimenti sul rapporto del principio naturale femminile con quello maschile.

La madre esiste prima del figlio.

(...) La femminilità è al vertice delle cose, la forma maschile dell'energia si manifesta solo dopo di essa, in un secondo momento. La donna è il già dato, l'uomo diviene.

All'inizio è la terra, la materia materna fondamentale. 

Dal suo grembo di madre proviene quindi la creazione visibile e solo in essa si manifesta una sessualità duplice, separata al proprio interno; solo in essa viene alla luce la figura maschile.

Donna e uomo non compaiono dunque contemporaneamente, non sono uguali.

La donna guida, l'uomo segue; la donna esiste già precedentemente, l'uomo sta con lei in un rapporto filiale;  la donna è il già dato, l'uomo è ciò che è divenuto solo a partire dalla donna.

Egli appartiene alla creazione visibile ma sempre mutevole; giunge all'esistenza solo in forma mortale.

Presente, data e immutabile fin dall'inizio è soltanto la donna; divenuto, e perciò votato ad un incessante tramonto, è l'uomo. Nell'ambito della vita fisica il principio maschile è dunque secondo, e subordinato, a quello femminile. In ciò la ginecocrazia ha il proprio modello e la propria motivazione ultima, e in ciò si radica anche quella rappresentazione, che risale ad epoche remote, dell'unione di una madre immortale.

Il trasferimento della maternità materiale della terra alla Luna prepara, alla domanda sul rapporto che intercorre fra i due sessi, una soluzione cosmica. Il Sole si contrappone alla Luna come la donna all'uomo. Ciò che la sostanza terrestre unisce all'interno della sua materia e lascia apparire come diviso solo in occasione della nascita - il sesso maschile e quello femminile cioè - si separa, in Cielo, in due potenze cosmiche a sé stanti.

Se la Luna materiale è la donna, nel Sole - e nella sua incorporea natura ignea - le si fa incontro l'uomo. 

Nel rapporto tra i due corpi celesti appare già preformato in ogni sua parte il rapporto tra uomo e donna. Accanto alla materialità della Luna compare l'incorporeità dell'energia solare maschile.

La Luna è, in sé e per sé, priva di luce, è identica alla sostanza femminile terrestre: una vera e propria Penia. 

Essa viene destata alla vita grazie ai raggi del Sole, che le trasmettono la luce e il principio della fecondità.

La Luna illumina mediante una luce altrui, presa in prestito. Come Penia insegue Pluto, così anche Luna insegue Sole. Ardente e bisognosa del luminoso Elios, Luna segue eternamente, ad intervalli regolari, le tracce del corso solare.

Luna appare dunque come terra cosmica: materiale come la nostra, ricettiva come lei, simile a lei nel partorire, con il suo costante crescente e diminuire, essa rappresenta in un'immagine, l'eterno mutarsi della creazione proveniente dal grembo materno della materia.

In questo modo abbiamo tuttavia messo in risalto solo un aspetto della natura della Luna. In un secondo senso, essa appare non soltanto come potenza femminile, bensì come potenza maschile, e quindi, nel complesso, ermafrodita, come peraltro viene spesso rappresentata.

Rispetto al Sole, la Luna è la materia femminile, ricettiva, ma, rispetto alla nostra terra, essa è, a sua volta, l'entità fecondante che sparge il seme. Ciò che riceve dal Sole, essa lo riversa sulla terra negli umidi raggi del suo splendore notturno, per fecondare il terreno ed ogni altra creatura femminile.

La Luna diviene dunque madre dinanzi al Sole, ma, nel suo rapporto con la terra, essa è padre di ogni procreazione. 

Fa la sua apparizione un'elevazione della sua natura che la porta ad assumere un significato maschile che oltrepassa la sua materialità femminile. 

è avvenuto un progresso della materia all'energia che, nella materia, risveglia la vita. Se sulla terra il sesso maschile viene svelato soltanto attraverso la nascita e quindi si dà a conoscere negli effetti e non come causa, la Luna appare ora quale rappresentazione fisica dell'energia stessa; e così come la maternità aveva trovato inizialmente la propria incarnazione nella terra, la virilità la ottiene ora nella Luna. Fu così compiuto, in campo religioso, il primo passo verso la caduta della ginecocrazia. (...) Il matriarcato procede dal basso, è di natura e di origine ctonia; il patriarcato, per contro, procede dall'alto ed è di natura e di origine celeste; esso è il diritto delle potenze luminose, laddove il matriarcato è invece la legge dell'oscuro grembo della terra colmo di tenebra. Il patriarcato designa quindi un livello superiore della religione e dello sviluppo umano rispetto al matriarcato materiale.

(Nota di Lunaria: è per questo stralcio tratto dalla pagina 45 che Bachofen non può essere considerato "uno che odiava i maschi del patriarcato", che poi è la sciocchezza che si legge in giro, nei commenti di gente che NON ha letto per integrale l'opera di Bachofen... per Bachofen il "matriarcato" è basso e oscuro, mentre la civiltà "è opera del patriarcato"; quindi Bachofen rientra, di fatto, nell'idea del "la civiltà è patriarcale, la Storia l'hanno fatta solo i maschi", che è l'idea misogina che piace ai fans di aristotele, tommaso d'aquino e catone)

Mettiamo la prova, per dimostrare che io i libri li leggo...


Vedi anche: https://intervistemetal.blogspot.com/2021/12/bellerofonte-nel-commento-di-bachofen.html


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