Old Italia Records

Nota di Lunaria: sono stata contattata per mail da Lord Inferos ed ecco qui un contributo davvero interessante che ripercorre le origini della Old Italia Records!

Intanto, per chi volesse sostenere (e riscoprire) tante band Black Metal italiane dei giorni nostri (e non solo), qui trovate un vero e proprio museo virtuale

https://www.youtube.com/c/MuseoDelBlackMetalItaliano/videos

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 Cogliamo l’occasione fornita dalla recente intervista a Zagreus, chitarrista e compositore dei Tragoidia,  (https://intervistemetal.blogspot.com/2020/05/tragoidia-black-metal.htmlper mettere a disposizione del lettore qualche informazione inerente l’underground label che pubblicò la ristampa della loro unica demo, “Circlespell”.

Old Italia nasce all’inizio del millennio per volere di Lord Inferos e Caos (oggi noto come Kaoma Mega). Nel 2002, entrambi i fondatori erano impegnati in prima linea nella scena estrema palermitana, suonando in varie band apprezzate dalla stampa specializzata nazionale e, in alcuni casi, anche da quella estera. Secondo gli accordi presi, Inferos si sarebbe occupato dei rapporti con le band e le altre realtà parallele, gestendo il catalogo e la logistica, mentre Caos avrebbe curato ogni aspetto grafico del progetto, inclusa la parte web.

Sono anni in cui il digitale non ha ancora rivoluzionato i metodi di ascolto, sebbene si possano scorgere i prodromi del fenomeno con chiarezza. Il supporto fisico ha, dunque, ancora una certa importanza per veicolare le proposte musicali delle band, anche di quelle senza contratto, le quali tentano di affacciarsi su una scena all’epoca piuttosto popolata e prolifica.

Old Italia andava a incastrarsi nell’ampio mosaico composto nel nostro Paese da numerose distro e prod. di taglio underground, il cui obiettivo era, nel primo caso, quello di rendere facilmente reperibili agli appassionati le opere delle band, nel secondo, quello di produrne di nuove secondo logiche “artigianali” (N.B. come si vedrà, un’attività non escludeva l’altra), rimanendo distanti dal “vero” mercato discografico e prediligendo, per necessità e vocazione, canali amatoriali.

Si trattava di realtà liminali, il cui agito è da considerarsi soltanto frutto della passione per un genere musicale peculiare, che trovava espressione in un sottobosco spesso carente di mezzi economici significativi.

In questo contesto, Old Italia si faceva avanti con un sito internet accessibile e ben strutturato, che permetteva agli interessati di ordinare album e demo in vari formati (in linea di massima cd, cd-r e cassetta), ufficiali e autorizzati dagli artisti. Il materiale era sovente ottenuto tramite scambi, alimentando all’origine un sistema che aveva nella diffusione musicale il suo motore primo.

Serietà, velocità e accuratezza nell’evasione degli ordini portarono a un certo radicamento tra gli appassionati; forte di questo, Old Italia elaborò un proprio progetto discografico. L’intento era piuttosto semplice: riportare alla luce i lavori dei pionieri del genere nel nostro Paese, quei pionieri, però, che non avevano ricevuto alcun riconoscimento “ufficiale”, condannati all’anonimato. Oggi potrebbe sembrare un’idea quasi banale, tanto più che nel settore molti si muovono o si sono mossi in questo senso; allora, tuttavia, non lo era. In breve, emerse che negli anni Novanta l’Italia, a parte i soliti nomi noti, aveva partorito un buon numero di band, scomparse dopo una o due demo, che meritavano davvero di essere riscoperte. Criteri della selezione? La qualità della proposta e una registrazione quantomeno intellegibile.

La ristampa dei Tragoidia fu il primo esperimento in tal senso. “Circlespell”, uscito per la prima volta in cassetta nel 1997, era un lavoro piuttosto differente rispetto al canone su cui si andava assestando il black metal comunemente inteso. Il suo punto di forza era, per certi versi, anche il suo tratto più complesso: la stratificazione dell’impianto musicale. Essa poteva essere recepita con la giusta efficacia soltanto dall’ascoltatore preparato. La musica della band, infatti, raccoglieva un’eredità eterodossa che affondava le proprie radici in settori differenti: il prog italiano (e non) degli anni Settanta (con una predilezione per quello dagli accenti più esoterici), i classici dell’heavy metal ottantiano (con riferimenti sparsi anche al thrash), una genuina fascinazione per le atmosfere sublimi legate alla grecità arcaica (e, di rimando, a un certo neoclassicismo), il folk siciliano e – ma qui si dice l’ovvio – il black metal (greco, italiano e nordeuropeo) della cosiddetta seconda ondata. Travisare queste influenze portava a immergere il lavoro dei siciliani in calderoni che non sempre si attagliavano alla loro proposta; c’era chi li accostava soltanto al black metal melodico/sinfonico solo per la presenza delle tastiere e chi, per la componente folk, vi scorgeva una marcata vicinanza con la Scena mediterranea di Agghiastru, vicinanza di certo esistente per degli aspetti organizzativi che caratterizzarono la vita delle band – anche i Tragoidia, infatti, erano originari della provincia di Agrigento –, ma poco significativa, secondo chi scrive, circa gli aspetti musicali. Difficile rimanere indifferenti di fronte a un portato così denso, ed è con questo spirito che si produsse la ristampa su cd-r pro di “Circlespell” nel 2004, partendo dal master originale e rinnovando la grafica. Presente anche una bonus track, “Arcadian Flame in Onirian Sin”, che confermava le impressioni di cui si è detto, avvalendosi di una registrazione migliore.

Al secondo giro di boa toccò ai marchigiani Sulphuria e al loro “Caelum sanguineum”, uscito in origine come demo-tape nel 1996. Siamo su territori del tutto diversi dai Tragoidia, ma non per questo meno estremi. Ascoltare questo lavoro per la prima volta è un’esperienza straniante: strutturalmente i brani ricordano più delle composizioni rock che non il black metal in sé, ma la possanza dell’effetto ricercato, l’acidità delle chitarre, la sofferenza della voce sono inconfondibili. Qualcosa di sinistro e disperato si agita in queste canzoni e il cantato sofferto, in italiano (purtroppo non sempre comprensibile), alimenta la sensazione che il gruppo con maggiori risorse – leggasi più denaro per uno studio di registrazione migliore e più tempo da trascorrervi all’interno – avrebbe potuto fare un salto di qualità non indifferente. Anche in questo caso, si trattava di una proposta la cui chiave di lettura non era alla portata di tutti: buona parte dei blacksters ama quasi esclusivamente i suoni “norse” e, nonostante già in quegli anni si parlasse con un certo trasporto di “aprirsi alla sperimentazione”, spesso si trattava di buoni propositi che trovavano applicazione limitata (o nulla) nella prassi.

La musica dei Sulphuria – inclassificabile, o meglio, semplicemente classificabile come “oscura” – opponeva tenace resistenza a ogni lettura ortodossa, spiazzando l’ascoltatore volenteroso, ieri come oggi, con un metal estremo del tutto sui generis, in cui si riscontravano echi di goth rock e persino melodie dissonanti vicine a certi stilemi del rock alternativo. La bonus track inserita in chiusura, “Ovunque tu sia”, fotografa il sound della band al momento della scomparsa: si aggiungono delle tastiere “esoteriche”, gli arrangiamenti si fanno più puliti, le atmosfere più notturne e meno disperate. Nel 2005, dunque, Old Italia procedette alla ristampa su disco ottico, partendo dal nastro DAT su cui era stato realizzato il master e proponendo una grafica in linea con quella della vecchia demo-tape.

Essenziale dire che entrambe le produzioni circolarono ampiamente sul territorio italiano (e non solo), donando a questi lavori una rinnovata dignità, quasi una seconda giovinezza. La missione si poteva considerare riuscita.

Old Italia, inoltre, supportò la realizzazione di varie compilation promozionali e album di band emergenti, in alcuni casi anche con un contributo economico. 

Attorno al 2006, Old Italia cessò le proprie attività a causa di dissidi interni. 

Sono trascorsi anni e le memorie del suo operato sembrerebbero destinate all’oblio, eppure ogni tanto essa ritorna nelle parole di quanti l’hanno incrociata e fa piacere notare che il suo ricordo, in un modo o nell’altro, è sempre positivo. Non desideravamo altro.

Lord Inferos







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