tratto da
La "Signora degli animali" arricchita di un tratto spiccatamente agricolo (gli avambracci flessi all'esterno e le mani stringenti fasci di spighe),
Altre Dee nella stessa posa di Astarte |
ritorna nel rilievo siriaco con le caratteristiche note minoiche dell'ampia gonna a balze successive sin oltre il ginocchio, del busto nudo, dei seni vistosi, degli egagri rampanti ai suoi lati; ma il capo adorno di un alto e spesso berretto dell'identica stoffa della gonna, arieggiante ad una tiara.
La terra di Canaan, l'Arabia yemenita a sud di essa e la Siria a nord, furono i tre originari centri del suo culto che si affermò con particolare vigore, dando origine a testi religiosi e letterari, nella Siria settentrionale a Ugarit. Gli Israeliti, occupata la valle del Giordano, ne assorbirono con grande facilità i culti preesistenti. Dovettero ben presto venire a conoscenza della Dea, come pure della sua compagna Qedesh, e delle due Divinità Femminili dei "luoghi alti cananei": Ashtartu ed Asherah.
Fiorentissimo era il culto di Anat a Beth-shan (l'odierna Beisan) città della Galilea meridionale, nella valle di Esdrelon, presso la riva destra del Giordano dove gli scavi condotti da archeologi americani rivelarono ben nove strati di cui il più profondo è anteriore all'ingresso degli Israeliti reduci dall'Egitto in Canaan.
Dal libro di Giosuè raccogliamo che fra le città assegnate a Manasse v'era Beth-shan coi suoi villaggi dove i figli di lui si stanziarono più ospiti che conquistatori e quando crebbero in forza reserò i Cananei tributari, ma non ne fecero strage. Si inizia così insieme con un sincretismo di costumi - i matrimoni misti - un sincretismo religioso coincidenti l'uno e l'altro con l'inizio di un periodo di prosperità nel quale gli Israeliti applicavano le arti agricole dei Cananei. E poiché questi attribuivano la fertilità dei campi all'azione vigila della loro Divinità, fu facile agli Israeliti persuadersi che, oltre a jahvè, era pur lecito rendere culto alle divinità delle popolazioni locali:
(Nota di Lunaria: la ben nota ossessione di jahvè: "Io sono il signore dio tuo/non avrai altro dio all'infuori di me/io sono un dio geloso" che lascia intendere pienamente che questo dio, per poter essere geloso di altri Dei, doveva ammettere implicitamente la loro esistenza...!)
Ora tra queste Dee locali cananee era indubbiamente Anat (il cui nome ritorna in toponimi quali Bet-Anat vicino ad Hebron, Anatot a nord di Gerusalemme ed è persino il nome della madre di uno dei Giudici d'Iraele, Samgar, detto "figlio di Anat" che con un vomero uccise 600 filistei) (*)
Le donne straniere, poi, entrando come mogli e concubine negli harem israeliti (vedi la storia di Salomone) vi portavano le loro divinità femminili e spesso le facevano trionfare nei singoli gruppi famigliari. E così, mentre Salomone ergeva il Tempio di Gerusalemme e lo consacrava affinché jahvè venisse ad abitarlo, popolava i dintorni di Gerusalemme di "luoghi alti" dove i vari culti stranieri venivano riccamente installati.
Abbiamo visto qui "i luoghi alti": http://intervistemetal.blogspot.it/2018/04/israele-esoterico-5-gli-alti-luoghi.html
Quanto gli Israeliti fossero attaccati al culto cananeo di Anat è dimostrato da un ben significante episodio rivelatoci dai "Papiri di Elefantina", dove una dinastia fa ergere un tempio dedicato a Jahu/Jahvè ma in cui vi trovavano posto anche altre divinità. In alcune forme di giuramento troviamo che Anat fa coppia con Jahu (Anat-Janu) dove il dio è subordinato alla potenza generatrice di Anat. Che javhè potesse essere subordinato a una Divinità Femminile, che contava sacre etere fra le sue ministre, era una sacrilega bestemmia agli occhi di uno jahvista puro.
(Nota di Lunaria: vedi la storia dell'israelita Zamri e della sua amante madianita Cozbi che vengono trapassati da una lancia manovrata dal nipote di Aronne, in Giudici III, 5)
Dalla "humus" medesima da cui germinò Anat in Palestina e in Siria, germinò la Dea nell'Arabia yemenita, popolata da tribù nomadi.
La Dea appare connessa con il leone. [come molte altre Dee sedute in trono con i leoni a lato. Nota di Lunaria]
Anat e Qedesh furono, insieme con Ashtartu, le divinità femminili che gli Egizi fecero proprie. Anat veniva rappresentata in Egitto come una Dea guerriera, seduta con la lancia o lo scudo nella mano destra, mentre brandisce con la sinistra alzata una mazza di battaglia;
o in piedi, vestita di una pelle di pantera, lo scettro papiraceo nella mano destra, il simbolo della vita nella sinistra. In capo, sempre l'alta tiara bianca fiancheggiata da due ricche piume e talora un paio di corna alla base.
Gli Egizi, come si vede, di Anat tennero soprattutto il carattere guerriero, a cui dedicarono un santuario a Tebe, mentre Ramses II chiamò sua figlia "figlia di Anat".
Un'altra Dea che fu assunta dagli Egizi con particolare entusiasmo è Qedesh, "Onnipotente propagatrice dell'amore", non diversamente da Inanna-Ishtar. Qadesh è rappresentata sopra un gioiello da Ras Shamra, nuda, stante sopra un leoncino, le braccia piegate e alzate a reggere due rami di loto con due serpenti che la fiancheggiano scendendo paralleli alle gambe. Veniva anche rappresentata completamente nuda, in piedi a una leonessa e portante in capo un crescente lunare e un disco.
(Nota di Lunaria: si veda il confronto con Lilith)
Più tardi, assume l'acconciatura hatorica, si adorna di collana e veste con un abito aderentissimo che la fa apparire nuda, tenendo in mano fiori di loto e un cerchietto (uno specchio?) con due serpentelli nella mano sinistra.
(Notare come la Dea abbia per sgabello un leone, animale noto per la forza e l'ardore, quasi a incrementare il potere della Dea che doma il leone e lo rende suo poggiapiedi)
Collegamenti è possibile farli con Bast (Dea Gatta) e Sekhet (Dea Leonessa), rappresentate vestite in modo attilato, con le mani reggenti il sistro e lo scettro di papiro (per Bast) serpenti (Sekhet). Anche Atargatis (Dea Siriana) era rappresentata su un leone, o in trono, con due leoni che l'affiancano.
Anat aveva anche un aspetto sanguinario, e la si immaginava mentre faceva dei veri e propri bagni di sangue:
"Ella, la Vergine, si lava le mani, ella, la Sorella del Principe, si lava la dita; si deterge le mani dal sangue dei soldati, si deterge le dita dal sangue rappreso dei guerrieri"
Nota: e per questo aspetto, andrebbe assimilata a Kali/Morrigan e a Artemis Orthia, "La Dea che suscita la virilità" che veniva celebrata con sacrifici umani maschili, sostituiti poi da flagellazioni. La Dea era avida di sangue maschile irrorante l'altare perché accresceva e rafforzava i suoi poteri autonomi di generatrice. Che poi si credesse, nei tempi antichi, che il sangue fosse l'alimento da donare agli Dei "per non farli morire" era credenza anche azteca: "Per quanto riguarda i sacrifici, gli Aztechi erano convinti che niente fosse più necessario che assicurare al Sole il nutrimento: il sangue umano, che nutriva il Sole e permetteva il suo ritorno. Il Sole esigeva sangue, gli stessi Dei lo avevano donato. Comunque c'è da ricordare che all'epoca si riteneva un grande onore sacrificarsi per gli Dei."
Stralcio tratto da
Nota di Lunaria: ho parecchio materiale sui Mesoamericani. E ovviamente ci sono molte band sudamericane che mi piacciono. Vedremo se riuscirò a trattare anche loro...
(*) Anche il padre di Gedeone era un adoratore di Baal, a cui aveva elevato un altare con una roccia "fallica" dedicata al dio, la Massebhah, che poteva arrivare da uno a tre metri circa, mentre ad Asherah si dedicavano alberi sfrondati o pali. Anche Erodoto parla di pietre rizzate a mo' di fallo e Mircea Eliade ne parla a fondo della litolatria e dei culti fallici connessi ai sassi in "Trattato di Storia delle Religioni". Anche la figlia di Iefte probabilmente adorava sui monti il dio Baal, quando "va a piangere la propria verginità" nelle selve montuose prima di essere sacrificata.
"I sassi o i meteoriti magici, sacri, le case del Dio/Dea o con proprietà taumaturgiche in grado di guarire o "creare" la gravidanza. Erano anche associati all'eternità, alla partenogenesi - li si riteneva "nati da sé" - e all'organo maschile (infatti venivano "oliati" e tale pratica la si ritrova scritta persino nella Bibbia a testimonianza che gli stessi Ebrei, per un periodo della loro storia, non solo adoravano gli alberi - "il roveto ardente" - ma persino le pietre). Anche la Kaba islamica in realtà rientra nel culto della pietra, e Mircea Eliade ipotizza che all'inizio fosse persino dedicato a una Dea. Per quanto riguarda i cristiani, hanno assimilato il culto delle pietre nelle loro chiese: nella chiesa di san Volfango c'è una cappella - eretta nel 1713! - che ospita all'interno "la pietra sacra", ovvero un masso calcareo - si pensa - toccato dal santo. Nella chiesa di Maria Schnee (nell'ex Boemia tedesca) c'è un grande masso diviso da una profonda spaccatura centrale (riferimento concettuale alla Yoni induista, il culto della Vagina: i popoli protostorici dell'India consideravano le pietre forate un emblema del "Yoni", e l'azione rituale di passare per il buco implicherebbe rigenerazione per mezzo del Principio Cosmico Femminile) e nella cavità venivano offerti cereali e ceri; Nella cappella di San Nicolò si trova l'"Handstein" (pietra della mano): ci si infila la mano per ottenere la guarigione." (Stralcio preso da "Trattato di Storia delle Religioni" di Mircea Eliade)
Per la coscienza religiosa del primitivo, la durezza, la ruvidità e la permanenza della materia sono una ierofania. Non v'è nulla di più immediato e di più autonomo nella pienezza della sua forza, e non v'è nulla di più nobile e di più terrificante della roccia maestosa, del blocco di granito audacemente eretto. IL SASSO, ANZITUTTO, E'. Rimane sempre se stesso e perdura; cosa più importante di tutte, COLPISCE. Ancor prima di afferrarla per colpire, l'uomo urta contro la pietra, non necessariamente col corpo, ma per lo meno con lo sguardo. In questo modo ne constata la durezza, la ruvidità e la potenza. La roccia gli rivela qualche cosa che trascende la precarietà della sua condizione umana: un modo di essere assoluto. La sua resistenza, la sua inerzia, le sue proporzioni, come i suoi strani contorni, non sono umani: attestano una presenza che abbaglia, atterrisce e minaccia. Nella sua grandezza e nella sua durezza, nella sua forma o nel suo colore, l'uomo incontra una realtà e una forza appartenenti a un mondo DIVERSO da quel mondo profano di cui fa parte.
Non saprei dire se gli uomini hanno mai adorato i sassi in quanto sassi. La devozione del primitivo si riferisce sempre, in ogni caso, a qualche cosa di diverso, che la pietra incorpora ed esprime. Una roccia, un ciottolo, sono oggetto di rispettosa devozione perché rappresentano o imitano QUALCHE COSA, perché vengono da QUALCHE POSTO. Il loro valore sacro è dovuto esclusivamente a questi qualche cosa e qualche posto, mai alla
loro stessa esistenza. Gli uomini hanno adorato i sassi soltanto nella misura in cui rappresentavano UNA COSA DIVERSA dai sassi. Li hanno adorati o se ne sono serviti come strumenti di azione spirituale, come centri di energia destinati alla difesa propria o a quella dei loro morti. E ciò avveniva, è bene dirlo subito, perché le pietre con incidenza cultuale erano in maggioranza utilizzate come STRUMENTI: servivano a ottenere qualche cosa, ad assicurarne il possesso. La loro funzione era magica più che
religiosa. Fornite di certe virtù sacre dovute all'origine o alla forma, erano non adorate ma utilizzate (...) Leenhardt scrive che ‘i sassi sono lo spirito pietrificato degli antenati’. La formula è bella, ma non si deve prendere alla lettera. Non si tratta di spirito pietrificato, ma di rappresentazione concreta, di un'‘abitazione’ provvisoria o simbolica dello spirito. Del resto lo stesso Leenhardt confessa: ‘che si tratti di spirito, dio, totem del clan, tutti questi concetti hanno in realtà una rappresentazione concreta, che è il sasso’. I Khasi dell'Assam credono che la Grande Madre del clan sia rappresentata dai dolmen ("maw-kynthei", ‘i sassi femmina’), e che il Grande Padre sia presente nei menhir ("maw-shynrang", ‘i sassi maschi’). In altre zone culturali i menhir incarnano addirittura la divinità suprema (uranica). Abbiamo già visto che in molte tribù africane il culto del dio supremo del Cielo comprende menhir (a cui si fanno sacrifici) e altre pietre sacre (...) La pietra, la roccia, il monolito, il dolmen, il menhir DIVENTANO sacri grazie alla forza spirituale di cui portano il segno (...) A Decines (Rodano), ancora in tempi recenti, le donne si ponevano a sedere sopra un monolito che sta in un campo nella località Pierrefrite. A Saint-Renan (Finisterra) la donna che desiderava un figlio si coricava per tre notti consecutive sopra una grande roccia, ‘la cavalla di Pietra’. Parimenti i novelli sposi, nelle prime notti dopo le nozze, venivano a strofinare il ventre contro quella pietra. La pratica si ritrova in molte regioni. Ancora nel 1923 le contadine che venivano a Londra abbracciavano le colonne della cattedrale di San Paolo per avere figli (...) Numerosi megaliti favoriscono i primi passi dei bambini o assicurano loro buona salute. Nel cantone di Amance c'è una ‘Pietra forata’; le donne le si inginocchiano davanti e la pregano per la salute dei figli, gettando una moneta nel buco. I genitori portavano il neonato alla ‘pietra forata’ di Fovent-le-Haut e lo facevano passare per il foro. ‘Era, in un certo senso, il battesimo della pietra, destinato a preservare il bambino dai malefìci e a portargli fortuna’. A Natale e il giorno di San Giovanni Battista (cioè ai due solstizi), si ponevano candele accanto a certe pietre forate, e si spandeva sulle pietre dell'olio, che poi veniva raccolto e usato come rimedio. La Chiesa ha lungamente combattuto queste usanze . La loro sopravvivenza malgrado le pressioni del clero, e specialmente malgrado un secolo di razionalismo antireligioso e antisuperstizioso, è una nuova prova del vigore di queste pratiche (...) Oggi la credenza non è più basata su nessuna considerazione teorica, ma è giustificata da leggende recenti o da interpretazioni sacerdotali (un santo si è riposato su quella roccia; sopra il menhir c'è la croce, eccetera). Un esempio suggestivo della multivalenza simbolica della pietra è dato dalle meteoriti. La Pietra Nera della Mecca e quella di Pessinunte, immagine aniconica della Grande Madre dei Frigi, Cibele, portata a Roma durante l'ultima guerra punica, sono le più illustri meteoriti. Il loro carattere sacro era dovuto anzitutto alla loro origine celeste. Ma erano insieme immagini della Grande Madre, cioè della divinità tellurica per eccellenza. E' difficile credere che la loro origine uranica sia stata dimenticata, perché le credenze popolari attribuiscono questa discendenza a tutti gli strumenti preistorici di pietra chiamati ‘pietre del fulmine’. Probabilmente le meteoriti divennero immagini della Grande Dea perché si credettero inseguite dal fulmine, simbolo del Dio uranico. Ma, d'altra parte, la Ka'ba era considerata il ‘centro del mondo’, cioè non soltanto il centro della terra: sopra di essa, nel centro del cielo, doveva trovarsi la ‘Porta del Cielo’. Evidentemente, cadendo dal cielo, la Pietra Nera della Ka'ba bucò il firmamento, e attraverso quel foro può avvenire la comunicazione fra Terra e Cielo (vi passa l'‘Axis Mundi’) (...) ‘Gli Arabi adorano le pietre’, scriveva Clemente Alessandrino (...) si può supporre che al tempo di Clemente la maggioranza degli Arabi ‘adorassero’ i sassi. Ricerche recenti hanno dimostrato che gli Arabi preislamici veneravano certe pietre chiamate dai Greco-latini "baytili", parola di origine semitica che significa ‘casa di Dio’ (55). Del resto tali pietre sacre non furono venerate soltanto nel mondo semitico, ma anche dalle popolazioni dell'Africa del nord, anche prima dei loro contatti con i Cartaginesi. Ma i betili non furono mai adorati in quanto SASSI, lo furono soltanto nella misura in cui manifestavano una PRESENZA DIVINA. Rappresentavano la ‘casa’ di Dio, erano il suo segno, il suo emblema, il ricettacolo della sua forza o il testimonio incrollabile di un atto religioso compiuto in suo nome. Qualche esempio scelto nel mondo semitico farà comprendere meglio il loro significato e la loro funzione. In viaggio per la Mesopotamia, Giacobbe attraversò Haran:
"Giunto a un certo luogo, volendovi riposare dopo il tramonto del sole, prese delle pietre che vi si trovavano, e postele sotto il suo capo, ivi dormì. E vide in sogno una scala rizzata sulla terra, la cui cima toccava il cielo; gli angeli di Dio salivano e discendevano per essa; e il Signore, appoggiato alla scala, gli diceva: ‘Io sono il Signore Dio d'Abramo tuo padre e il Dio d'Isacco; la terra nella quale dormi, la darò a te e alla tua stirpe...’... Svegliatosi Giacobbe dal suo sogno disse: ‘Veramente, il Signore è in questo luogo, e io non lo sapevo!’ e intimorito così continuò: ‘Quanto è terribile questo luogo! altro non è che la casa di Dio e la porta del cielo’.
Per approfondimenti sui Fenici: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/i-fenici.html
APPROFONDIMENTO SU EVA:
Vedi anche: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/10/eva-heba-come-magna-mater.html
Nota di Lunaria: con "Ermeneutica" si intende
Premessa:
Personalmente, ritengo le interpretazioni ermeneutiche femminili/femministe al monoteismo abbastanza stupide, se non risibili, grottesche o persino pericolose (con questo metro di giudizio del "è tutto interpretabile/tutto va allegorizzato" potremmo persino sostenere che anche il Mein Kampf di Hitler sia un testo di liberazione per il popolo ebraico! Basta spostare le virgole e allegorizzare qui e lì!). Personalmente ritengo che andare avanti a difendere/allegorizzare il monoteismo, quando si è donne, cercando di salvare il salvabile e "evitando" il resto oscenamente misogino (le frasucole del cantico dei cantici sì, la vicenda della concubina del Levita fatta a pezzi no) significhi solo ostinarsi a stare dentro nell'oppressione/farne apologia. Dal mio punto di vista, non se ne cava niente, se non:
1) Restare negate e non sviluppare mai "l'Ipostasi Femminile" (come fai a divinizzare la corporeità della donna, se il concetto cristiano di ipostasi si riferisce solo al corpo maschile di cristo?)
2) Non poter pregare una Dea (come fai a pregarla se gesù stesso rivela unicamente un dio padre?)
3) Farsi ridere dietro e venir cacciate a calci nel sedere dai masculi che contano, nella dottrina cristiana:
Quindi fate un po' voi, care teologhe/esegete cristiane, se ne vale la pena fare i salti mortali, nell'interpretazione di testi palesemente violenti e misogini (corano e bibbia) che affermano pienamente l'inferiorità femminile, per far sembrare che siano testi di liberazione della donna e che javè ci ami tanto. Per quanto mi riguarda, faccio questo articolo solo perché spero che sia trovato per caso da qualche cristiana e che le serva per emanciparsi almeno un pochino. In tal caso, cara sorella cristiana, dopo che hai introiettato dentro di te l'ermeneutica femminile alla figura di Eva, fai un altro passo verso la liberazione: inizia anche ad introiettare libri come questi:
Intanto, prima di leggere il commento ermeneutico, riportiamo in breve la storiella della genesi.
Chi volesse approfondire la relativa analisi esegetica al serpente: http://intervistemetal.blogspot.it/2018/04/israele-esoterico-3-il-serpente-dagon-e.html
Troppo sovente si affronta la lettura di questo episodio della Genesi gravati dal peso dell'interpretazione di Agostino o di John Milton [Nota di Lunaria: e dell'Aquinate, molto più misogino di Agostino]
E se invece si rivelasse che il serpente non mente alla donna ma le dice la verità quando afferma che la conseguenza dell'atto di mangiare del frutto dell'albero proibito è l'acquisto della capacità di distinguere il bene dal male, un potere divino che la divinità custodisce gelosamente?
Nota di Lunaria: infatti il malvagio dio della genesi NON VUOLE che l'essere umano diventi una divinità; difatti dopo che l'uomo e la donna sono diventati sapienti (conoscitori del bene e del male, simili a Dio in intelletto) li scaccia proprio per evitare che i due ottengano l'immortalità mangiando dall'altro albero ("perché non stenda la mano/e viva a tempo indefinito")
in pratica questo dittatore ci voleva idioti e felici di esserlo! E quando Adamo ed Eva diventano sapienti, il signorino javè si risente, si offende, si adira e li scaccia per evitare che essi diventino immortali e quindi essi stessi Dei!
Il Serpente, come il gigante greco prometeo, cui si attribuisce il dono del fuoco all'umanità - è un ingannatore [...] da scuotere il cosmo e modificarlo per sempre. La donna crede al Serpente e con un significativo gioco di parole il narratore afferma che ella si accorge che l'albero è bello da vedersi/desiderabile per diventare sapienti:
A differenza di com'è presentata dalla tradizione successiva (*), la donna non è la facile preda di un demone ammaliatore, ma una protagonista che sceglie consapevolmente la conoscenza. Insieme al Serpente, la donna è portatrice di cultura.
(*) e pure oggigiorno. Vedi stralci come questi
L'uomo, invece, è completamente passivo. La donna gli dà il frutto ed egli lo mangia come se fosse un bambino. Con l'atto del mangiare giungono i contrassegni della vita sociale e culturale: la conoscenza della differenza tra bene e male, le vesti che distinguono e nascondono, i ruoli legati al genere di appartenenza. La donna è destinata ad essere colei che genera i figli, la madre della vita in ogni suo aspetto.
L'uomo è destinato a lavorare la terra che, da allora in avanti, gli concederà grazie alla fatica i suoi frutti.
Viene così istituita una precisa gerarchia: la donna e la progenie sull'ingegnoso serpente (*)
che ora è ridotto a mero rettile mangiatore di polvere
e l'uomo sulla donna
Benché le punizioni [...] riflettano indubbiamente la visione del mondo androcentrica, nel testo non si trova alcuna pesante accusa né l'attribuzione alla donna del peccato originale. Questa è infatti un'interpretazione posteriore compiuta da autori aventi concezioni teologiche e visioni del mondo ben diverse.
L'autodifesa dell'uomo, come già il suo atto passivo di disobbedienza, gli attribuisce tratti infantili. Quando Dio lo accusa di aver disobbedito al suo ordine, l'uomo risponde con una scusa ridicola: "La donna che tu mi hai messo accanto, è lei che mi ha dato del frutto dell'albero e io ne ho mangiato"
Di chi è la colpa? della donna? di Dio? Nondimeno è la donna che dà inizio all'azione.
(*) E qui NON si riferisce, come credono i cattolici ebeti, a maria che schiaccia il serpente (fantasia cattolica inesistente nella bibbia), ma al massimo a gesù cristo (la progenie della donna) che calpesta il serpente:
"Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno". Il soggetto che "schiaccia la testa del serpente"
è "la sua stirpe": la stirpe nata dalla donna, ovvero il messia e non la donna!
è il seme della donna, la stirpe, il discendente della donna che schiaccia la testa al serpente! Quindi, al massimo, è il gesù cristiano che deve essere rappresentato con il piede che schiaccia il serpente, non maria!
RIPORTIAMO ANCHE LA CONFUTAZIONE FATTA DAI CRISTIANI EVANGELICI, A "MARIA CHE SCHIACCIA IL SERPENTE":
RIPORTIAMO ANCHE LA CONFUTAZIONE FATTA DAI CRISTIANI EVANGELICI, A "MARIA CHE SCHIACCIA IL SERPENTE":
Si tenga anche presente che il Serpente, nel contesto originale della genesi, NON rappresenta il Diavolo - figura tra l'altro minoritaria nell'ebraismo primigenio - perché l'idea che il serpente sia il Diavolo è l'interpretazione patristica cristiana (e quindi NON ebraica). Il Serpente in Genesi, in quel contesto ebraico, rappresenta la tentazione al politeismo cananeo, il ritornello ossessivo ripetuto per tutto l'antico testamento.
Ed Eva, che ascolta il Serpente (simbolo del Dio cananeo, probabilmente Baal, o quasi sicuramente di una Dea cananea, visto che i serpenti sono sempre stati associati alle Dee), sarebbe la figura archetipa della Sacerdotessa Cananea.
Tra l'altro, potrebbe benissimo essere probabile che l'Eva ebraica sia stata ricalcata sulla Dea Hurrita Hebat, a sua volta associata all'Hittita Arinna https://intervistemetal.blogspot.com/2019/10/eva-heba-come-magna-mater.html
e a questo punto Adamo potrebbe essere l'archetipo o lo scopiazzamento di qualche Dio maschile.
Tra l'altro che gli ebrei abbiano scopiazzato gli Dei altrui "degradandoli" a esseri umani era già presente nella figura di Lilith, dagli ebrei considerata una donna umana creata dal loro dio. In realtà, Lilith è una vera Dea, nel pantheon sumero, non una creatura. https://intervistemetal.blogspot.com/2019/08/lilith.html
Vedi questa analisi
http://intervistemetal.blogspot.com/2018/04/israele-esoterico-3-il-serpente-dagon-e.html
Qui riporto un altro approfondimento
"La Dea Madre come origine di ogni forma di vita appare in molte delle più antiche storie sulla creazione, in differenti parti del mondo. Nella americhe è la Signora della Sottana di Serpente, interessante anche perché come in Europa, Medio Oriente e Asia, il serpente è una delle prime manifestazioni della Dea." (Riane Eisler)
Riporto quanto scritto qui
"Nella mitologia il Serpente è forse la più forte di tutte le immagini che rappresentano il rinnovamento e la trasformazione.
è il guardiano della saggezza del Mondo Sotterraneo e della profezia. La caratteristica del Serpente di liberarsi della sua vecchia pelle e quindi di rinnovarsi era associata al cambio della Luna nuova e al ciclo mestruale delle donne. Come la Luna, il Serpente era visto quale simbolo di luce e di buio; viveva sia sotto che sopra la terra, in tane e cavità. Rappresentava i poteri della Luna Nera, le energie dinamiche provenienti dalla coscienza interiore o Mondo Sotterraneo che portavano alla luce i poteri profetici, la saggezza, l'ispirazione e la fertilità. I movimenti sinuosi e ondeggianti del serpente rinforzavano l'associazione con l'acqua ed esso diventava il simbolo delle acque del cielo come pioggia fertilizzante e delle acque del Mondo Sotterraneo come l'utero che porta la rinascita e la nuova vita.
In alcune mitologie il Serpente rappresentava la sorgente creativa che diede vita all'universo. Esso era visto come l'energia dinamica della Dea, cioè sia la madre terra che il suo potere in grado di far crescere le piante. Hel, la Dea teutonica del Mondo Sotterraneo e dei morti, era la sorella del serpente Ouroboros, che circondava gli oceani della terra. Sia Inanna che Ishtar erano raffigurate con serpenti, spesso attorcigliati su un bastone, ed entrambe erano chiamate "Regina delle Acque Superiori e Inferiori". Nel santuario di Cnosso, sull'isola di Creta, furono trovate statue di Dee e Sacerdotesse con serpenti attorcigliati sul corpo e sulle mani.
Ecate, la Dea Greca della Luna Nera, era raffigurata con i serpenti al posto dei capelli, e Demetra, Dea del Granoturco, era sempre accompagnata da un serpente. In particolare le Dee dell'apprendimento, dell'oracolo, della guarigione, della saggezza e dell'ispirazione erano associate al serpente. Le Sacerdotesse di Artemide erano chiamate pythia, cioè serpi, e i loro templi erano luoghi di guarigione e divinazione. Lo scudo di Atena e l'indumento chiamato Aegis, che indossava sulle spalle, erano adornati con fregi e immagini di Gorgone, un essere con in testa i serpenti.
Nelle leggende dell'antica Dea Brigit era associata anch'essa ai serpenti e così pure la Dea Egizia Heh, che era chiamata "Rivelatrice di Saggezza".
Un altro tema ricorrente è l'associazione del principio femminile nelle acque primordiali. Per esempio, nella ceramica decorata dell'Antica Europa il simbolismo dell'acqua, spesso insieme all'uovo primordiale, è un motivo frequente. Qui la Grande Dea talvolta sotto forma di Dea Uccello o Dea Serpente presiede alla forza dispensatrice di vita dell'acqua.
Sia in Europa che in Anatolia si intrecciano i motivi della Dea come apportatrice di pioggia ed elargitrice di latte, e vasi e contenitori rituali sono un equipaggiamento comune nei templi a Lei dedicati.
La sua immagine viene anche associata ai contenitori per l'acqua, che talvolta riproducono il suo aspetto antropomorfo. Come Dea Egiziana, Nut, essa è l'unità fluente delle acque primordiali celesti. In seguito essa sorgerà dalle acque del mare, con l'aspetto della Dea Cretese Ariadne ("La Santissima") o di quella greca Afrodite. Il confronto tra il pantheon religioso del Neolitico e quello cristiano rivela drammaticamente in che misura quella visione del mondo differisse dalla nostra. Nel Neolitico a capo della sacra famiglia c'era una donna: la Grande Madre, la Regina del Cielo, o la Dea nei suoi vari aspetti e forme.
Torniamo a Riane Eisler...
Anche i componenti maschili di questo pantheon, il suo consorte, fratello e/o figlio erano divini. Invece a capo della sacra famiglia cristiana c'è un Padre onnipotente. Il secondo maschio del pantheon, Gesù Cristo è un altro aspetto della divinità. Ma, anche se padre e figlio sono immortali e divini, Maria, l'unica donna in questo facsimile religioso dell'organizzazione patriarcale della famiglia (precisazione di Lunaria: dove la donna, come Maria, è utile solo per partorire. Non ha altri ruoli) è una comune mortale, evidentemente, con le sue corrispondenti terrene, di rango inferiore.
(Nota di Lunaria: infatti nel vangelo, così come è scritto, maria non ha ruoli di potere. Si limita a restare incinta e viene pure maltrattata da gesù che le preferisce la folla!)
Le religioni in cui la sola, o la più potente, divinità è maschile, tendono a riflettere un ordinamento sociale a discendenza patrilineare (successione paterna) e domicilio patrilocale (la moglie va a vivere con la famiglia o il clan del marito). Viceversa, le religioni in cui la divinità più potente, o l'unica, è femminile, tendono a riflettere un ordinamento sociale in cui la discendenza è matrilineare (successione materna) e allo stesso modo il domicilio è matrilocale (il marito va a vivere con la famiglia o il clan della moglie). Inoltre UNA STRUTTURA SOCIALE A DOMINIO MASCHILE, PER LO PIù GERARCHICA, VIENE STORICAMENTE RIFLESSA E CONSERVATA DA UN PANTHEON RELIGIOSO DOMINATO DAL MASCHIO E DA DOTTRINE RELIGIOSE IN CUI LA SUBORDINAZIONE DELLE DONNE VIENE SANCITA PER ORDINE DIVINO.
Che cosa ha causato il mutamento radicale di direzione culturale, la svolta che ci ha precipitato da un ordinamento sociale sostenuto dal Calice a uno dominato dalla Spada? Come e quando è successo?
Tutto parte da un gruppo di guerrieri nomadi, che oggi vengono chiamati "Kurgan". Alla base del sistema degli invasori c'era l'attribuzione di un maggiore valore al potere che toglie la vita anziché a quella che la dà. Era il potere simboleggiato dalla "spada maschile", che come mostrano le incisioni nelle prime caverne kurgan, questi invasori indoeuropei adoravano. Con la comparsa sulla scena della Preistoria di questi invasori, la Dea e le donne furono ridotte al ruolo di consorti dell'uomo o concubine. Gradualmente il dominio maschile, l'aggressività e l'asservimento delle donne e degli uomini più miti, "effeminati", divennero la norma.
Marija Gimbutas nota:
"L'ideologia kurgan, come si evince dalla mitologia comparata indoeuropea, esaltava gli dèi guerrieri del cielo fulgido e tonante, eroici e virili. Le armi non esistevano nelle immagini degli Antichi Europei, mentre la daga e l'ascia da combattimento sono simboli dominanti dei kurgan, che come tutti gli indoeuropei della storia, glorificavano il potere letale della spada affilata [...] gli Dei dei kurgan erano rappresentati tramite le armi, o mediante le armi insieme a una cintura, una collana, un pendente a doppia spirale [...] Una, tre, sette, o nove daghe sono collocate al centro della composizione di solito sopra o sotto la cintola. Ovviamente le armi rappresentavano i poteri e le funzioni del dio e venivano adorate come rappresentazioni del dio stesso."
Questa glorificazione del potere letale della lama affilata si accompagnava a un modo di vita in cui sembra fosse normale l'uccisione sistematica di altri esseri umani, così come la distruzione e il saccheggio dei loro averi e l'asservimento e lo sfruttamento delle loro persone. Alcuni dei resti trovati in alcuni campi kurgan, indicano che i kurgan massacravano gli uomini, ma risparmiavano le donne che prendevano come concubine o mogli.
La prova che questo fosse una cosa comune - persino legge divina - si trova nell'Antico Testamento. In Numeri 31:32-35 leggiamo che il bottino di guerra preso dagli invasori contro i Madianiti c'erano, in quest'ordine: pecore, bestiame, asini e trentaduemila ragazze che non avevano avuto rapporti con uomini (nota di Lunaria: appunto. L'ossessione per la verginità della femmina è TIPICA del cristianesimo, dell'ebraismo e dell'islam)
Per millenni uno degli strumenti più importanti del condizionamento sociale fu "l'educazione spirituale" compiuta dagli antichi sacerdoti [...] che avevano diffuso la convinzione che quanto sostenevano era il Verbo Divino, la Parola di Dio che era stata trasmessa loro magicamente, erano spalleggiati da eserciti, tribunali e boia [...] perché bisognava insegnare alla gente a obbedire alle divinità, e ai loro rappresentanti terreni, che ormai esercitavano arbitrariamente il potere di vita e di morte nei modi più crudeli, ingiusti e capricciosi, che tuttora vengono spesso giustificati come "volontà di Dio" [...] era parte integrante del processo di mutamento della norma: il processo per cui una società dominata dal maschio, violenta e gerarchica, cominciò gradualmente a essere considerata non solo normale ma anche giusta.
APPROFONDIMENTO SULLA COLOMBA
tratto da:
La colomba è un animale che tutti associano al cristianesimo, ma in realtà ha origini pagane. Non solo rappresentava lo spirito vitale, il passaggio da uno stato o mondo ad un altro, o la castità e la dolcezza, ma in alcune tradizioni come quella cinese era associata alla lascivia; più in generale, è un simbolo associato alle Grandi Madri: raffigurava femminilità e maternità; la colomba con un ramo d'olivo è simbolo di pace, di rinnovamento della vita; le colombe che bevono da una ciotola raffigurano lo Spirito che beve le acque della vita, o, al contrario, sono associate ai riti funerari.
In Egitto la colomba era associata all'Albero della Vita e appariva come il frutto dello stesso Albero.
Simbolo della Dea Hurrita Kupaba, poi conosciuta come Cibele, (e proprio la colomba era il suo ideogramma),
associata nell'arte minoica alla Grande Madre, i cui emblemi erano colombe e serpenti, che simboleggiavano l'aria e la terra;
emblema di Athena, come rinnovamento della vita, o del Dio Giapponese Hachiman, Dio della guerra, per simboleggiare la fine di una guerra (la colomba portava una spada nel becco); nella tradizione greca erano associate anche a Zeus, Adone, Bacco e a Venere, quale simbolo di voluttà; una colomba con una stella era emblema di Venere Militta; nel contesto sumerico-semitico rappresentavano il Potere Divino di Astarte e Ishtar.
In India, Yama, Dio dei morti, ha come messaggeri civette e piccioni.
La Dea-Luna della Palestina asianica era associata alle colombe come le corrispondenti divinità di Tebe d'Egitto, Dodona, Ierapoli, Creta e Cipro. Ma era adorata anche come vacca dalle lunghe corna: Hathor, Iside, Astaroth Karnaim.
Iside è una parola asiatica onomatopeica, Is-Is, "Colei che piange", perché si riteneva che la Luna spargesse la rugiada e perché Iside, originale precristiano della "mater dolorosa", piangeva Osiride ucciso da Set.
Iside era identificata con Io, la vacca lunare bianca o dorata giunta in Egitto da Argo. La "O" di Io è un'Omega, comune variante di Alfa.
Nota bene: Iside è una Dea Alata: https://intervistemetal.blogspot.com/2018/12/iside.html
Inoltre, gli stessi arabi pre-islamici adoravano Dee a forma di cicogna, come abbiamo visto qui: http://intervistemetal.blogspot.com/2018/05/israele-esoterico-7-amuleti-e-toro-nel.html
Nel testo etiopico "Leggende di Nostra Signora Maria", si parla di Maria come perla bianca e uccello bianco, perché la sua anima esisteva prima del tempo: "Gioacchino disse a sua moglie Anna: "Ho visto il cielo aprirsi e un uccello bianco discenderne e librarsi sopra il mio capo". Ora, questo uccello aveva avuto il suo essere nel tempo antico... Era lo Spirito della Vita in forma di un uccello bianco e si incarnò nel grembo di Anna quando la perla uscì dai lombi di Gioacchino e Anna la accolse, ed era il corpo di Nostra Signora Maria." (Nota di Lunaria: ovviamente tutto questo è fantasia popolare, ricalcata sulle Dee, e non vi è traccia di tale evento nei vangeli)
La colomba, che è il simbolo dello Spirito Santo e discende su Gesù al momento del Battesimo, è un animale sacro alla Dea, ed era già attributo delle Sacerdotesse, molto prima dell'avvento del cristianesimo, così come la perla, che è connessa al mare e quindi alla Dea. Secondo questa interpretazione Gesù sarebbe stato quindi "benedetto" dalla Dea e non dal dio padre.
Nota di Lunaria: ovviamente sorvoliamo su questa cretinata, che non toglie per niente lo scandalo di gesù che annuncia "padre nostro che sei nei cieli/chi vede me vede il padre" e se ne guarda bene dal dire che dio è anche madre.
Altro approfondimento tratto da
In Epiro, nella parte nordorientale della Grecia, sorgeva il più antico degli oracoli greci, la Quercia Sacra di Dodona. Il luogo aveva - e conserva tuttora - un aspetto selvaggio e drammatico. Ai piedi del monte Tamaro, sulle pendici dal quale si ergono ancora vecchissime querce, s'innalzava il santuario di Zeus, che nel IV-V secolo diventò chiesa cristiana e sede episcopale. La zona era famosa per la violenza dei suoi temporali e anche per il freddo che vi regnava. Omero parla di "Dodona dalle male tempeste". A Dodona esisteva una quercia consacrata a Zeus, e in quella quercia c'era un oracolo le cui Profetesse erano donne. Quelli che venivano a consultare l'oracolo si avvicinavano alla quercia e l'albero si agitava un po'; poi le donne prendevano la parola e dicevano "Zeus annuncia la tal cosa".
Queste Sacerdotesse si chiamavano Peleiadi o Peristere, cioè "le colombe". Erano tre, ci dice Erodoto, la maggiore si chiamava Promenia, "l'anima di prima", la seconda Timarete "la virtù onorata", la più giovane Nicandra "vittoriosa sugli uomini".
Interpretavano il fruscio prodotto dal movimento del fogliame (dendromanzia). Non erano però Sacerdotesse di Zeus, ma di Dione, la Dea sposata da Zeus a Dodona. Presso i Greci, Dione è ricordata solo dagli autori più antichi, che la ritengono pre-ellenica. Appare all'inizio della formazione del mondo. Nel mito pelasgico, Dione è una Titanide che, associata a Titano Crio, regna sul pianeta Marte.
Nella Teogonia di Esiodo è figlia di Oceano e Teti. Nel mito orfico, riferito da Platone, Oceano e Teti costituirebbero la coppia primordiale che ha dato origine agli Dei e a tutti gli esseri.
Nel mondo egeo pre-ellenico, Rea, Dea della quercia e delle colombe, con il suo paredro, lo Zeus cretese adolescente, era al centro del culto che si rendeva agli alberi, pratica fondamentale della religione minoica.
In Grecia sono esistiti altri alberi oracolari, ma nessuno ha conosciuto una carriera altrettanto lunga di quella della quercia di Dodona. A Page veniva consultato un pioppo nero che, malgrado fosse un albero funebre, era in quel luogo consacrato a Era. Alla Dea dei morti, Persefone, era attribuito, a causa dei pioppi neri, un altro oracolo a Egira, in Acaia. Sul monte Liceo, in Arcadia, per favorire la pioggia, il sacerdote di Zeus immergeva un ramo staccato da uno di questi alberi in una sorgente che doveva trovarsi ai suoi piedi: occasionalmente Zeus era quindi considerato il Dio del temporale e della pioggia fecondatrice.
In periodo precristiano il culto della quercia era diffuso in tutta Europea. Esso era talmente radicato nei costumi di certi popoli che presso di loro sopravvisse a lungo alla conversione al cristianesimo.
Plinio nella "Storia naturale" ci ha lasciato delle descrizioni delle immense foreste di querce della Germania, che meravigliarono i Romani, che vi entrarono con una specie di terrore sacro.
"Querce di enormi dimensioni, lasciate intatte dal trascorrere del tempo e originate insieme col mondo" (Tacito)
I Germani veneravano nelle querce i divini antenati.
Il Frassino era dedicato a Odino, la quercia a Donar-Thor.
La quercia che nell'ottavo secolo fu abbattuto da san Bonifacio era consacrata a Donar, un Dio legato ai fenomeni atmosferici (tuono, lampo, vento, pioggia)
A Perkunas, il Dio Lituano del tuono, erano consacrate le querce e venivano tenuti accesi i fuochi perpetui (esattamente come per Perun, Dio del tuono slavo). I Lettoni adoravano Perkun, Dio della folgore e la quercia a lui consacrata era "la quercia d'oro". Anche a Taara, Dio del tuono estone, Il Padre del Cielo, era consacrata la quercia. Anche in Gallia esistevano, secondo Plauto, querce oracolari e secondo Lucano, mangiare ghiande era ritenuto una pratica divinatoria.
Del resto, insieme alla quercia era adorato il vischio, ritenuto il seme onnipotente del Dio.
I cristiani assimilarono il culto del vischio "accettando" che nella notte di San Silvestro ci si baci o scambi gli auguri sotto un rametto di vischio.
"Come nel freddo brumale fra la boscaglia usa il vischio frondeggiare diverso, ché non sua pianta lo semina, e di ghirlande giallastro circonda i tronchi rotondi, così si vedeva quell'oro frondeggiare fra l'elce ombroso, così con le brattee leggere sussurrava nel vento"
Così è celebrato il vischio da Virgilio nell'Eneide.
Jean Beaujeu osserva: "La mitologia del vischio, molto scarsa in Italia, era abbondante nei paesi celtici e germanici; al vischio si attribuiva un potere magico: permetteva di aprire il mondo sotterraneo, allontanava i demoni, conferiva l'immortalità."
Nota di Lunaria: è divertente vedere come i cattolici celebrino, inconsapevolmente, il loro dio con un elemento preso dagli Dei Fallici citati prima...
La quercia di Dodona era consacrata a Zeus, ma accanto a essa c'erano le colombe sacre, simboli della grande Madre tellurica, e questo indica un'antica ierogamia del Dio celeste della tempesta con la Grande Dea della fecondità, fenomeno che ritroveremo su larga scala. (Mircea Eliade)
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