Siria (1) Origini, Archeologia, Palmira, Zenobia

Per l'analisi alla scena Metal, vedi: https://intervistemetal.blogspot.it/2018/04/siria-in-end-keep-it-metal.html

Info tratte da







Il culto del Sole a Homs

Homs era nota nell'antichità col nome di Emesa: la città diede i natali a Giulia Domna, moglie dell'imperatore romano Settimio Severo nonché al figlio di una nipote di questa, Eliogabalo, sacerdote del culto del Sole che appena 14enne fu scelto dai soldati della legione come Augusto per la sua grande bellezza, unita all'illustre discendenza e al suo contegno austero e dignitoso.
La pietra nera di Emesa, nella cui forma si adorava il Dio Sole, venne portata a Roma e posta sul Palatino, ma rientrò nella città siriana appena 4 anni dopo, quando il regno di Eliogabalo ebbe tragicamente fine con l'uccisione dell'imperatore.

Ugarit e...l'Alfabeto!

Passata inosservata fino agli inizi del '900, l'altura artificiale che nascondeva l'antica capitale siro-fenicia era chiamata Ras Shamrah per via della diffusa presenza di finocchio selvatico. Il sito che si estende su una pianura costiera fertile e ben irrigata, lambita da corsi d'acqua è stato da allora scavato e studiato ininterrottamente, fornendo reperti di straordinaria fattura che sono andati ad arricchire i musei siriani.





In un certo senso, si può affermare che noi leggiamo la scrittura codificata dal nostro alfabeto grazie alla scrittura inventata a Ugarit: qui noi siamo nella culla della scrittura è infatti questo il sito in cui è stato messo a punto l'alfabeto cuneiforme, base incontestata di quello che oggi è il nostro alfabeto. I documenti ritrovati furono redatti, o meglio incisi, tra il XV e il XII secolo a.C.
Si leggono da sinistra a destrae utilizzano 30 segni, in lingua cananea.

Insieme all'alfabeto cuneiforme l'Oriente utilizzava essenzialmente due forme di scrittura: una geroglifica (Egitto) l'altra in caratteri cuneiformi sillabici (Mesopotamia): non si trattava di lingue semplici (più di 600 segni!) e per questo erano utilizzate solo da pochi eruditi. La grande invenzione fu quella di mettere a punto una lingua con soli 30 segni, in cui ogni segno rappresenta una lettera. A Ugarit venne ritrovata una grande quantità di documenti: 161 testi (dedicati al Dio Baal), 72 lettere, 22 abbecedari, 767 testi amministrativi. Ugarit contava 4 biblioteche: 2 religiose e 2 private: i loro scritti hanno attraversato ben 4000 anni per arrivare fino a noi!

Antichi Dei...



Ad Ugarit sono stati scoperti tra il 1929 e il 1934 i due templi dedicati a Baal e a Dagon, eretti all'inizio del II millennio a.C e rimasti in uso fino alla distruzione della città. Incorporate nella muratura sono state trovate delle ancore di pietra di peso variabile dai 25 kg ai 600 e risalenti a Medio Bronzo. Si tratta di ex voto offerti dai marinai approdati a Ugarit dopo una tempesta.

Nota di Lunaria: probabilmente offerte al Dio Dagon, Dio marino dei Filistei ma potrebbero anche confermare un certo carattere marino di Baal. https://intervistemetal.blogspot.com/2018/04/israele-esoterico-3-il-serpente-dagon-e.html


A nord del Palazzo Reale è stato inoltre scoperto un santuario del Medio Bronzo, detto "Santuario delle Divinità Hurrite", dove sono state portate alla luce numerose deposizioni votive: lucerne, giare, brocche, scarabei, databili tra il XIX e il XVII secolo a.C

Dura Europos

L'imponente mole delle sue fortificazioni annuncia già da molto lontano l'incontro con questa celebre località del deserto che proprio alla sua cinta muraria sembra che debba il suo nome: "Dura" deriverebbe dall'assiro "Duru", "Fortezza, cittadella". La città di Dura è importantissima dal punto di vista del Politeismo perché ha fornito templi, oggetto di culto e rappresentazioni sacre di quasi tutti i più importanti culti orientali di epoca greco-romana ed è quindi di straordinario interesse per lo studio delle religioni in particolare per il periodo in cui si sono formati i culti universalistici che si diffusero in tutto l'impero romano. Si contano infatti ben 16 edifici religiosi diversi che comprendono santuari di tipo babilonese (eretti in onore di Artemide Nanaia, Adad, Atargatis, Baal, Aphlad), oltre ad un tempio dedicato a Zeus, a un Mitreo (tempio di Mitra)


Mitra

e a un tempio dei Gaddi (Geni protettori della città). Sono stati trovati anche affreschi realizzati nella prima metà del III secolo a.C che rappresentano episodi tratti dal vecchio testamento: le pitture hanno sollevato molti problemi storici, stilistici e iconografici come quelle rinvenute nel tempio di Baal.

Nota di Lunaria:Nana\Nanaia era una Dea diffusa anche in Uzbekistan http://intervistemetal.blogspot.it/2018/02/uzbekistan-tagikistan-e-turkmenistan.html
e in Afghanistan. è una Dea che condivide il simbolismo con la più famosa Anahita persiana: http://intervistemetal.blogspot.it/2018/02/iran-parte-2-anahita.html



Città di Mari


Fondata sulla riva destra dell'Eufrate agli inizi del III millennio a.C da una popolazione semitica di cultura sumerica, la città di Mari ebbe un primo momento di straordinario splendore nella prima metà del III millennio, epoca in cui vi furono eretti i templi di Ishtar, Ninhursag, Shamash, Ninni-Zaza e Ishtarat.


Ishtar


Nella località nota col nome di Tell Hariri, scavando una fossa per la sepoltura di un defunto fu rinvenuta una grande statua mutila di stile sumerico. Le autorità francesi che controllavano la zona avviarono immediatamente delle campagne di scavo guidate dal famoso archeologo Parrot che permisero di scoprire le vestigia di una delle più antiche strutture urbane del mondo, fiorita nel III e II millennio a.C



Oltre alle tavolette (ne sono state trovate 25000) con iscrizioni cuneiformi, la statue ritrovate dentro e intorno al Palazzo Reale rappresentano un patrimonio rimarchevole: le più sorprendenti sono le Adoranti, così chiamate dagli archeologi perché sembrano in posizione di "eterna adorazione"; nella maggioranza di esse le mani sono giunte, gli occhi di lapislazzuli (*) aperti sull'infinito, mentre i corpi sono in alabastro. Sono generalmente a torso nudo, con gambe ricoperte da un mantello di pecora scolpito. Talvolta portano un abaya, una specie di velo. Queste statue presentano sulla spalla l'iscrizione del loro nome.

(*) Materiale usato anche nell'oreficeria afghana



Vedi qui: http://intervistemetal.blogspot.it/2017/11/7-cose-sullafghanistan-che-quasi.html
http://intervistemetal.blogspot.it/2016/01/taarma-black-metal-dal-balochistan.html

La Dea dal Vaso Zampillante



André Parrot e sua moglie Marie Louise Girod, tra gli anni '20-'30, hanno scoperto alcuni reperti riferibili alla Dea Ishtar e alle sue Sacerdotesse, nella zona, sul medio Eufrate, di Mari, città devastata da alcune invasioni, e poi caduta nell'oblio.

"Finiamo di pulirla della terra che le è rimasta attaccata. Ormai quasi completa la statua appare in tutto il suo splendore. Si tratta di una "Dea dal vaso zampillante": alta un po' meno di un metro e cinquanta, è acconciata con un vero e proprio casco-parrucca con una sola fila di corna, il che è indice di un rango inferiore nella gerarchia delle divinità. Il naso è stato martellato, gli occhi privati della loro incastonatura, senza dubbio pietre e lapislazzuli. Ma la finezza dei tratti, sotto le sopracciglia in leggero rilievo, la bocca delicatamente orlata, le cui labbra sottili abbozzano un sorriso, fanno del suo volto uno dei più seducenti che abbia rivelato l'archeologia orientale."

"La Dea è tutta curve: i suoi capelli si spandono in onde, da ciascun lato, sulle spalle, mentre il resto è annodato sulla nuca in una grande crocchia sostenuta da un nastro. Ne escono due trecce che, riunite in una sola, stretta da un fermaglio, scendono fino all'altezza dei polpacci. Una collana di perle rotonde a sei giri si allarga sul suo petto. La lunga veste le modella strettamente le sue forme e cade fino a terra, con una sola incavatura che svela i piedi nudi."

"Ma un dettaglio inatteso, di cui non si conoscevano altri esempi, non è meno straordinario. La statua è una "statua vivente", miracolosa. Il vaso che la Dea tiene sul petto, dirigendone la bocca verso l'esterno, è cavo. Comunica attraverso un foro alla base, con un canale interno che attraversa la statua verticalmente e si apre sotto lo zoccolo. Evidentemente, l'acqua di un serbatoio esterno, nascosto in un altro vano e disposto all'altezza voluta, doveva essere convogliata nella statua e uscire dal vaso, che diveniva così, alla lettera, un "vaso zampillante". Si può immaginare l'effetto prodotto dai fedeli, che vedevano tutto a un tratto spandersi, sotto i loro occhi, l'acqua benefica. Per colmo di raffinatezza, lo scultore aveva scavato sulla veste delle scanalature orizzontali, ed inciso, verticalmente delle linee ondulate. Così l'acqua che usciva dal vaso scorreva lungo il vestito, poi ricadeva ad onde. E per meglio ricordare che si trattava di un'acqua vivificante, l'artista aveva ancora scolpito, lungo le linee incise, dei piccoli pesci che salivano o scendevano."





Palmira e la Regina Zenobia [per non dimenticare, nonostante tutto...]

La "Sposa del Deserto", Palmira, appare come un miraggio dopo il lungo viaggio attraverso il deserto. Proprio al centro di questo, le magnifiche rovine estese su un'area considerevole sembrano aver sfidato i tempi per raccontare della grandezza dell'antica città carovaniera, delle ricchezze e delle conquiste, così come il sogno e dell'ambizione della regina Zenobia. Tudmor, questo è il nome originale in aramaico, sorge lungo la cosiddetta "Scorciatoia del deserto", una via che lo taglia in due, nota alle carovane che dal Golfo Persico intendevano raggiungere il Mediterraneo.

Fu proprio la sua posizione a renderla ricca fin dal II secolo a.C: Palmyra Hadriana, così chiamata in onore di Adriano che la dichiarò città libera; Caracalla le conferì lo status di colonia romana esonerandola dal pagamento delle tasse sui generi di lusso. Palmira divenne ancora più ricca: magnifici templi, strade, archi e palazzi ne fecero uno dei centri più importanti dell'Impero Romano. Soprattutto all'alba e al tramonto le rovine si colorano di rosa.

Zenobia fu una delle donne più colte dell'antichità: creò un vero e proprio circolo filosofico-culturale nella sua corte.
(https://intervistemetal.blogspot.com/2020/04/larabia-prima-dellavvento-dellislam.html)
Zenobia, regina di Palmira, regnò in Siria nel III secolo. Sconfitta dai Romani, fu condotta a Roma come prigioniera.
Trebellio Pollione nei "Trenta Tiranni" la descrive così: "Arringava la folla alla maniera degli imperatori romani, elmo in testa, avvolta da un mantello di porpora con frange ornato di perle e chiuso da una fibbia. Era di colorito bruno, e aveva occhi neri di incredibile bellezza, lo sguardo vivace e di una luminosità divina. Era generosa, ma con prudenza. Andava spesso a cavallo e marciava frequentemente, almeno così si racconta, con le truppe o percorrendo tre o quattro miglia a piedi"


Il Tempio di Baal: consacrato nel 32 d.C alla triade palmirena Baal, Yarhibol e Aglibol, Divinità di origine babilonese, sorge sull'acropoli dell'antica città e fu per questo riutilizzato come fortezza nel secolo XII dagli Arabi.

All'interno del vasto cortile sorge il tempio vero e proprio; a terra, sulla destra dell'altissima porta si trovano due lastre dal fregio originale, scolpito a bassorilievo; le immagini rappresentano due oranti in abbigliamento partico, il Dio della fertilità Malakbel, la Divinità lunare Aglibol, con abiti di foggia romana, e ancora sull'altra lastra, una processione di donne velate precedute da un cammello.
Nota di Lunaria: Una processione di Sacerdotesse?
L'immagine comunque suggerirebbe questo confronto, con l'arte Hittita, che abbiamo visto qui:


http://intervistemetal.blogspot.it/2018/03/turchia-origini-topkapi-musica-e-poesia.html


Notevoli sono anche i bassorilievi sul soffitto monolitico della camera settentrionale della cella, con una raffinata rappresentazione dei 12 segni dello zodiaco che circondano le raffigurazioni dei 7 pianeti disposti attorno al bassorilievo del Dio Baal e inserite all'interno dell'esagono. (Nota di Lunaria: secondo me, di origine Caldea, perché i Caldei erano particolarmente legati all'Astrologia) 



Santuario di Nebo

Segnalato sulla sinistra della Via Colonnata, questo monumento conserva soltanto il basamento, riportato alla luce nel 1963 e il 1965 insieme a numerosi oggetti, a frammenti di affreschi e bassorilievi e a 25 preziosi testi. Dai reperti è emerso che l'edificio era dedicato a Nebo (o Nabo o Nebu), Dio Babilonese della saggezza e della scrittura che fu successivamente assimilato a Mercurio e ad Apollo. 


Scultura

Le raffigurazioni femminili rivelano l'opulenza della cittadina e l'abitudine di adornare il corpo e la capigliatura con gioielli e monili di fattura eccezionale ed estremamente moderna. Alcune donne riportano la presenza di orecchini anche sulla parte alta del lobo auricolare, mentre gli abiti degli uomini sono decorati con ornamenti che si ritrovano anche sui calzari.


Il leone è sempre stato associato alle Divinità femminili:




Per approfondimenti sui Fenici, vedi: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/i-fenici.html