Il riferimento a Dio come "Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe" sembra riflettere l'idea sumero-accadica del Dio personale, dell'individuo, mentre l'uso di nomi come El Elyon, El Shaddai, El Berith, riflette un periodo precedente della religione israelita o meglio pre-israelita. Alcuni costumi religiosi, come ad esempio l'erezione dei pilastri di pietra ("Massebah", Genesi 28,10-20) più tardi furono considerati pagani.
L'apparizione di Yahweh ha luogo nella terra della tribù di Midian: abbastanza stranamente le fonti egiziane fanno riferimento al nome "Yhw" in connessione con alcune tribù beduine. L'origine della religione di Yahweh è oscura, ma alcuni fatti indicano a questo riguardo la tribù di Midian o l'affine tribù di Kenite: è certo comunque che Mosé le diede la sua forma caratteristica. Tipica di questa è la pretesa di Yahweh di essere l'unico Dio del popolo di Israele: non si tratta ancora di monoteismo puro, dato che ancora non si nega l'esistenza di altri Dei, piuttosto si deve parlare di monolatria.
Nota di Lunaria: appunto, monolatria, ovvero scegliersi un dio particolare e adorare solo quello, senza negare l'esistenza degli altri Dei! Del resto, anche un Induista può essere monolatrico! Vedi il culto a Krishna o a Shiva! Si sceglie di adorare Krishna (o Shiva, o Vishnu...) e rivolgersi solo a lui, senza negare l'esistenza degli altri Dei! In tutto l'antico testamento il ritornello non è quello del dire che gli altri Dei non esistano, ma quello di adorare un unico Dio, le cui qualità (e persino modi di adorazione) sono uguali a quelle di tanti altri Dei, ma che, secondo gli Ebrei, egli è il Dio più forte in assoluto!
Gli Dei più famosi erano (i) Baal (i tanti Dei maschili) e Astarte, che abbiamo già visto: http://intervistemetal.blogspot.it/2018/04/siria-2-litolatria-atargatis-astarte.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/gerico-e-il-culto-della-dea.html
Mircea Eliade nel suo "Trattato di Storia delle Religioni" ne parla a fondo, in un lunghissimo capitolo;
Jahvè.
Le sole divinità del cielo piovoso e fecondatore che siano riuscite a conservare la loro autonomia, malgrado le ierogamie con innumerevoli Grandi Dee, sono quelle che si evolvettero lungo la linea della Sovranità, e che accanto al fulmine fecondatore conservarono lo scettro, restando così garanti dell'ordine universale, custodi delle norme e incarnazioni della
Legge. Zeus e Juppiter sono divinità di questo tipo.
Evidentemente tali figure imperiali ebbero nettamente precisata la loro personalità, grazie alla vocazione particolare dello spirito greco e romano per le nozioni di norma e di legge. Ma simili processi di razionalizzazione divennero possibili soltanto a cominciare dall'intuizione religiosa e mitica dei ritmi cosmici, della loro armonia e della loro perennità. T'ien
è parimenti un bell'esempio di sovranità celeste nella sua tendenza a rivelarsi come ierofania della Legge, del ritmo cosmico. Capiremo meglio questi aspetti quando studieremo le funzioni religiose del Sovrano e della sovranità. Sopra un piano in certo senso parallelo si colloca l'‘evoluzione’ della divinità suprema ebraica. La personalità di Jahvè e la sua storia religiosa sono troppo complesse per potersi riassumere in poche righe. Diciamo tuttavia che le sue ierofanie celesti e atmosferiche hanno formato molto presto il centro di esperienze religiose che resero possibili le
rivelazioni ulteriori. Jahvè manifesta la sua potenza nell'uragano; il tuono è la sua voce e il fulmine viene chiamato ‘il fuoco’ di Jahvè o le sue ‘frecce’. Il Signore d'Israele si annuncia con ‘tuoni, fulmini e un fumo denso’ quando consegna le leggi a Mosè. ‘La montagna del Sinai era tutta in fumo, perché l'Eterno vi era disceso in mezzo al fuoco...’ . Debora rammenta con religioso timore come, ai passi del Signore ‘la terra tremò, i cieli si agitarono e le nuvole si disciolsero in acqua’. Jahvè avvertì Elia che si avvicinava con ‘un grande uragano, da lacerare i monti e spaccare le rocce: il Signore non era nell'uragano. Dopo la tempesta venne un terremoto: il Signore non era in quel terremoto. E dopo il terremoto un fuoco: il Signore non era neppure in quel fuoco, e dopo il fuoco un mormorio dolce e leggero’. Il fuoco del Signore cade sugli olocausti di Elia quando il profeta lo supplica di mostrarsi e di confondere i sacerdoti di Ba'al. Il roveto ardente dell'episodio di Mosè, la colonna di fuoco e le nuvole che guidano gli Israeliti nel deserto, sono epifanie jahviste. E l'alleanza di Jahvè con la discendenza di Noè, sfuggito al diluvio, si manifesta con un arcobaleno. ‘Ho posto il mio arcobaleno nella nuvola e servirà come segno di alleanza fra me e la terra’.
Queste ierofanie celesti e atmosferiche, diversamente dalle altre divinità dell'uragano, manifestano anzitutto la ‘potenza’ di Jahvè. ‘Dio è grande per la sua potenza; chi saprebbe insegnare come lui?’. ‘Prende la luce in mano... si annuncia con un boato... A questo spettacolo il mio cuore è tutto tremante, balza dal suo posto. Ascoltate! Udite il fremito
della sua voce, il rombo che esce dalla sua bocca! Lo fa rotolare su tutta l'estensione dei cieli, e il suo lampo brilla fino alle estremità della terra. Non trattiene più il lampo, appena la sua voce rimbomba. Dio tuona con la sua voce in modo meraviglioso...’ . Il Signore è il vero e unico padrone del Cosmo, può fare tutto e annientare tutto; la sua ‘potenza’ è assoluta, per questo anche la sua libertà non conosce limiti. Sovrano incontestato, misura la sua misericordia o la sua collera a proprio arbitrio, e questa libertà assoluta del Signore è la più efficace rivelazione della sua trascendenza e della sua autonomia assoluta, poiché il Signore ‘non è legato da nulla’, nulla lo costringe, nemmeno le buone azioni e il rispetto delle proprie leggi.
Questa intuizione della ‘potenza’ di Dio come sola realtà assoluta è il punto di partenza di tutte le mistiche e le speculazioni ulteriori sulla libertà dell'uomo e le sue possibilità di salvazione mediante il rispetto delle leggi e una morale severa. Nessuno è ‘innocente’ di fronte a Dio. Jahvè ha concluso un'‘alleanza’ col suo popolo, ma la sua sovranità gli permette di annullarla in qualsiasi momento. Se non fa questo, non è in virtù dell'‘alleanza’ - nulla ‘lega’ Dio, neppure le sue proprie promesse - bensì in virtù della sua infinita bontà. Jahvè si mostra in tutta la storia religiosa d'Israele come un dio celeste e della tempesta, creatore e onnipotente,
sovrano assoluto e ‘Signore degli Eserciti’, appoggio dei re della dinastia di David, autore di tutte le norme e di tutte le leggi che consentono alla vita di continuare sulla terra. La ‘legge’, sotto qualsiasi forma, trova il suo fondamento e la sua giustificazione in una rivelazione di Jahvè. Ma, diversamente dagli altri dèi supremi, che non possono essi stessi agire
contro le leggi, Jahvè conserva la sua libertà assoluta.
Nei primi documenti (Esodo 15, Giudici 5) il carattere guerriero di Yahweh e preminente, come pure è enfatizzata la sua associazione con tuoni e tempeste (Esodo 19,16, Giudici 5,4)
Nota di Lunaria: infatti moltissimi Dei maschili erano Dei della pioggia, del fulmine, del tuono: Zeus, Perun, Perkunas, Teshup, Adad, Shango...
Gli stessi riferimenti "meteorologici" sono presenti anche nel contesto coranico:
Sura LI,1-4 "Venti che spargono": "Lo giuro per i venti che spargono/ e le per portatrici del peso, le nuvole/ e per quelle che agilmente vogano/ e per quelli che trasmettono ordini."
Sura XLVI,24 "Al-Ahqaf": "Si accorsero di una nuvola che si dirigeva verso le loro valli. Esclamarono: ecco una nuvola che passa: sta per piovere su di noi. Ma non era una nuvola: era quello di cui volevano affrettare la venuta: era un ciclone, pregnante di castigo doloroso."
Sura XLI,13 "Furono esposti chiaramente": "Si allontanano? annuncia loro: attenzione, io vi avverto che verrà un fulmine come venne agli Ad e ai Thamud!"
Sura XXXV,9 "Al Fatir, oppure il Creatore": "è Dio colui che scatena i venti che sollevano nubi, che poi sospingiamo (plurale maiestatis: Noi = Allah che parla di sé al plurale) verso una terra morta. Poi Noi ridoniamo la vita alla terra dopo la sua morte. Ecco, in tal modo ci sarà la resurrezione."
che lasciano intendere un "dio dei venti", dei fenomeni atmosferici.
Esattamente come Adad/Teshub, armato di fulmine trifido!
Altri attribuiscono a Yahweh l'origine della vita e della morte, della ricchezza e della povertà, del bene e del male ( I Samuele 2,6)
(Nota di Lunaria: perché, infatti, gli antichi Ebrei non avevano l'immagine del Diavolo cristiano... e chi sta componendo questo canto, ovvero Anna, lo dimostra chiaramente perché qui si rivolge a Yahweh come se la morte l'avesse introdotta lui e non il "serpente"!!! Avevamo già visto qui che il serpente non è il diavolo: http://intervistemetal.blogspot.it/2018/04/israele-esoterico-3-il-serpente-dagon-e.html)
Questo aspetto monista che caratterizza molti degli Dei principali dei popoli primitivi, permane a lungo e si trova fino ad Isaia 45,7
Nota di Lunaria: da notare che, sempre in I Samuele, si canta "E non c'è roccia simile al nostro Dio": vuol dire che chi ha scritto 'sta roba aveva ancora in testa i culti litolatrici delle rocce... tanto da usarli come... pietra di paragone!!!
L'ingresso a Canaan significò anche un confronto con la religione di Canaan
Nota di Lunaria: basata su questa cosa...
come si vede nella storia delle guerre sostenute da Gedeone contro il culto di Baal. Sebbene il secondo nome di Gedeone, Jerubbaal, (Giudici 6,32), contenga il nome di quel Dio, si sa che egli distrusse l'altare di Baal, edificandogli al suo posto un altare a Yahweh.
Nota di Lunaria: e si veda anche il riferimento precedente a Giudici 3, 6
Si può pensare che Baal, Dio della fertilità, attirasse i nomadi israeliti quando si stabilirono a Canaan, cominciando a praticare l'agricoltura (la stessa situazione è riferita più tardi a Osea 2,8)
Nota di Lunaria: Yahweh era un dio di guerra: infatti l'Arca (scatola di legno simbolo della presenza di Yahweh) veniva anche condotta dall'esercito nelle sue spedizioni per assicurare la presenza e l'aiuto divino.
Vedi la vicenda dei Filistei, che avevo già riportato http://intervistemetal.blogspot.it/2018/04/israele-esoterico-3-il-serpente-dagon-e.html
(e questa arca era proprio un oggetto maligno!!!)
In terzo luogo si sviluppò una sorta di sincretismo tra Yahweh e il Dio di Gerusalemme El Elyon: le fonti bibliche danno l'impressione che, mentre il culto a Baal fu eliminato, quello di El Elyon fu assorbito da Yahweh, cosicché El Elyon, "l'Altissimo" divenne uno degli attributi di Yahweh.
Vedi per esempio i salmi dell'"intronizzazione", che sono probabilmente un'eredità cananea.
Un altro elemento "strano" è la lotta e la vittoria di Yahweh contro un mostro chiamato Leviatano, Rabab o Drago (Tannin) che impersonificava la forza ostile del mare
(ma come??? se gli altri Dei non esistevano... come faceva questo supposto Yahweh "unico dio" a combattere contro un mostro/dio inesistente??? Ah ah ah... 😂)
Vedi i salmi 74,13 - 89,10 - Giobbe 26,12 - Isaia 27, 1 e 51,9
Insomma, per essere un libro che dovrebbe convincerci che "esiste solo Jahvè" strano che questo Leviathan/Raab/Drago/Mostro Marino sia citato per ben 5 volte! Cosa contro avrà combattuto l'unico, super-unico, super-super-unico jahvè visto che a parte lui non dovrebbe esistere nient'altro?
Ma la cosa divertente viene ora... In pratica i Cananei, gli Hittiti e i Babilonesi... indovinate un po'? Ma sì! Anche i loro Dei avevano combattuto contro "il mostro marino", "il drago", ah ah ah!
Già da Ugarit si conosce la lotta di Baal con il Principe del Mare (Yam). Per gli Hittiti era il loro Dio, il Dio del cielo tempestoso, ad aver sconfitto il mostruoso serpente, Illuyankash;
I Babilonesi invece avevano Marduk che aveva combattuto contro Tiamat.
Accidenti, che originalità che troviamo nella Bibbia! Sono raccontate storie che nessun altro, prima di loro, aveva pensato... certo come no... ah ah ah!
Ora vediamo la vicenda che ci interessa.
Gli scrittori biblici, che giudicavano le condizioni religiose secondo gli ideali della più tarda riforma deuteronomica, si riferivano a culti di ispirazione Cananea del "Luogo rialzato" ("Bamah") con il "Massebah" (Pilastro di pietra), e dell'asta di legno (Asherah) come ai simboli delle Divinità maschili e femminili. Un'iscrizione recentemente trovata a Kuntillat Ajrud nomina l'asherah di Yahweh.
Infatti, come già ho scritto dozzine di volte, sia gli Arabi che gli Ebrei, come tutta quella zona lì!, veneravano alberi e pietre! http://intervistemetal.blogspot.it/2018/04/siria-2-litolatria-atargatis-astarte.html
Lo stesso Yahweh agli inizi è un dio dell'albero: il roveto!!! Così come, in tutta quell'area lì, era normale pensare che gli Dei avessero un sesso: maschile o femminile! Lo stesso Yahweh (e anche la sua melensa versione cristiana da volemmmmose bbbbene) era un dio che sceglieva per sé attributi maschili (sì, vabbè, tranne le ridicole frasucole di Isaia sul "dio che partorisce il suo popolo"... che certamente non si riferiscono ad una Dea Madre...), anche estremamente violenti e bellicosi, se non maligni: vedi questi passaggi (sarei curiosa di sapere se i cattolici li conoscono!!!) dove si dice chiaramente che Yahvé mandava il "suo spirito cattivo" che "possedeva":
Vedi la storiella dello sposo di sangue: http://intervistemetal.blogspot.it/2018/04/israele-esoterico-4-satana-angeli.html
Questo è il dio Yahweh. Non si capisce davvero come possono i cristiani non rendersi conto che tale Dio è a tutti gli effetti un dio di guerra, di sterminio e anche di male!
Questo è quello che gli Ebrei monolatrici, ad un certo, punto hanno fatto:
imponendo il culto del solo Yahweh, che non è un unico dio, bensì un'accozzaglia di concetti presi qui e lì e assemblati in un'unica zuppa (che non ha neanche un minimo di filo logico, perché tutta la bibbia è assemblata in modo confusionario e illogico!).
Ed esattamente come tutti gli altri popoli, anche i primi Ebrei erigevano pioli di pietra e di legno:
Scriveva Mircea Eliade in "Trattato di Storia delle Religioni":
Epifanie e simbolismi litici.
Zimmern ha mostrato che "Beth-el", ‘casa di Dio’, è insieme nome divino e appellativo della pietra sacra, del betilo. Giacobbe s'è addormentato sopra una pietra, nel punto dove il Cielo e la Terra sono in comunicazione; era un ‘centro’ corrispondente alla ‘Porta dei Cieli’. Ma il Dio che appare in sogno a Giacobbe è il Dio di Abramo, come rileva il testo biblico, o è una divinità locale, il dio di Bethel, come credeva nel 1921 il Dussaud? I testi di Ras Shamra, che sono preziosi documenti per la vita religiosa dei Semiti premosaici, dimostrano che "El" e "Bethel" sono i nomi equivalenti di una stessa divinità. In altri termini, Giacobbe nel suo sogno ha visto il Dio dei padri e non una divinità locale. Per consacrare il luogo ha eretto un betilo, venerato in seguito dagli indigeni come una certa divinità, Bethel. Le "élites" monoteiste fedeli al messaggio di Mosè hanno sostenuto lunghe lotte contro quel ‘dio’, quelle lotte che Geremia ricorda. ‘Si può tenere per dimostrato che, nel famoso racconto della Visione di Giacobbe,... il dio di Bethel non era ancora il dio Bethel. Ma l'identificazione e la confusione poterono avvenire piuttosto rapidamente negli ambienti popolari’. Dove Giacobbe vide secondo la tradizione - la SCALA degli angeli e la casa di Dio, i contadini palestinesi vedevano IL DIO BETHEL.
Ma è bene ricordare che, quale che fosse il dio riconosciuto in Bethel dalle popolazioni autoctone, la PIETRA rappresentava tuttavia soltanto un SEGNO, una casa, una teofania. La divinità si MANIFESTAVA per il tramite della pietra, oppure - in alcuni rituali - doveva ATTESTARE e santificare un patto concluso nelle sue vicinanze. Questa TESTIMONIANZA consisteva, per la coscienza popolare, nell'incarnazione della divinità in un sasso, e per le "élites", in una trasfigurazione del sasso mediante la presenza divina. Dopo aver concluso il patto fra Jahvè e il suo popolo, Giosuè ‘prese una grossissima pietra, la collocò sotto la quercia che era nel santuario del Signore, e disse a tutto il popolo: ‘Questa pietra sarà in testimonianza per voi, che avete udito tutte le parole dettevi dal Signore, affinché non avvenga che voi vogliate negare...’. Dio è ‘testimonio’ anche nelle pietre erette da Labano in occasione del suo patto di amicizia con Giacobbe. Simili pietre-testimoni furono probabilmente adorate dalle popolazioni cananee in quanto manifestazioni della divinità.
La lotta delle "élites" monoteiste mosaiche era condotta contro la confusione frequente fra il SEGNO della presenza divina e l'INCORPORAZIONE della divinità in un qualsiasi ricettacolo. ‘Non vi farete idolo né scultura, non erigerete pilastri ("masseba", ‘pietra sacra’), né porrete nella vostra terra segnali cospicui ("maskit", ‘pietra figurata’) per adorarli’. E nei "Numeri" (33, 52) Dio ordina a Mosè di distruggere le pietre cultuali che avrebbe incontrato in Canaan: ‘Spezzate i pilastri scolpiti ("maskitim"), fate in bricioli le statue, distruggete tutti gli altari dei luoghi alti’. Qui assistiamo non a un conflitto fra la fede e l'idolatria, ma al combattimento di due teofanie, di due momenti dell'esperienza religiosa: da una parte la concezione arcaica, che identificava la divinità con la materia e la adorava, quale che fosse il luogo o la forma dell'apparizione divina; d'altra parte una concezione sorta dall'esperienza di un'"élite", che riconosceva la presenza divina soltanto nei luoghi consacrati (l'arca, il tempio, eccetera) e in certi riti mosaici, e cercava di confermare questa presenza nella coscienza stessa del credente. Come per solito avviene, le antiche forme e oggetti cultuali, una volta modificato il loro significato e il loro valore religioso, furono adottati dalla riforma religiosa. Nell'Arca dell'Alleanza, ove secondo la tradizione si conservavano le Tavole della Legge, erano state forse racchiuse in origine certe pietre cultuali consacrate dalla presenza divina. I riformatori accettavano questi oggetti, valorizzandoli entro un complesso religioso diverso, conferendo loro un contenuto completamente differente. Ogni riforma, insomma, viene fatta contro una degradazione dell'esperienza originaria; la confusione fra SEGNO e DIVINITA' si era aggravata negli ambienti popolari, e appunto
per eliminare il pericolo di tali confusioni, le "élites" mosaiche distruggevano I SEGNI (le pietre figurate, le immagini scolpite, eccetera) o ne trasformavano il significato (‘Arca dell'Alleanza’). La confusione che rapidamente ricompariva sotto altre forme, determinava nuove riforme, vale a dire una nuova proclamazione del significato originario.
Pietra sacra, "omphalos", ‘Centro del Mondo’.
La pietra su cui si era addormentato Giacobbe non era soltanto la ‘casa di Dio’, era anche il luogo dove, per mezzo della ‘scala degli angeli’, Cielo e Terra venivano posti in comunicazione. Di conseguenza il betilo era un ‘centro del Mondo’, come la Ka'ba della Mecca o il Monte Sinai, come tutti i templi, palazzi e a centri’ consacrati ritualmente. La qualità di ‘scala’ che unisce il Cielo e la Terra derivava da una teofania effettuatasi in quel punto; la divinità che si mostrò a Giacobbe sul betilo rivelava, in quel momento, il luogo ove poteva scendere in terra, il punto ove il trascendente poteva manifestarsi nell'immanente. Vedremo più oltre che simili scale fra Cielo e Terra non sono necessariamente localizzabili in una geografia concreta, profana; che il ‘centro del Mondo’ può venir consacrato ritualmente su infiniti punti geografici, senza che l'autenticità di ciascuno leda quella degli altri. Ci contenteremo, per ora, di ricordare alcune credenze intorno all'"omphalos" (‘ombelico’) del quale Pausania dice (10, 16, 2): ‘Quel che gli abitanti di Dodona chiamano "omphalos" è fatto di pietra bianca e si ritiene che occupi il centro della terra, e Pindaro, in una delle sue odi, conferma questa opinione’. Molti lavori sono stati pubblicati sull'argomento. Rohde e la Harrison credono che l'"omphalos" rappresentasse in origine la pietra funebre posta sulla tomba. Il Roscher, che ha dedicato tre monografie al problema, afferma che l'"omphalos" fu concepito fin dall'inizio come ‘centro della terra’. Nilsson non sembra soddisfatto di queste interpretazioni e considera i due concetti della pietra tombale e del ‘centro del mondo’ recenti e sostituiti a una credenza più ‘primitiva’. In realtà, le due concezioni sono ‘primitive’ e non si escludono fra loro. Una tomba, considerata come punto d'interferenza del mondo dei morti, del mondo dei vivi e di quello degli dèi, può essere contemporaneamente un ‘centro’, un ‘"omphalos" della Terra’. Ad esempio, presso i Romani il "mundus" rappresentava il luogo di comunicazione fra i tre domini: ‘quando il "mundus" è aperto, è aperta anche la porta dei tristi dèi dell'Inferno’, scrive Varrone. Il "mundus" evidentemente non è una tomba, ma il suo simbolismo ci permette di capire meglio la funzione analoga dell'"omphalos": le sue eventuali origini funerarie non contraddicono alla sua qualità di ‘centro’. Il luogo ove poteva stabilirsi la comunicazione col mondo dei morti e con quello degli dèi sotterranei, era consacrato come un anello di congiunzione fra i vari piani cosmici, e un tal luogo poteva trovarsi unicamente in un ‘centro’ (la multivalenza simbolica dell'"omphalos" sarà studiata entro il complesso che le è proprio, quando analizzeremo la teoria e la funzione rituale della consacrazione dei ‘centri’).
Sovrapponendosi all'antico culto ctonio di Delfo, Apollo si annetté l'"omphalos" e i suoi privilegi. Inseguito dalle Erinni, Oreste è purificato da Apollo accanto all'"omphalos", il luogo sacro per eccellenza, l'‘ombelico’ che col suo simbolismo garantisce una nuova nascita e una coscienza reintegrata. La polivalenza della ‘pietra centrale’ è conservata ancor meglio nelle tradizioni celtiche. Lia Fail, ‘la pietra di Fail’ (il nome è oscuro; Fail = Irlanda?) comincia a cantare appena vi si siede sopra l'uomo degno del trono; nelle ordalie, l'accusato che sale su quella pietra, se è innocente, diventa bianco; di fronte a una donna destinata a rimanere sterile, la pietra suda sangue, ma per una donna destinata alla maternità, trasuda latte. Lia Fail è una teofania della divinità del suolo, l'unica che riconosce il proprio padrone (il re d'Irlanda), la sola che dirige l'economia della fecondità e garantisce le ordalie. Esistono, ben inteso, anche varianti falliche, tardive, di questi "omphaloi" celtici: la fecondità è per eccellenza attributo del ‘centro’, e i suoi emblemi sono spesso sessuali. La valorizzazione religiosa (e implicitamente politica) del ‘centro’ da parte dei Celti è attestata da nomi come "medinemetum", "mediolanum", conservati fino a oggi nella toponimia francese. Considerando gli insegnamenti della Lia Fail e di alcune tradizioni conservate in Francia, possiamo identificare questi ‘centri’ con le pietre onfaliche. Nel villaggio di Amancy (cantone della Roche), ad esempio, esiste (prova sicura del
‘centro ) una PIETRA DEL MEZZO DEL MONDO. La "Pierra chevetta" (cantone di Moutiers) non è mai stata sommersa dalle inondazioni, vaga sopravvivenza del ‘centro’ che il diluvio non è riuscito a inghiottire.
Avevamo già visto che pure gli Inuit e i Lapponi adoravano le pietre: http://intervistemetal.blogspot.it/2018/04/i-lapponi-sami-leggende-sciamani.html
Come abbiamo visto quindi, "gli alti luoghi", i pali\stele eretti sono tutti elementi pagani;
a questo punto ci si potrebbe chiedere come gli ebrei politeisti rappresentassero la divinità femminile più nota: Asherah.
Probabilmente, aveva "un look" simile ad Astarte\Inanna: quindi grandi fianchi, mezzeluna in testa, doppie spirali sul seno\ventre, triangolo pubico in evidenza... Per un certo periodo veniva sicuramente rappresentata sotto forma di statuetta.
Astarte rappresentata sotto forma di pendente |
Si noti come il volto di Astarte nella linea tra occhi e naso ricordi l'ankh egizio |
Dea Filistea |
Dea Cananea, XVI sec. a.c |
Sono poi propensa a pensare che venne poi rappresentata sotto forma di palo o tronco di legno, o comunque con una forma molto stilizzata, filiforme e tendente verso l'alto
e traccia di questa usanza e modo di concepire la divinità femminile della fertilità e fecondità è rimasta nei riti della fertilità slavi\anglosassoni, le danze di primavera attorno ad un palo, il Palo di Calendimaggio;
non a caso, in quelle danze, che oggi sono "cristianizzate", ma che ovviamente hanno origini pagane, si elegge la "Regina di maggio", scegliendo la ragazza più bella che, in un certo senso, rappresenta "lo spirito della primavera". Lo avevamo visto parlando della Bulgaria:
http://intervistemetal.blogspot.it/2018/01/bulgaria-traci-rose-rovine-e-black-metal.html
o dell'Ucraina: http://intervistemetal.blogspot.it/2018/03/ucraina-usanze-pagane-e-tanto-tanto.html
che ha mantenuto l'usanza - paganissima! - di dipingere le uova; appunto: la Grande Dea era legata all'Uovo Cosmico.
Il palo infisso al terreno - che come abbiamo visto, è un'usanza millennaria, tipica della mente umana quando deve "rappresentare l'idea di prosperità" - ha, di primo acchito, anche visivamente, una valenza fallica; ma probabilmente, agli inizi, era "percepito" più come femminile: il palo-Asherah, appunto. Anche le Dee pre-islamiche venivano rappresentate sotto forma di sasso\meteorite nero o tronco d'acacia o di palma. Sulla palma, in particolar modo, ci sarebbe molto da dire... https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/alberi-sacri-femminili-nellantico.html
Approfondimento utile sugli "alti luoghi": https://wol.jw.org/it/wol/d/r6/lp-i/1200002022