Israele Esoterico (7) Amuleti, Toro e Cicogna nel contesto semita

 L'Amuleto di Astarte


Si noti come i due occhi, il naso e "il terzo occhio" formino l'Ankh

tratto da:



Questo ciondolo dorato fu creato nel 1600 a.c in Fenicia e raffigura Astarte, la Dea dell'amore e della fertilità. Chiari appaiono gli attributi sessuali, come il seno e il triangolo pubico. Il ciondolo doveva conferire alle donne la forza dell'attrazione sessuale e renderle così fertili. L'oro indica che questo talismano è stato indossato da una donna ricca, che forse si trovava perfino nel tempio della Sacerdotessa di Astarte.

Altre immagini di Astarte



Qui potete leggere l'approfondimento che dimostrava tutti gli scopiazzamenti cattolici: http://intervistemetal.blogspot.it/2018/04/siria-2-litolatria-atargatis-astarte.html


Approfondimento:  Amuleti ebraici 

Info tratte da


Pagina 48

In Esodo 35:22 vengono elencati alcuni fra i gioielli che gli Israeliti portarono a Mosé per procacciare l'oro necessario per realizzare il tabernacolo.
"Vennero uomini e donne... portarono fermagli, orecchini, anelli e tavole [braccialetti o anelli da dito, nell'origine semitico è "tabba'ats"] e ogni sorta di gioiello d'oro"
Anche l'anello talismanico di re Gioas era una tavola (tabba'at), con uno zaffiro.
Anche Salomone aveva fatto incastonare "la pietra di luce" (Schamir) nel suo anello di metallo per tagliare a regola d'arte i massi destinati all'erezione del Tempio. 
La "tavola-anello" doveva essere un simbolo di grande potere. 
Nella Bibbia sono menzionati anche l'Urim, la pietra maschile, che rappresentava la manifestazione del Divino, e il Thummim, che simboleggiava la Regina dei Cieli, la Dea che i Cananei chiamavano Anath. 

In Fenicia era adorata come Barat Anna, "Anna Regale", corrispettivo della Dea Britannia, in Europa.
Urim e Thummim erano due oggetti complementari, uno a sostegno dell'altro, simbolo della polarità femminile e quando venivano presentati al cospetto dell'Arca manifestavano i concetti unificati di Luce e Perfezione.

Riporto anche i versetti biblici sui misteriosi Teraphim, probabilmente delle statuette di divinità:

"In quanto all'uomo Mica, aveva una casa di Dei, e faceva un Efod e dei Teraphim e riempiva di potere la mano di uno dei suoi figli perché servisse come sacerdote per lui. In quei giorni non c'era re in Israele. In quanto a ognuno era solito fare ciò che era retto ai suoi occhi."

"è in potere della mia mano farvi danno ma l'Iddio di vostro padre mi parlò la notte scorsa, dicendo "Guardati dal parlare con Giacobbe in bene o in male. Ora mentre in effetti te ne sei andato perché desideravi ardentemente la casa di tuo padre perché hai rubato i miei Dei?"
In risposta Giacobbe proseguì dicendo a Labano: "Perché avevo timore. Poiché dissi fra me: "Mi potresti togliere con la forza le tue figlie. Chiunque sia colui presso il quale troverai i tuoi Dei non viva. Davanti ai nostri fratelli esamina ciò che è presso di me e prenditeli."
Ma Giacobbe non sapeva che Rachele li aveva rubati. 
Labano entrò nella tenda di Giacobbe e nella tenda delle due schiave ma non li trovò. Infine uscì dalla tenda di Lea ed entrò nella tenda di Rachele. Ora Rachele aveva preso i Teraphim, e li aveva messi nel cesto della sella da donna del cammello e vi sedeva sopra.
Labano frugò in tutta la tenda, ma non li trovò; quindi essa disse a suo padre: "Non si accendano d'ira gli occhi del mio signore perché non mi posso levare davanti a te, poiché ho la consueta cosa delle donne."
Egli continuò a cercare attentamente, ma non trovò i Teraphim."

PROVE




ALTRO APPROFONDIMENTO: GLI AMULETI EBRAICI

Nella Bibbia, per chi sa cogliere i simboli, ci sono alcuni riferimenti che ci illuminano su quanto sia il politeismo sia la magia fossero largamente praticati anche dagli Ebrei, in via "ufficiale" (Saul che ricorre alla necromanzia) e in via "sotterranea" (streghe e stregoni erano condannati a morte); per esempio un passo che testimonia il divieto, per le donne ebree, di "essere Sacerdotesse" è presente in 
 Isaia 3, 16-24, le "Figlie di Sion" (= le donne di Gerusalemme "che si erano insuperbite" ovvero avevano un atteggiamento sfrontato: procedevano con collo elevato, occhi ammiccanti, tutto ciò che è contrario all'atteggiamento della donna monoteista che - citando dal Corano - è casta, pudica e mantiene i suoi occhi abbassati). 

"Dice il Signore: Poiché si sono insuperbite le figlie di Sion, procedono con collo elevato, ammiccando con gli occhi, camminano saltellando e fanno tintinnare le fibbie dei loro piedi [in altre traduzioni: "anelli"], perciò il Signore renderà tignoso il cranio delle figlie di Sion, il Signore denuderà la loro vergogna. ["tempie"] 
In quel giorno il Signore toglierà l'ornamento delle fibbie ai piedi, fermagli e lunette, orecchini, braccialetti, veli, bende, catenine ai piedi, cinture, boccette di profumo, amuleti, anelli, pendenti al naso, vesti preziose e mantelline, scialli, borsette, specchi, tuniche, cappelli e vestaglie. E avverrà che invece del profumo vi sarà puzza ["marciume"], invece di indumenti eleganti uno stretto sacco, ["invece di cintura, una corda; invece di ricci, calvizie; invece di vesti eleganti uno stretto sacco"] invece di bellezza bruciatura." 
 
Il profeta qui si sta scagliando contro le Sacerdotesse devote ad Asherah o Astarte? Non lo dice. Ma un indizio rivela il collegamento con il culto della Dea: "fermagli a lunette/amuleti". 

Escludendo rari casi dove la Luna era "maschilizzata", da sempre è prevalso il binomio Donna/Luna dove il crescente di Luna, tra l'altro, era associato, data la forma, anche alle corna del Toro; specialmente agli inizi queste divinità taurine o comunque cornute (e spessissimo Dei della vegetazione e del rinnovamento) erano i compagni (o figli) subordinati delle Dee: il Dio moriva ogni anno, la Dea lo resuscitava (vedi Ishtar e Dei come Tammuz/Dumuzi o Iside e Osiride), il ciclo stagionale ricominciava: la morte/rinascita del Dio segnava la fine e l'inizio della nuova stagione. Per curiosità: in un'incisione di Dürer, raffigurante Adamo ed Eva, l'albero intorno al quale è attorcigliato il serpente ricorda un fallo, e dietro la coppia si intravede un toro con le grandi corna lunari; davanti alla coppia, un'animale che ricorda una scrofa o un cinghiale; due riferimenti a Baal e a Cerridwen?

Si rilegga bene il testo di Isaia, che inveisce, per bocca di Jahvè, contro numerosi ornamenti femminili: "In quel giorno il Signore toglierà l'ornamento delle fibbie ai piedi, fermagli e lunette" perché il dio geloso, che più volte massacrava il suo stesso popolo giudicato colpevole di "abominio, prostituzione" (= adorare gli Dei degli altri popoli) avrebbe dovuto promettere "marciume, calvizie, bruciature" alle donne che portassero "fermagli e lunette" se non fosse che tale ornamento, ben lontano dall'essere un semplice monile, rappresentava il simbolo di appartenenza ad una casta sacerdotale femminile? 

Quindi, per bocca dello stesso Isaia, sappiamo che per un periodo nella storia di Israele "le figlie di Gerusalemme" indossavano mezzelune e fermagli e che si erano "insuperbite". Del resto sappiamo che le classi sacerdotali godevano di una particolare posizione di potere e prestigio. Tutto ci porta a pensare che Isaia stia proprio maledicendo un gruppo di donne israelite invischiate, in qualche modo, con riti sacerdotali al femminile (tutto il contesto del brano lascerebbe intendere una vera e propria "setta" tutta al femminile e con ben poca voglia di obbedire ai diktat monoteisti...). 

Ma c'è di più; che tali "Figlie di Gerusalemme" (così meritevoli di anatema divino...) fossero implicate anche nella magia ce lo rivela la parola chiave:  

"In quel giorno il Signore toglierà [...] amuleti" 

Andando ad esaminare le fonti del Talmud sappiamo anche che genere di amuleti usasse il popolo ebraico.

Infatti (stralcio tratto da)


"La difesa contro le forze demoniache e le azioni magiche era affidata ad amuleti di vario tipo, alcuni dei quali si sono posteriormente istituzionalizzati quando la legislazione sacerdotale ha accolto e legittimato alcune superstizioni popolari correnti in epoca post-esilica. Nella storia di Giacobbe gli anelli per orecchie sono certamente amuleti originariamente destinati alla difesa dell'udito o ad altre funzioni apotropaiche (Nota di Lunaria: pratica che si trova, tale e quale, anche in Africa, dove gli orecchini servono "a bloccare" le orecchie e a non far entrare gli spiriti maligni - vedi lo studio fatto dai Castiglioni in "Venere Nera") e vengono seppelliti quando la casa di Giacobbe rinunzia agli idoli. Nel lungo elenco delle cose che il Signore toglierà alle figlie di Israele (anelli dei piedi, reti, mezzelune,orecchini, braccialetti) è fatta menzione dei Lehashim, termine che è reso come "amuleti" e che secondo il commento di Ibn Ezra sarebbero oggetti sui quali erano tracciati segni o lettere difensive, in oro e in argento" 

Pratica che si trova ancora: basta andare a curiosare su un sito ebraico, eh eh 😂
 



 

come si vede i nomi divini o angelici sono incisi su queste placchette d'argento... e non credo davvero che sia cambiato qualcosa dal tempo di Isaia, conoscendo il proverbiale attaccamento alla tradizione di secoli fa che il monoteismo tributa ad ogni singola cosa che fa e dice 😒

Qui troviamo una chiave (... dici "chiave" e ti viene da pensare ad Ecate...)


 
la cui incisione rimanda a un versetto dei Proverbi, la "donna di valore" (Proverbi 31:10). Probabilmente gli amuleti per donne recavano scritti i nomi di Asherah o forse i versetti dedicati alla Sapienza o alla Shekinah... Inoltre "il dentino" della chiave ricorda la lettera Pe.

"Shaharonim" devono invece essere stati gli amuleti a forma di mezzaluna, connessi forse con i culti lunari e portati, nell'epoca di Gedeone, dai capi dei Medianiti e dai loro cammelli. 
 
La "pietra di grazia", "pietra di favore", "pietra preziosa", probabilmente portata addosso come mezzo di difesa o di fortuna. L'uso scende e forse si incrementa fino all'epoca tarda, giacché Giuda Maccabeo trova, sotto le tuniche dei soldati morti, oggetti idolatrici, proibiti per legge ai Giudei.


Per quanto riguarda l'uso delle "parole di potenza" (nomi di Dio e/o angeli) venivano usati come scongiuri. Inoltre il testo scritturiale era usato come protezione, trascritto su filatteri di carattere protettivo, in forma di rotoli di pergamena.


Paradossalmente tutto questo è condannato dall'ebraismo ufficiale, e in questo senso troviamo nella Bibbia i tanti anatemi contro le streghe (mekashshefah) e gli stregoni (mekhashshef).

La difesa contro i demoni era presente nei testi talmudici (sovente perseguitati), affidata alle formule e agli amuleti che contengono il nome divino o taluni versetti scritturiali efficaci (che poi è tutta roba che si ritrova nella famosa "Magia Cerimoniale"). Si ricorreva a tecniche rituali per allontanare il tabù dell'acqua (per la credenza che alcuni demoni abitassero le acque e le sorgenti; probabilmente qui gli Ebrei demonizzarono le numerosi divinità femminili connesse alle fonti). 

Gli stessi "patriarchi, re, maghi" biblici (Mosé, Balaam, Saul...) ricorrevano più volte alla magia, anche se in modo nascosto: è il caso di Salomone, il caso più celebre, del quale si narra che asservì numerosi demoni e ricevette da Asmodeo conoscenze occulte.
Tutte le stregonerie (e quindi, conoscenze proibite) erano chiamate "N'hashim", "Serpenti" e questo diventa tanto più significativo quando si va ad analizzare il mito della Genesi non più con "l'esegesi cristiana/cattolica" ma con il vero significato ebraico del tempo, a sua volta germinato dal culto a Baal. 

APPROFONDIMENTO SUL TORO


Info tratte da


Il Torello d'Oro

è necessario che in rapporto alle religione dei Patriarchi, si rilevino dei caratteri della religione sumerica: la comune teofania del Dio e della Dea sotto le forme, parziali o totali, del toro e della vacca, e l'esistenza di una tipica divinità individuale, che dovette profondamente agire nella coscienza religiosa di Abramo.
Ancora nel quarto e nel terzo millennio a.C, il toro, in Sumer, era l'erede consapevole di un'antichissima età (...) i prodigi di istinto e di capacità sensitive e quasi profetiche degli animali finivano per elevarli ad un livello superiore agli uomini e ne facevano esseri non soltanto dotati di attributi divini, ma vere e proprie forme ed epifanie di divinità

(Nota di Lunaria: si pensi a Bastet, Dea Gatta, e a Ganesha, il Dio nelle sembianze elefantine, ancora adorato)



Il toro per la massiccia prestanza corporea e per la gagliardia generatrice ben rilevabile dai suoi maschi attributi a cui pareva alludere anche l'aspetto fallico delle corna possenti, apparve ai Sumeri come l'ideale epifania degli Dei della loro religione.
Nanna Sin, il dio lunare che regnava a Ur, come Enlil a Nippur ed Enki ad Eridu, era il torello vivace e infaticabile, il toro celeste portante corna sublimi rivestite di luce.
Toro era Anu, il dio del cielo. Intere serie di inni sono dedicate al toro Enlil.

(Nota di Lunaria: pensiamo ai tori androcefali, i Lamassu, che avevano una funzione protettiva, e che sono stati rasi al suolo dai miliziani dell'isis)



La raffigurazione del Dio portava naturalmente con sé la corrispondente rappresentazione della Dea, cosicché le corna diventano un comune attributo anche della divinità femminile: una Dea della vegetazione sopra un vaso cultuale dell'Entemema di Lagash; la Dea Nansche, figlia di Enki, signore delle fonti e delle correnti (comunque anche Marduk amava la forma taurina) sopra un vaso cultuale di Gudea; la Ishtar di Mari, Inanna, la grande dominatrice del pantheon femminile sumerico, "la vacca selvaggia che devasta i paesi" anche se ormai, di quell'antica natura belluina non serba più che le corna, divenuta ormai la patrona dei pascoli, dei greggi e degli armenti, la Dea dei campi coltivati e fecondi e delle acque che ne irrigano le zolle.

Ora, ed è questo il punto di capitale importanza per la nostra ricerca, la teofania taurina della divinità viene adottata da Abramo e dalla sua immediata discendenza come attributo del Dio. Nella Genesi (31,19, 30-35) sono citati i misteriosi terafim, idoletti appartenenti a Labano, che Rachele aveva sottratto all'insaputa di Giacobbe, e nascostili nel basto del cammello, vi si era seduta sopra non appena si era accorta che Labano stava per entrare. Labano entrò, gettò tutto sottosopra ma non dubitò di Rachele, la quale si era scusata, in tono umile e sommesso, "Non si offenda il mio signore che non posso alzarmi in sua presenza perché mi capita il solito delle donne"
I Terafim erano probabilmente feticci in forme umane, itifallici gli uni, ostentanti il loro sesso gli altri, creduti magicamente capaci di favorire la fecondità. Si ricordi che Rachele si era, in Genesi 30,1 , disperata in presenza di Giacobbe: "Dammi dei figli, o muoio".
Guglielmo Robertson Smith in "Kinship and Marriage in Early Arabia" ha rilevato che la primitiva famiglia semitica fosse matriarcale, non patriarcale, e l'autore rileva anche le sopravvivenze di tale assetto originario attraverso Genesi, Libro dei Giudici, Libri di Samuele, Salmi, Profeti. Varrà la pena di ricordare alcuni dei fatti più significativi dal Robertson addotti e illustrati. Con l'uso di designare col vocabolo che significa "madre" (em) il ceppo etnico, la razza, la comunità, e con quello significante "utero" (rehem, in arabo rahim, da cui ar-rahim الرحيم, uno dei nomi del dio coranico) il legame di parentela. Eva (Hawwah, variazione fonetica di Hayy) significherebbe "gruppo a base matriarcale" per esteso, "madre di tutti i viventi". Di particolare interesse sono le traccia dell'originari appartenenza della tenda: la consumazione delle nozze avveniva nella tenda della donna, dove l'uomo si reca: il verbo "entrare" indicava entrare nella tenda nuziale, che era della donna, e entrare in lei, fisicamente.
La storia di Giacobbe entra nella tenda di Lia prima, e poi in quella di Rachele, come Isacco era entrato nella tenda di Sarah. è la futura moglie che invita e sollecita il futuro marito a varcare la soglia della sua tenda e a diventare suo ospite obbedendo a quello spirito di iniziativa che costituisce uno dei prestigi della donna nella società matriarcale.
Anche la storia di Debora (profetessa) e Giaèle che uccide Sisara pugnalandolo con un grosso chiodo nella tempia, nella sua tenda (come ripete il testo originale) dovrebbe indicare un residuo di matriarcato.
(Nota di Lunaria: comunque si tenga presente che la vicenda può essere intesa anche in senso erotico, come suggeriva Jonathan Kirsch: prima Sisara possiede la donna - coito o stupro - penetrandola con un vero pene; poi lei si vendica penetrandolo alla testa con un surrogato di fallo: il chiodo)
Probabilmente la soglia della tenda e l'"intima soglia femminea" (vagina) nel quale l'uomo penetrava, in entrambi i casi, vennero a coincidere (ne parla anche Briffault).

Se noi quindi, nel racconto biblico relativo a Isacco e a Giacobbe troviamo il Dio di Abramo ricordato o invocato come "Toro" possiamo avere la certezza che tale epifania è un retaggio semito-sumerico direttamente portato da Abramo nella "Terra Promessa" e qui continuato ad usarsi senza scrupolo alcuno in servizio della nuova fede, non ancora monoteistica, ma soltanto monolatrica (Nota di Lunaria: agli inizi gli Ebrei non erano monoteisti - nel senso di riconoscere un unico Dio e credere che tutti gli altri Dei non esistano - ma monolatri: dei tanti Dei esistenti e adorabili, ne avevano scelto solo uno da adorare in particolar modo; probabilmente, i primi ebrei riconoscevano che esistessero molte altre divinità, ma che solo la loro - Jahvé/Adonai - fosse superiore o più potente degli altri e quindi da preferirsi. Del resto, "l'unico Dio" viene proclamato solo successivamente, da Ezechiele).
Nelle storie di Isacco, Giacobbe e Giuseppe si trova adoperato un termine, "abbir", che si traduce come "potente" ma che non pochi studiosi rendono invece con "Toro", che rispecchierebbe meglio il carattere primitivo e originario, tanto più che "abbir" nel senso di "toro" è provato dai "Tori di Basan", località ricca di pascoli nella regione del Libano nel salmo 21, v. 13 nonché dal passo del Deuteronomio 32,14
Ci sono poi riferimenti alle "vacche di Basan" e implicitamente, dei tori, nel capo 4 delle profezie di Amos.
Trovatosi di fronte a Labano, Giacobbe lo investe con queste gravi espressioni: "Se non mi volesse il Dio del padre mio, il Dio di Abramo e il Toro ("Abbir") di Isacco, certo mi rimanderesti ora a mani vuote": il "Toro di Isacco", a rappresentarne il potere e la minaccia (ai tori, arieti, becchi si attribuiva una forza generatica gagliarda e infaticata)
Giacobbe, giunto a Sichem, compra per cento agnelli dai figli di Hemor il pezzo di campo, erge un altare e lo chiama "Toro Dio d'Israele". Ritroviamo l'espressione "Toro di Giacobbe" nel salmo 132 "Ricordati, O Signore, di David/fece voto al Toro di Giacobbe" e in Isaia 49,26: "Tutti gli uomini conosceranno che colui che ti salva sono io, il Signore e che il tuo redentore è il Toro di Giacobbe".
Giacobbe appella il suo Dio anche come "Terrore di Isacco", per riferirsi alla maestà divina, che ispira adorazione e sgomento. Terrore è perciò, a mio avviso, una variante di Toro che vuole rappresentare il Dio pauroso e minaccioso (Nota di Lunaria: e un Dio che esige sacrifici umani: quello di Isacco e quello della figlia di Iefte)

Alludendo all'episodio di Mosè scendente dal Sinai, la Vulgata traduce "cornuta" e non "raggiante", la faccia di Mosé, dove del resto i due epiteti si conciliano solo se si pensi che le corna di lui erano raggianti come erano raggianti le corna delle massime divinità sumeriche: Mosè avrebbe quindi ricevuto dal Signore l'investitura più alta a cui potesse aspirare: le insegne stesse portate da Jahvé, a significare la possanza che scrolla e travolge ogni ostacolo.

Io ho avuto occasione in un precedente scritto ("Motivi matriarcali divini ed umani in Etoli e in Epiro") di occuparmi di un singolarissimo rituale femminino nel culto del Toro Apis che ebbe quasi certamente il suo doppione nel culto taurino di Dionysos presso le donne dell'Elide. Quando s'era trovato e consacrato il novello toro Apis, prima che venisse trasferito alla residenza definitiva di Menfis, l'animale rimaneva esposto qualche tempo a Neilopolis, dove e solo in quella occasione alle donne era dato di visitarlo. Esse vi si recavano ed in presenza di lui denudavano la loro intima carne, perché il Dio desse visibilmente segno di gradire quei segreti omaggi e risvegliasse in loro i germi della fecondità. Ora, io mi domando se è mai possibile che il rito di Neilopolis rimanesse ignoto alle donne israelite e che esse non avessero insistito e ottenuto di parteciparvi per fruire della magia fecondatrice del Dio.
L'Egitto era in questo campo una terra piena di innaturali perfide seduzioni per le donne israelite. Nel Delta fiorivano accanto ai culti dei vari Tori divini, il culto di un altro animale dalla virtù generativa particolarmente gagliarda, il sacro ariete di Mendes (Nota di Lunaria: che poi è divenuto simbolo del Satanismo) a cui le donne usavano ritualmente sottoporsi.



E anche l'Ariete di Mendes vantava lo stesso titolo di nobiltà del Toro Divino di Heliopolis. La stessa Legge Ebraica (Levitico, Esodo) le condannava con implacabile severità: "Se una donna si accosta a qualsiasi bestia per accoppiarsi, ucciderai la donna e la bestia. Il loro sangue sia sopra di loro", "Chi farà peccato con una bestia sarà reo di morte".

Sul vero significato del capro, vedi: http://intervistemetal.blogspot.it/2018/04/il-caprone-1-i-veri-significati.html

http://intervistemetal.blogspot.it/2018/04/il-caprone-2-i-veri-significati.html
 

Non a caso, gli Israeliti quando "si fanno una statua del loro Dio", scelgono il Toro (Vitello) d'Oro: è credibile che le donne fossero alla testa del movimento: offrivano generosamente ad Aronne l'oro necessario a cavarne il divino simulacro, rapidamente fuso e drizzato fra il giubilo del popolo, il quale intesse intorno al torello una danza, che possiamo ben supporre orgiastica, guidata dalle donne, troppo memori di misteri muliebri in presenza di sacri animali e prese ormai dalla follia esaltatrice dei recenti ricordi. Ma allora come si spiega che lo stesso Jahvé si riferisca a sé come Toro, e che Mosè portava sulla sua fronte i segni raggianti della potenza taurina?

Infine, Robert Graves parla del Toro nella "Dea Bianca":



Nelle orge persiane di Mitra, che avevano origine comune a quelle di Demetra, e nel corso delle quali si sacrificava un toro e lo si mangiava crudo, i celebranti uomini erano chiamati "Leontes" (leoni) e le donne "Hyenae" (scrofe). Anche Malter ed Eliade parlano del Toro e della Dea.

Liungman, per conto suo, crede che questi animali, giunti col tempo a personificare la ‘potenza’ o lo ‘spirito’ del raccolto, sono soltanto forme tarde, in generale vuotate del loro significato originale, degli animali sethici, sacrificati a vantaggio del raccolto per vendicare Osiride ucciso da Seth. Lo studioso svedese così spiega il sacrificio degli animali rossi, specialmente dei tori, in Egitto: il pelame rosso era un attributo di Seth e quindi gli animali che lo possedevano erano identificati con lui e sacrificati per vendicare la morte di Osiride. Il toro sacrificato in Grecia (per le Bufonie, eccetera), le tracce della forma taurina data in Europa all'ultimo covone, o le sue denominazioni taurine, il bue sacrificato e mangiato in Francia per la mietitura, i capri sbranati o sacrificati per la mietitura, eccetera, il sacrificio del maiale (Egitto; in Austria e in Svizzera l'ultimo covone è chiamato ‘scrofa’), l'uccisione rituale di cani rossi, volpi, eccetera  -  tutto questo, secondo Liungman, sarebbe dovuto alla trasmissione diretta o indiretta del sacrificio di animali sethici.
L'ipotesi non ci sembra sempre confermata dai fatti. Ad esempio, il sacrificio del toro e del bue ha radici nella preistoria mediterranea, dove non si può pensare a influenze della scena rituale osirica. Il senso cosmogonico di questi sacrifici è indubitabile, e il loro compimento nel quadro del cerimoniale agrario si spiega con la simmetria mistica sempre osservata fra qualsiasi atto di creazione e la creazione archetipale, la cosmogonia. La forza generatrice del toro, del capro, del maiale, spiega in modo soddisfacente il significato del sacrificio entro il complesso delle cerimonie agrarie; l'energia fecondatrice, concentrata in questi animali, è liberata e diffusa sui campi. Lo stesso complesso spiega la frequenza delle orge o dei rituali erotici in occasione di feste agricole.
Quanto al tentativo di Liungman di ricostruire il rituale preosirico, non spiega né la divinità di Osiride né l'origine del mito osirico. La differenza fra la scena rituale drammatica egiziana, rappresentata al momento del raccolto, e il dramma di Osiride, è altrettanto grande quanto la differenza fra un adulterio e "Madame Bovary" o "Anna Karenina". Il mito, come il romanzo, significa anzitutto un atto autonomo di creazione dello spirito.
[...] Perché fin dal Paleolitico l'uomo fu stupefatto davanti alla sua donna, nella quale egli vedeva un essere così vicino a lui, e, al tempo stesso, così più ricco di poteri occulti e misteriosi che lo ricolmavano di un oscuro sgomento. Era il sangue periodico legato con le vicende lunari, era il segreto non ancora a fondo svelato della concezione e della gravidanza, erano le doglie del parto e la magica virtù di nutrire il neonato della sua propria sostanza e fu poi la folgorante intuizione del rapporto di identità tra lei e la Terra, tra il vomere frangente le glebe e quella che Plutarco chiama l'aratura e la seminagione nuziali.
Dalla donna pertanto ebbe l'uomo mediterraneo la prima rivoluzione del Divino, in lei venerò primamente la sua piccola Potnia.
La "Dea Nuda" coi segni del sesso esageratamente visibili (...) Se gli uomini del Paleolitico superiore adoravano una Grande Dea che nella sua nudità si rivelava essenzialmente feconda, ciò vuol dire che essi avevano intuito e colto il Divino già nelle loro donne, proiettandolo ed esaltandolo nelle forme e negli aspetti di un immensa e potentissima Femmina, che fu poi la Potnia del mondo mediterraneo. Lo stato d'animo dell'uomo paleolitico di fronte alla sua donna crea già un matriarcato primordiale (...) Madre e Nutrice, estendeva, al pari di questa, il suo dominio oltre che sui viventi, sui morti, calati piamente con le loro suppellettili dentro il suo seno. Così nasceva nella donna la Sacerdotessa, usa a toccare con mani pure il corpo della Gran Madre e a coglierne quelle segrete affinità con se stessa (...) Giunti qui, possiamo avviarci alla conclusione. Un matriarcato primordiale è possibile perché nasce spontaneamente dall'attitudine dell'uomo davanti alla donna, di cui egli riconosce e confessa la superiorità (...) Nessun serio studioso del matriarcato ha mai inteso parlare di matriarcato assoluto. Il matriarcato va concepito nel senso di una compagine sociale, in cui la donna, per ragioni evidenti, gode di una posizione di particolare prestigio.
In uno scritto tantrico, lo Saktisamgama-Tantra, si leggono questi versi:
"La donna è la creatrice dell'universo - essa è il vero corpo dell'universo - la donna è il sostegno dei tre mondi - essa è la vera essenza del nostro corpo - qui non esiste altra felicità che quella che la donna può procurare - qui non esiste altra via che quella che la donna può dischiudere"


LA CICOGNA, MESSAGGERA DELLA DEA

 Cicogna e Gru, in are semita, erano spesso considerate messaggere della Dea se non una Sua propria raffigurazione. Prima di vedere l'analisi biblica e coranica, riporto l'analisi presa da 



La Gru


La gru non è un uccello comune nelle favole. Tuttavia, nella mitologia greca era visto come un guardiano, simbolo di vigilanza e di pazienza, e nella tradizione celtica aveva una forte connessione col femminile. La gru europea è grigia con il collo bianco, la testa nera e la sommità del capo rossa. Essendo un uccello acquatico, era legato all'Aldilà e considerato un animale magico dagli oscuri poteri. Nelle leggende celtiche la gru era associata a una Dea ostile, una donna non più giovane, dal brutto carattere e sessualmente promiscua. Ci sono molte storie in cui delle donne vengono trasformate in gru: San Columba d'Irlanda trasformò in gru, per punizione, una regina e le sue serve; la Dea del Mare, Mannanan, possedeva una borsa magica fatta con la pelle di una gru che era stata una donna e fu trasformata a causa della sua gelosia; l'eroe irlandese Fionn da bambino venne salvato dalla nonna che si era trasformata in una gru mentre stava scivolando da una roccia. La gru era associata alla morte, alla fine del vecchio anno e al cambiare delle stagioni. Le storie irlandesi raccontano di "quattro gru della morte" che erano i quattro figli, sotto incantesimo, di una vecchia donna chiamata la "strega del tempio". Il dio Midir possedeva tre gru che avevano il potere di togliere ai guerrieri il coraggio e l'abilità nel combattere; infatti se un guerriero vedeva una gru mentre andava in battaglia, questo era considerato un brutto presagio. Questo indebolimento dello spirito guerriero attribuito alla gru è un tabù molto simile a quello associato alle donne mestruate (nota di Lunaria: sì, in alcune tribù primitive si crede che se un guerriero tocca o è visto da una donna mestruata, perderà vigore in battaglia). In tutte queste storie le donne gru mostrano comportamenti e capacità simili a quelli delle donne in periodo premestruale e mestruale. Sono viste come esseri rudi, ostili, sensuali, capaci di portare morte e disgrazia agli uomini. La gru, tuttavia, può anche essere connessa alla profezia, al volgere degli aspetti positivi di queste fasi.


Nella bibbia abbiamo un riferimento alla cicogna.




Le otto visioni di Zaccaria indicano le modalità con cui viene preparata la restaurazione di Gerusalemme: l'attività in cielo (1,7-17), la disfatta dei nemici di Israele (1,18-21), la misurazione di Gerusalemme (2,1-5), la convalida della leadership (3,1-10; 4,1-14) la purificazione morale (5,1-4; 5,5-11) e l'instaurazione del governo di YHWH mediante l'attività del principe davidico Zorobabele.

La settima visione descrive l'eliminazione del culto idolatrico dal paese. Una donna chiamata Empietà (Risha'), viene imprigionata in un'efa (grosso recipiente per cereali a forma di barile con una capacità di circa 23 litri). 





è significativo che la parola "efa" indicasse anche un locale adibito al culto in Mesopotamia. Pertanto, la donna "Empietà" (= idolatria) può rappresentare una Divinità nel suo santuario e simboleggiare così un culto non jahvista. Un'alternativa è quella di considerare la donna un essere umano, che rappresenti le donne straniere (in questo caso le mogli babilonesi riportate dall'esilio dagli ebrei rimpatriati), così spesso descritte nella Bibbia quali portatrici di una cultura estranea, che minacciava l'integrità dello jahvismo. In sintesi, la figura intrappolata nell'efa
potrebbe essere una donna straniera, indicando l'evidente pericolo storico dell'integrazione con una cultura straniera, sia una Divinità, il risultato di tale integrazione, vale a dire l'idolatria. Due donne con "ali di cicogna" ("con vento nelle ali") hanno l'incarico di portare l'efa e quanto contiene a Scinear, riferimento poetico a Babilonia. Laggiù le costruiranno una casa, cioè un tempio.
 




è improbabile che queste donne alate fossero le assistenti della Divinità. Secondo il pensiero jahvista, una volta intrappolata la Dea, sia la Divinità che le Sue custodi risultavano impotenti.
La parola ebraica per "cicogna", "chasidah" è molto vicina al termine "devoto, fedele" ("chasid"). Pertanto, le donne straniere che rappresentavano la distruzione dell'integrità dello jahvismo, sono qui controbilanciate da "fedeli" donne giudee.




Alla cicogna si associano i bambini perché è dalla Dea che dipende la nascita.



Riporto anche l'analisi tratta da


Cicogna: il nome di questo uccello è la forma femminile della parola ebraica resa "qualcuno leale; uno di amorevole benignità". Questa descrizione ben si addice alla cicogna, nota per la tenera cura che ha per i piccoli e la fedeltà al compagno per tutta la vita.

Nota di Lunaria: curiosamente, i cristiani (specialmente i mistici e i rosacroce) associarono il pellicano a gesù basandosi sulla credenza che il pellicano nutra i suoi piccini con se stesso.



 La cicogna è un grosso uccello trampoliere simile all'ibis e all'airone. La cicogna bianca (Ciconia Ciconia) ha le penne bianche ad eccezione delle remiganti che sono nere e lucenti. Una cicogna adulta può essere alta anche 1,2 m e avere il corpo altrettanto lungo, con una magnifica apertura alare che può superare i 2 metri. Il lungo becco rosso, largo alla base e molto aguzzo, serve alla cicogna per cercare nel fango rane, pesciolini o piccoli rettili [...] La cicogna era inclusa negli animali impuri che secondo il patto della Legge, gli Israeliti non potevano mangiare. (Nota di Lunaria: elemento che dimostrerebbe che gli ebrei sapevano bene che la cicogna era legata ai culti politeisti...)
Nel rimproverare gli apostati abitanti di Giuda che non avevano riconosciuto il tempo del giudizio di Geova, il profeta Geremia richiamò la loro attenzione alla cicogna e su altri uccelli che "conoscono bene i loro tempi fissati"




(nota di Lunaria: "che gli uccelli siano ben informati" è presente anche nel corano - vedi l'Upupa nella vicenda della Regina di Saba)

La cicogna migra regolarmente attraverso la Palestina e la Siria proveniente dall'Africa dove sverna ed è presente in grossi stormi in marzo e aprile. [...] La cicogna nera, così chiamata perché ha la testa, collo e dorsi neri, è più comune nelle valli di Hula e Bet She'an e preferisce fare il nido sugli alberi. Il salmista menziona le cicogne che fanno il nido su alti ginepri.




 [...] Una cicogna in volo, che si libra sulle possenti ali, con il collo proteso in avanti e le zampe allungate all'indietro, ha un aspetto davvero maestoso. Le due donne viste in visione da Zaccaria che portavano un'efa con dentro la donna chiamata "Malvagità", avevano ali come "le ali della cicogna".



Il riferimento al vento nelle loro ali fa inoltre venire in mente il fruscio prodotto dall'aria che passa fra le penne remiganti della cicogna. 

Gli arabi pre-islamici erano ancora più impressionati dalla cicogna/gru.

Riporto delle analisi tratte da:




Gli idolatri vengono annoverati tra coloro che attentano al monoteismo, associando qualcosa a Dio; l'idolatria è intesa non tanto come una negazione di Dio, quanto come un politeismo che minaccia il diritto di Dio di essere adorato esclusivamente. Alcuni la interpretano come una conseguenza dell'antropomorfismo (Tashbth) che dà una forma a Dio per potergli rivolgere doglianze (Nota di Lunaria: l'abominio dei cristiani, che rappresentano gesù come dio...).
Il corano condanna sistematicamente le domande rivolte alle divinità ausiliare. (Nota di Lunaria: l'idiozia cattolica di rivolgersi alla madonna, a padre pio, a san gennaro, agli angeli... stupidi pagani malriusciti che non siete altro, voi cattolici incolti sui precetti della vostra stessa bibbia...)





L'idolatria è condannata perché mira ad associare le antiche divinità a Dio, cioè ad integrare il Dio unico della rivelazione coranica entro il pantheon delle divinità della penisola arabica, come testimonia l'episodio dei "versetti satanici":
"Che ne pensate voi di Al Lat e di Al Uzza [La Potentissima] e di Manat, il terzo idolo? Voi dunque avreste i maschi e Lui le femmine? Divisione iniqua sarebbe! Essi non sono che nomi dati da voi e dai vostri padri, per i quali Iddio non vi inviò autorità alcuna" (Sura LIII An-Najm, la Stella, versetti 19-20/21-22-23)



 "La Potentissima", era una Dea venerata in epoca pre islamica














E ancora, per quanto riguarda le Dee: "Sura LIII (intitolata, guarda caso! "La Stella"), 19-23 "Vedete voi Al-Lat e Al Uzza, e Manawat (Manat), come terzo di essi? Dunque, a voi il maschio e ad Allah le femmine? [le tre Dee erano spesso considerate le figlie di Allah o la moglie (Allat), la figlia (Al Uzza) e la madre (Manat) di Allah] Sarebbe, quella, spartizione iniqua. Altro non sono che epiteti che voi e i vostri antenati gli avete imposto, senza che Il Dio (Allah) li abbia mai autorizzati. Non seguono altro che congetture e ciò che appassiona gli animi, mentre dal loro Signore gli è giunta certamente una guida."
Questi brevi versi portarono un enorme problema: è la nota la vicenda dei "versetti satanici" (ovvero suggeriti da Satana, non dall'angelo Gabriele che rivelò il Corano a Maometto): prima di affermare "Sarebbe, quella, spartizione iniqua. Altro non sono che epiteti che voi e i vostri antenati gli avete imposto, senza che Il Dio (Allah) li abbia mai autorizzati", Maometto avrebbe invece invitato a chiedere l'intercessione delle Tre Gru (come era chiamata la Trinità di Dee):
"Sono delle Gru (esseri) elevate. Si deve sperare bene dalla loro intercessione" Maometto si era poi prostrato e le tribù che adoravano le tre Dee credettero a una concessione. Tuttavia, Maometto, in seguito rinnegò le sue parole.
Comunque, in realtà, Maometto può anche aver pronunciato davvero la frase, ma dandole un tono interrogativo-dubbioso (che comunque è attestato in molte altre frasi coraniche):
"Sono delle Gru elevate? Si deve sperare bene dalla loro intercessione?"
comunque, per evitare ambiguità, la frase fu espurgata del tutto.
Si noti che le gru, uccelli migratori, andando dalla Scandinavia al Madagascar, passavano sul territorio della Mecca e i beduini, osservando tali uccelli misteriosi che volavano ad altissima quota, li avevano scambiati per essere celesti.
Maometto rimenziona le Tre Dee anche qui: Sura XXXVII,149-153 "Gli angeli a schiere": "Ed ora domanda: Che ne dici? Si farà per sé il Signore delle figlie, ed essi si faranno figli?" (*) Abbiamo (**) forse creato angeli-femmine mentre essi erano testimoni?" Nell'orribile calunnia essi bestemmiano: "Ha generato il Dio!" ma certo sono menzogneri. "Egli ha preferito le figlie ai figli!" e ancora, Sura XIX, 88-92 Maryam : "Hanno bestemmiato. L'abbondante in misericordia si è fatto un figlio. è una grossa bestemmia che vi sporca le labbra [...] è cosa disdicevole assai per l'Abbondante in misericordia (uno dei nomi di Allah, الرحيم ) farsi un figlio."

(*) Anche per questo motivo per gli islamici i cristiani peccano: Gesù è profeta, non figlio di Dio, altrimenti sarebbe sessualizzare Dio, concepirlo come un "Baal" della fertilità. E a ragion veduta, tra l'altro, visto che di fatto i cristiani "paternalizzano" Dio andando a riconoscere lui come padre e Maria come madre. Per gli islamici è assurdo pregare Allah come padre. Egli, al massimo è "pieno di clemenza, perdonatore, misericordioso" (Ar Raham, Ar Rahim, الرحمن e الرحيم) ma non padre. Dargli l'attributo di "padre" sarebbe ridurlo a una funzione procreativa, spermatica, fecondatrice (esattamente come il Dio Baal!) Vedi il rigido monoteismo islamico (cosa ripetuta ogni 2x3 in quasi tutte le sure, tra l'altro) per esempio nella sura CXII "Voto di culto sincero": "Inneggia! Lui, il Dio! Egli è unico! (Al Wahid, الواحد) Il Dio è samdu (infinito, eterno, assoluto, autosufficiente, الصمد) Non genera e non è generato. Nessuno gli è uguale". Per questo motivo gli islamici non tollerano le fantasie cattoliche di trinità, culto mariolatra (certa gente cattolica crede che maria sia una semidea...) e culto dei santi visti come intercessori, anche se nella storia dell'Islam (non ortodosso) non sono mancati il culto dei "santi" (venerabili credenti stimati da tutti per la loro fede) i marabut (che si crede possano anche fare miracoli). Ma ovviamente l'islam ortodosso perseguita queste deviazioni superstiziose. Comunque i riferimenti che ci sono al cristianesimo, nel Corano, non sono sempre esatti. Vedi Maria confusa con Miriam, sorella di Mosé (tra l'altro pure lei citata nella Bibbia) e c'è più di uno "scopiazzamento" alla storia biblica di Agar qui "sincretizzata" con questa supposta Maria: nella storia di Agar la fonte d'acqua, nella Maria islamica i datteri (ovviamente la Maria coranica NON è né la maria cristiana del vangelo di Luca né tantomeno quella cattolica!!!!); nel Corano è citata anche l'eresia docetista (Gesù non fu crocifisso, fu un altro, al suo posto ad esserlo)

(**) Nel Corano spesso Dio parla al plurale. "Abbiamo fatto, creato ecc." L'uso del plurale majestatis, usato, tra l'altro anche nella genesi biblica: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza". Comunque, è quasi certo che gli ebrei agli inizi lo usassero per identificare la coppia divina Jahvé (o altro Dio) e la Dea Asherah. Nel Corano lo si trova più di una volta, per esempio nella sura LXXVI,2 "L'essere umano": "Sì, in verità Noi abbiamo creato l'uomo da una goccia di sperma mescolata a sangue e a liquido di donna [...] Lo creammo dotato di udito e di vista. Noi lo guidammo sul sentiero: ci sarà riconoscente? sarà incredulo? Questo ha poca importanza per Noi." Curiosamente, nella stessa sura, al verso 19, si parla di efebi immortali che faranno compagnia ai beati in paradiso. Blanda concessione a un'omofilia spirituale?








Per finire: oltre al toro e all'ariete o capro, si adorava anche il cammello in epoca pre-islamica? Una stele yemenita pre-islamica ci mostra un uomo che conduce un dromedario e forse un cammello.


Peirone riporta un commento, a pagina 905, per la sura XCI, 11-13:
"Si ribellarono i Thamud, gridando "Menzogna!", allorquando si levò avanti a loro il più turpe. Aveva implorato il rasul (l'inviato, Maometto) di Dio: "la cammella di Dio! lasciatela bere!"
"I Thamud avevano ricevuto come profeta del Dio, Salih che aveva proposto loro, come segno della sua missione una cammella (simbologia magico-religiosa?)"
Qui comunque la cammella viene rifiutata e di conseguenza Allah annienta il popolo Thamud. Forse la cammella era o sarebbe stata da intendersi come animale totem. Anche qui "un'infiltrazione" politeista su modello della concessione delle Tre Gru, poi ritrattata da Maometto?





 Nota di Lunaria: integro con un altro commento tratto da


"La tradizione riferisce che un giorno Maometto stava assolvendo all'orazione nei pressi della Ka'aba, recitando ad alta voce questa sura, quando Iblis/Satana si insinuò nella mente dei politeisti che stavano ad ascoltarlo facendo sì che credessero di sentire un riconoscimento della divinità di queste tre Dee che suonava pressapoco come "Sono le Dee Altovolanti, la loro intercessione è auspicabile". Il fatto suscitò un grande scalpore e fu riferito a Maometto che ne era del tutto ignaro e che ristabilì immediatamente la correttezza della rivelazione."
Le tre Dee sono citate anche alla sura XVI An-Nahl, Le api, versetto 51 e 57: "Allah dice: non adottate due divinità/Attribuiscono figlie ad Allah - Gloria a Lui! - e a loro stessi quello che più desiderano"
e il commento: "Per quello che riguarda in particolare il fatto delle "Figlie di Allah", i commentatori affermano che sia un'allusione a due tribù arabe, i Khuza'a e i Kinama, i quali ritenevano che gli angeli fossero appunto figlie di Allah"








Secondo la tradizione, il capo tribale 'Amr ibn Luhayy, nel III secolo d.C avrebbe portato dal santuario siriano di Al-Balqa una statua della divinità stellare Hubal. Tale statua, in cornalina e con un braccio d'oro successivamente aggiunto dai Qurayshiti, era stata posta sopra il pozzo scavato da Abramo; allo stesso Abramo fu associata la sua rappresentazione su un affresco dentro la Ka'ba. Hubal era divenuto progressivamente la divinità più importante della Mecca; gli si offrivano sacrifici e un guardiano era incaricato di vigilare sulla sua conservazione.  'Amr ibn Luhayy introdusse in Arabia statue di divinità portate da Hit (Eliopoli); è dunque sotto la doppia influenza nabatea e siro-palestinese che la venerazione delle pietre sacre si trasformò in un culto vero e proprio tributato a statue lignee delle Divinità, introdotte in Arabia nel III secolo, esse si conservarono fino all'avvento dell'islam. Allo stesso modo sopravvissero per lungo tempo in Arabia le antiche Divinità dei Cananei (Teraphim), degli Assiri (Ilani) e degli Ebrei (Elohim); le pietre sacre non scomparvero neppure con l'avvento del cristianesimo in Medio Oriente: tre divinità erano adorate nell'intera Arabia: "Le Belle Fanciulle" [affusolate come Gru] (Al-Gharaniq), Al Lat, Al 'Uzza e Manat.
I meccani credettero di poter ottenere dal Profeta di associarle al Dio unico della predicazione coranica.
Un certo numero di idoli sono nominati nel corano, 5 per la precisione: si presume che il loro culto esistesse fin dai tempi di Noè. Essi sono citati insieme: Wadd, che significa "amicizia, amore" (Nota di Lunaria: vedi il nome del Dio Allah, Al-Wadūd  الودود ), aveva un santuario a Dawma; Suwa', nome maschile nella lingua dei Thamud, indicava per gli Hamdan una Divinità femminile il cui tempio era situato a Ruhat, vicino a Medina; Yaghuth, "Colui che soccorre", (Nota di Lunaria: altro attributo di Allah:  Ar-Razzāq  الرزاق) prima venerato nello Yemen settentrionale, ebbe in seguito il tempio trasferito a Gedda; Ya'uq era adorato dalle tribù yemenite di Hamdan e Khawlan, e il suo santuario si trovava a Khaywan; infine Nasr, "Aquila" (Nota di Lunaria: animale sacro a Mithra) trasferito da Gedda a Bakha, aveva la forma di questo uccello.



Tuttavia gli idoli più importanti per gli Arabi della penisola erano le tre Divinità (Al Gharaniq) citate nel corano: Al Lat, Al 'Uzza, Manat, dette "Le figlie di Allah" (Banat Allah) in una serie di versetti.
Manat è una delle più antiche Divinità semitiche, il cui nome deriva dalla radice "Mnw" che comporta l'idea di contare e destinare a ciascuno la sua parte; (Nota di Lunaria: altro attributo che poi si ritrova nei nomi di Allah... per ben due volte!!! "Colui che chiede i conti/che tiene il conto di tutte le cose" Al-Ḥasīb  الحسيب  e  Al-Muḥṣī المحصي )
 

Era inoltre uno dei nomi della Dea Ishtar


ma non si tratta necessariamente di un nome femminile. Manat era in origine una pietra situata a Qudayd: 'Amr ibn Luhayy fece erigere la sua statua che egli stesso aveva fatto venire dal nord, come quella di Hubal. A una quindicina di km da Yathrib. a Qudayd, il luogo sacro chiamato Mushallal era un importante meta di pellegrinaggi per la tribù degli Hudhayl, nomadi della regione di Yathrib e per quella dei Khuza'a della Mecca. La pietra che rappresentava Manat venne infina scolpita secondo le nuove abitudini con le fattezze di una Venere adorata dai Siriani della regione dell'Eufrate. Il tempio fu distrutto nell'8/629 da una ventina di uomini senza dubbio al comando di 'Ali ibn Abi Talib in seguito ad un ordine del Profeta. Al Lat era venerata dai Thaqif, discendenti dei Thamud; era adorata in una vasta area del Vicino Oriente come Protettrice dei pastori e dei carovanieri dello Hijaz. L'uso del suo nome presso gli Arabi risale al più tardi al periodo di 'Amr ibn Luhajj, nel III secolo, nella stessa epoca in cui il suo culto è attestato a Palmira e presso i Nabatei di Safa. Il nome di questa Divinità ha due origini possibili: può ricollegarsi al culto di Astarte nel tempio di Geruselemme o essere una forma della Divinità semitica Ba'la. Oppure Al Lat può trattarsi del femminile di Allah o di Al-Ilah. Al Lat era originariamente una pietra bianca in opposizione alla pietra nera della Mecca: prima che le si costruisse un tempio a Ta'if veniva inoltre associata ad un albero sacro. (scopiazzato in pieno dal cattolicesimo, con maria che appare su un albero. Nota di Lunaria)


Si notino le capre che saltellano festanti attorno alla Dea che stringe le fascine di fieno/grano tra le mani... la capra era collegata anche a Giunone... lo abbiamo visto qui:
http://intervistemetal.blogspot.it/2018/04/il-caprone-1-i-veri-significati.html
http://intervistemetal.blogspot.it/2018/04/il-caprone-2-i-veri-significati.html

Era considerata la Madre degli Dei e Dea della Fertilità, ma gli Arabi della regione di Palmira e di Safa La veneravano come Dea della guerra. Quando nel V secolo d.C il capo tribale Qusayy insediò tutti gli Dei della penisola nella Ka'ba, le Tre Divinità si trovarono a costituire una parte essenziale del culto: Manat come Dea degli Arabi del nord, Al Lat degli Arabi del Najd e Al 'Uzza degli Arabi del centro e del nord della penisola, legati ai Qurayshiti. Queste Tree Dee rappresentavano le apparizioni di Venere, la stella del mattino e della sera; Al 'Uzza divenne la Dea principale perché era venerata alla Mecca. Erano loro associati i tre Alberi Sacri (Samurat) che le rappresentavano, davanti al santuario di Al 'Uzza a Nakhla, sulla via che conduceva verso l'Iraq. Al 'Uzza era anche definita mediante l'espressione Al-'Uzzatan, "Le Due 'Uzza", che evidenziava la sua predominanza; a causa dell'influenza della Mecca, finì per prevalere anche presso i Nabatei, che prediligevano Al Lat.


Altro commento alla Gru, tratto da:


I fiori degli alberi e dei campi si stanno aprendo sotto il vento sottile, mentre volano in cielo tre gru dalle ampie ali, sacre alla Dea delle messi Demetra (Nota di Lunaria: e non solo Demetra: anche alle Dee pre-islamiche Allat, Al Uzza e Manat, chiamate proprio "Le tre gru"),
simboli della primavera e della rigenerazione ciclica della natura che si diffonde sulla terra attraverso l'aria. Le gru, come le cicogne, sono infatti animali migratori e il loro periodico ritorno è associato all'idea di fertilità; sono inoltre uccelli predatori di serpenti e si ricollegano alla complessa simbologia di cui si parlerà più avanti.
Le tre gru sono un preciso riferimento alla Triplice Dea celtica e al suo antico altare che si trovava in un'isola della Senna, nel centro di Parigi, proprio dove ora sorge, non a caso, Notre Dame: sull'altare erano scolpiti un toro sotto un albero e tre gru, animali simbolici della Dea.
La Grande Madre è quindi anche il simbolo della fertilità della natura: per questo la Dea in India è detta anche Annapurna, Abbondanza di cibo, di nutrimento per tutte le creature.
Così la vediamo seduta nel verde dei campi e delle colline, all'aria aperta, sorridente nella brezza primaverile. Alle sue spalle l'occhio attento riconoscerà, nel profilo delle colline ricche di vegetazione, ancora una figura femminile giacente come se la Madre Terra si fosse divertita a disegnare con i rilievi l'immagine della propria personificazione. E infine, quasi come se nascesse dal pube della figura sdraiata, un torrente sinuoso porta anche l'acqua di sorgente a completare l'insieme dei simboli della vita. Questo è un ulteriore segnale che ci aiuta a capire come la Grande Madre rappresenti il superamento dell'Arcano precedente. Nel Tarocco II l'acqua raffigurata come ferma, stagnante, quindi sterile; ma qui



diventa un fiume, cioè acqua in movimento, fecondatrice; e questa metamorfosi avviene grazie all'energia, come succede quando il mare è mosso e agitato dal vento. Ecco che il vento si assume il compito di rappresentare questa energia, questa forza vitale.
Non a caso, in ebraico e in greco, un'unica parola significa sia "vento" che spirito, come se entrambi fossero una sorta di respiro divino, un soffio che esisteva ancora prima che il mondo fosse creato.

Band consigliate:

 
Arafel  https://www.youtube.com/watch?v=CajJQSuWc6o


Azamoth   https://www.youtube.com/watch?v=hFkHAbVIiKs



Orphaned Land, con un video che si abbina benissimo a quanto abbiamo visto in questo post! xD