Superstizioni dei contadini in Lombardia

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SUPERSTIZIONI CONTADINE SUL MALOCCHIO 

(IN LOMBARDIA)

Quando il vento fischiava, si lamentava, girava foglie secche facendo mulinello lungo le strade e i crocevia, si diceva che c'erano in giro le streghe e i folletti tra loro in disaccordo, perciò era pericoloso attraversare quei posti, ma se si doveva fare ci si faceva il segno della croce, recitando le preghiere. A tale superstizione risalirebbe l'uso di porre croci di ferro o di legno agli incroci.



Nelle stalle, per tener lontano le malattie e l'invidia, si metteva all'angolo una forca senza manico, con i denti rivolti all'insù, così la strega, se arrivava e vi si sedeva, rimaneva infilzata.

Le belle fanciulle, per tenere lontano il malocchio, doveva girarsene con in tasca tre chicchi di sale.

Farsi scopare i piedi portava sfortuna perché significava non sposarsi più.

Chi raccoglieva il fiore giallo dell'insalata "matta" (Nota di Lunaria: il Tarassaco) faceva la pipì a letto.

Chi raccoglieva il campanellino violetto cadeva dal letto.

Rovesciare il vino rosso a tavola portava sfortuna.

Per interrogare il destino sulla realizzazione dei propri desideri si ricorreva, oltre alla margherita, al picciuolo della robinia carico di foglioline, staccandole una alla volta dicendo "sì, no". 

D'estate il contadino che tagliava l'erba col ferro da prato (ranza) costruiva con le foglie della robinia un serto da mettere attorno alla fronte per tenerla fresca e allontanare i moscerini.

Ai bambini quando perdevano un dente si diceva di bruciarlo altrimenti lo avrebbero cercato, dopo la morte, con una cavagna senza fondo. Alcuni consigliavano di metterlo sotto il cuscino, così durante la notte sarebbe venuta un formicuccia a prelevarlo e in cambio avrebbe lasciato un soldino.

Si credeva che la picca di ferro (pan da fèr) che serviva a piantare i pali di sostegno della vita e che dopo l'uso veniva lasciata nel pollaio, tenesse lontano i pidocchi ("pispuliti") dalle galline.

Se il pan da fèr veniva messo sotto il materasso serviva a far scomparire i dolori alla schiena.

Trovare un ago portava sfortuna.

Era fortunato che riusciva a contare un numero dispari di gambe in un ragno (Nota di Lunaria: i ragni hanno 8 zampe, ma delle volte ne perdono qualcuna)

Il giovedì era il giorno da dedicarsi alla fidanzata ("morosa").

Un fazzoletto in dono portava il pianto; per riequilibrare la sventura, lo si accompagnava con una monetina.

Se la civetta si faceva sentire nei pressi della casa di qualcuno era segno di sventura: "Tri dì, a murì", "Tre giorni, c'è da morire"

Quando presso l'osso sacro di un bambino si formava un segno a forma di forcella, che non permetteva al bambino di crescere bene, si andava a chiamare una vedova affinché segnasse col pollice il bambino e facesse scomparire la forcella malefica.

Una leggenda di Arconate racconta che un anno, essendoci un'invasione di processionarie che divoravano le foglie del gelso, un prete, Gian Battista Caccia, uscì a benedire i campi e, per miracolo, le processionarie si incanalarono nelle careggiate dove vennero schiacciate dalle ruote dei carri.


SUPERSTIZIONI CONTADINE SUL TEMPO

Queste sono alcune superstizioni credute dai contadini nella zona di Arconate.

Nei mesi caldi, quando verso le 11.30 arrivavano degli sbuffi di aria fresca, si pensava che era passata la Madonna per andare nell'orto a prendere il prezzemolo ("arbuin") per la minestra.

Nell'imminenza di un temporale minaccioso, il parroco usciva sul sagrato a benedire il tempo; nelle case si accendeva l'ulivo, lasciando che il fumo salisse a sciogliere la cattiveria delle nubi, mentre la famiglia intera recitava delle preghiere.

Se si sentivano le cicale e le campane del campanile di Buscate (nota di Lunaria: città a poca distanza da Arconate) era segno di bel tempo.

Se non si riusciva a scaldarsi i piedi, se il gatto restava vicino al fuoco, se i corvi passavano gracchiando e si posavano sui campi, significava che doveva nevicare.

Questi invece erano i segni che preannunciavano la pioggia:

se il gatto si lava il muso, se le rondini volano basso e radente l'acqua del canale, se le formiche escono in processione, se il cane mangia l'erba, se i piccioni tubano e si puliscono il petto col becco, se la raganella gracida immota e invisibile nel fossato, se il rospo esce dal fosso, se le mosche sono molto noiose, se il tacchino fa la ruota, se il fumo, uscito dal camino, scende verso il basso, se il camino non tira e il fumo si ferma in casa, se i dolori reumatici si infittiscono, se si odono le campane di Busto Garolfo, se dalla latrina escono miasmi, se la luna appare cerchiata da vapori, se il sole è rabbioso, se il filo di refe che deve entrare nella cruna dell'ago si attacca alle dita, se i bambini giocano con la terra e l'acqua, se canta a squarciagola una persona che non ha mai cantato. 


SUPERSTIZIONI CONTADINE SULLE DONNE IN GRAVIDANZA

Il puerperio era considerato una malattia. Durante la gravidanza la donna non doveva portare nessun gioiello (tranne la fede) per non complicare la venuta al mondo del piccino; anche la sciarpa non doveva mai essere attorcigliata; dopo il parto, che avveniva in casa, la puerpera vestiva a lutto, non assaggiava vino per 4o giorni, teneva la testa in un fazzoletto (panétu) legato alla nuca. La prima bevanda che poteva bere era acqua bollita con fette di pane abbrustolito; se usciva di casa non doveva attraversare cortili o le strade nel mezzo ma doveva seguire le gronde delle case. Beveva l'acqua d'orzo per avere più latte. Dopo aver ricevuto la benedizione in chiesa davanti l'altare della Madonna, la puerpera tornava alla normalità. Per farle acquistare le forze si tirava il collo a qualche pollo. Ad Arconate vi erano molte balie che venivano ben retribuite per andare a Milano. Quando una persona moriva, si vegliava in casa del morto per tutta la notte per non lasciarlo solo. Il lutto si teneva per un anno, se era un parente stretto, altrimenti per tre o sei mesi. Si portava una fascia di tela nera cucita alla manica della giacca, in segno di lutto; in seguito la fascia fu sostituita da un bottone nero all'occhiello. La mortalità infantile era alta e i funeralini dei bambini erano chiamati "curpétu". "A San Bartulamé, a salva a pèl l'é sé", significava che se un bambino riusciva a sopravvivere fino a San Bartolomeo, il 24 agosto, superando la calura estiva, poteva considerarsi salvo.









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