Per molto tempo le donne sono state lasciate nell'ombra della storia. Poi hanno cominciato a uscirne, grazie allo sviluppo dell'antropologia, all'attenzione dedicata al tema della famiglia, all'affermarsi della storia delle "mentalità", che punta sul quotidiano, il privato, l'individuale. Soprattutto, è stato i movimento delle donne a portarle sul proscenio della storia, ponendo alcuni interrogativi sul loro passato e il loro futuro. E le donne hanno avviato, dentro e fuori l'università, la ricerca sulle loro antenate, per comprendere le radici del dominio subìto e il significato dei rapporti tra i sessi attraverso il tempo e lo spazio. Il titolo "Storia delle donne" ha un'indubbia capacità evocativa. ma occorre guardarsi bene dal credere che le donne siano oggetto di storia in quanto tali. è il loro posto nella società, la loro "condizione", i loro ruoli e il loro potere, il loro silenzio e la loro parola che intendiamo comprendere. è la varietà delle rappresentazioni della donna - di volta in volta Dea, madonna, strega... - che vogliamo cogliere nella permanenza e nelle trasformazioni.
Scrivere la storia delle donne? La questione fu a lungo sconveniente o inesistente. Votate al silenzio della riproduzione materna e domestica, nell'ombra dell'intimità della casa che non vale la pena né di essere calcolata né di essere raccontata, le donne hanno poi una storia? Elemento freddo di un mondo immobile, esse sono l'acqua stagnante, quando l'uomo arde e agisce. Mediocri testimoni, talvolta ausiliarie, raramente attrici, esse sono il più delle volte soggette, mentre acclamano i vincitori o lamentano la loro sconfitta. E del resto, che cosa si sa delle donne? Le tracce esilissime che hanno lasciato provengono non tanto da esse stesse quanto dallo sguardo degli uomini che governano le città, costruiscono la sua memoria e amministrano i suoi archivi. La registrazione di ciò che esse fanno e dicono è mediata dai criteri di selezione degli scribi al potere.
Dall'antichità ai giorni nostri la debolezza delle informazioni concrete e circostanziate contrasta con la sovrabbondanza delle immagini e dei discorsi. Le donne sono rappresentate prima di essere descritte o raccontate, molto prima che parlino esse stesse. Forse il dilagare delle immagini è proporzionato al loro reale schermirsi. Le Dee popolano l'Olimpo delle città senza cittadini; la Vergine troneggia sugli altari in cui officiano i sacerdoti, la Marianne impersona la Repubblica francese, una faccenda da uomini. La donna immaginata, immaginaria, anzi fantasticata, sommerge ogni cosa. (1)
Che cosa dire della proliferazione dei discorsi, che vengono dai pensatori, filosofi, teologi, giuristi, moralisti... Dicono instancabilmente che cosa siano le donne e soprattutto che cosa debbano fare. Perché esse si definiscono in primo luogo con il loro posto e i loro doveri. "Piacere agli uomini, essere loro utili, farsene amare e onorare, allevarli da giovani, curarli da adulti, consigliarli, consolarli, rendere loro la vita gradevole e dolce, ecco i doveri delle donne di tutti i tempi e ciò che si deve insegnare loro fin dall'infanzia", scrive Rousseau.
Religione e morale si sostengono reciprocamente nei loro rimproveri (contro le donne). Pagana o cristiana, Roma esige la verginità delle ragazze (Nota di Lunaria: infatti le vestali se venivano scoperte a non essere più vergini, venivano seppellite vive), celebra il pudore e la castità delle donne. Velata, chiusa nel gineceo o nella casa vittoriana, questo modello non è accordato a una natura che si suppone fragile e malaticcia, selvaggia e disordinata, minacciosa se non è tenuta sotto controllo?
(1) Nota di Lunaria: concetto che aveva colto anche Ida Magli, quando, nel libro "La Madonna"
scriveva:
"La prova più convincente la si trova, come sempre, nel cristianesimo dato che il cristianesimo ha tentato di portare a compimento, di condurre alla realizzazione perfetta, servendosi della trascendenza, ogni desiderio, ogni aspirazione degli uomini. La Madonna incarna non soltanto quell'ideale di donna senza mestruazioni, totalmente chiusa, prima durante e dopo il parto, vergine madre, che i maschi inseguono ovunque (...) gli innumerevoli santuari mariani, le infinite statue della Madonna (...) per quanto sia falsa e ingannevole, le donne non si sentono sole perché vedono ovunque la propria immagine e credono che questa le rispecchi, attesti la loro presenza nel mondo."
"La teologia cattolica ha costruito a poco a poco, con la "Madonna", quello che gli uomini di tutti i tempi e di tutti i paesi hanno desiderato e tentato di costruire con le donne. La verginità prima, durante, dopo il parto, garantisce la chiusura nel momento più drammatico di comunicazione con il trascendente: l'apparizione del figlio. Ma non basta: la necessità che questo corpo sia privo di qualsiasi contaminazione sessuale ha guidato i teologi fino al dogma dell'immacolata concezione: la Madonna perde qualsiasi concretezza biologica e diviene ciò che gli uomini desiderano: un corpo femminile perfettamente chiuso. Pertanto la Madonna, priva del peccato di origine, non ha le mestruazioni, viene fecondata senza la rottura dell'imene e partorisce senza doglie e senza puerperio (...) Nella Madonna sono racchiusi i desideri, i sogni, le speranze degli uomini maschi nei confronti della femminilità, o meglio nei confronti di un corpo che, contenitore del seme di Dio e procreatore di un figlio maschio, è tuttavia privo degli attributi sessuali femminili (...) Se diamo un rapidissimo sguardo a ciò che hanno detto e scritto della Madonna alcuni dei più importanti uomini della chiesa, ci rendiamo conto di trovarci di fronte a una costruzione che (...) di fatto è agita da due bisogni fondamentali (...) il rifiuto, l'odio, la ripugnanza nei confronti della donna (...) Il confronto oppositivo fra Eva e Maria diventa tratto distintivo della lode alla Madonna e arma contro le donne (...) A mano a mano che, sotto l'influenza della mariologia, assume connotati più precisi la figura della donna ideale, diventa anche più violenta la condanna della donna, tentatrice e compagna del diavolo."
Nota di Lunaria: Mary Daly e pochissime altre, fanno notare che il cristianesimo, col suo carattere e simbolismo patriarcale, ha sempre giustificato l'oppressione della donna e ogni forma di dominio maschile e sottomissione femminile. Se tutto è soggetto a un Dio che è padre, ne consegue che in terra, tutto deve essere soggetto al maschio patriarca. "Quando Dio è maschio, allora il maschio è Dio", sosteneva Mary Daly. Il maschile viene deificato a sesso di Dio, ma non così il femminile. Mary Daly, che partì cristiana, negli anni rinnegò Gesù considerato Dio e maschio, a cui dovrebbe essere affidata, secondo il pensiero cristiano, la salvezza: nessun maschio divino può salvare le donne perché è proprio il simbolismo maschile di Dio che giustifica l'inferiorità femminile; delegare a un maschio "la propria salvezza" è mancanza di fiducia in se stesse e nelle proprie potenzialità femminili, è sottomissione al principio maschile visto come salvatore e attivo. Va da sé che tutta l'impalcatura cristiana giustifica simbolismi patriarcali che trovano in Dio il suo apice, ma anche l'immagine di Maria è patriarcale; non deificata, presentata come "umile ed obbediente serva del Signore", "eterna vergine che non ebbe mai piacere sessuale" e "madre devota al figlio maschio divino" è funzionale al predominio maschile e alla reificazione della donna in quanto "casta vergine" o "madre devota, subalterna e sottomessa", gli unici due "ruoli buoni" che il patriarcato riconosce - e impone - alle donne. Maria "santifica" lo sfruttamento femminile e la sottomissione delle donne, viste come "umili serve" dell'uomo, che è "capo della donna" (San paolo, Corinzi ed Efesini). Il cristianesimo, e per quanto riguarda la mariologia del cattolicesimo, non elevano "la vera donna" con Maria, perché manca la parte della divinizzazione di Maria (e quindi del femminile)
Come si può dare a "Dio" un genere femminile?
Malgrado i tentativi femministi di chiamare Dio al femminile, sulla questione del sesso divino i monoteismi sembrano proprio aver deciso in favore del maschile (1), e le Dee esisterebbero dunque in rapporto ai politeismi.
Ma basta che si chiarisca la tentazione di unificare il divino in un solo principio, e il sospetto compare. è così che gli stoici s'interrogano sul sesso degli Dei come su un problema mal posto: dal momento che Zeus è tutto non ci sono più divinità maschili o femminili, soltanto nomi, segnati da un genere grammaticale.
"Gli stoici affermano che esiste un solo dio, i cui nomi variano secondo gli atti e le funzioni. Di qui si può anche dire che le potenze hanno due sessi - maschili quando sono in azione, femminili quando sono naturalmente passive" (Nota di Lunaria: nell'Induismo invece è il contrario: "Uno degli aspetti in cui si manifesta il multiforme pantheon induista è quello della Divinità Femminile, noto come Devi, la forma femminile di Deva, Potenza Celeste, Dio.
La Dea Madre è venerata fin dal periodo pre-ario, come Divinità connessa alla fertilità e alla terra oppure come ancella e amorosa danzatrice. In quanto potenza generante, Shiva - dio maschile - non può nulla senza Parvati, la Sua Divina consorte chiamata anche Uma o Sati. Essa rappresenta l'aspetto femminile della Divinità, una delle personificazioni del potere, Shakti, quella benevola e feconda, con cui Shiva agisce nel mondo. Figlia dell'Hymalaya - è chiamata "La Montanina"-, Parvati rappresenta uno dei principali aspetti di Devi, la Dea Madre della tradizione vedica. Il sostantivo femminile "Shakti", "Forza, Potenza", indica la manifestazione femminile del Dio supremo, l'Energia Creativa della Divinità. Il Dio, Principio Maschile, agisce nel mondo attraverso la sua sposa, Principio Femminile, e nel culto della Shakti si realizza il superamento della dicotomia fra trascendenza divina e immanenza terrena. Senza la sua Shakti, il Dio è impotente, inattivo al pari di un morto" )
vedi
Così, il sesso degli Dei dipende da un'operazione di pensiero che assortisce le potenze e gli elementi al maschile o al femminile.
Un problema di genere
L'entrata in argomento potrebbe essere grammaticale: non è inutile ricordare che se "Dio" si dice theòs, ci sono in greco due modi egualmente corretti per indicare una Dea: ricorrendo al termine theà, forma femminile di theòs o usando il termine theòs stesso, maschile, ma preceduto dall'articolo femminile. è così che nelle iscrizioni ufficiali Atena è "he theòs", cosa che non manca di ispirare ad Aristofane battute sulla città "in cui un Dio nato donna (theòs gynè gegonùia) si erge, armata di tutto punto".
Nondimeno, "he theòs" designa in primo luogo un essere divino che si trova per di più affetto da un segno femminile.
"Theài", dunque, le Dee. Se si dimenticasse per un istante che "theà" può sempre essere sostituita da "theòs", la tentazione forse sarebbe di cercare in ogni Dea l'incarnazione di un tipo femminile, con la speranza di costituire finalmente il gruppo delle "theài" in un sistema simbolico della femminilità.
Rimane l'essenziale: il femminile è, presso gli Dei, indubbiamente meno omogeneo di quanto non si creda a proposito delle donne mortali, sfaldato come è tra le forti personalità olimpiche e i cori più o meno evanescenti che vivono all'unisono.
(1) Nota di Lunaria: Mary Daly in "Al di là di dio padre"
"L'idea di un salvatore unico di sesso maschile può essere vista come un'ulteriore legittimazione della supremazia del maschio (...) In regime di patriarcato un simbolo maschile sembra proprio il meno indicato ad interpretare il ruolo di liberatore del genere umano dal peccato originale del sessismo. L'immagine stessa è unilaterale per quanto concerne l'identità sessuale, e lo è proprio dal lato sbagliato, perché non contraddice il sessismo e glorifica la mascolinità."
"L'ideologia cristiana presenta una distorsione prodotta dalla gerarchia sessuale e che la convalida, palese non solo nelle dottrine relative a Dio e alla Caduta ma anche in quelle relative a Gesù [...] Una logica conseguenza della liberazione della donna sarà la perdita di credibilità delle formule cristologiche che riflettono ed incoraggiano l'idolatria verso la persona di Gesù [...] Non è tuttora insolito che preti e ministri cristiani, posti di fronte al discorso della liberazione della donna, traggano argomenti a sostegno della supremazia maschile dall'affermazione che Dio "si incarnò" esclusivamente in un maschio. In effetti la stessa tradizione cristologica tende a giustificare tali conclusioni. Il presupposto implicito - e spesso esplicito - presente per tutti questi secoli nella mente dei teologi è che la divinità non poteva degnarsi di "incarnarsi" nel "sesso inferiore" e il "fatto" che "egli" non lo abbia fatto conferma ovviamente la superiorità maschile. Venendo meno il consenso delle donne alla supremazia maschile, questi tradizionali presupposti cominciano a traballare.
(Nota di Lunaria: si vedano Sprenger e Kramer nel "Malleus Maleficarum": "E sia benedetto l'Altissimo che finora ha preservato il sesso maschile da un così grande flagello [la stregoneria]. Egli ha infatti voluto nascere e soffrire per noi in questo sesso, e perciò lo ha privilegiato")
"L'idea di un salvatore unico di sesso maschile può essere vista come un'ulteriore legittimazione della supremazia del maschio (...) In regime di patriarcato un simbolo maschile sembra proprio il meno indicato ad interpretare il ruolo di liberatore del genere umano dal peccato originale del sessimo. L'immagine stessa è unilaterale per quanto concerne l'identità sessuale, e lo è proprio dal lato sbagliato, perché non contraddice il sessismo e glorifica la mascolinità [...] La premessa basilare di questo tipo di ortodossia è che "Dio venne" nell'uomo (maschio) Gesù, e solo in Gesù - donde l'ostacolo che viene descritto dai suoi difensori come lo "scandalo della particolarità".
"Ho già osservato che il testo paolino "in Cristo non c'è... maschio né femmina", funziona in questo modo, perché semplicemente e palesemente ignora il fatto che Cristo è un simbolo maschile e perciò a tale livello esclude la femmina."
"Io ritengo che un altro ribaltamento sia l'idea dell'incarnazione redentrice unica nella forma di un salvatore maschio perché questo è precisamente impossibile. Una divinità patriarcale, o suo figlio, non è in grado di salvarci dagli orrori di un mondo patriarcale."
E mi pare significativo concludere con questi commenti:
"è ovvio che tutte queste ideologie hanno non solo la funzione di conciliare le donne con il loro ruolo subordinato sostenendo che è inalterabile, ma anche di far credere che esso rappresenti l'appagamento dei loro desideri, o un ideale che è lodevole cercare di raggiungere" (Horney)
"L'essere considerata corpo per altri (per l'uomo e per la procreazione), è ciò che ha impedito alla donna di essere un soggetto storico-sociale in quanto tutta la sua soggettività è stata ridotta e imprigionata in una sessualità essenzialmente per altri e in funzione della riproduzione" (Franca Ongaro Basaglia)
IMMAGINI DI DONNE AI PRIMI TEMPI DELLA CRISTIANITà
Condanna, esaltazione: tra questi due poli oscilla qui l'immagine della donna. Aprendo il suo trattato su "La toletta delle donne", Tertulliano inveisce contro la sua lettrice e le ricorda Genesi 3:
"Tu generi nel dolore e nell'angoscia, donna; tu subisci l'attrattiva di tuo marito ed egli è il tuo padrone. E ignori che Eva sei tu? Perdura ancora in questo mondo la sentenza di Dio contro il tuo sesso. Dunque vivi necessariamente da accusata. Tu sei la porta del diavolo. Tu hai rotto il sigillo dell'Albero, tu per prima hai rinnegato la legge divina: tu hai circuito colui che il diavolo non ha potuto colpire; tu, così agevolmente, hai superato l'uomo, immagine di Dio. Il tuo prezzo, la morte, è constato la morte anche al Figlio di Dio. E hai l'idea di coprire le tue tuniche di pelle con ornamenti?"
Del resto, Tertulliano criticava duramente quelle sette eretiche che permettevano alle donne di insegnare, esorcizzare, battezzare. Definisce "vipera delle più velenose" la donna che dirigeva la setta dei Cainiti, che negava il battesimo: "Quel mostro di donna ha trovato il modo di fare morire questi pesciolini, tirarli fuori dall'acqua."
Ma Maria, la novella Eva, copre le sue compagne con la sua gloria. Un'omelia di Proclo di Costantinopoli la loda in questo modo:
"Grazie a Maria tutte le donne sono beate. La femmina non è più maledetta perché la sua razza ha ottenuto di che superare in gloria persino gli angeli. Ora Eva è risanata, l'Egiziana ignorata, Dalila seppellita, Gezabele dimenticata, perfino Erodiade non è più menzionata. Ora si ammira il catalogo delle donne: Sara è lodata, campo fertile di popoli; Rebecca è onorata come abile fornitrice di benedizioni; anche Lea è ammirata come madre dell'antenato, Debora è lodata per aver guidato alla battaglia, superando la natura, anche Elisabetta è chiamata fortunata perché ha portato nel suo grembo il precursore che ha balzato di gioia all'approssimarsi della grazia e Maria è adorata come madre e serva, ombra di Dio e camera nuziale, arca del Signore."
Non mancano delle profetesse come quelle dei Catafrigi, una setta montanista, convinti che Cristo si fosse manifestato come donna: "Sotto l'apparenza di una donna con una vesta splendida il Cristo venne a me. Mi diede la Saggezza e dichiarò che questo luogo era sacro e che la Gerusalemme celeste sarebbe scesa qui dal cielo"
NOTA DI LUNARIA: METTIAMO LA PROVA, PRIMA CHE QUALCUNO SOSTENGA CHE ME LO SONO INVENTATA IO:
Nel III secolo girava voce che in Cappadocia una profetessa celebrasse l'Eucarestia. Secondo Epifanio di Salamina (374-377 d.C) certe donne montaniste erano ordinate sacerdoti e vescovi.
Queste donne vennero aspramente criticate da Origene e Didimo d'Alessandria, che citavano San Paolo, il peccato di Eva o facevano notare che da Debora a Maria, nessuna donna aveva scritto un libro, che Cristo non aveva chiamato nessuna donna "apostola" e nessuna donna che seguiva Gesù predicò. (Nota di Lunaria: oggigiorno questi ultimi motivi sono quelli che la Chiesa usa ancora per giustificare l'esclusione delle donne dal sacerdozio). Questi e altri autori ribadivano che "era per l'empia ignoranza dei Greci" che le donne officiassero come sacerdotesse per divinità femminili.
In effetti, la setta dei Colliridiani offrivano alla Vergine Maria, come ad una divinità, un "collirio", un piccolo pane con il quale davano la comunione.
Proprio perché "essere sacerdote" era considerato una "funzione così elevata" che veniva e viene negata alle donne, ritenute "una razza vacillante, incostante, di mediocre intelligenza, della quale il Demonio ha fatto il suo strumento, da Eva alle profetesse montaniste"
METTIAMO LA PROVA
Nella loro globalità, i giudizi sulle donne della prima cristianità sono contrastanti. è da notare che già l'ebraismo, lontano dal politeismo e dalle Dee, con il suo culto monoteista assicurato dal sacerdozio maschile aveva promosso la relegazione delle donne.
Nella sfera domestica la donna poteva accendere le luci, cuocere i pani per il Sabato ed eseguire la toletta funebre e le lamentazioni, ma benedizioni e preghiere erano riservate solo agli uomini.
E oggi?
Sullo sfondo della teologia femminista, ecco alcune istanze:
1) Rinnovamento del linguaggio su Dio padre (aggiungere Madre e una teologia della Maternità di Dio)
2) Statuto della donna nella gerarchia ecclesiastica esclusivamente maschile (sacerdozio femminile)
3) Nuovi ruoli nella coppia e nella famiglia
4) Contraccezione
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