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Fra gli scrittori del '700 pre-goethiano (https://intervistemetal.blogspot.com/2018/01/germania-romanticismo-nero-gothic-e_31.html) il più poeticamente dotato è Friedrich Gottlieb Klopstock (1724-1803): la sua fama inizia con la "Messiade": la vita e la morte di Gesù inserite in un'azione cui partecipa l'intero Universo, soprannaturale e naturale.
Prospettive infinite si spalancano verso i Cieli e l'Inferno: il Padre Onnipotente, schiere celesti, esseri demoniaci, il Cosmo intero, ruota attorno al Golgotha; e la finale ascesa celeste del Messia non è che l'ultima di queste scenografie amplissime, con un "dinamismo verticale" che sta ad indicare la vigoria espressiva dell'Autore.
Il tema grandioso, sublime, l'impeto e il movimento, la discendenza letteraria del "Paradiso Perduto" di Milton (https://intervistemetal.blogspot.com/2017/11/milton-satana-e-il-black-metal.html), fanno della "Messiade" un'epopea barocca che piacque moltissimo a Vincenzo Monti (e sarebbe un concept perfetto pure per le band Unblack Metal. Nota di Lunaria) che così lo descrisse "Il concilio dei diavoli di questo Tedesco getta paura e la parlata di Satana non potria concepirla più forte e più rabbiosa Belzebub medesimo, se Belzebub facesse il poeta"
Eccone uno stralcio: Satana, impedito dal Messia di uccidere Samma, fa ritorno all'Inferno.
"Ma l'infernal di turbini ravvolto
al di là del Mar Morto e dalla cupa
Giosafà si dilegua, e sul nemboso
vertice del Carmelo il vol raccoglie.
Quindi agli astri si leva, e gli astri tutti
d'uno sguardo misura e d'ira avvampa,
che, vinta di sì lunghi anni la possa,
splendano gloriosi e belli ancora
di lor fiorente gioventù. Satano
cerca imitarne lo splendor; tramuta
nell'etereo sereno il negro aspetto,
perché la stella del mattin non vegga
come orrendo egli sia; ma fastidito
di quel lucido vel la spaventosa
cerchia trasvola che le sfere abbraccia,
affrettando all'inferno e, tocca omai
l'ultima diga del creato, a piombo
precipita. In oscuri immensurati
spazi ruina che principio appella
de' remoti suoi regni. Un dubbio lume
ivi ancor lo percote: a tal distanza
penetrava gli abissi il fuggitivo
raggio delle morenti ultime stelle.
Né qui l'inferno gli apparia. Jeòva
lo respinse da sé, dalle felici
opre sue lo respinse e d'una eterna
tenebra lo convolse. Il nostro mondo,
tempio ed altare della sua clemenza,
non gli offria pei tormenti angolo alcuno.
Al dolor che dispera, al pianto, all'ira
Dio giudicante lo creò; profondo,
orribile, perfetto. Iddio creollo
in tre notti funeste, e quello sguardo
che benigno e pietoso alle universe
creature dispensa, eternamente
da lui ritrasse. A vigilarne il passo
due fra' più coraggiosi, Angeli stanno.
Tal ebbero comando allor che Dio
d'armi invitte li cinse e benedisse.
Il baratro infrenar nei circoscritti
termini denno ed empedir che l'ira
di Satàn lo devolva, oscuro pondo,
per lo mar della luce e le sembianze
della bella natura insulti e spegna.
Dove l'occhio immortal de' Cherubini
vigila imperioso alle infernali
soglie, un candido raggio in due partto,
quasi gemino fiume al mar corrente,
scende e risale con perpetua voce
dalle sfere all'abisso e dall'abisso
novamente alle sfere, acciò non sia
la varia ed ineffabile bellezza,
che Dio nelle create opre diffuse,
muta allo sguardo de' celesti, offeso
dalla frapposta oscurità. Satàno
dietro quel solco di tremula luce
sprofondò nell'inferno. In gran disdegno
ne scommosse le porte, ed involuto,
così com'era, d'aggruppati nembi
si piantò nel suo trono. [...]"
Sàtana apparve, e folgorò dal soglio
improvviso e terribile. [...]
Librato sopra le procellose ali del nembo
penetrò Zoffiel nelle profonde
cavità di quel monte e dall'acceso
cratere emerse. Un turbine di fiamme
tutto allor rischiarò quell'emisfero
di tenebre e di pianto, ed agli sguardi
rivelò di ciascun la spaventosa
apparenza del nume."
"Intorno agli occhi
avean ruote di fiamme, il volto loro
terribile, le vesti erano negre
come il vel della notte.
Essi, qual era
imposto lor dal giudice superno,
terribilmente tardi in larghi giri
ondeggiar sulla croce. [...]
Tanto alla mente s'affollaro
in quel punto idee di morte,
e viste di sepolcri e vermi ed ossa.
[...]"
Infine concludiamo alcune "Odi"
Ben vieni, o bell'astro d'argento,
compagno tacente a la notte.
Tu fuggi? oh rimanti, splendore pensoso!
Vedete? ei rimane: la nuvola va.
Più bel d'una notte d'estate
è solo il mattino di maggio:
a lui la rugiada gocciando da i ricci
riluce, e vermiglio pe'l colle va su.
O cari, già il musco [muschio] severo
a voi sopra i tumuli crebbe:
deh come felice vedeva io con vo
le notti d'argento, vermigli i bei dì!
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