"I Malavoglia" illustrato

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"Se il teatro e la novella, col descrivere la vita qual è, compiono una missione umanitaria, io ho fatto la mia parte in pro degli umili e dei diseredati da un pezzo, senza bisogno di predicar l'odio e di negare la patria in nome dell'umanità" (Verga)


Nel 1875, in una lettera del Verga al Treves, suo editore, c'è un nome: Padron 'Ntoni. è presentato come il protagonista di un "bozzetto marinaresco". Il 22 aprile 1878, in una lettera all'amico Salvatore Paola, lo scrittore accenna ad una serie di romanzi organizzati in una struttura ciclica: "... i racconti sono cinque, tutti sotto il titolo complessivo della "Marea" e saranno 1) Padron 'Ntoni; 2) Mastro don Gesualdo; 3) La duchessa delle Gargantas; 4) L'Onorevole Scipioni; 5) L'uomo di lusso"

Pochi giorni dopo, scriveva all'amico Capuana: "Hai trovato una 'ngiuria che si adatti al mio titolo? Che ti sembra di I Malavoglia?" 

Il romanzo apparve nel 1881, come primo volume di un ciclo che avrebbe dovuto comprendere i cinque volumi indicati riuniti sotto il titolo complessivo di "I Vinti". L'elaborazione fu lunga e faticosa, lo dimostrano le quattro stesure manoscritte e superstiti, e gli espliciti accenni a correzioni sulle bozze, ma ne uscì una scrittura nuova.  
Nella prefazione al romanzo e al ciclo troviamo le premesse ideologiche del Verga. è una dichiarazione-manifesto sulla società e sul significato e la possibilità dell'arte: nel progresso dell'umanità, si contano, a tutti i livelli, delle vittime ma la storia guarda solo ai risultati finali e positivi, non alle anonime e private sconfitte, ai vinti.
Ad essi l'autore rivolgerà la sua attenzione obiettiva, per descrivere il meccanismo che li spinge e li imprigiona nel flusso progrediente e la fatalità incidentale che decreta la loro sconfitta.
Verga da questo punto di vista pensa e scrive sotto l'influsso di una scuola letteraria che in Francia va sotto il nome di Naturalismo e da noi venne chiamata Verismo.
è con "I Malavoglia" che il Verismo nasce. Le pagine del romanzo conquistano il lettore con il fascino poetico che nasce dalla pietas verso i vinti.

I fatti narrati nei "Malavoglia" abbracciano un periodo di 12 anni, dal 1864 al 1876 e sono distribuiti in 15 capitoli.
Siamo a Trezza: nella famiglia Malavoglia domina il vecchio padron 'Ntoni, suo figlio Bastianazzo, sua nuore Maruzza La Longa e i nipoti 'Ntoni, Luca, Mena, Alessi e Lia.
Il nipote più grande, l'unico che può dare una mano nel governo della barca "La provvidenza" è soldato. Per mettere su qualche soldo, padron 'Ntoni tenta una piccola speculazione su una partita di lupini: se li ingoia il mare, con Bastianazzo e un garzone. E bisogna pure pagare il carico perduto. I Malavoglia, che erano padroni, diventano poveri e perdono tutti gli amici.
Il giovane 'Ntoni torna dal servizio militare: lo sostituisce Luca. La barca è rimessa in sesto, si potrà almeno lavorare sul mare. Ma 'Ntoni non si adatta alla fatica, è svogliato; corteggia una ragazza per sposarla mentre Mena prova un amore segreto per Alfio Mosca, il carrettiere; ma Compare Alfio lascia il paese e Mena si fidanza con Brasi Cipolla. Durante una festa, arriva la notizia che Luca è morto a Lissa. Il debito dei lupini è ancora da pagare e quindi non resta che cedere la casa, soprannominata "La casa del nespolo", al creditore Tino Piedipapera. Sia 'Ntoni sia Mena devono dire addio all'amore. Ma non è finita la sventura per i Malavoglia: un uragano sorprende padron 'Ntoni e i due nipoti in mare: si salvano a stento; la famiglia sembra riprendersi con la forza e l'orgoglio degli umili. Il giovane 'Ntoni è però stanco di quella vita, vuole andarsene, si trattiene solo perché la madre lo supplica di non abbandonarla. Quando il colera se la porta via, nulla più lo trattiene in paese. Don Michele, il brigadiere, si accorge che Lia sta diventando una bella ragazza: la corteggia e avverte lei e Mena di stare in guardia per il fratello maggiore: 'Ntoni infatti è tornato e si è messo in una brutta compagnia di contrabbandieri. E una sera, sorpreso in flagrante delitto, il giovane ferisce don Michele.
Al processo, il cuore di padron 'Ntoni cede alla vergogna quando sente che Lia se la intendeva con Michele. 'Ntoni è condannato a cinque anni; Lia invece se ne va di casa e "nessuno la vide più".
Sono rimasti in pochi, i Malavoglia: Alessi lavora per riscattare la casa; padron 'Ntoni vuole andare all'ospedale per non gravare sulle spalle dei nipoti. Alessi sposerà la Nunziata; Alfio Mosca riparla di matrimonio a Mena, ma lei dice che ormai è troppo vecchia. La casa del nespolo viene riscattata, e una sera viene a bussare 'Ntoni: viene a chiedere perdono, ma ora che la casa è stata riscattata dai puri, lui che l'ha infangata non può rimanere; se ne va e nessuno lo ferma.  

Vinti e offesi: i personaggi di Verga

"Se il teatro e la novella, col descrivere la vita qual è, compiono una missione umanitaria, io ho fatto la mia parte in pro degli umili e dei diseredati da un pezzo, senza bisogno di predicar l'odio e di negare la patria in nome dell'umanità" (Verga)

I protagonisti delle novelle e dei romanzi di Verga sono sempre dei vinti, degli umiliati e degli offesi. Perché? C'è forse nello scrittore siciliano una precisa polemica sociale, tesa a identificare i colpevoli, a proporre terapie risanatrici?
Forse. Ma subito si rileva che l'antagonista negativo, il nemico da distruggere, quasi non presenta fisionomia, è confuso nelle sfumature delle vicende.
Chi vuole scoprire e dare un volto agli oppressori, ai malvagi, deve leggere tra le righe, coglierli di sorpresa. Hanno nomi neutri: soprastanti, fattori, gentiluomini, guardie e tutto il nostro prossimo; sono le bestie, il mare, la roba, la malaria, la giustizia. E la roba, la terra e la giustizia sono del padrone.
Possesso assoluto, il suo. Questo principio nessuno osa respingerlo, nessuno le mette in dubbio, neppure chi ne è vittima rassegnata. Il fattore maltratta Jeli perché lo stellato è finito giù nel burrone: "Non so chi mi tenga dallo stenderti per terra accanto a quel puledro che valeva assai più di te, con tutto il battesimo porco che ti diede quel prete ladro".
E a pasqua, quel fattore manda "tutti gli uomini della fattoria a confessarsi, nella speranza che pel timor di Dio non rubassero più."
A Rosso Malpelo il padrone della cava dà due soldi per tanta fatica "e in coscienza erano anche troppi per Malpelo, un monellaccio che nessuno avrebbe voluto vederselo davanti." I compagni di fatica lo angariano, lo insultano, ma a lui sembra tutto naturale. Per i poveracci, come per gli asini, non c'è molta scelta: o non venire al mondo ("ma se non fosse mai nato sarebbe stato meglio") oppure tirare avanti a badilate. Questa è la morale che Rosso Malpelo rifila a Ranocchio, un disgraziato che sta peggio di lui, suo amico e vittima: come le bestie da soma, appunto, che l'uomo di fatica accarezza e bastona ("gli faceva animo alla sua maniera, sgridandolo e picchiandolo"). 
A don Liborio, medico, non rimorde la coscienza nel godersi la moglie di un altro, anzi costui "ci aveva il suo vantaggio", avrebbe dovuto considerarsi un beneficiato.

Nella prefazione a "I Malavoglia" e a tutto il ciclo dei Vinti, Verga dà un nome al male dei suoi eroi e degli uomini, un nome astratto, mitologico: "la conquista del benessere". è la speranza e la lotta per il meglio, cioè per la vita, che conduce tutti, i deboli come i forti. Perché i vincitori di oggi sono i vinti di domani. A Padron 'Ntoni e ai suoi il male appare sotto le spoglie di un prosaico carico di lupini, nel mare che li inghiotte, in una folla di mediocri o inetti o malvagi senza colpa. 
La mano che ha mosso l'ingranaggio del destino è poi quella di un villano di paese, ricco quanto gretto, lo zio Crocifisso. Brav'uomo anche lui, che aiutava tutti, cominciando dai parenti: "Quando vado a giornata da lui (dice il figlio della Locca) mi dà mezza paga e senza vino, perché siam parenti." 
Gli tien mano compare Tino Piedipapera, che però riesce a essere spiritoso quanto l'altro è piagnucoloso ("Lo fa per il tuo bene, per non farti ubriacare...") e tutta la schiera dell'autorità, i perni dell'ordine costituito, i brigadieri "che stanno a guardia della roba dei galantuomini".
Padron 'Ntoni non ce l'ha con alcuno, né con zio Crocifisso, né col compare, né col destino. Con nessuno: tutti fanno la loro parte, per vivere; e tutti, per mangiare, predano chi non può difendersi, il debole in agonia. Sono le leggi dell'esistenza, che anche i Malavoglia rispettano e temono. Alessi e Nunziata, i due scampati al naufragio, che hanno risalito a poco a poco la china, saranno i giudici implacabili di 'Ntoni: non gli allungano una mano per aiutarlo, lo guardano scomparire in silenzio, come all'esecuzione decisa da un re misterioso. 
Nelle "Novelle Rusticane" e nel "Mastro-don Gesualdo" i centri del potere, le forze che ributtano a mare i deboli, che calpestano le mani che cercano l'appiglio, escono dalla luce mitica, si presentano al sole di tutti i giorni. Li introduce "il Reverendo" che è "tutt'uno col giudice e col capitan d'armi e il re Bomba gli mandava i capponi a Pasqua e a Natale"; la sua forza sta negli arnesi della confessione: "li teneva in mano e se cascava in peccato poteva darsi l'assoluzione da sé".
Varianti di questo signore feudale, con tanto di benedizione di Dio, e maledizione degli uomini, sono il canonico Lupi, don Gianmaria e anche Vito Scardo nella sua tenace e paziente scalata al saio cappuccino al "mestiere che fa per me". 
Lo aveva scritto anche il Manzoni: la scelta dell'uomo è tra fare un torto e il subirlo. E la morale spicciola che lo zio Masi, l'accalappiaporci comunale, fa a comare Santa, che lo supplica di lasciarle la porcellina: "Questo è l'ordine del sindaco... Se vi lascio la porcellina, perdo il pane".
Come lui, don Licciu Papa, compari, guardie, notai, speziali e re. 
Anche il sovrano, nonostante la corona, non è più bello o più buono degli altri. Si prende i ragazzini per la leva quando sono buoni a guadagnarsi il pane; caccia la gente in prigione o sulla forca o dove gli pare; o magari, con una sola parola, ti manda via contento. Poi da un giorno all'altro, lo cambiano, ma per i poveri tutto procede allo stesso modo. Ma qualche volta, la massa si scuote: forse quando si vergogna di chiudere gli occhi sui propri guai e decide di cancellare d'un colpo la vigliaccheria di sempre. Allora scoppia la rivoluzione. Mastro don Gesualdo ne sconta due, e tutti ce l'hanno con lui, e la roba lo fa diventare uno sporco borbonico. La terza rivoluzione è quella del 1860: la vivono e scontano i protagonisti di "Libertà".  
La folla fa giustizia degli affama-popolo, degli oppressori, galantuomini e dei loro lacchè: il barone, il prete, lo sbirro, il guardiaboschi, il figliolo del notaio, la baronessa e i suoi bambini, anche il lattante. Giustizia è fatta, e la libertà viene per tutti anche se qualcuno pretende di sostituirsi ai morti nelle prepotenze. Ma ecco arriva il generale a fare la sua, di giustizia. Tanto per chetare le acque "ordinò che gliene fucilassero cinque o sei, Pippo, il nano, Pizzanello, i primi che capitarono. Il taglialegna, mentre lo facevano inginocchiare addosso al muro del cimitero, piangeva come un ragazzo, per certe parole che gli aveva dette sua madre...". Poi il processo, dopo tre anni di prigione e senza vedere il sole; sul banco degli accusati "la povera gente", sugli scanni della giustizia i soliti galantuomini. Lo scetticismo politico del Verga si delinea nitido e coerente in ogni sua pagina, nella continua, desolante sconfitta dell'uomo. La dialettica sociale, le guerre, le rivoluzioni sono il prezzo del progresso: lo pagano tutti.


I PERSONAGGI DEI MALAVOGLIA

"I Malavoglia", nelle intenzioni di Giovanni Verga, doveva documentare ciò che accade in una famiglia di umili condizioni quando si fa sentire in essa la spinta verso una vita migliore: un ritratto fedele di un piccolo borgo di pescatori nella Sicilia di fine secolo.
Non doveva essere un romanzo a sé, ma il primo di un ciclo narrativo denominato "I Vinti". Verga, però, portò a termine solo un altro romanzo "Mastro don Gesualdo".

PADRON 'NTONI: un vecchio tutto sentenze e proverbi, dall'animo semplice, onesto e giusto.
Attorno a lui gravitano il figlio e i nipoti, nessuno dei quali però ha facoltà di decidere nulla: infatti riserva sempre a se stesso l'ultima parola. 
Padron 'Ntoni è il vero capo dei Malavoglia, il simbolo stesso dell'unità della famiglia.
è lui che tiene le redini della cosa, è lui che amministra il ricavato della pesca, l'unica attività dalla quale i Malavoglia traggono i mezzi per vivere.

BASTIANAZZO: è il figlio di Padron 'Ntoni. Il suo vero nome è Bastiano ma ad Aci Trezza lo chiamano Bastianazzo perché "è grande e grosso". Di natura mite e remissiva, è soggetto al volere del padre e non fa nulla senza prima averne ricevuto l'autorizzazione.
è avvenuto così anche per il suo matrimonio: ha sposato Maruzza, dalla quale ha avuto 5 figli.

MARUZZA LA LONGA: una donna semplice e buona, tutta casa e lavoro.
Le sue giornate trascorrono sempre identiche: un eterno rosario di fatiche, preoccupazioni per la casa e per i figli che ama in silenzio.
Non si ribella mai, neppure quando la malasorte, che si accanisce sulla casa, la priva del marito. China il capo, piange, prega e prosegue col cuore pesante le faccende di ogni giorno.

'NTONI: il maggiore dei figli di Bastianazzo. Un giovane di 20 anni, alto e ben piantato, sempre pronto ad obbedire al nonno anche se a volte riceve qualche scappellotto. 
Forte e robusto, è per i Malavoglia un valido aiuto. è un ingenuo che cova in sé istinti ribelli.

ZIO CROCIFISSO: un usuraio sempre disposto a prestare denaro agli amici purché gliene venga garantito la restituzione. In paese lo chiamano "campana di legno" perché è sordo alle chiacchiere dei debitori che sono in ritardo con il pagamento.
 












E visto che quando parlo di Verga https://intervistemetal.blogspot.com/2018/07/giovanni-verga-1-i-romanzi-e-vita-dei.html mi vengono in mente Inchiuvatu e Art Inferno https://intervistemetal.blogspot.com/2021/08/intervista-agli-art-inferno-un-sogno.html (specialmente gli Inchiuvatu, per via del dialetto...) La Caduta di Li Dei e Ultima Missa

Aggiungo anche Aranciazzu come ultima novità

Con il loro Black Metal primitivo, a discapito della copertina "colorata" 

Chissà che ne direbbe Verga??!!!





https://intervistemetal.blogspot.com/2022/02/la-leggenda-di-aci-trezza.html










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