Deformazioni estetiche

DEFORMAZIONE CRANICA: 

è una procedura per modificare in modo permanente la forma del cranio.

Si ottiene applicando, fin da bambini, quando le ossa del cranio non sono ancora fuse, una pressione prolungata in vari punti della testa per ottenere un profilo schiacciato e allungato o conico.

Nell'Egitto di 3000 anni fa la deformazione cranica era già praticata, così come in centro e sud America; questi crani deformati sono così bizzarri da aver dato origine alle teorie del complotto sull'ibridazione di uomini e alieni.



Avere una testa allungata e appiattita era un simbolo di bellezza e nobiltà presso le classi dominanti degli Inca e Maya, che comprimevano le teste dei neonati con tavolette di legno e strisce di tessuto.

In Nord America la pratica era diffusa tra i Choctaw e gli Chinookan, che associavano le teste tondeggianti alla schiavitù e quelle allungate al benessere.

Tra i nativi della Papua Nuova Guinea e Australia la lunghezza del cranio femminile era ritenuta attraente e un simbolo di intelligenza.

Anche i Mangbettu del Congo e i Dayak del Borneo bendavano le teste per ottenere la deformazione cranica.

Infine, la deformazione cranica fu in uso anche in Europa: fu introdotta in seguito alle invasioni di Unni e Alani (i cui re sulle antiche monete erano raffigurati col cranio deformato) e si diffuse nell'Alto Medioevo. 

Col tempo questa pratica venne abbandonata, tranne che in Francia, dove sopravvisse in Tolosa fino al XX secolo; il significato iniziale di nobiltà era perduto, ma una testa artificialmente allungata era considerata prestigiosa; anche le ostetriche consigliavano ai genitori la fasciatura della testa per i neonati.

Nota di Lunaria: in effetti, la moda medievale gotica prevedeva, per le donne, la rasatura ben oltre la metà della testa (per far risaltare la fronte spaziosa) e i cappelli a cono col velo che "allungavano la prospettiva" 


UNGHIE DELLE DITA ESTREMAMENTE LUNGHE: 

La presunta origine della decorazione cosmetica delle unghie risale all'antica Cina ed Egitto, 5000 anni fa.

Questa pratica indicava la propria posizione sociale.

Nella Cina della dinastia Qing (1644-1912) avere unghie lunghissime non era una caratteristica molto considerata. Fu solo nell'ultimo periodo che imperatori e nobili Manciù iniziarono ad associare la lunghezza di alcune unghie della mano alla ricchezza, ponendosi al di sopra di ogni necessità di lavoro manuale.



Uno degli esempi più famosi di questa pratica si può osservare nei ritratti dell'imperatrice Cixi (1835-1908): le sue unghie superano i 7-8 cm di lunghezza. In quel periodo l'usanza si diffuse anche in Vietnam.

Durante il XIX, le donne di rango portavano unghie lunghissime sul mignolo e sull'anulare che proteggevano con "custodie" su misura, realizzati in oro, argento, rame, tartaruga e giada con decorazioni ad intaglio e pietre preziose, con motivi floreali e di buon auspicio; questi gioielli servivano a creare un ulteriore allungamento dell'unghia.

Ancora oggi alcuni uomini cinesi portano l'unghia del mignolo lunga fino all'ultima nocca dell'anulare, per auspicare fortuna, salute, virilità.


DEFORMAZIONE DEL PIEDE: IL "LOTO D'ORO": 

Questa pratica, diffusa in Cina fino al ventesimo secolo, prevedeva l'applicazione di strette fasciature ai piedi delle bambine, per ridurre le dimensioni del piede.

Inizialmente diffusa solo alle classi alte, poi si diffuse a tutte le classi sociali.

I piedi così minuscoli erano ritenuti attraenti perché associati all'idea di ricchezza (la donna in queste condizioni non poteva lavorare e spesso neanche camminare) e poi all'idea di disciplina, verginità, educazione tradizionale.



La deformazione dei piedi prevedeva legature di tessuto molto strette: l'alluce veniva escluso, le altre dita erano slogate e ripiegate sotto la pianta del piede; la posizione innaturale deformava la struttura ossea con dolori atroci; la ragazza poteva camminare a stento sui talloni, che si ispessivano.

La lunghezza finale variava dai 12 ai 7,5 cm.

Gli effetti comuni erano paralisi, atrofia, infezioni.

L'ultima fabbrica che produceva le scarpette di seta per i "piedi di loto" cessò la produzione nel 1998.


MUTILAZIONI PER L'ELABORAZIONE DEL LUTTO:

I Dani sono stanziati in una delle zone più remote della Papua Nuova Guinea. Quando una persona della comunità muore, le donne parenti prossime del defunto si amputano una falange del dito, come forma di rielaborazione del lutto. 

Raramente l'amputazione può riguardare anche alcuni uomini.


Non si conosce l'origine di questo rito, chiamato "Ikipalin" o il motivo per cui riguardi le donne anziane, ma era già consolidato quando i primi europei entrarono in contatto con i Dani e continua ad essere praticata nonostante i divieti.

La mutilazione viene eseguita con uno scalpello di pietra affilata e subito dopo il dito viene cauterizzato per fermare l'emorragia e favorire la formazione di un'estremità callosa per sostituire il polpastrello.

In altri casi, l'estremità del dito viene legata stretta per causarne la necrosi.

La falange mozzata viene bruciata, le ceneri sepolte o conservate oppure può essere essiccata e infilata in una collana che può contare anche tre o quattro dita.

Una possibile spiegazione potrebbe essere quella simbolica: le dita della mano sono distinte ed uniche, ma devono lavorare tutte insieme per raggiungere un obiettivo.

Così come la perdita di un dito riduce la funzionalità della mano, la perdita di un membro della comunità compromette l'armonia e inoltre il dolore fisico può esprimere e diminuire il dolore emotivo. Il dolore fisico può essere forte ma guarire velocemente, quello emotivo può durare anni.


IL RITO DELLA TUCANDEIRA

Il popolo dei Sateré Mawé vive al centro dell'Amazzonia brasiliana: tra le loro tradizioni vi è la Tucandeira, una danza rituale e propiziatoria che sancisce il passaggio dei ragazzi al mondo degli adulti e include una delle prove di coraggio più dure al mondo.

Tucandeira è il nome della formica pallottola (Paraponera clavata), dotata di un pungiglione capace di iniettare un veleno non letale ma molto doloroso.

La cattura di queste formiche avviene con dei bastoni di bambù svuotati che vengono infilati nelle buche del terreno e degli alberi.

In seguito, vengono lasciate in un recipiente con acqua dove sono state macerate foglie con proprietà anestetiche: le formiche intorpidite vengono infilate, con il pungiglione rivolto verso l'interno fra le trame di grandi guanti a manopola intrecciati con fibre vegetali e decorate con piume colorate.

Tutto il villaggio si riunisce con canti e balli e bevute di liquore di manioca fermentata; i giovani che devono sostenere la prova infilano le mani nei guanti per 5, 10 minuti; nonostante le mani siano annerite con una tintura repellente estratta dalle bacche di jenipapo, le formiche pallottola pungono molte volte i ragazzi, che crollano con dolori atroci; le braccia possono restare paralizzate per ore o giorni.

Questo rito andrà ripetuto più volte nel corso degli anni.



DECORAZIONI NASALI

Dai piercing agli ornamenti in oro delle civiltà precolombiane sono molti gli esempi di decorazioni per il naso.

Gli Atapani dell'Arunachal Pradesh, in India, sono famosi per le modificazioni corporee delle donne: vengono inseriti, su entrambi i lati del naso, dei piattelli di legno scuro.

Nel tempo, il diametro dei piattelli diventa sempre maggiore, fino a deformare il naso, senza compromettere la respirazione.


Non è chiaro perché sia nata questa pratica ma sembra che servisse ad evitare che gli abitanti delle regioni vicine rapissero le donne Atapani; così, la deformazione del naso servì a rendersi repellenti ad occhi altrui ma divenne anche simbolo di orgoglio e appartenenza alla comunità.

Oltre al piattello, gli Atapani si tatuano delle righe su fronte, naso e mento utilizzando del nerofumo mescolato a grasso di maiale, forse per rappresentare le rughe.

Negli anni '70 il governo indiano proibì queste deformazioni, ma le ultime donne Atapani che presentavano i piattelli nasali e i tatuaggi erano molto orgogliose del forte senso di appartenenza.

Un altro esempio di ornamento nasale è quello indossato dagli Asmat, gruppo etnico in Papua Nuova Guinea: indossano grandi piattelli a mezzaluna dalle punte arricciate ricavati da conchiglie e da ossa umane (gli Asmat erano cacciatori di testa e cannibali)


Dopo aver aperto il setto nasale, la parte di cartilagine che divide le narici, il piattello era inserito nel foro in modo che le punte uscissero da entrambi i lati del naso per simulare le zanne di un cinghiale.

"Le donne giraffa"


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