L'Invidia come divinità allegorica

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Presso gli antichi Romani, l'Invidia era venerata come divinità allegorica: era descritta come una vecchia scarna e livida, con i serpenti al posto dei capelli e con una serpe che le mordeva il cuore; si spostava con un bastone avvolto da una fascia di spine; nascosta da una nuvola nera, calpestava i fiori e bruciava l'erba, e col fiato pestilenziale avvelenava i popoli.

Ovidio, nelle "Metamorfosi" descrive la casa di Invidia come "funerea di peste e squallore, nascosta in fondo ad una valle, priva di sole, senza un alito di vento, tetra, intorpidita dal gelo, dove manca il fuoco e dove dilaga la nebbia". 

"Invidia, dentro la casa, mangia carne di vipera per alimentare i suoi vizi, lasciando brandelli di serpenti mezzi divorati; pallida in viso, magrissima, lo sguardo non dritto, i denti lividi e guasti, il cuore verde di bile, la lingua tinta di veleno.

Senza un'ombra di sorriso, se non mosso dalla sventura altrui, con astio apprende i successi degli uomini e quando li apprende si strugge"


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