...ire. Se solo fosse riuscito a trovare le prime quattro lettere mancanti sarebbe stato tutto a posto. Ne era sicuro. "Qual è la parola di sette lettere che significa accasciarsi? Finisce per ire". "Non ne ho la minima idea", disse l'ispettore Stanley Fledge, della Squadra Omicidi di New York. "E se mi ascoltassi per un momento? Abbiamo per le mani un caso. Un caso di omicidio. Ci sta facendo impazzire, e tu sei l'uomo adatto per risolverlo." Paul Dawn si sentì lusingato. Gli piaceva moltissimo che si rivolgessero a lui per avere dei consigli, anche se si sarebbe fatto tagliare un braccio piuttosto di ammetterlo. Prese una sigaretta da una scatola che c'era sulla sua scrivania e l'accese. Poi agitò il fiammifero e lo lanciò con un tiro perfetto nel cestino della carta straccia. "Bel lancio, eh?" Paul era un giovanotto piuttosto attraente. La sua faccia aveva quasi costantemente un'espressione assente. Mentre il suo corpo se ne stava ben piantato nella poltroncina del suo ufficio, la sua mente riusciva a vivere le più eccitanti avventure nelle gelide distese del Polo Nord. "Senti, Paul", insistette l'ispettore Fledge, "non c'è proprio niente di divertente in questa faccenda, lo sai? Non è che ti disturbiamo poi così spesso! Solo nei casi d'emergenza. Perciò fammi il piacere di metter via le tue parole crociate e i tuoi verbi fantasma, e di ascoltarmi." Stanley Fledge era un veterano della Squadra Omicidi. Paul Dawn non lo trovava antipatico, semplicemente non riusciva a capirlo. Fledge era un uomo d'azione, e la cosa disturbava gli schemi mentali di Paul, per il quale "azione" significava starsene comodamente seduto con una buona bottiglia, e non far altro che lasciar vagare la mente. Vedendosi puntati addosso gli ansiosi occhietti da topo dell'ispettore, decise di riatterrare in questo mondo. "Il crimine rientra nel mio reparto?" "Ci puoi giurare. è uno dei crimini più impossibili che ci siamo mai trovati per le mani." "Allora proseguite", disse Paul, e si appoggiò allo schienale pronto ad ascoltare, tamburellando con la punta della matita sul piano della scrivania, con aria assente. Era stata la sua passione per i crimini impossibili, crimini che "non potevano" essere stati commessi che aveva indotto il commissioner ad affidargli un oscuro piccolo ufficio collegato con la Squadra Omicidi, noto come R.C.I., Reparto Crimini Impossibili. "Il problema è questo", disse Fledge, "Ieri sera è stato ucciso un anziano e ricco agente di borsa di nome George Seabrook. Aveva passato la serata con dei parenti poveri... suo nipote Philip e la moglie di Philip, Agnes. Verso le nove Seabrook si è alzato per andarsene. Voleva essere a casa per le dieci. Si sono salutati e i nipoti hanno accompagnato lo zio fino all'ascensore." L'attenzione di Paul fu attratta dal grosso e sporgente pomo d'Adamo di Stanley Fledge. Sobbalzava leggermente in su e in giù ad ogni parola. Quando poi l'ispettore pronunciò la parola "ascensore" il movimento si fece ancora più interessante: il pomo d'Adamo, preso nel vortice delle sillabe, non solo sobbalzò in su e in giù, ma anche un po' lateralmente. Magari Fledge avesse detto ancora ascensore! "I Seabrook", continuò l'ispettore, "abitano in una piccola casa ad appartamentini chiamata Lexington Arms. Hanno un paio di stanze al quarto piano. Il Lexington Arms ha un solo ascensore - Urrà aveva detto ancora ascensore! - ed è uno di quelli automatici, che funzionano con i pulsanti. Sai, premi il pulsante del secondo piano e l'ascensore va al secondo piano... Comunque, George Seabrook è entrato nell'ascensore - un'altra volta! - e ha schiacciato il bottone del pianterreno. Sia Philip che Agnes l'hanno visto schiacciare il pulsante del pianterreno; e lo ha visto anche la signora Battleman, che abita in un altro appartamento del quarto piano. La signora Battleman aveva appena socchiuso la porta di casa sua per ritirare il giornale della sera, che era sullo zerbino, e ha visto Seabrook entrare nell'ascensore. E schiacciare il bottone. E la signora Battleman, Philip e Agnes possono testimoniare che quando l'ascensore ha cominciato a scendere, George Seabrook era in perfette condizioni." Qualcosa che aveva detto Fledge fece spostare l'attenzione di Paul sull'argomento in discussione. Sarebbe tornato a concentrarsi sul pomo d'Adamo più tardi. "Che cosa intendete per in perfette condizioni?" "Che era vivo". L'ispettore si schiarì la voce, poi proseguì. "Nello stesso momento, Paul, due inquilini del Lexington Arms stavano aspettando l'ascensore al pianterreno. Uno dei due era un certo dottor Herbert Martin, che stava tornando da una visita, e l'altra era una stenografa, la signorina Flora Kingsley. Tra parentesi, la Kingsley anni fa lavorava per Seabrook. I due aspettavano al pianterreno. Erano circa le nove. Hanno visto l'indicatore di posizione dell'ascensore fermarsi sul quarto piano, poi spostarsi dal quarto al pianterreno. Entrambi non hanno mai staccato lo sguardo dall'indicatore, e giurano che non si è mai fermato durante la discesa della cabina. In altre parole, da quando George Seabrook è entrato nella cabina a quando è arrivato al pianterreno l'ascensore non ha fatto nessuna sosta intermedia. Adesso ti dirò qualcosa sulla struttura dell'ascensore. è di legno solido... pareti, pavimento e soffitto sono assolutamente solidi. Non ci sono porte segrete o entrate nascoste. L'unica via d'accesso è la porta. E il meccanismo è fatto in modo che la porta non si apre se l'ascensore è in movimento. Perciò, dato che l'ascensore era in movimento tra il quarto piano e il pianterreno, la porta non può essere stata aperta. E, dato che la porta era l'unica via d'accesso all'ascensore, nessuno può esserci entrato o esserne uscito mentre George Seabrook scendeva. Afferrato il concetto?" Paul annuì. "Ma non vedo dove volete arrivare, Fledge." "Solo a questo." L'ispettore si sporse in avanti e parlò con aria assorta. "Quando Seabrook è entrato nell'ascensore era ancora vivo. Nell'ascensore non c'era nessun altro. La cabina è scesa direttamente, senza fare nessuna sosta. Eppure, quando l'ascensore è arrivato al pianterreno, il dottor Martin e la signorina Kingsley, aprendo la porta hanno trovato George Seabrook morto sul pavimento dell'ascensore con un coltello nella schiena." Fledge sbatté il palmo della mano sul piano della scrivania per sottolineare il concetto. "E se questo non è crimine impossibile, vorrei proprio sapere che cos'è!" Nella stanza si fece un profondo silenzio. Paul Dawn stava riflettendo. In un modo lento e pigro, naturalmente, ma per lui qualsiasi forma di concentrazione comportava un notevole sforzo. Normalmente otteneva migliori risultati lasciando andare a ruota libera la sua mente e consentendole di spaziare a piacere. Adesso invece stava pensando al Crimine Impossibile dell'ascensore. Paul dava sempre dei nomi ai suoi casi: etichettandoli li teneva meglio sotto controllo. Continuò a tamburellare con la punta della matita sulla cartelletta che c'era sulla scrivania. Per il momento il pomo d'Adamo di Stanley Fledge era completamente dimenticato. "Allora, Paul, cosa ne pensi?", chiese Fledge in tono ansioso. "Cosa ne penso... di cosa?" "Del caso. Del delitto impossibile." "Cerco di non pensarci", disse Paul. "Comunque, è interessante." "Io lo troverò interessante solo quando saremo riusciti a risolverlo." Paul fece un anello di fumo quasi perfetto, un virtuosismo che gli dava sempre una grande soddisfazione. "Ho delle visioni", disse all'improvviso, e Fledge lo guardò con aria strana. Paul chiuse gli occhi. "Vedo la nostra vittima, George Seabrook. è nell'ascensore, probabilmente convinto di essere assolutamente solo. Poi succede qualcosa. La macchina si mette in moto. Il congegno automatico, qualunque esso sia, comincia a vibrare, e un coltello viene affondato nella schiena di George Seabrook. Poi il nostro assassino svanisce. Molto melodrammatico! E ancora più melodrammatico in quanto, da ciò che mi avete detto, le cose non possono essere andate così." "Eppure", disse l'ispettore sfregandosi il mento con aria assorta, "sembra proprio che non possano essere andate in nessun altro modo." "Mi domando come è successo", disse Paul. "Gli asini non volano. Le automobili non si trasformano in canguri. E gli assassini non spariscono nelle trombe degli ascensori. è un caso molto complesso." "Già, complesso", Fledge scosse la testa con espressione cupa. "Allora, cosa te ne pare? Ti interessa?" "Sì e no". "Certo che mi interessa", pensava invece Paul. Erano settimane che non gli capitava un caso così interessante. Ma era meglio non darlo a vedere. Annoiato e superiore... questa era l'impressione che bisognava dare. "A proposito, Fledge, vi è venuta in mente la parola di sette lettere che significa "accasciarsi"? Ricordatevi che finisce per "ire". "Non ci ho nemmeno pensato", rispose l'ispettore in tono irritato. "Allora, vuoi occuparti del caso?" "Mi occuperò del caso" Paul fece un altro anello di fumo che, notò con piacere, era all'altezza delle sue tradizioni. "Questo sì che è un bel caso", disse Paul Dawn ad alta voce, anche se in realtà parlava solo a se stesso. L'osservazione era stata provocata dalla sua prima occhiata all'ascensore automatico del Lexington Arms. Non c'era nemmeno bisogno di dare una seconda occhiata. L'ascensore era affettivamente solido, addirittura impenetrabile. Nessuna fessura sospetta nelle pareti. Nessuna sporgenza ingiustificata nel soffitto. Nessuna apertura nascosta nel pavimento. Con la porta chiusa, pensò Paul, sarebbe stato difficile anche per un insetto entrare in quell'ascensore. Pensò a quanta fatica gli sarebbe stata risparmiata se il costruttore avesse gentilmente sistemato una botola nel pavimento o dei pannelli scorrevoli nelle pareti... Ma quello era il tipo di enigma che gli piaceva, come quell'introvabile parola di sette lettere che voleva dire "accasciarsi". Si chiese se provando un paio di volte ad accasciarsi magari non avrebbe trovato la risposta. Con uno sforzo tornò a concentrarsi sul problema immediato. "A chiusura ermetica", disse Stanley Fledge. "Si direbbe che non ci sia proprio nessuna possibilità di entrarci. Eppure qualcuno deve averlo fatto. è una cosa inquietante, Paul. Non posso proprio dire di trovare confortante l'idea di un assassino invisibile che giri in libertà. Allora, forza, diamoci da fare!" Ecco concentrata in poche parole la filosofia di Fledge, pensò Paul. L'ispettore Stanley "Diamoci-da-fare" Fledge. I tipi superattivi sconvolgevano il sistema nervoso di Paul. "Diamoci da fare... come?", chiese. "Interroghiamo le persone sospette! Cerchiamo degli indizi! Risolviamo il caso! Forza, muoviamoci." Paul continuò a fumare tranquillamente la sua sigaretta e si sedette sull'unica sedia che c'era nel malandato ingresso del Lexington Arms. "Io mi darò da fare stando qui", disse. "Ho un paio di domande da fare proprio a voi." "Non l'ho commesso io il delitto!" Paul ignorò l'osservazione. "Prima di tutto, le impronte. Ne avete trovate?" Fledge sbuffò con aria irritata. "Fin troppe. Ieri l'hanno usato praticamente tutti gli inquilini della casa, quell'ascensore. Ma le impronte più chiare sono quelle di George Seabrook." "Avete trovato l'impronta del suo pollice sul pulsante del pianterreno?" "Certo. è il primo posto che abbiamo controllato." "E avete trovato l'impronta di Seabrook anche su qualche altro pulsante?" Fledge sollevò lo sguardo con espressione sorpresa. "Perché me lo chiedi?" "Allora, l'avete trovata?" "Sì, naturalmente." Anche se Paul provava un vivo interesse per l'argomento, la sua faccia non lo dava minimamente a vedere. La sua espressione era placida e distaccata. Gli occhi semiaddormentati. Tralasciò completamente la domanda più ovvia, e disse invece: "Che cosa ha detto il medico legale?" "Che è morto per ferite da arma da taglio. Una morte istantanea! Ehi, un momento!", la faccia di Fledge era un capolavoro di sbigottimento. "Non mi chiedi su quale altro pulsante abbiamo trovato l'impronta di Seabrook?" "Sul pulsante del quarto piano", disse Paul con aria assente. "Che cosa ha detto il medico legale sulle condizioni fisiche generali di Seabrook?" Il collo di Fledge stava avvampando. "Come fai a sapere che l'impronta del pollice di Seabrook era sul pulsante del quarto piano?" "Basta usare la logica", spiegò Paul in tono paziente. "Quando è sceso dal quarto piano ha schiacciato il bottone del pianterreno, perciò prima, quando è salito dal pianterreno, deve aver schiacciato il bottone del quarto piano. Non vi pare?" Fledge annuì con aria dubbiosa. Paul fece un altro anello di fumo. "Vi ripeterò la mia domanda: che cosa ha detto il medico legale delle condizioni fisiche di Seabrook?" "Ha detto che erano cattive. Seabrook era un uomo malato." "E cosa ha detto il suo medico?" "Il medico di Seabrook? Ma è proprio il dottor Herbert Martin, quello che ha trovato il cadavere! Non gliel'ho ancora chiesto." "E perché non gliel'avete chiesto?" "Non mi è sembrato importante." "Non vi è sembrato importante!" Paul guardò Fledge con la tipica espressione "ma-non-la-sai-usare, la testa?" e la faccia dell'ispettore si fece violacea. Buona tattica, pensò Paul. Metterlo in imbarazzo. Fargli notare la sua mediocrità e la tua superiorità. Mentalmente Paul si complimentò con se stesso. "Quando cominciamo a interrogare i sospetti?", chiese timidamente Fledge. "Appena avrò scoperto con che tipo di coltello è stato pugnalato Seabrook." "Con un normale coltello da tasca. L'assassino l'ha colpito varie volte." "C'erano impronte?" "Nemmeno una. Solo qualche ditata, come se l'uomo che maneggiava il coltello portasse dei guanti." Con un grosso sforzo Paul si risolse ad alzarsi dalla sedia. L'ispettore Fledge accolse con enorme piacere la notizia che adesso avrebbero interrogato i sospetti. E Paul sapeva il perché: l'ispettore era noto in seno alla polizia per la sua abilità nell'interrogare a fondo la gente. Gli piaceva tirar fuori le informazioni anche ai testimoni più reticenti. A volte gli piaceva ancora di più che averle direttamente da testimoni pronti a collaborare. "Ho dato istruzioni perché nessun inquilino usi l'ascensore", disse Fledge. "Ma noi possiamo usarlo." Entrò con Paul nella cabina, chiuse la porta esterna poi quella interna, e schiacciò col pollice il pulsante col numero quattro. "Per prima cosa parliamo con i coniugi Seabrook. Mentre salivano, indicò a Paul una grande X disegnata col gesso in un angolo della cabina. "è il punto esatto in cui è stato trovato il cadavere... dove c'è la X. Quando l'hanno visto il dottor Martin e la signorina Kingsley, il corpo era a terra nell'angolo. Con la schiena contro la parete e il coltello che gli sporgeva dalla schiena." L'ascensore si fermò, e i due uscirono nel corridoio del quarto piano. "Il 5 E", disse l'ispettore suonando il campanello. "Adesso possiamo darci da fare per risolvere questa faccenda". Paul provò un moto di disgusto
Paul Dawn aveva un modo di fare tutto suo con i sospetti. Riusciva a ricavare più informazioni dai testimoni col suo modo di fare tranquillo e casuale che Stanley Fledge coi suoi interrogatori pressanti e imperiosi. Paul spiegava la cosa dicendo che "li prendeva in contropiede", che in fondo è una spiegazione come un'altra.
Agnes Seabrook era una graziosa biondina con un sorriso simpatico e la testa vuota. Suo marito era un tipo più attento. Basso e grassoccio, con dei grandi occhi dietro agli occhiali con la montatura scura. Al cospetto dei due rappresentanti della legge sembrava piuttosto nervoso. "Vi dirò subito che la cosa sta diventando veramente seccante", esordì in tono agitato. "Con tutta la polizia che viene avanti e indietro tutto il giorno a farmi delle domande idiote, oggi non sono nemmeno riuscito ad andare in ufficio!" "Mi dispiace molto, signor Seabrook", cercò di ammansirlo Fledge. "Ma la routine è la routine. Credo di potervi promettere che questa sarà l'ultima volta che vi faremo delle domande." "Me lo auguro! Quando è troppo è troppo. Vi dirò subito che..." Fledge si schiarì la voce. "Signor Seabrook, volete raccontarmi di nuovo che cosa è successo ieri sera?" "Per l'ennesima volta... abbiamo cenato con lo zio George, poi alle nove lui ha dovuto andarsene perciò lo abbiamo salutato, lo abbiamo accompagnato all'ascensore, lui ha schiacciato il bottone del pianterreno, ci siamo salutati un'altra volta, e l'ascensore si è chiuso. Tutto qui." "E tutto questo l'ha visto anche la vostra vicina, la signora Battleman?" "Sì. Quella ficcanaso è uscita per ritirare il giornale della sera, ma in realtà credo che volesse più che altro dare un'occhiata allo zio George... al grande finanziere e così via. è una vecchia intrigante." "Non è una vecchia intrigante, Phil!", reagì con aria indignata la signora Seabrook, facendo sentire per la prima volta la sua voce. "è una donna colta e affascinante. Ed è anche una delle ragazze più simpatiche che conosco." "Altro che ragazza! Se quella è sotto ai 75 mangio un gatto!" "Siete assolutamente sicuri che il signor George Seabrook era ancora vivo quando si è chiuso l'ascensore?", disse Fledge. "Be'... non sembrava affatto morto", disse con voce titubante Agnes Seabrook. Philip raddrizzò le spalle per assumere un atteggiamento sdegnoso. "Io so ancora distinguerlo un uomo vivo da un cadavere, ispettore." "E il movente?", chiese Fledge, cambiando argomento. "Signor Seabrook, riuscite a pensare a qualche motivo per cui qualcuno possa aver ucciso vostro zio?" "Non ne ho la minima idea", dichiarò Philip guardando Fledge con aria di sfida. "A me sembra che questo sia un compito che spetti a voi, ispettore." "Infatti", disse Fledge con aria seccata. Poi si rivolse ad Agnes. "E a voi viene in mente qualche possibile motivo?" "Certo. C'è un sacco di gente che poteva volere la morte dello zio George." "Davvero? E chi?" "Be', Philip e io, per esempio." La faccia di Philip avvampò. "Ma sei proprio stupida, Agnes!" "Non è vero", replicò Agnes. Poi rivolgendosi all'ispettore, aggiunse: "Tanto l'avreste scoperto, prima o poi. A noi non stava affatto simpatico George Seabrook. Stava simpatico a pochissima gente. Si dava un sacco di arie, era pomposo, credeva di avere sempre ragione... un vecchio insopportabile, insomma. Non gli piaceva l'idea che Philip mi sposasse, e quando l'ha fatto ha deciso di concedermi una specie di periodo di prova di sei mesi. Negli ultimi sei mesi, da quando ci siamo sposati cioè, ha continuato ad autoinvitarsi da noi a cena, quasi tutte le settimane. E sapete una cosa? Veniva solo per controllarmi, e vedere se andava tutto bene. Be', a noi la cosa non piaceva affatto. A noi non va di essere trattati a quel modo da un parente ricco. C'erano delle volte in cui l'avrei ucciso con le mie stesse mani!" Che fenomeno, pensò Paul. Una testa vuota... con del cervello! Non avendo altro di meglio da fare, decise di farle una domanda. "Scusatemi, signora Seabrook..." La sua voce era abbastanza tranquilla, ma tutti trasalirono al sentirla. "Mi stavo domandando una cosa... Se davvero detestavate a tal punto vostro zio, perché l'avete sempre sopportato?" "è proprio quello che volevo chiedere io", disse Fledge. "Per i soldi!", sbottò Philip Seabrook all'improvviso. "Che cosa credevate? Lo zio George era ricco, e io no. Ma io ero il suo unico parente ancora vivo. E se questo non vi dice niente..." "Sopportavate in vista di un utile?", chiese Fledge. "Sopportavo! E adesso mi prendo tutto. Questa mattina mi ha telefonato l'avvocato dello zio. E non posso proprio dire che la morte di mio zio mi dispiaccia! Anzi, per dire la verità, è un bel sollievo che sia morto. Non ho mai avuto uno stipendio da Rockefeller." Ci fu una pausa carica di tensione. Questa sì che è bella, pensò Paul Dawn. Non gli capitava spesso di trovarsi tra le mani un bel movente in confezione regalo. Ma l'ispettore Fledge era esitante. In circostanze normali, un poliziotto avrebbe arrestato un sospetto dopo un'ammissione del genere... ma quel caso era diverso. Fledge non poteva fare proprio niente. Paul sorrise, chiedendosi come diamine avrebbe fatto l'ispettore a incriminare qualcuno per un delitto che nessuno poteva aver commesso. Con un po' di preoccupazione improvvisa, si chiese anche come se la sarebbe cavata lui stesso in quella situazione. Rimaneva comunque il fatto che qualcuno doveva essere entrato in quell'ascensore - a parte il fatto che nessuno poteva averlo fatto. "Hai qualche domanda da fare prima che ce ne andiamo, Paul?", disse Fledge, alzandosi. "Be', sì. Una sola", rispose Paul guardando i coniugi Seabrook con la stessa espressione sonnacchiosa. "Signore o signora Seabrook... forse uno di voi due può dirmi una cosa. Vi viene in mente una parola di sette lettere che significa "accasciarsi" e che finisce per ire?" I coniugi Seabrook, sbigottiti, lo guardarono con espressione vuota, e i due detective uscirono. Una volta nel corridoio Fledge espresse tutta la sua perplessità. "Senti, Paul... ma sei sicuro di sapere quello che fai?" "Magari si tratta di un suicidio." "Un suicidio!", reagì Fledge con voce resa gelida dalla collera. "E come avrebbe fatto il nostro cadavere suicida a ficcarsi un coltello nella schiena?" "Magari era un contorsionista", fu la risposta sarcastica di Paul. Il dottor Herbert Martin era uno di quei medici robusti e bonari che non abbandonano mai l'atteggiamento "da capezzale". Paul e Fledge andarono a trovarlo nel suo studio del centro, e vennero accolti con effusioni. "Accomodatevi pure! Sono contento di vedervi. Posso fare qualcosa per voi? Che cosa orribile, vero? Proprio orribile. Che cosa desiderate sapere?" Il dottore aveva il vizio di sfregarsi continuamente le manone nel parlare, un gesto molto professionale. "Vorremmo solo sapere ancora una volta come sono andate le cose, dottore", disse Fledge in tono garbato ma formale. "Come sono andate le cose? Be', vediamo." Il medico meditò per qualche attimo in silenzio. "Ero appena rientrato da una visita... una donna anziana che ho in cura da anni. è un'ipocondriaca, e mi dà un sacco di soldi per sentirsi dire che ha qualcosa che non va. In realtà è sana come un pesce, se non di più. Ma io devo pur vivere... Ad ogni modo, sono arrivato davanti all'ascensore proprio mentre la porta si stava chiudendo. Ho schiacciato il pulsante, e ho aspettato. L'indicatore, partendo dal pianterreno, si è spostato fino al quarto piano, poi ha cominciato a tornare indietro. Nel frattempo è arrivata anche un'altra inquilina, e così abbiamo aspettato insieme." "Era la signorina Flora Kingsley?" "L'ho saputo più tardi. Abito da poco nella casa, e comunque non faccio mai molta amicizia con i vicini. è il guaio di noi newyorkesi... stiamo troppo sulle nostre. Ma questo non c'entra. La signorina Kingsley e io abbiamo aspettato che l'ascensore arrivasse al pianterreno; poi quando è arrivato ho aperto la porta e... l'ho visto." Paul ebbe l'impressione che il dottore stesse leggermente tremando. "Era accovacciato nell'angolo dell'ascensore, con la schiena appoggiata alla parete. Io mi sono precipitato da lui, ma ho raccomandato alla signorina Kingsley di tenersi indietro. Infatti è rimasta sulla soglia, a guardare. Io mi sono chinato sul corpo, e ho visto il coltello. La signorina ha gridato. "è morto", le ho detto. "Andate a telefonare alla polizia". Al primo momento era rimasta come impietrita, ed è per questo che l'ho mandata a telefonare alla polizia... perché non avesse una crisi isterica. Pochi attimi dopo è tornata, e abbiamo aspettato insieme. Finché siete arrivato voi, ispettore." Abbastanza convincente, pensò Paul. "Dottore", chiese con voce strascicata, "voi eravate il medico di George Seabrook?" "Sì". Gli occhi di Martin erano fermi e tranquilli. "Non era in buona salute, vero?" "Infatti. Soffriva di cuore. E di reni. Aveva dei mancamenti e dei terribili mal di testa. Soffriva molto, immagino." "Tanto da suicidarsi, secondo voi?" Il medico ebbe un attimo di esitazione. Poi disse: "Può darsi." "Ma non è una cosa sicura." "è una supposizione." "Grazie, dottor Martin." "A proposito...", aggiunse ancora Martin. "è un bell'enigma, vero, il modo in cui è stato commesso il delitto?" "Sicuro", confermò Paul. "A proposito di enigmi, conoscete per caso una parola di sette lettere che vuol dire "accasciarsi"? Finisce per "ire". "è per le parole incrociate?", chiese Martin in tono gioviale. "Una volta le facevo anch'io. Ormai sono fuori esercizio." "Allora, la conoscete quella parola?" "No."
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