DAVID HERBERT LAWRENCE
"GENZIANE BAVARESI"
Non tutti hanno genziane nelle case
nel dolce settembre, nel lento, nel triste San Michele.
Genziane bavaresi, grandi e oscure, e solo oscure oscurando
come una torcia il giorno con il fumoso azzurro della tenebra
di Plutone, nervate e come torce, con il loro splendore di tenebra
azzurra distesa
Appiattendosi in punti, piatte sotto l'incedere del giorno bianco
fiore di torcia dell'oscurità azzurro fumante stupore azzurro
oscuro di Plutone.
Lampade nere dalle sale di Dio, bruciante azzurro oscuro
da cui proviene oscurità azzurra oscurità, come le pallide
lampade di Demetrio esalano la luce
conducetemi allora, mostratemi la strada.
Porgetemi una genziana, donatemi una torcia
che abbia per mia guida l'azzurra, forcuta torcia di questo fiore
per scendere le scale tenebrose oscure, dove l'azzurro s'oscura
sull'azzurro.
Anche dove Persefone procede, proprio ora, dal raggelato settembre.
Fino a quel regno cieco in cui l'oscurità si risveglia sul buio
e Persefone stessa non è che una voce
o un'invisibile tenebra serrata nel buio più profondo
delle braccia plutoniche, trafitta dalla passione della densa oscurità
fra lo splendore di torce di tenebra, che versano l'ombra sulla sulla
sposa e lo sposo perduti.
WALTER DE LA MARE "ARABIA"
Son lontane l'ombre dell'Arabia
dove nel pomeriggio i Principi cavalcano
in mezzo a boschi e valli verdeggianti
sotto lo spettro della luna;
e così oscura è quella volta porpora
che i fiori nel bosco si levano
gettando il loro boccio contro stelle
fantomatiche e pallide in cieli meridiani.
Dolce è nel cuore mio la musica d'Arabia
quando uscito dai sogni nell'ombra lieve e chiara
dell'alba scorgo i fiumi che trascorrono;
odo i suoi strani liuti sulle sponde verdi
che risuonano alti con la felicità e la pena
dei musicanti dai capelli bruni
e con vesti di seta dai colori tenui
nell'intento silenzio della notte.
Vengono a visitarmi come spettri i suoi liuti e i suoi boschi
io non vedo bellezza sulla terra
che non richiami a me, da quel sogno adombrata,
tutto il suo incanto: immobili
occhi mi guardano gelidi,
e fredde voci bisbigliano e dicono: "Egli
è tormentato dal fascino
dell'Arabia lontana, gli hanno rapito il senno."
EDITH SITWELL
"CANTO VERDE"
[...] Tutti i motivi e i desideri e la mancanza
di desideri dentro il cuore umano, ma amando tutta la vita giunge
a benedire
cose immortali vestite di una povera veste terrena - i ciechi della vita
di sotto al gelo del loro grande inverno, e coloro
per i quali l'inverno erompe in fiore, e l'estate rinasce
da un bacio a lungo inseguito.
E nelle vene l'Amore è l'equinozio
di primavera quando il sole incrocia il midollo e l'essenza del cuore
fra viridi profumi, verdeggianti gioia.
Tutti i nomi, suoni e fedi, incanti e perduti doveri
tornano ai cuori degli uomini, quei familiari dell'eccelso cielo.
E dai boschi le voci ora parlano
come da nidi di foglie - e cantano di pace,
d'amore e di fatiche, i ritmi
delle loro vite, cantano come il buio dell'inverno
fu vinto e pensano al domani, quasi l'ieri
non fosse stato, né l'antica pena
del solitario spettro, e il Tempo parve solo il pulsare di un cuore
sopra un cuore,
e la Morte il dolore della terra che nuovamente volge in primavera
quando gli amanti si incontrano dopo la pioggia d'inverno.
E quando ce ne andremo essi vedranno
nella grandi mattine generate dalle nostre vite,
memoria di noi, lo stelo d'oro del giovane
fiore dai lunghi petali del sole nell'aria impallidita
fra la rugiada... Non siamo forse tutti di una sostanza medesima,
uomini, terra e pianeti, nati dal cuore del buio e nuovamente
diretti al buio, madre consolante,
per il breve sonno dell'inverno? O mio calice del fiore de
mondo, tu spirito
che muovi sulle acque, luce sul petto della colomba.
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