Alcune feste dalle probabili origini pagane che servivano a "trarre aruspici" e univano elementi funebri (le anime dei morti) a quelli della fecondità (i prodotti agricoli offerti)
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La festa rappresenta la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli e Maria riuniti in preghiera.
Nel 1387 la Pentecoste veniva celebrata ad Orvieto con una festa simile a quella attuale; dai registri contabili dell'epoca sappiamo che la colomba bianca veniva pagata tredici soldi e sei denari.
Nel 1542 la nobildonna Giovanna Monaldeschi della Cervara lasciò in eredità la sua tenuta del castello affinché la festa con il volo della Colombina fosse rappresentata per sempre.
A partire dal 1846 la festa non si svolge più all'interno del Duomo ma nella piazza.
Anticamente si facevano previsioni: se la Palombella arrivava spedita senza intoppi, ciascuno tirava un sospiro di sollievo; in caso contrario c'era da aspettarsi sfortune.
In tempi recenti, la festa si organizza così: a mezzogiorno il vescovo del Palazzo dell'Opera del Duomo, agita un lino bianco.
A questo segnale si accendono i razzi posti intorno ad una raggiera, alla quale è legata, con nastrini rossi, una colomba bianca. La colomba, sospinta dai razzi, scivola lungo un cavo d'acciaio, teso fra il tetto della chiesa di San Francesco e un Cenacolo, collocato davanti alla porta maggiore della cattedrale.
Quando la Palombella, al termine della sua corsa, giunge al Cenacolo, incendia i mortaretti che scoppiano e accendono alcune fiammelle sulla testa della Madonna e degli Apostoli.
La colomba viene consegnata all'ultima sposa che abbia celebrato le nozze in Duomo, perché la tenga con sé fino alla sua morte naturale.
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Il pranzo costituisce il momento culminante della manifestazione della Fratellanza del Purgatorio, un'antica associazione religiosa medievale, che aveva lo scopo di procurare suffragi alle anime dei defunti.
La sua origine sembra essere nel XII secolo ma le fonti scritte la datano alla fine del '700, a causa degli incendi che hanno distrutto gli archivi comunali.
Oggi si festeggia così: il giovedì grasso di ogni anno i membri della Confraternita, incappucciati girano di casa in casa a raccogliere offerte come i prodotti della campagna. Nel pomeriggio i beni vengono messi all'asta: il ricavato servirà a finanziare il Pranzo del Purgatorio.
Il menù è sempre uguale da secoli: brodo di tinca, baccalà, frittura pesce di lago, fagioli cannellini di Gradoli.
Ciascun partecipante (duemila persone) porta da casa pane e posate e versa un obolo per le messe di suffragio. A ogni libagione si grida "Evviva le anime del Purgatorio!"
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La festa delle Regne (che in dialetto significa "covoni di grano") si svolge a Minturno (Latina), in onore della Madonna delle Grazie, ma ha origini pagane: era un'antichissima festa dedicata al ringraziamento per il raccolto, poi cristianizzata.
Le prime notizie risalgono al 1378, quando a seguito di una carestia i frati decidono di chiedere offerte andando in casa con l'effige della Madonna.
La festa vera e propria però nasce da una leggenda del 1681, quando si apre una crepa nel muro del santuario di S. Francesco e ricompare, sepolta da tempo immemore, l'immagine di Maria accompagnata dagli angeli.
La gente grida al miracolo. E da quel giorno la Madonna riceve, la seconda domenica di luglio, l'omaggio del grano.
Si celebra mimando i gesti della raccolta del grano con gli arnesi del tempo. I covoni di grano sono portati in processione su carri trainati da buoi, ricolmi di grano e con pannelli rappresentanti scene di vita campestre. Giunti in piazza, inizia il rito della battitura sull'aia. A tempo, in cerchio, gli uomini colpiscono le spine roteando il viglio, due bastoni legati da strisce di cuoio.
Le donne (le "pacchiane" come erano chiamate le contadine) lanciano alti in aria i chicchi di grano perché il vento porti via polvere e paglia.
Alla fine del rito, una donna si inginocchia e offre il grano alla Madonna in segno di ringraziamento e poi col gesto del seminatore, lo spande tra i presenti in segno di buon augurio. Il resto del raccolto viene offerto ai frati francescani.
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