"L'Albero Stregato" (Fiaba Lombarda)

Gh'era ona vòlta on re, che el gh'aveva ona tosa granda de sposaa.

C'era una volta un re, che aveva una ragazza grande da sposare. Siccome però era un egoista e non gli piaceva di vivere solo, non desiderava farla sposare.

Perciò aveva deciso che l'avrebbe data in moglie solo a chi fosse riuscito ad abbattere un enorme albero che cresceva nei giardini reali.

Ma l'albero era sotto l'incantesimo fatto da certe streghe amiche complici del re, e tutti i giovani che avevano cercato di tagliarlo avevano dovuto rinunciarci.

Lontano dalla capitale del reame viveva un giovane contadino molto povero ma forte e coraggioso, che un giorno decise di tentare pure lui.

Se fosse riuscito, finalmente avrebbe detto addio alla sua vita di fame e stenti!

Sua madre non era contenta e cercò di dissuaderlo.

"Sono imprese da signori, quelle! Ci guadagnerai solo la forca!"

Ma il giovane non l'ascoltò, riempì di pane la bisaccia e partì.

Cammina, cammina, nel bosco si imbatté in un drago dall'aspetto così orribile che per lo spavento quasi cadde svenuto.

Ma il drago non voleva fargli del male.

"Bravo giovane, sto morendo di fame. Fammi la carità di un pezzo di pane e ti sarò eternamente riconoscente."

Appena si fu ripreso, tirò fuori dalla bisaccia la pagnotta e la diede al drago.

Poi riprese il viaggio.

Aveva fatto poche miglia, che si imbatté in un grosso falco che gli chiese: "Hai un po' di pane da darmi? Non mangio da giorni e sto morendo di fame."

Il contadino prese un'altra pagnotta e la offrì al falco.

Il falco lo ricompensò: prese una sua penna e gli disse: "Se un giorno ti troverai nei guai, accostala alle labbra e fischia."

Il contadino si rimise in cammino.

Poco più avanti, vide un grosso formicaio.

Una formichina gli si arrampicò sui pantaloni. 

"Stiamo per morire di fame", gli disse. "Avresti qualche briciola per noi?"

Il contadino sminuzzò quello che gli restava del pane.

La formica gli porse la zampetta con aria solenne. "Sei un bravo ragazzo, non ti pentirai dell'aiuto che ci hai dato. Se sarai nei guai, correremo in tuo aiuto."

Il giovane riprese a camminare e cammina cammina, giunse finalmente nella capitale e si presentò al re.

"Maestà, vorrei provare ad abbattere l'albero del giardino."

Il re sogghignò: ora anche i bifolchi si erano messi in testa di sposare sua figlia!

"Va bene, prova. Ma se fallisci, sarai impiccato."

Appena giunto nel giardino, il contadino iniziò a colpire il tronco con tanta forza che in poco tempo l'albero era sul punto di cadere.

Il re, che lo spiava, si spaventò all'idea che il contadino riuscisse nell'impresa. Così corse in giardino e gli disse "Sei stanco e sudato. Perché non vieni nella reggia a riposare un poco e a rifocillarti? Finirai più tardi... tanto non c'è fretta!"

Intanto le streghe che avevano fatto l'incantesimo si precipitarono verso l'albero per riappiccicare il tronco ormai quasi staccato, ma si erano appena avvicinate all'albero che subito scapparono a gambe levate: a guardia dell'albero c'era il drago che il giorno prima il contadino aveva sfamato!

Il contadino tornò e con pochi colpi abbatté la pianta, mentre il drago continuava a fare da guardia.

"Maestà, ho abbattuto l'albero. Adesso mantenete la vostra parola e datemi in sposa la principessa."

Ma il re rispose che ci voleva tempo. C'erano tante cose da sistemare, ed era meglio riposare un poco; lo avrebbe fatto chiamare più tardi.

Invece fece chiamare le streghe e le rimproverò perché non erano riuscite a scongiurare l'abbattimento dell'albero.

Subito dopo riunì il consiglio dei ministri per cercare una scappatoia.

Tra i ministri ce n'era uno più maligno e ambizioso degli altri. 

Aveva sempre sognato di far sposare la principessa a suo figlio, un ragazzo tardo e malaticcio.

Ed ecco che ora arrivava un contadino qualsiasi… ma lo avrebbe sistemato lui!

"Maestà, io avrei un'idea", disse quel ministro.

Confabularono a lungo. E quando il re fece chiamare il contadino, sorrideva con aria crudele.

"Se veramente vuoi sposare mia figlia, devi fare un'altra impresa."

Il giovanotto era deluso e dispiaciuto: neanche i re mantenevano la parola!

Tristemente rispose: "Dite, Maestà. Sono pronto."

"Prendi questo sacco. Dentro ci sono sette lepri. Lasciale libere in un prato, e se riesci a riprenderle e imprigionarle di nuovo nel sacco, avrai mia figlia in sposa. Ma se fallisci, domani penderai dalla forca!"

Il contadino prese il sacco, se ne andò in un prato e lasciò libere le lepri, che corsero via come fulmini: in un attimo erano scomparse.

"E adesso, povero me, come riuscirò a riprenderle?"

Si mise distrattamente la mano in tasca e trovò la penna di quel falco che un giorno aveva sfamato con la pagnotta.

Si ricordò la sua promessa di aiuto e, portata la penna alle labbra, fischiò.

Immediatamente le sette lepri ricomparvero, e di corsa si infilarono da sole nel sacco.

Soddisfatto di aver così brillantemente superato la seconda prova, tornò dal re.

"Ecco qui le sette lepri, Maestà! Le ho liberate in mezzo a un prato e poi le ho di nuovo imprigionate nel sacco."

"Chi mi assicura che dici la verità?"

"Io, Maestà!"

"Nessuno ti ha visto fare quello che dici. Perciò dovrai ripetere l'esperimento davanti a dei testimoni."

Rassegnato, il giovane riprese il sacco con le lepri e tornò nel prato, seguito da due cortigiani. Uno di questi, su ordine del re, approfittando di un attimo di distrazione del giovane, afferrò due lepri e le rinchiuse dentro una carrozza. Tutto a posto. La principessa non sarebbe stata costretta a sposare quel zoticone!

Il contadino, che non si era accorto di niente, portò la penne del falco alla bocca e fischiò.

Accorsero subito le lepri, ma erano solo cinque.

E le altre due? Il contadino iniziava a preoccuparsi, quando, improvvisamente, anche le due lepri mancanti arrivarono di corsa.

Per rispondere al richiamo avevano sfondato i vetri della carrozza!

I cortigiani, sbalorditi, corsero a riferirlo al re.

Il re fece chiamare il contadino.

"So che sei riuscito a imprigionare le lepri nel sacco. Ora dovrai compiere un'altra impresa e poi avrai la principessa in sposa. Vai nel granaio: ci troverai una montagna di chicchi diversi: grano, avena, orzo, miglio e panico, tutti mescolati. Entro 24 ore devi fare cinque mucchi distinti, uno per specie. Se non ci riesci all'alba sarai impiccato."

Il contadino andò nel granaio e si mise al lavoro.

Ma dopo poco, si lasciò cadere sul pavimento, disperato.

Altro che 24 ore… ci sarebbe voluto un anno per separare il grano dall'orzo, dal miglio, dall'avena, dal panico! I chicchi erano così minuscoli!

"I chicchi sono milioni e milioni! Neanche un esercito di formiche riuscirebbe a portare a buon fine una simile impresa!"

Non aveva ancora finito di lamentarsi che vide una formica arrampicarsi sui suoi pantaloni.

"Mi riconosci? Tempo fa hai salvato me e le mie compagne dalla fame, offrendoci il tuo pane! Ora siamo qui per aiutarti!"

Subito da ogni angolo, da ogni fessura, spuntarono lunghissime file di formiche che si tuffarono nel mucchio di chicchi: poche ore dopo c'erano grossi mucchi ben distinti di chicchi diversi.

Quando arrivò il re per controllare il lavoro, vide che i mucchi erano ben ordinati! Cos'altro poteva inventare a quel punto?

"Ora, però, devi compiere un'altra prova: l'ultima."

"Ma sarà veramente l'ultima, Maestà?"

"Parola di re. Devi andare al fiume con questo sacco, riempirlo per metà di acqua e per metà di fumo. Se riesci, sposerai mia figlia e avrai anche metà del regno. Se non riesci morrai impiccato."

Il giovane andò al fiume e cercò di versare acqua nel sacco, senza successo. Si sedette in riva al fiume, senza speranze; ma subito sentì un frullo d'ali e una vocetta: "Ti ricordi di me? Sono il falco che un giorno hai sfamato e salvato dalla morte. Voglio aiutarti: prendi il sacco e immergilo nel fiume."

"Ho già provato, ma l'acqua fugge via."

"Non accadrà più, te lo garantisco. Quando il sacco sarà pieno a metà acqua, accendi la pipa, infila la testa nel sacco e sbuffaci dentro quanto più fumo puoi. Lega forte l'imboccatura del sacco e portalo subito al re."

E così accadde. Il contadino tornò alla reggia col sacco pieno a metà d'acqua e a metà di fumo. 

E così ottenne la principessa e metà del regno!


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