Il castello era immerso nell'ombra.
Millie, immobile sul marciapiede, alzò gli occhi verso le sue torrette svettanti mentre la carrozza ripartiva, risuonando sull'acciottolato. E il castello la fissò a sua volta. Due occhi spalancati e minacciosi che la guardavano dalla torretta più alta.
"Puaf!", borbottò Millie. "Sono soltanto luci."
Certo, soltanto questo erano - qualunque sciocco poteva capirlo - e non aveva senso parlare a se stessa. Ma mentre l'eco dello scalpitio degli zoccoli dei cavalli svaniva nella notte, il suono della propria voce riuscì a rassicurarla.
Non pensava che la strada sarebbe stata così buia, così deserta; non credeva che il castello fosse così imponente.
Mentre si dirigeva verso l'entrata, Millie si costrinse a ricordare che quello non era un vero e proprio castello, ma una recente costruzione del 1893. L'irregolare edificio a tre piani con la falsa facciata a torrette era soltanto una riproduzione, una costruzione ricavata da una favola per bambini. I castelli veri non avevano stanze da affittare ai piani superiori e un negozio al piano terra.
Avvicinandosi alle vetrine, non si poteva sbagliare sul fatto che fosse una farmacia; al di là facevano capolino i recipienti di vetro decorato, ricolmi di uno strano, scintillante liquido color ambra e porpora. Soltanto acqua colorata… per rendere più perfetta la finzione.
E tuttavia, chi era lei per giudicare dall'alto in basso? Il fruscio della sua gonna di seta cruda ricordò a Millie che anche lei stava fingendo. Sotto il suo abito, la crinolina e l'ovatta e il busto erano falsi. E malgrado le piume, quello che portava sul capo era soltanto un cappello, non un uccello dalle grandi ali.
In mano teneva quella che era chiamata una borsa da castellana… ma lei non era una castellana, una signora del castello. Anche se poteva diventarlo.
Poteva diventarlo. Quel pensiero le fece accelerare il battito del cuore; le sembrò di udire quel rumore sordo mescolarsi con lo stridulo tintinnio del campanello notturno della farmacia quando premette il pulsante accanto all'ingresso. (...) Lo stridio del catenaccio che scivolava indietro era reale, come lo era il cigolio dei cardini mentre la porta si apriva. Anche l'uomo che le sorrideva dall'ombra era reale.
Vedi anche: https://intervistemetal.blogspot.com/2023/08/tributo-psycho.html
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