Il Mastino dei Baskerville


"Sappiate che al tempo della Grande Ribellione (...) la proprietà e il castello dei Baskerville erano di Hugo, uomo sfrenato, profano, senzadio (...) era scellerato e crudele al punto che il suo nome era proverbiale in tutta la zona. Accadde che questo Hugo si innamorasse (se così si può dire di un'oscura passione) della figlia di un piccolo proprietario terriero del vicinato. (...) Avvenne che un giorno Hugo insieme a cinque o sei dei suoi amici, oziosi e balordi come lui, piombò d'improvviso nella fattoria sapendo che suo padre e i suoi fratelli non c'erano e rapì la ragazza. Portarono la fanciulla al castello e la rinchiusero in una stanza al piano superiore (...) La sventurata, presa dal panico, fece quello che neppure il più coraggioso degli uomini avrebbe osato: afferrandosi all'edera che si arrampicava (e si arrampica tuttora) sulla parete a sud, si lasciò scivolare lungo la grondaia e fuggì verso la casa di suo padre, che era distante tre leghe dal castello, attraverso la brughiera. [Quando Hugo se ne accorse] gridò a tutta la compagnia che quella notte avrebbe reso anima e corpo al diavolo se non fosse riuscito a riprendersi quella sgualdrina. (...) Il più malvagio dei presenti, o forse il più ubriaco, gridò che si doveva sciogliere la muta di cani per darle la caccia. Allora Hugo (...) partì al galoppo verso la brughiera a quell'ora inondata dalla luna. (...) Dopo un paio di miglia, incontrarono uno dei pastori a guardia di notte nella brughiera (...) L'uomo, folle di paura, quasi non riusciva a spiccicar parola, ma alla fine balbettò che aveva visto la sciagurata giovane fuggire, inseguita dalla muta inferocita. "Ma ho visto dell'altro", aggiunse l'uomo, "Hugo Baskerville mi è passato vicino al galoppo e aveva alle calcagna una bestia orrenda, diabolica... che Dio mi perdoni!" I signorotti avvinazzati lo mandarono al diavolo e proseguirono la loro corsa bestemmiando, ma ben presto sbiancarono dal terrore: era apparso al galoppo il vecchio cavallo nero di Hugo, ricoperto di schiuma, le briglie sciolte e la sella vuota. (...) I più spavaldi, o forse ubriachi, scesero cavalcando in fondo alla scarpata. Qui la brughiera si apriva in uno slargo sassoso dove si ergevano due enormi pietre di epoca primitiva. La luna illuminava impietosa la povera infelice, che lì giaceva morta, stremata dalla fatica e dall'orrore. (...) Una mostruosa bestia nera, ritta sulle zampe, sovrastava Hugo, nell'atto di azzannarlo alla gola (...) Quando sollevò su di loro gli occhi infernali, la bocca grondante sangue, i tre urlarono terrorizzati e fuggirono come pazzi attraverso la brughiera. Quella notte stessa uno di loro morì di crepacuore e gli altri due camparono ma non furono più gli stessi per il resto della loro vita." 


"Adesso la carrozza era arrivata in cima alla salita e davanti a noi si stendeva, in tutta la sua vastità, la brughiera, disseminata da cumuli di pietre e spuntoni rocciosi, quasi ad accrescerne il tormento. La sferzata del vento freddo ci ha fatto rabbrividire. Pensare che, da qualche parte, in quella landa desolata, si nascondeva quell'uomo feroce, rintanato come una bestia selvaggia, pieno di odio verso l'umanità che l'aveva messo al bando! Mancava solo questo per completare la sinistra sensazione che dava quella terra desolata, battuta dal vento gelido e avvolta nelle tenebre della notte che avanzava. (...) Avevamo lasciato dietro, laggiù in fondo, la campagna fertile. Ci siamo voltati a guardarla: il sole al tramonto splendeva sui ruscelli scintillanti e sulla terra rossa che gli aratri e le grosse pale di legno robusto avevano rivoltato di fresco. La strada davanti a noi si faceva sempre più tortuosa, sospesa su immensi pendii ammantati di ruggine e verde, cosparsi di enormi macigni. Di tanto in tanto passavamo davanti ad una casetta di pietra, senza piante rampicanti che ne interrompessero la linea rigida, austera. Improvvisamente, davanti a noi, il paesaggio si è aperto in una grandiosa conca, chiazzata di querce e abeti contorti, curvati dalla furia delle intemperie. Sovrastano gli alberi due torri alte, snelle. Il conducente le ha indicate con la frusta. "Il castello dei Baskerville", ha annunciato. (...) Pochi minuti dopo eravamo dinnanzi ai cancelli in ferro battuto: intrecciati in un disegno fantastico, erano sorretti ai lati da due pilastri intaccati dal tempo, macchiati di licheni e sormontati dallo stemma dei Baskerville: la testa di verro. (...) Oltrepassati i cancelli, siamo entrati nel viale; a terra il rumore delle ruote era attutito dallo spesso strato di foglie morte, e sopra di noi gli alberi secolari stendevano i rami intrecciati formando un tunnel buio impenetrabile. Baskerville non ha potuto fare a meno di rabbrividire alla vista di quel luogo tenebroso, in fondo al quale sorgeva spettrale il castello. (...) Il viale si apriva su un ampio spiazzo erboso e lì si ergeva il castello. Nella pallida luce, ho intravisto la parte centrale, costituita da un blocco unico da cui sporgeva un portico. L'intera facciata era ricoperta di edera, tagliata qua e là per scoprire una finestra e uno stemma che parevano galleggiare in quell'oscuro mare di foglie. Ai lati s'innalzavano due antiche torri, merlate, bucate da innumerevoli feritoie. Un'ala più moderna, di granito nero, continuava a destra e un'altra a sinistra delle torri. Una luce smorta filtrava dalle finestre a bifora, mentre dai camini, che si levavano alti sopra il tetto aguzzo, sgorgava un'unica colonna di fumo."


"Una volta in camera, ho tirato indietro le tende per guardare fuori. La finestra dava sul vasto spiazzo erboso, davanti all'ingresso. Più oltre, si scorgevano due grandi macchie d'alberi che gemevano, sbattuti dal vento. Una mezza luna è sbucata tra le fessure delle nubi che si rincorrevano. Nella sua fredda luce ho visto al di là degli alberi il profilo tormentato delle rocce che orlavano la distesa malinconica della brughiera. (...) Quando d'improvviso, nel cuore della notte, ho sentito risuonare un rumore distinto, inconfondibile. Era un singhiozzare di donna, lo sfogo struggente, soffocato, di chi è tormentato da un'incontrollabile pena. (...) Nessun altro rumore mi è giunto, se non il rintoccare lento del campanile e il frusciare dell'edera sul muro."


"(...) Il bravo dottore, su richiesta di Sir Henry, ci ha condotto al viale dei tassi per mostrarci esattamente cos'è accaduto quella notte fatale. è un lungo viale tetro che corre fra due alte pareti di tassi, con in mezzo la ghiaia e ai lati una striscia d'erba. In fondo, un vecchio padiglione in rovina. A mezza strada c'è il cancello che dà sulla brughiera. (...) Mentre era lì, il vecchio Sir Charles ha visto qualcosa venire dalla brughiera, qualcosa di così terrificante che ha perso la testa e si è messo a correre, correre, tanto da morire dallo sforzo e dalla paura. Era quello il cupo, lungo tunnel che aveva percorso fuggendo. E da che cosa? Un cane-pastore della brughiera? O una bestia spettrale, nera, silenziosa e terribile?"


"Dopo cinque minuti eravamo già fuori, pronti per la spedizione. Camminavamo tra gli alberi immersi nella fitta oscurità, inseguiti dal mugolio del vento autunnale e dal fruscio delle foglie morte. L'aria della notte stagnava di umidità e di miasmi. Ogni tanto la luna faceva capolino, ma le nuvole si stavano addensando e proprio quando siamo arrivati nella brughiera è cominciata a cadere una pioggia fitta e sottile. (...) D'improvviso è risuonato nella cupa vastità della brughiera quello strano lamento che avevo già sentito nella palude di Grimpen. Trasportato dal vento, si levava nel silenzio della notte prima un mormorio basso, prolungato, che poi esplodeva in un ululato terribile, per ripiombare in un gemito triste che si perdeva in lontananza. E così più volte l'aria vibrava tutta di questo suono cupo, selvaggio, carico di sinistri presagi."


"Alla nostra destra splendeva bassa la luna e la cima frastagliata di un picco di granito spiccava contro la parte inferiore del suo disco argenteo. Lassù, scolpita come una statua di ebano sullo sfondo chiaro di luna si stagliava la figura di un uomo."


"Giornata grigia: nebbia e pioggia. Il castello è soffocato da una massa mobile di nubi, che di tanto in tanto si squarciano, mostrando il triste profilo della brughiera, con le venature sottili, argentee lungo il dorso delle colline e i grossi massi rilucenti sotto l'improvvisa sferzata di luce sulle superfici bagnate."


"Oggi non ha fatto che piovere tutto il giorno; si sentiva il fruscio dell'acqua sull'edera e lo sgocciolare delle grondaie. (...) Prima di sera, mi sono infilato l'impermeabile e mi sono avventurato fuori, camminando a lungo nella brughiera fradicia d'acqua, tormentato da oscuri pensieri, mentre la pioggia mi batteva in viso e il vento mi fischiava nelle orecchie. (...) Ho trovato il picco nero, in cima al quale avevo visto lo sconosciuto solitario, e anch'io ho guardato dall'alto la distesa malinconica. Ventate di pioggia sferzavano le dune rossastre; le nubi, rigonfie, nere, incombevano basse sul paesaggio, sfilacciandosi in grige spirali nebbiose intorno alle colline evanescenti. In basso, a sinistra, affioravano tra gli alberi, fasciate dalla nebbia, le due torri sottili del castello dei Baskerville."


"Sulla grande palude di Grimpen si era intanto addensata una nebbia fitta, bianca. Avanzava lentamente, come una parete sospesa su di noi: spessa, inesorabile. Illuminata dalla luna, pareva un enorme luccicante bianco di ghiaccio, con le cime lontane dai picchi che spuntavano come rocce cresciute in superficie. (...) Sopra di noi, le stelle splendevano fredde nel cielo terso e la mezza-luna spandeva tutt'intorno una luce tenera, vaga. La casa emergeva scura, con il tetto seghettato e i camini si stagliavano alti contro il cielo argenteo. Larghe strisce di luce dorata si proiettavano dalle finestre a pianterreno, allungandosi sul giardino e sulla brughiera. (...) La nebbia, strisciando, aveva già avvolto, sotto i nostri occhi, la parte inferiore della casa."


"Nello stesso momento, Lestrade ha gettato un grido d'orrore e si è buttato con la faccia a terra. Sono balzato in piedi, impugnando la pistola, ma sono rimasto paralizzato alla vista dell'essere mostruoso che era emerso dalla fitta oscurità. Era un cane, ma era enorme, nero come la pece. (...) Dalle fauci spalancate uscivano lingue di fuoco, gli occhi ardevano come la brace, il muso e il collo divampavano orribilmente."
































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