Vedi anche https://intervistemetal.blogspot.com/2021/11/lamore-e-il-carpe-diem-in-catullo.html
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Roma conosceva la magia sin dalle origini poiché nelle Dodici Tavole figura una legge che vietava il malum carmen, l'incantesimo malefico. Furono soprattutto le donne a dedicarsi a questo mestiere (perché veniva pagato molto bene).
Orazio ci ha tramandato il ricordo della terribile Canidia, esperta in necromanzia, che andava a disseppellire i cadaveri nei carnai per procurarsi gli ingredienti necessari per i suoi filtri e non esitava a far morire di fame, sotterrandolo fino al collo, un bambino, in modo che il suo midollo acquisisse delle virtù magiche.
(Nota di Lunaria: anche nella Bibbia è citata una necromante: la strega di Endor, che evoca i morti; la vicenda si trova nel primo libro di Samuele, capitolo 28; la necromante evoca lo spirito di Samuele su ordine di Saul)
Queste streghe sapevano anche togliere di mezzo mariti o parenti, su richiesta di qualcuno, usando i veleni.
Sono state conservate una quantità di tavolette di malefici impressi su lamine di piombo con invocazioni alle divinità infernali; a volte si tentava di assicurarsi la vittoria alle corse delle bighe o la morte di un nemico. Queste tavole riportavano nomi di divinità straniere come demoni mazdei, egizi o italici, spesso storpiati.
La religione romana non era molto interessata a rispondere a cosa ci fosse dopo la morte. I Romani praticavano un culto dei defunti ma solo per un motivo concreto: bisognava rendere i loro spiriti benevoli verso la casa e la famiglia a cui erano appartenuti, ottenendo la loro protezione. I Romani dedicavano grande attenzione ai culti domestici, nei quali si veneravano le divinità protettrici della casa (Lari e Penati) e gli spiriti dei morti (i Mani). Ai Lari era dedicato un tabernacolo ("larario") posto nell'atrio e decorato con le immagini dei Lari stessi.
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