Paradiso e inferno nelle frasi dei Padri della Chiesa e dei Santi

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è il tempo della scelta, della decisione. Si tratta o di ripercorrere la medesima strada percorsa dal Risorto o di rifiutarsi: il destino del mondo si compie nell'uomo attraverso la sua libertà. Si tratta di lasciarsi "riempire" da Cristo (1), cioè di vivere la carità: non c'è altra strada per la salvezza. In tale prospettiva si comprende il collegamento, presente in tutto il Nuovo Testamento, tra la Parusia di Cristo e il giudizio: il rifiuto della via della Pasqua, il rifiuto di Cristo risorto, della sua Pasqua, coincide con il rifiuto della vita. 

Allora, nell'incontro ultimo ed escatologico con Dio (Parusia) questo sarà giudizio, [...] se, accogliendo la sua alleanza, avremo fatto scelte di vita, saremo nella vita (Paradiso); se rifiutando la sua offerta di salvezza e di vita avremo fatto scelte di morte, saremo nella morte (inferno). è evidente che sia il Paradiso sia l'inferno non sono in alcun modo "luoghi" definibili in termini di spazio bensì stati di vita, modi di essere: il modo di essere di chi è con Dio nella vita, il modo di essere di chi è lontano da lui, nella morte eterna. (2)

La volontà di Dio, manifestata in Cristo, è comunque una volontà di vita, di salvezza: siamo noi che possiamo sottrarci, e col peccato di fatto ci sottraiamo a questa volontà. 

Per concludere , ecco una pagina del teologo G. Greshake: 

"Il Paradiso ha già un inizio là dove Cristo prende forma negli uomini, dove gli uomini esistono l'uno per l'altro e si amano. Il Paradiso non è dunque soltanto una grandezza completamente aliena, estranea, che si instaurerà unicamente in un tempo a venire... esso si delinea anticipatamente già ora, ha inizio già ora, si costruisce già ora a poco a poco, e questo là dove è l'amore e si vive nell'amore. Inversamente, quando l'uomo rimane solo in se stesso, quando soffoca nel suo egoismo, quando respinge gli altri e rifiuta la comunione con Cristo, la vita umana inizia fin da ora la sua distruzione perché incomincia già - in altre parole - ciò che la Scrittura e la tradizione chiamano "inferno". Questo è stato visto giustamente dalla saggezza popolare che ha coniato espressioni come "questo è un inferno". L'inferno non è una punizione che Dio ha escogitato, "per continuare fino alla fine a sfogare la sua ira sul peccatore": sia l'inferno sia il Paradiso sono per così dire la logica immanente della vita umana stessa, il compimento assoluto - positivo come negativo - dell'esistenza umana, quale si realizza già ora.

Note: 

(1) Come faceva notare Mary Daly, nell'ideologia cristiana "L'idea di un salvatore unico di sesso maschile può essere vista come un'ulteriore legittimazione della supremazia del maschio (...) In regime di patriarcato un simbolo maschile sembra proprio il meno indicato ad interpretare il ruolo di liberatore del genere umano dal peccato originale del sessismo. L'immagine stessa è unilaterale per quanto concerne l'identità sessuale, e lo è proprio dal lato sbagliato, perché non contraddice il sessismo e glorifica la mascolinità." 

"L'ideologia cristiana presenta una distorsione prodotta dalla gerarchia sessuale e che la convalida, palese non solo nelle dottrine relative a Dio e alla Caduta ma anche in quelle relative a Gesù [...] Una logica conseguenza della liberazione della donna sarà la perdita di credibilità delle formule cristologiche che riflettono ed incoraggiano l'idolatria verso la persona di Gesù [...] Non è tuttora insolito che preti e ministri cristiani, posti di fronte al discorso della liberazione della donna, traggano argomenti a sostegno della supremazia maschile dall'affermazione che Dio "si incarnò" esclusivamente in un maschio. In effetti la stessa tradizione cristologica tende a giustificare tali conclusioni. Il presupposto implicito - e spesso esplicito - presente per tutti questi secoli nella mente dei teologi è che la divinità non poteva degnarsi di "incarnarsi" nel "sesso inferiore" e il "fatto" che "egli" non lo abbia fatto conferma ovviamente la superiorità maschile. Venendo meno il consenso delle donne alla supremazia maschile, questi tradizionali presupposti cominciano a traballare.

(Nota di Lunaria: si vedano Sprenger e Kramer nel "Malleus Maleficarum": "E sia benedetto l'Altissimo che finora ha preservato il sesso maschile da un così grande flagello [la stregoneria]. Egli ha infatti voluto nascere e soffrire per noi in questo sesso, e perciò lo ha privilegiato") 

"Ho già osservato che il testo paolino "in Cristo non c'è... maschio né femmina", funziona in questo modo, perché semplicemente e palesemente ignora il fatto che Cristo è un simbolo maschile e perciò a tale livello esclude la femmina." 

"Io ritengo che un altro ribaltamento sia l'idea dell'incarnazione redentrice unica nella forma di un salvatore maschio perché questo è precisamente impossibile. Una divinità patriarcale, o suo figlio, non è in grado di salvarci dagli orrori di un mondo patriarcale." 

Mi pare significativo concludere con questo commento: "è ovvio che tutte queste ideologie hanno non solo la funzione di conciliare le donne con il loro ruolo subordinato sostenendo che è inalterabile, ma anche di far credere che esso rappresenti l'appagamento dei loro desideri, o un ideale che è lodevole cercare di raggiungere" [Horney]

(2) Parafrasando il testo, fare "scelte di morte" rifiutando il Dio mascolino patriarcale, assume in ottica femminista radicale il dare la morte a questo Dio patriarcale, misogino, odiatore e oppressore delle donne. 

APPROFONDIMENTO: L'INFERNO NEI COMMENTI DI VON BALTHASAR 

Uno scritto risalente al 28 giugno 2014, che aggiorno

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Pietro Lombardo, l'autore del manuale teologico del Medioevo, conclude la sua opera domandandosi se, un giorno, anche gli abitanti della Gerusalemme celeste contempleranno davanti alle porte della città coloro che languono nel fuoco e quale impressione simile "spettacolo saziante" (egli si richiama a Girolamo) farà loro. "Per ultimo domandiamoci se la vista della pena dei dannati offuschi (decoloret) la gloria dei beati o accresce la loro beatitudine?" 

Con Gregorio Magno egli afferma che in Paradiso non vi sarà più alcuna compassione della miseria e che di conseguenza la gioia dei celesti non può esser turbata. "E benché le loro gioie bastino loro, la vista della punizione dei cattivi, cui essi sono sfuggiti per grazia, accresce la loro gloria." "Vedendo l'indicibile miseria degli empi, ringraziano per la loro salvezza, poiché il giusto godrà nel vedere la vendetta" (salmo 58,11) "Spezzagli, o Dio, i denti nella bocca... il giusto godrà nel vedere la vendetta, laverà i piedi nel sangue degli empi".

METTIAMO LA PROVA, PRIMA CHE QUALCUNO DICA CHE "ME LO SONO INVENTATA IO"

Accanto alla chiara messa in risalto dell'inferno come possibilità di un indurimento permanente della coscienza, deve essere presente in egual misura l'esortazione ad abbandonarsi con piena speranza e fiducia all'infinita misericordia di Dio. La certezza che un certo numero di uomini, soprattutto non credenti, finisca nell'inferno eterno, possiamo lasciarla all'islam e similmente dobbiamo opporre al particolarismo salvifico ebraico l'universalità cristiana della redenzione. (Nota di Lunaria: concetto rifiutato da evangelici e calvinisti fondamentalisti, ovviamente) 

Tutti si lasceranno realmente riconciliare? A tale domanda nessuna teologia o profezia può rispondere. Ma "l'amore spera tutto" (1 Cor 13,7) Esso non può far a meno di sperare la riconciliazione di tutti gli uomini in Cristo. Sotto il profilo cristiano tale speranza illimitata non solo è permessa, bensì doverosa.

Posto che sia realmente possibile gettare un simile sguardo al di là dell'abisso che separa il Paradiso e l'inferno, un teologo coscienzioso non dovrebbe domandarsi che cosa provano i beati, quando vedono qualcuno dei loro fratelli e sorelle ardere nell'inferno? Tale domanda è legittima solo se, primo, esistono dei dannati e, secondo, se dal Paradiso è possibile vederli o se ne sente almeno la mancanza.

Alimentare in sé la speranza che tutti gli uomini troveranno la salvezza, è una concezione che venne diffusa come dottrina sotto il nome di apocatastasi, e come dottrina venne condannata. 

Malgrado tutto: speranza universale. Uno può sperare la vita eterna per l'altro, in quanto egli è unito mediante l'amore, aveva insegnato Tommaso d'Aquino, e a quale fratello potremmo rifiutare tale amore?

Il libro di Isaia descrive alla fine come i salvati nella Gerusalemme (terrena) escatologica e gloriosa escono a passeggiare dalle porte della città e come vedono i cadaveri degli uomini che si sono ribellati contro Dio: "Il loro verme non morirà, il loro fuoco non si spegnerà e saranno un abominio per tutti" (Is 66,24)

Al posto di "abominio" i Settanta hanno "spettacolo" e la traduzione di Girolamo dice "et erunt usque ad satietatem visionis omni carni", che tradotto significa "e saranno per ogni carne uno spettacolo fino alla sazietà".

Per Caterina da Siena "Non è forse vero che, se io fossi veramente accesa dal fuoco del divino amore, egli che è tutta misericordia userebbe misericordia e farebbe che tutti fossero accesi dal fuoco che arderebbe in me?" "Signore, come potrò esser contenta fino a che uno di questi, creati come me a tua immagine e somiglianza, perisca o si tolga dalle mie mani? Io non voglio che nemmeno uno dei miei fratelli, che sono congiunti miei per natura e per grazia, si perda. Voglio che l'antico avversario li perda e che tu li guadagni tutti a maggiore gloria e lode del tuo nome." Il Signore le rispose "La carità non può stare nell'inferno, perché lo distruggerebbe. Sarebbe più facile che l'inferno si distruggesse che la carità stare con lui." La santa replicò: "Se la tua verità e la tua giustizia lo permettessero, io vorrei che l'inferno fosse distrutto o almeno che nessuna anima, di qui in avanti, vi scendesse. Se, salva l'unione della tua carità, io fossi posta sulla bocca dell'inferno per chiuderla sì che nessuno vi potesse entrare, sarebbe per me cosa gratissima, perché così si salverebbero tutti i miei prossimi"

Alcuni santi vedono in visione masse di uomini dirigersi verso l'inferno, come fiocchi di neve o foglie cadenti; ai santi che viene concessa un'esperienza personale dell'inferno senza che si scorgano i dannati, scaturisce l'ardente desiderio di aiutare le anime "al punto che sopporterei volentieri con grandissima gioia mille volte la morte, per far sì che anche una singola anima sfugga a una pena tanto spaventosa." (Teresa d'Avila)

Secondo alcuni Padri della Chiesa, i beati vedono l'inferno, ma i dannati non vedono il Paradiso; altri ritengono che si proverà gioia a vedere il tormento dei dannati anche se non "per sé" ma "per accidens", guardando alla giustizia divina e gioendo della propria liberazione e solo incidentalmente dei tormenti dei dannati.

Di fronte a questo, ci si potrebbe chiedere come potrebbe un cristiano in Paradiso gioire vedendo sua madre o il suo miglior amico all'inferno; e poi: Dio non ama più i dannati? Quale effetto ha una simile situazione su Dio?

Comunque, l'inferno lo troviamo menzionato nella parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro, anche se la parabola vuole esortare alla carità verso i poveri. Alcuni pensano che l'inferno sia vuoto o che gli uomini saranno tutti salvati perché Dio è amore; non si potrebbe essere beati presso Dio se vedessimo qualcuno di eternamente dannato.

L'amore misericordiosissimo può quindi posarsi su chiunque. Noi crediamo che esso lo faccia. E dovrebbero ora esserci anime che gli si chiudono permanentemente? Come possibilità di principio ciò non va escluso. Di fatto può diventare infinitamente inverosimile.

Nota di Lunaria Luigi Pareyson si chiedeva in quel suo "Ontologia della Libertà": "Dio contiene dunque in sé, come possibilità ab aeterno, vinte e superate, il Nulla e il Male. Per cogliere questo punto essenziale, si cerchi di pensare e tener fermo un unico atto originario, in cui l'irruzione di Dio nell'Essere (l'esistenza di Dio) il suo affermarsi come Positività (la sua scelta del Bene), il suo rifiuto dell'altra alternativa (l'eliminazione del Male), il suo superamento del Negativo (la sua vittoria sul Nulla) si identificano e sono tutt'uno, un unico e medesimo atto. Egli è Libertà, e la Libertà è di per sé ambigua, nel senso che può esser Libertà positiva o Libertà negativa, e quel dilemma fra Bene e Male, Essere e Nulla, non fa che esprimere tale ambiguità. [...] Il Male in Dio è soltanto la possibilità del Male, la quale può essere tradotta in realtà solo per opera dell'uomo, al momento della sua Caduta. [...] Dio è senza dubbio l'origine del Male, ma certamente non ne è il realizzatore, cosa che compete soltanto all'uomo, sul piano della storia. [...] Non si può ammettere che l'uomo abbia tanta creatività da inventare il Male: egli, che è l'unico autore del Male, non può tuttavia esserne l'inventore. Non è necessario ricorrere a un principio del Male perchè il Male è già in Dio."

"L'ombra in Dio è che gli si possa domandare: "Perché tanto male nel mondo, perché tanta malvagità e tante sofferenze?" e ch'egli non risponda che col suo silenzio."

Nota di Lunaria: Resta, scandalosamente, la mancanza di Ipostasi femminile: questo dio cristiano (rovesciando la frase che l'Aquino usa per definire la donna nella Summa Theologiae questione 92) è un dio femmina mancato. è un dio femmina incompleto. è un dio femmina malriuscito.

Niente di questo Dio concepito in modo cristiano è qualcosa che riconosca valore attivo alle donne. Niente di questo Dio concepito in modo cristiano è qualcosa che sia femminile, ontologicamente femminile. La nostra SPECIFICITà FEMMINILE manca, a questo Dio. Il cristianesimo va nel solco di quelle ideologie androcentriche che esaltano l'ego virile lusigandolo con la dimensione divina, trascendentale, anche se c'è da dire, per onestà, che negli ultimi anni alcuni teologi cattolici "progressisti" hanno tentato di parlare degli aspetti materni di Dio o dello Spirito Santo.





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