Ivanhoe

 



"Nel ridente distretto della felice Inghilterra bagnato dal fiume Don, si estendeva anticamente una vasta foresta che ricopriva gran parte delle belle colline e vallate situate tra Sheffield e l'amena cittadina di Doncaster. I resti di quella grande foresta si possono ancora vedere nelle residenze avite di Wentworth (...) Se questa è la scena principale, la data del nostro racconto si riferisce a un periodo intorno alla fine del regno di Riccardo I, [Cuor di Leone], quando per i suoi sudditi, sottoposti a ogni sorta di angheria dai feudatari, il suo ritorno dalla lunga prigionia era ormai un evento più desiderato che sperato. [...] 
Il sole stava già calando su un'erbosa radura della foresta di cui abbiamo parlato all'inizio del capitolo. Centinaia di tozze querce fronzute, che avevano forse assistito all'imponente marcia dei soldati romani, stendevano i loro lunghi rami nodosi sopra un folto tappeto d'erba deliziosamente verde.
In alcuni punti erano frammiste a faggi, ad agrifogli e ad altre piante del sottobosco, così fittamente da intercettare i raggi obliqui del sole al tramonto, mentre in altri si distanziavano l'un l'altra, formando quei lunghi scorci spaziosi nei cui meandri lo sguardo ama perdersi, mentre la fantasia li trasforma in sentieri verso scenari ancora più selvaggi di solitudine silvestre.
Qui i raggi rossi del sole proiettavano una luce spezzata e pallida, in parte trattenuta dai rami contorti e dai tronchi muscosi degli alberi, là illuminavano con vivide chiazze quei tratti del prato che riuscivano a raggiungere.
Un ampio spiazzo aperto, nel mezzo della radura, sembrava esser stato dedicato un tempo ai riti della superstizione druidica, perché sulla cima di una collinetta, così regolare da sembrare artificiale, rimanevano ancora i resti di un cerchio di informi pietre grezze di grandi dimensioni."  







"[...] Fece capire al cavaliere che era nelle vicinanze di una cappella o di un eremo. Poco dopo arrivò, infatti, a un ampio pianoro erboso, dove una roccia si ergeva bruscamente sul lato opposto del terreno in lieve pendio, mostrando al viaggiatore la sua facciata grigia e consunta dalle intemperie. Era ammantata d'edera sui fianchi e celata in altri punti da querce e agrifogli che trovavano nutrimento per le loro radici negli interstizi della rupe, oscillando sul precipizio sottostante, come piume sull'elmo d'acciaio di un guerriero, e conferendo così una certa grazia a quella vista che incuteva peraltro paura. [...] Accanto a quella fonte si vedevano le rovine di una cappelletta con il tetto in parte diroccato. [...] Questa scena idilliaca apparve agli occhi del viaggiatore nella luce calante del crepuscolo"





































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Aggiornamento: di Scott aggiungo anche questi versi di "Marmion" che ho trovato menzionati in "Jane Eyre" (https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2024/08/jane-eyre-le-frasi-piu-belle.html)

"Day set on Norham's castled steep,
and Tweed's fair river broad and deep,
and Cheviot mountains lone;
the massive towers, the donjon keep,
the flanking walls that round them sweep,
in yellow lustre shone…" 

Sorgeva il giorno sulla rocca turrita di Norham, sull'ameno fiume Tweed largo e profondo. E sui solitari monti Cheviot; le torri massicce, il torrione, i barbacani fiancheggianti tutt'intorno, splendevano di luce gialla…






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