Morti viventi in Irlanda...

Era buio quando raggiunsi la vecchia casupola. Il viaggio era stato ben lungi dall'essere facile. Immagino che un animale metropolitano quale io sono troverebbe difficile qualsiasi viaggio attraverso la campagna solitaria. Ero certamente stato troppo ottimista. Mi era stato detto che la casa distava solo ventun miglia in linea d'aria dal centro di Cork. Ma in Irlanda le miglia sono ingannevoli. So che esiste una trita storiella riguardante il "miglio irlandese" ed ora posso affermare che non è poi così priva di fondamento. Infatti le Boggerah Mountains sulle cui pendici si trova la casa, sono un luogo lugubre spazzato dal vento dove non cresce nulla ad eccezione dell'erica pallida, una stoppia polverosa che si abbarbica tenacemente alle faglie di granito grigio delle colline; un luogo in cui il vento fischia ed ulula su di un paesaggio lunare di rocce che si stagliano aguzze verso il cielo. Per percorrere un miglio su questo terreno, in mezzo alle alture ed alle tremenda grandiosità della natura selvaggia, tra scarpate rocciose ed arbusti spinosi, bisogna calcare due ore di marcia. Un miglio su di una strada ben tenuta non equivale ad un miglio su di un tracciato poco frequentato in mezzo a questi lugubri picchi. Innanzitutto, cosa ci facevo io in una zona così inospitale? Questo è senza dubbio la domanda che vi porrete. Ebbene, non mi trovavo di certo lì per mio espresso desiderio. Ma bisogna guadagnarsi da vivere e la mia sussistenza dipende dal mio lavoro con la RTE. Faccio il ricercatore per la televisione di stato irlandese. Tutto cominciò quando qualche brillante produttore ebbe l'idea di fare un programma sulle consuetudini del folklore irlandese. Quella fu la motivazione iniziale che fece sì che mi ritrovassi a fare delle ricerche in mezzo a volumi polverosi in una vecchia libreria di occultismo situata in un vicoletto vicino a Sheares Street, su di un'isola senza nome del fiume Lee che costituisce il centro della città di Cork.  La zona viene spesso citata negli studi sulla città di Cork come il luogo in cui il bel mondo veniva a passeggiare ed a mettersi in mostra. Quell'epoca gloriosa era passata ed ora piccole abitazioni di artigiani e negozi si addossavano l'uno all'altro in maniera claustrofobica. Mi era stato detto di fare ricerche sulle superstizioni connesse con i morti e stavo sfogliando alcuni volumi quando mi accorsi della presenza accanto a me di una vecchia donna. Stava scrutando il libro che consultavo con una curiosità più che evidente. "Così, giovanotto, sei interessato alle credenze ed alle superstizioni irlandesi che riguardano i morti?" Osservò con tono arrogante e con voce lievemente stridula ed acuta. La guardai. Era di bassa statura ed aveva le spalle curve; indossava un vestito lungo ed un cappello con veletta dello stesso colore, quasi come un personaggio uscito da un dramma vittoriano. Con un simile abbigliamento era difficile capire che fisionomia avesse, ma dava l'impressione di appartenere ad un mondo da tempo scomparso, ad un'epoca quasi dimenticata. "Proprio così", risposi cortesemente. "Un argomento interessante. Esistono molte storie di morti che sono ritornati in vita, nella zona ovest di Cork. Se andrai nelle comunità rurali sentirai alcuni racconti piuttosto singolari." "Davvero?", domandai cortesemente. "Intende dire zombi?" Aspirò rumorosamente con il naso in maniera sprezzante. "Zombi! Quella è una superstizione vudu che ha origine in Africa. Siamo in Irlanda, giovanotto. No, intendo dire il Marbh Bheo." Pronunciò questa parola "ma'rof vo" "Di cosa si tratta?", domandai. "Un cadavere vivente", rispose. "Troverai molti racconti sul Marbh Bheo" nelle campagne irlandesi." Di nuovo aspirò rumorosamente dal naso. Sembrava essere una sua abitudine. "Sì, davvero, giovanotto. Vi sono molte storie che ti farebbero rizzare i capelli. Storie bizzarre e terribili. Racconti di esseri sepolti vivi. La storia di Tadigh O'Chathàin che, per punizione per la sua vita malvagia fu condannato ad essere perseguitato ogni notte da uno spaventoso cadavere vivente, un Marbh Bheo che chiedeva sepoltura e lo portava di cimitero in cimitero dove i morti si sollevavano dalle loro tombe per impedire la sepoltura del cadavere. Vi sono laghi infestati da cadaveri che stanno in agguato per divorare gli annegati e creature maledette che non possono mai morire ed abitano le fortezze. Oh sì, giovanotto, vi sono molti racconti bizzarri da ascoltare ed alcuni a neppure un miglio dal posto in cui ci troviamo." "Conosce qualcuno del luogo che sia un esperto di questo genere di racconti?", domandai. "Vede, sto lavorando per un programma televisivo e desidero parlare con qualcuno..." Di nuovo tirò su con il naso. "Vuoi parlare con qualcuno che abbia delle conoscenze sul Marbh Bheo?" Sorrisi. Sembrava una cosa così naturale, come se stessi semplicemente chiedendo di parlare con qualcuno che potesse darmi dei consigli sull'allevamento delle api. Annuii pieno di curiosità. "Vai alla Musheramore Mountain e chiedi di Teach Droch-Chlù. A Teach Droch-Chlù troverai Padre Nessan Doheny. Lui parlerà con te. Deposi il libro che stavo esaminando, mi voltai per prendere la mia valigetta dei documenti e ne estrassi il taccuino. Mi voltai di nuovo verso la vecchia signora ma, con mia grande sorpresa se ne era andata.  Mi guardai in giro nel negozio. Il proprietario era al piano di sopra; gli chiesi se l'avesse vista o se la conoscesse ma non l'aveva vista né la conosceva. Alzai le spalle, presi nota dei nomi che mi aveva dato. In fin dei conti, in un negozio di libri sull'occulto ci si deve aspettare di incontrare le persone più strane. Ma ero soddisfatto dell'incontro. Ecco uno spunto più stimolante che passare le giornate a sfogliare dei libri. Un buon programma televisivo si basa su dei personaggi, su dei narratori e non sul resoconto di fatti aridi e privi di interesse da parte di un semplice cronista. Musheramore è la cima più importante delle Boggeragh Mountains, non lontano da Cork. Controllai l'elenco  telefonico e non vi trovai il nome di Padre Nessan Doheny né Teach Droch-Chlu. Ma il luogo era così vicino che, da cittadino quale sono, pensai che avrei potuto percorrere le ventun miglia che mi separavano da Musheramore e ritornare in serata. Vorrei spiegare che sono un orgoglioso possessore di una motocicletta di marca Triumph. Le motociclette sono un mio passatempo. Pensavo che avrei potuto fare una chiacchierata con il prete e poi essere di ritorno a Cork molto prima di mezzanotte. Lascia Cork percorrendo la Macroom che è una superstrada larga e rettilinea e poi girai a nord per una stradina in direzione del villaggio di Ballynagree; la vetta scura del Musheramore dominava il paesaggio in lontananza. Fino a quel punto era stato facile. Mi fermai ad un piccola autorimessa, feci il pieno di benzina e domandai la strada per Teach Droch-Chlù. L'uomo dell'autorimessa, il cui distintivo recava il nome di Manus, mi lanciò uno sguardo strano, come se avessi detto qualcosa che segretamente lo divertisse. Il suo viso assunse un'espressione d'intesa mentre mi dava alcune indicazioni. Fu allora che il viaggio vero e proprio cominciò. Mi ci volle un'ora tra farmi dare le istruzioni e raggiungere il luogo. Sebbene mi vergogni ad ammetterlo, il mio irlandese non è molto buono. In un paese che è, secondo l'opinione generale, bilingue, ma in cui l'inglese è più parlato dell'irlandese, ce la si può cavare anche parlando poco l'irlandese. Così, mentre sapevo che "Teach" significava casa, non avevo la minima idea di cosa significasse il nome per intero. La capanna, poi, perché in realtà di una capanna si trattava, fu molto più difficile da trovare di quanto avessi mai pensato. Sorgeva in un anfratto scavato nella montagna, circondato da alberi scuri e cespugli che formavano una siepe. Aveva un aspetto vecchio e triste. Quando finalmente trovai il posto, l'oscurità era scesa a nascondere ogni cosa con il suo manto avvolgente. Parcheggiai la motocicletta e mi incamminai per un sentiero tortuoso; i pungiglioni acuminati dei cespugli di corimbo (rosa selvatica) mi graffiavano le mani e si conficcavano nella giacca. Alla fine raggiunsi la porta sovrastata da un basso architrave. Quando bussai ai pannelli di legno della vernice scrostata, una voce acuta mi invitò ad entrare. Padre Nessan Doheny, almeno così presumevo si chiamasse la sparuta figura che avevo davanti a me, sedeva su di una sedia dall'alto schienale accanto ad un fuoco di torba che bruciava lentamente; aveva i capelli bianchi, gli occhi scialbi ed incolori sembravano immobili e la sua pelle era come pergamena gialla. Teneva le mani sottili simili ad artigli ripiegate in grembo. Vestiva un abito nero lucido sul quale spiccava solo il bianco del collare ecclesiastico. Nella stanza faceva freddo nonostante il fuoco che lentamente si consumava. "I morti?", disse con voce stridula, dopo che gli spiegai lo scopo della mia visita. Le sue sottili labbra esangui si incresparono sollevandosi agli angoli. Avrebbe potuto essere un sorriso. "I vivi hanno così poco che li interessi da aver bisogno di occuparsi dei morti?" "è per un programma televisivo sul folklore, Padre", gli risposi compiacente. "Folklore, davvero?", ridacchiò. "Ora i morti sono ridotti a folklore." Rimase in silenzio così a lungo che pensai che forse l'anziano prete, invecchiando e soffrendo di decadimento senile, si fosse addormentato, ma alla fine sollevò il viso verso di me e scosse la testa. "Potrei raccontarti molte storie sui morti. Sono reali quanto i vivi. Ebbene, non lontano da qui vi è una fattoria. Esiste una consuetudine da queste parti che quando si butta via dell'acqua durante la notte, poiché è possibile trovare ancora più di una casa in cui bisogna attingere l'acqua dal pozzo, la persona che la getta debba gridare "Tòg ort as uisce!", che significa "Stai lontano dall'acqua!" Sapevo che questa era un'espressione contadina meglio tradotta in inglese con "attenzione all'acqua" "Perché si dice così, Padre?" "Perché si ritiene che l'acqua che cade su di un cadavere lo bruci, poiché l'acqua rappresenta la purezza. Ebbene, accadde che una notte, una donna di una fattoria non lontano da qui abbia vuotato una brocca d'acqua e si sia dimenticata il grido di avvertimento. Immediatamente udì un urlo di dolore. Nell'oscurità non si vedeva nessuno. A mezzanotte circa la porta si aprì ed un agnello nero con il dorso bruciato entrò in casa. Si sdraiò gemendo accanto al focolare e morì prima che il contadino e sua moglie sapessero cosa fare. La mattina seguente il contadino seppellì l'agnello. Quella notte a mezzanotte la porta si aprì di nuovo ed un agnello entrò. Aveva anch'esso il dorso bruciato. Si sdraiò e morì. Il contadino lo seppellì nuovamente. Quando ciò accadde per la terza volta, il contadino mi mandò a chiamare. Ero allora un giovane prete ma capii immediatamente quello che era accaduto e liberai lo spirito del morto con un rito solenne di esorcismo. L'agnello nero non tornò più." Stavo precipitosamente prendendo appunti. Dovetti appoggiare uno dei miei quaderni su di un tavolino mentre ero intento nello scrivere. "Assolutamente fantastico, Padre. Ne ricaveremo un bel racconto, un racconto coi fiocchi." Mi fissò freddamente. "Non sto raccontando delle favole. I morti hanno gli stessi poteri che hanno i vivi e dovresti stare attento a non prenderti gioco di loro, giovanotto." Sorrisi con indulgenza. "Non si preoccupi, Padre. Non mi prenderò gioco di loro. Voglio solo mettere insieme questo programma..." Padre Doheny trasalì come colpito da un dolore improvviso. Scordandomi quello che mi era già stato risposto a quel proposito, domandai: "Esiste un fenomeno come quello degli zombi, in Irlanda?" Aspirò rumorosamente con il naso. Mi ricordai immediatamente della vecchia signora e della risposta che mi aveva dato. "Intendi dire un cadavere riportato in vita con la stregoneria?" "Sì. Non ci sono storie sui morti che camminano in Irlanda? Voglio dire, come li chiamate, i Marbh Bheo?" I suoi occhi acquosi sembrarono trafiggermi. "Certo che i morti camminano. Vi è solo un sottilissimo velo che separa il mondo dei vivi da quello dei morti. Al momento giusto e con il giusto stimolo i morti possono entrare nel nostro mondo con la stessa facilità con cui noi possiamo entrare nel loro." Non potei fare a meno di sorridere in maniera affettata. "Questa è all'incirca l'opinione della Chiesa Cattolica di Roma." Le sue labbra sottili si storsero in una smorfia di fastidio. "Gli antichi sapevano queste cose molto prima dell'avvento del cristianesimo. Sarebbe meglio non prenderle alla leggera." Padre Nessan era fantastico. Buttavo giù i miei appunti il più velocemente possibile, immaginandomi un'intera serie di trasmissioni dedicata al vecchio prete che raccontava le sue bizzarre storie. "Continui, Padre", lo incitai. "è davvero facile passare, attraverso questo velo di cui lei sta parlando, nel mondo dei defunti?" "Abbastanza facile, ragazzo. Lassù, a Caherbarnagh, quando ero un giovane prete, viveva una donna. Un giorno stava facendo ritorno alla sua capanna, quando si fermò per bere ad un piccolo ruscello. Mentre si stava rialzando, udì improvvisamente il suono ovattato di una musica. Un gruppo di persone stava scendendo lungo un sentiero cantando una strana, dolce canzone. Ne fu stupita ed un brivido d'inquietudine la percorse. Poi si rese conto che accanto a lei stava un giovanotto alto che la guardava con un viso pallido e strano, gli occhi spalancati ed inespressivi. Volle sapere chi fosse. Egli scosse la testa e le disse che era in grave pericolo e che, se non fosse fuggito con lui, le sarebbe capitato qualcosa di male. La donna corse via con lui e la gente che scendeva sul sentiero gridò: torna indietro! Ma la paura dava ali alle sue gambe e corse a perdifiato con il giovanotto fino a che raggiunse il limitare di un boschetto. Il giovanotto si arrestò e disse che erano salvi. Poi le chiese di guardarlo attentamente in viso. Quando lo guardò riconobbe in lui suo fratello maggiore che era annegato l'anno precedente. Era annegato mentre nuotava nelle acque scure di Loch Dalua ed il suo corpo non era mai stato recuperato. Cosa doveva fare? Sentì che il male era accanto a lei e corse a casa a cercare me, il prete del luogo, confessandomi ogni cosa. Era in preda al terrore e tremava tutta quando mi fece il suo racconto e dopo aver fatto l'ultima confessione, morì. "Questa è una storia straordinaria", dissi, prendendo ne entusiasticamente nota sul mio quaderno di appunti. "Vi sono racconti sui morti in ogni angolo del paese", disse annuendo il vecchio prete. Giunse alle mie orecchie il rintocco di un vecchio orologio che stava in un angolo. Non riuscivo a crederci. Erano già le dieci. Sospirai. Ebbene, stavo mettendo insieme così tanto buon materiale che era un peccato interrompere per essere sicuro di essere di ritorno a Cork ad un'ora ragionevole. "Ma cosa mi sa dire di questo Marbh Bheo, Padre?", domandai. "Le storie che mi hanno raccontato parlano più di fantasmi che di morti viventi. Esistono storie di cadaveri riportati in vita?" L'espressione del prete non cambiò. "Fantasmi, morti viventi, i morti sono morti in qualsiasi forma appaiano." "Ma cadaveri riportati in vita?", insistetti. "Cosa mi sa dire su di essi?" "Se devo parlare, allora parlerò", disse il vecchio prete, un po' a se stesso ed un po' come se si rivolgesse ad un altro interlocutore. "Devo parlare?" Naturalmente pensai che la domanda fosse rivolta a me e risposi di sì. "Allora parlerò. Ti racconterò una storia, una storia di un grande lord inglese che possedeva queste montagne prima che l'Irlanda conquistasse l'indipendenza dall'Inghilterra." Diedi un'occhiata all'orologio e dissi: "Si tratta di un racconto sui morti viventi, sui Marb Bheo?" Il prete ignorò la mia domanda. "Il signore era il Conte di Musheramore, Barone di Lyre e di Lisnaraha. Aveva un grande castello e dei possedimenti che comprendevano quasi tutta la zona delle Boggerah Mountains. Possedeva tutte quelle terre, e prima di lui la sua famiglia, fin dai tempi della conquista inglese e della fuga della nostra nobiltà in Europa. La proprietà rendeva molto ed il Conte di Musheramore era ricco e potente." La voce del prete assunse un tono monotono, ipnotico e soporifero. La sua storia si svolgeva all'epoca della "Grande Carestia". Durante la metà del diciannovesimo secolo, il raccolto di patate fallì. Dato che i contadini irlandesi erano stati a tal punto ridotti in miseria dal disinteresse dei proprietari inglesi, le patate erano divenute la loro dieta base, con l'aggiunta di qualche prodotto della caccia o della pesca di frodo, selvaggina dalla terra e pesci dai fiumi e dai laghi. I signori del luogo punivano severamente chiunque fosse sorpreso a cacciare o a pescare di frodo. Un giovane che aveva osato catturare una coppia di conigli di Lord Musheramore, per aiutare a sfamare la sua famiglia, fu mandato nella terra di Van Diemen in Australia per sette anni. Questa era la sorte che spettava ad ogni contadino che cacciasse di frodo nelle terre del suo signore. La legge veniva fatta severamente rispettare dai rappresentanti dei proprietari, di solito degli ex ufficiali dell'esercito inglese caduti in povertà, che venivano impiegati per amministrare le terre in loro assenza. Così, naturalmente, quando il raccolto di patate fallì, la gente cominciò a patire la fame. Nel giro di tre anni la popolazione del paese era stata ridotta a due milioni e mezzo di persone. Tuttavia i signori ed i loro rappresentanti esigevano ugualmente l'affitto delle piccole baracche e sfrattavano la gente lasciandola all'addiaccio nella neve e nel gelo invernale; uomini, donne e bambini in fasce, se non potevano pagare, venivano sfrattati e le loro capanne rase al suolo per impedire che vi facessero ritorno. A causa di queste terribili condizioni, morivano di freddo, di denutrizione e delle altre malattie che ne derivavano. Il colera si diffuse in tutto il paese. Malgrado ciò, i signori continuavano ad arricchirsi. Grandi carichi di prodotti appartenenti ai signori (cereali, grano, bestiame, pecore, pollame) venivano stivati a bordo delle navi nei porti irlandesi ed inviati in Inghilterra per essere venduti. Per ogni nave che trasportava aiuti raccolti dalle comunità irlandesi all'estero che approdava in un porto irlandese, ve ne erano sei cariche di granaglie e bestiame che facevano vela verso i porti dell'Inghilterra. Un grande rancore si diffuse nel paese. Un tentativo di sommossa contro i governanti fu brutalmente soffocato dall'esercito. Nei possedimenti del Conte di Musheramore, i contadini si riunirono in massa, inginocchiandosi sui prati verdi e ben rasati attorno al castello di Musheramore, alzando le mani in segno di supplica al loro signore ed invocando il suo aiuto per mantenerli in vita durante l'inverno che stava per sopraggiungere, un inverno che molti erano già condannati a non vedere, talmente erano mal ridotti dalla denutrizione. Il Conte Musheramore era un giovane fatuo e vanitoso. Aveva circa 30 anni; il suo viso aquilino aveva una carnagione scura ed una bocca dall'espressione sprezzante. Da quanto aveva ereditato le terre, vi si era ricato solo una volta. Preferiva vivere nella sua casa a Londra dove poteva frequentare i teatri, le bettole e le case da gioco in cui gli piaceva vincere o perdere moderate somme di denaro ai dadi o a carte. Tuttavia quell'estate era venuto al castello per assicurarsi che i prodotti della sua terra non venissero sperperati in qualche "aiuto umanitario per la carestia." Era alquanto allarmato dalla grande quantità di gente che si era radunata sui prati adiacenti il castello. Vi erano centinaia di persone dalle case e dai villaggi che la sua proprietà comprendeva. Mandò immediatamente i suoi sovraintendenti al comando militare di Mallow e giunsero immediatamente tra compagnie di ussari inglesi che circondarono il castello per proteggerlo da un attacco. Il capitano che le comandava, agendo secondo gli ordini di Musheramore, disse ai contadini di disperdersi. Dato che esitavano, li caricò con le sue truppe. Gli ussari caricarono con ira cieca, agitando le sciabole e gridando come spiriti preannuncianti la morte. Il risultato fu che molti morirono, compreso il prete del luogo che era venuto per appoggiare con la sua autorità le argomentazioni dei contadini. Ora, tra la gente riunita in quel giorno, c'era una vecchia di nome Brid Cappeen. In tempi migliori veniva sfuggita come la peste perché aveva fama di essere una strega o qualcosa di simile. Si trattava in verità di una donna saggia. Era scampata alla furia dei soldati riportando solo una ferita da sciabola che le aveva tagliato la faccia sottile e spigolosa. Ma la cicatrice nel suo cuore era più profonda. La vecchia Brid Cappeen conosceva le pratiche degli antichi, le pratiche che si attuavano da tempi immemorabili, le cui origini erano state dimenticate già al tempo dell'avvento del cristianesimo. Sapeva leggere nelle interiora di un pollo morto e prevedere il futuro dai suoi resti impregnati di sangue. Brid Cappeen era fuggita sulle pendici delle montagne coperte di spinose ginestre quando i soldati avevano attaccato ed era rimasta nascosta là tutta la giornata. Quella notte scese furtivamente dalla montagna al prato dove giacevano i cadaveri dei contadini disposti per la sepoltura. Si mise a frugare tra il mucchio dei cadaveri con furia impazzita finché trovò quello che voleva. Il corpo di un uomo che non avesse riportato ferite agli arti. Poi, con una forza presa Dio solo sa dove, o forse lo sa il Diavolo, Brid Cappeen trascinò via nella notte quel cadavere. Lo trascinò nella sua solitaria grotta sulle montagne. Là, nella grotta, celebrò i vecchi rituali, pronunciando parole che nessuno studioso dell'antica lingua gaelica riconoscerebbe. Cercò e trovò erbe che gettò in un bollitore a vapore posto su di un piccolo fuoco, con il liquido estrattone bagnò il corpo dell'uomo ed infine, quando la luna nel cielo notturno raggiunse il punto che indicava la mezzanotte, gli arti dell'uomo cominciarono a tremare, a pulsare ed i suoi occhi si aprirono. La vecchia Brid Cappeen emise un grugnito di soddisfazione. Aveva creato il Marbh Bheo; aveva assoggettato ai suoi ordini il "morto vivente". Nei tempi antichi si diceva che la vendetta potesse colpire chi compiva il male grazie all'intervento di un druido o di una sacerdotessa che fosse in grado di rianimare il corpo di una persona ingiustamente assassinata. La vecchia Brid Cappeen cominciò a mettere in pratica quella forma di vendetta. Ordinò al cadavere riportato in vita di vagare per il paese nella sua terribile ricerca. Una sera, il Conte di Musheramore, Barone di Lyre e di Lisnaraha, stava per imbarcarsi sulla nave che lo avrebbe condotto in Inghilterra dal porto di Cork, quando fu assalito e letteralmente fatto a pezzi da un uomo che nessuno riuscì ad identificare. La polizia ed i soldati giurarono di aver aperto il fuoco e di aver più volte colpito l'assalitore. Il giudice locale commentò l'accaduto con ironico scetticismo, poiché l'aggressore era riuscito a fuggire senza lasciare traccia e non vi era sangue sui ciottoli del molo, eccettuato il sangue aristocratico del Conte di Musheramore. Poco tempo dopo il capitano degli Ussari fu attaccato nei suoi alloggi, all'interno della caserma di Mallow. Anch'egli fu fatto a pezzi. L'aggressore era palesemente un uomo dalla forza straordinaria e molto determinato poiché aveva fatto irruzione attraverso le pareti di pietra e ferro della caserma per raggiungere gli appartamenti del capitano. Quando trovarono quello che rimaneva di lui, molti soldati, veterani che avevano militato nella campagne d'India e d'Africa, furono assaliti dalla nausea e paralizzati dal terrore. Poi toccò al maggiore Farran, il sovraintendente dei possedimenti del Conte di Musheramore che fu aggredito una notte mentre era fuori con i suoi due grossi segugi. Farran era un uomo tarchiato che non aveva paura di nulla in questo mondo o nell'altro, o almeno di questo si vantava. Portava due pistole ed i segugi che lo seguivano saltellando qua e là, non erano solo cani da compagnia. Erano noti per essere addestrati a sbranare una persona ad un suo cenno. Il maggiore Farran era odiato dai contadini di Musheramore. Egli lo sapeva e, uomo singolare quale era, ne andava fiero. Gli piaceva l'aura di terrore di cui riusciva a circondarsi. Ma era abbastanza saggio da prendere delle precauzioni contro ogni attacco che coloro che lo odiavano potessero mettere in atto. Ma le pistole e i segugi quella sera non lo protessero. Furono necessari tre giorni perché si trovassero tutti i suoi resti lungo il sentiero cosparso di sangue. Ed il medico ammise che non vi era modo di distinguere il corpo del maggiore Farran dai corpi dei segugi fatti a pezzi. Nel frattempo la vecchia Brid Cappeen cantava in tono sommesso nella sua grotta sulle pendici scoscese della montagna. Non le bastava la vendetta diretta su coloro che avevano trattato ingiustamente gli abitanti dei possedimenti di Musheramore. Maturò in lei la determinazione di punire tutti quelli che erano legati alla famiglia Musheramore per la morte dei suoi parenti e compaesani. La vendetta divenne il suo credo, la sua passione, il suo desiderio ossessivo. Ed il Marbh Bheo fu lo strumento della sua vendetta. Per anni, da allora in poi, si registrarono resoconti su Brid Cappeen che scorrazzava impazzita alla ricerca di vendetta sulle Boggeragh Mountains avvolte nell'oscurità della notte, con il suo cadavere vivente al fianco." Padre Doheny smise improvvisamente di parlare, lasciandomi a bocca aperta, seduto sul bordo della sedia, tutto teso ad ascoltare il seguito del suo racconto. "Questa è una storia straordinaria, Padre", farfugliai in fine, dopo essermi accorto che era arrivato alla conclusione. "è veramente esistita una persona come il Conte di Musheramore? Non diede alcuna risposta; rimase seduto a fissare la torba che lentamente bruciava." Rabbrividii leggermente perché la torba non emanava alcun calore nella piccola stanza all'interno della casupola. "Sarebbe disposto a venire nei nostri studi a Cork per parlare durante la trasmissione sul Marbh Bheo? Potremmo darle qualcosa, naturalmente." Sentii improvvisamente una corrente d'aria soffiarmi sul collo. Mi voltai e vidi che la porta della capanna si era aperta. Con sorpresa, data l'ora tarda, scorsi la vecchia che avevo incontrato nella libreria dell'occulto. La sua immagine velata di nero si stagliava contro lo sfondo scuro della porta aperta. Il suo abito vittoriano sembrava agitarsi intorno a lei gonfiato dal vento che si era sollevato dalle montagne come le ali di un corvo nero. "Il tuo compito qui è terminato", disse imperiosamente, con la voce che si incrinava a causa dell'età avanzata. "Sono qui per vedere Padre Doheny", risposi risentito per la sua mancanza di gentilezza e mi voltai verso il vecchio prete in cerca di sostegno. "Anche in seguito al suo suggerimento", aggiunsi, forse per difendermi. Mi sembrò che il vecchio si fosse assopito seduto sulla sua sedia di legno dall'alto schienale poiché aveva il mento abbandonato sul petto e gli occhi chiusi. "Ebbene, lo hai visto. Ti ha parlato. Vattene ora!" Sgranai gli occhi di fronte alla sfrontatezza di quella vecchia. "Penso che non sia davvero affar suo darmi ordini in casa d'altri, signora", dissi in maniera brusca. Dietro al velo scuro, aprì la bocca ed un isterico risolino soffocato mi fece rizzare i peli alla base del collo. "Io lavoro qui", disse ansimando dopo che si fu ripresa dalla sua allegria, ammesso che quel terribile suono potesse definirsi una risata d'allegria. "Vuole dire che è la governante di Padre Doheny?", così parlando, riuscii a stento a nascondere lo stupore perché la vecchia sembrava incapace di sollevare una teiera da terra al tavolo, non parliamo poi di eseguire tutti quei lavori che una donna di casa deve fare. Rise di nuovo istericamente. "è tardi, ragazzo", rispose alla fine. "Se fossi in te mi occuperei degli affari miei. C'è uno spirito maligno che vaga di notte su queste montagne. Io ci starei attenta. "Fece un gesto di congedo con la mano dalle dita grinzose a forma di artiglio. Guardai di nuovo Padre Doheny ma non dava nessun segno di muoversi e così raccolsi i miei appunti e mi infilai il cappotto facendo appello a tutta la mia dignità. Mi ignorò quando le augurai la buona notte e si limitò a scostarsi dalla porta. 

Fuori dalla capanna la luna era sorta in un cielo in cui nubi minacciose si muovevano rapidamente mentre il vento soffiava e sibilava tra le fenditure delle rocce. Una patina di brina copriva il terreno di nervature bianche. La temperatura doveva essere notevolmente scesa da quando ero arrivato. Sentivo in distanza l'ululare dei cani. Il suono sembrava etereo ed irreale nell'aria notturna. Mi diressi verso la mia motocicletta e, sperando di non disturbare il dormiveglia del vecchio prete, azionai con il piede la pedivella d'avviamento. Occorse un po' di tempo per scaldare a sufficienza il motore della Triumph prima di poter cominciare la tortuosa discesa lungo la mulattiera. Non avevo ancora percorso più di un miglio quando mi accorsi di aver lasciato uno dei miei quaderni di appunti sul tavolino nella capanna di Padre Doheny. Sospirando mi fermai, voltai lentamente la Triumph sul sentiero fangoso e feci ritorno a "Teach Droch-Chlù". Arrestai la motocicletta e percorsi il sentiero in direzione della sagoma scura della capanna. Qualcosa mi trattenne dal bussare e mi fece fermare fuori dalla porta. Alle mie orecchie giungeva un stridulo canto. Era la voce della vecchia. Passò un po' di tempo prima che potessi realmente decifrare il suono delle parole che non avevano alcun senso per me perché erano in irlandese antico. Qualcosa mi spinse a spiare dai piccoli vetri della finestra. Riuscii a distinguere il vecchio prete che ora stava in piedi immobile nel centro della stanza. La vecchia era dinnanzi a lui, le spalle strette e curve e cantava sommessamente. Fui sorpreso nel vedere che reggeva tra le mani una di quelle vecchie sciabole da cavalleria con la lama ricurva. Vi era qualcosa di particolarmente inquietante nel modo in cui continuava a cantare e a biascicare con quella voce penetrante. Di colpo si fermò. "Ricorda, Doheny", ordinò. Il vecchio prete si irrigidì e si raddrizzò mentre i suoi occhi incolori fissavano dritto oltre di lei. "Devi ricordare. Questo è ciò che fecero." Prima che potessi gridare per avvertirlo, la vecchia aveva sollevato la sciabola e con tutta la sua forza del suo corpo apparentemente fragile, conficcò la punta dell'arma nel petto del vecchio prete proprio all'altezza del cuore. Vidi uscire la lama dal dietro della sua giacca. Ciononostante non aveva neppure vacillato all'impatto del fendente. Rimasi a bocca aperta. Non vi sono parole per esprimere la violenta emozione ed il terrore che provocò in me la scena. Il peggio doveva ancora venire. La vecchia lasciò cadere la sciabola e si allontanò da lui. "Ricorda, Doheny!"Le mani simili ad artigli del vecchio prete raggiunsero l'impugnatura della sciabola e poi, con uno sforzo possente, egli estrasse la grande lama dal corpo con un movimento lento e calcolato. Era lucida e scintillante, senza alcuna traccia di sangue sulla lama. Ero immobile davanti alla finestra paralizzato dal terrore. Non potevo credere a quello che avevo visto. Era impossibile. Aveva conficcato una lama tagliente attraverso il fragile corpo del vecchio prete ed egli non aveva battuto ciglio. L'aveva semplicemente sfilata. E la sciabola non aveva provocato alcuna ferita! "Ricorda, Doheny!" Soffocai un grido di terrore, mi voltai e tornai correndo alla moto. Il panico sembrava intralciare ogni mio movimento. Cercai di accendere il motore, ma tutto quello che facevo sembrava sbagliato. Udii un grido della vecchia e mi accorsi che vi era un'ombra sul sentiero. Potevo sentire del fiato fetido sul collo. Poi la moto si avviò con un ruggito e mi allontanai velocemente. La mulattiera era tortuosa, il fango sulla carreggiata rallentava la moto. Mi sentii come se stessi facendo una gara di motocross; scartavo, giravo, rimbalzavo giù lungo la mulattiera in direzione del villaggio, più vicino che era Ballynagree. Non avevo mai corso tanto in vita mia, come se mille diavoli dell'inferno fossero alle mie calcagna. Proprio quando cominciavo a rilassarmi, vidi un ponticello ad arco che attraversava un serpeggiante torrente di montagna. Sapevo che era un vecchio ponte di granito largo a malapena da consentire il passaggio di tre persone. Misi la manopola del gas al minimo per superarlo con prudenza, quando...

Quando, illuminata dal faro anteriore vidi la pallida figura del prete nel mezzo del ponte; mi stava aspettando. In preda al terrore, diedi una brusca sterzata stortando il manubrio della moto nell'inutile tentativo di attraversare le rapide del torrente invece di passare sul ponte. La ruota anteriore urtò contro un sasso; poi mi ricordo solo che roteai più volte in aria prima di ripiombare a terra sulla soffice superficie muschiosa della riva. L'impatto tuttavia mi mozzò il fiato e persi conoscenza. Fu solo uno svenimento momentaneo. Mi ricordo di aver ripreso i sensi con una sensazione di nausea e di capogiro. Sbattei le palpebre. Ad un passo dalla mia faccia stava la figura pallida ed incartapecorita del prete. Gli occhi incolori sembravano guardare attraverso di me. Aveva un alito fetido e stantio e la sua persona emanava un terribile tanfo di morte. Sentii le sue mani attorno al collo. Grandi, robusti artigli che mi stringevano. "Fermati, Doheny!" Era la voce acuta della vecchia.  La intravidi al di là della spalla del prete; il velo gettato all'indietro, il viso da scheletro, guardava con espressione trionfante; il segno livido di una cicatrice tracciava una diagonale che andava dalla fronte alla guancia. La stretta si allentò leggermente. "Non è uno di loro, Doheny. Lascialo vivere. Deve testimoniare quello che abbiamo fatto. Lascialo vivere. Quello che abbiamo fatto vivrà in lui ed egli lo trasmetterà così che tutti sapranno. Lascialo vivere." Il vecchio prete, con forza incredibile, mi scosse come se non fossi altro che una bambola di pezza. "Lascialo vivere", ordinò di nuovo la vecchia.

Poi devo essere svenuto. Quando ripresi conoscenza non c'era più nessuno. Mi premetti le dita contro le tempie che pulsavano e mi alzai in piedi vacillando. Per alcuni istanti non riuscii a ricordare come fossi rotolato nel fango del torrente di montagna. Poi mi ricordai. Mi guardai intorno spaventato ma non vidi traccia del vecchio prete e della donna. Il fianco della montagna era avvolto dall'oscurità. L'unico movimento era quello degli alberi che mormoravano, oscillando e stormendo per i venti che sibilavano lievi sulla montagna. Indugiai un momento cercando di radunare le mie cose. Poi scorsi l'ammasso scuro della mia Triumph che giaceva nel torrente poco profondo. Cercai di toglierla dall'acqua ma mi resi subito conto che, essendo le ruote deformate ed i raggi spezzati, anche se fossi riuscito a far partire il motore, sarebbe stato inutile. Cercai ugualmente di farlo partire. La pedivella dell'avviamento fece un debole "put" ed il motore non diede segni di vita. Era ovviamente pieno d'acqua. La spinsi fuori dal torrente, sulla riva e poi la feci salire faticosamente su per il ponte ad arco. Non c'era altro da fare se non mettersi in cammino per scendere dalla montagna a Ballynagree. Mi ronzava la testa e pensieri contraddittori turbinavano nella mia mente. Qualcuno mi stava facendo un terribile scherzo, uno scherzo di cattivo gusto? Ma era possibile che qualcuno arrivasse a tanto? Davvero? Occorsero tre ore di cammino sulla mulattiera fangosa per riuscire a scorgere i primi segni di civiltà. Alla fine vidi la sagoma scura dell'autorimessa dove mi ero fermato a fare benzina. Mi diressi verso di essa incespicando e, congelato ed intorpidito, bussai alla porta. Passò un po' di tempo prima che sentissi aprirsi un'imposta in una stanza sopra all'entrata. Si accese una luce ed una voce gridò: "Chi è là?" "La mia motocicletta si è guastata e sono bloccato", urlai. "Posso chiamare un taxi da qui o rimanere per il resto della notte?" "Ehi, ti rendi conto che sono le tre del mattino?", mi fu seccamente risposto. "Sono rimasto bloccato sulla montagna, sulla Musheramore Mountain", risposi. Alle mie orecchie giunse attutita una voce di donna ma non riuscii a sentire quello che diceva. L'imposta si chiuse con un botto violento ed improvviso. Aspettai fiducioso. Alla fine una luce si accese alla finestra al pianterreno; poi la porta si aprì. "Entra", disse la voce maschile. Entrai, congelato dal freddo ed esausto per tutto quello che mi era capitato. Quando la luce mi illuminò, l'uomo dell'autorimessa mi riconobbe. "Sei il giovanotto che mi ha domandato la strada per Tech Droch-Chlù" questo pomeriggio, non è così? Annuii. Era l'uomo il cui nome scritto sulla targhetta della tuta era "Manus." "Proprio così. La motocicletta si è guastata. Ho bisogno di un taxi." L'uomo scosse la testa perplesso. "Sembri malridotto." Si voltò e prese da una credenza una bottiglia di Jameson ed un bicchiere. "Questo ti riscalderà", disse versando il whisky e mettendomi il bicchiere in mano. "Cosa ci facevi a Teach Droch-Chlù a quest'ora di notte? Sei un cacciatore di fantasmi? Non è così?" Senza aspettare risposta proseguì: "Posso telefonare a Macroon per farti venire a prendere da un taxi se vuoi. Dove devi andare?" "A Cork." "E dove si è rotta la tua motocicletta?" "Da qualche parte sulla mulattiera, vicino ad un fiume che l'attraversa. Vicino ad un ponte ad arco." "Ah, conosco il posto. Domani andrò a recuperare la tua moto. Dammi un numero di telefono dove posso trovarti e ti farò sapere quali riparazioni occorrono." Annuii, aggrottando le sopracciglia e sorseggiando il mio whiskey. "Perché mi hai chiesto se sono un cacciatore di fantasmi?" "Hai domandato di Teach Droch-Chlù. è così che qui la gente del posto lo chiama, la casa del diavolo. La chiamiamo così perché ha fama di essere abitata dagli spiriti. Sai, è una delle vecchie capanne dei tempi della carestia. Scossi nervosamente la testa e ingurgitai un altro sorso di whiskey, gustandone il calore infuocato che scendeva dentro al mio corpo. "Stavo cercando Padre Nessan Doheny", spiegai. Quell'uomo corpulento mi fissò per un attimo, poi scoppiò in un riso soffocato. "Allora avevo ragione! Ebbene, spero che tu non l'abbia trovato." Smisi di fregarmi le mani una contro l'altra e lo guardai stupito. "Perché dici così?" "Perché Padre Nessan Doheny è morto da centosessant'anni." Un brivido gelido mi percorse la schiena. "Morto da centosessant'anni?" "Certo. Non sapevi la storia? Guidò i suoi parrocchiani al castello di Musheramore ai tempi della Grande Carestia per intercedere presso il Conte di Musheramore a favore dei contadini sopravvissuti e per impedire nuovi sfratti. Furono chiamati i soldati da Mallow e fu dato loro ordine di caricare la gente inginocchiata sul prato del castello in preghiera. Padre Nessan Doheny fu colpito a morte da una sciabolata assieme a molti dei suoi parrocchiani." Inghiottii a fatica. "E... e cosa accadde a Brid Cappeen?" Scoppiò a ridere. "Allora tu conoscevi la vecchia leggenda! Certo che la conoscevi. è una credenza locale che Teach Droch-Chlù fosse la sua vecchia capanna. Fa parte della vecchia leggenda. Ebbene, francamente penso che si tratti solo di questo, di una leggenda e nient'altro. Il povero Padre Doheny e la pazza Brid Cappeen sono morti da un pezzo. Se ci penso, l'idea di una vecchia che riporta in vita il cadavere di un prete per vendicarsi del Conte di Musheramore e della sua famiglia! Dio ce ne scampi!" Si inginocchiò devotamente. "è una leggenda e niente più."

  

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