Ambretta, la bimba dei pastori che d'inverno abitano una casupola presso il villaggio, e in primavera trasmigrano nelle baite, vuole un gran bene ai campanili di tutte le pievi.
Quand'è mattutino, din, din, si risveglia un poco nel sonno - un poco soltanto - e tra l'uno e l'altro sogno, vede non so che di petali d'argento staccarsi dalle campane e ondeggiare sospesi (...) E din, din! In certi giorni d'aprile o di maggio o di settembre o in certi giorni di tutti i mesi, le campane hanno voci incredibilmente gioiose, più delle rondini, più del brusio delle foglie, più del vento quando canta nel bosco, più dei grilli che arpeggiano nelle notti stellate. (...)
Il sentiero su cui Ambretta trotterellava, sboccava in un viottolo dirupato, pieno di ciottoli, fiorito ai margini di ciuffi di rododendri di un rosso acceso che un poco ingombravano il cammino, ed un poco si riversavano sul prato sottostante; ed in quel prato, non lontano da quello della baita, fiorivano le genziane. (...) Stette qualche attimo incerta se scendere nell'erbe per cogliere i bei fiori azzurri, o dare una voce a Giglio per farsi aiutare: e mentre saliva sopra un dirupo, in un gran polverio di sole, rimase immobile, fissa ad un'altra meraviglia: il polverio lucente si scioglieva e ondeggiava sulle rovine di un'antica cappella.
Ambretta saltò giù dalla rupe, fece qualche passo verso quella costruzione, e stette lì ferma, con gli occhi grandi grandi.
La cappella doveva risalire chissà a quanti secoli, ed il suo pietrame sgretolato, ammassato qua e là, era invaso dalle vitalbe e dai rovi, che spalancavano al sole le corolle cinquefoglie delle rose selvatiche. Non restava che un arco, ed attaccata all'arco una campanella arrugginita e sotto, in una nicchia ancora ben conservata, la statuetta di una Madonna.
Nessun commento:
Posta un commento