Horroriana (commento)

Quando si parla di narrativa dell'orrore è praticamente impossibile evitare un balzo in primo piano di elementi ormai stereotipi quali il morso di un vampiro o l'apparizione di un fantasma,  qualche mostro di natura incerta che tende agguati nel buio o qualche morto che ritorna sui suoi passi, eppure l'horror non è un campo che possa essere così facilmente ricondotto all'uso di qualche cliché o racchiuso in una determinata cornice storica. Se i toni orrorifici sono infatti antichi almeno quanto la letteratura, nel senso che spesso troviamo perfino presso gli assiri e gli egizi spunti e motivi capaci di suscitare raccapriccio in chi legge. (...) Ogni tempo e società dimostrano una predilezione tutta particolare per certi elementi orrorifici e non per altri, se nel Medioevo tali elementi erano riconducibili alla presenza del Diavolo, nell'Età Vittoriana bastavano un vecchio spettro o un monaco maledetto a suscitare un tonificante raccapriccio.

Si può facilmente dimostrare che il senso dell'orrore ha sempre accompagnato l'uomo lungo la propria storia come un inevitabile corollario dell'umanissima e archetipale paura dell'ignoto, differenziando i suoi temi e gli oggetti della paura in accordo con il diverso contesto culturale che lo ospitava.

Nel nostro secolo, Freud e ancora prima Charcot sono stati tra i primi ad infierire con vigore e con affilate teorie sul candido e decadente lenzuolo degli spettri dell'Ottocento, instillando il dubbio che gli incubi peggiori fossero proprio quelli dentro la nostra mente, e non le tristi lamie imperversanti nei cimiteri in notti cupe.

Questo non significa che i vampiri e gli altri orrori del secolo scorso siano scomparsi con una sola passata di spugna, ma bensì che in queste pagine non sono presenti né Le Fanu né Algernon Blackwood, così come M. Rhodes James e Lord Bulwer-Lytton poiché la loro personale accezione dell'orrore narrativo appartiene interamente ad un'epoca ormai lontana dal nostro modo di sentire.

(...) Suddivisi per tematiche generali (Animali, Cose, Bambini, Uomini) i racconti presentano diverse interpretazioni di altrettanti casi nei quali l'uomo è posto di fronte ad interventi innaturali nei confronti del proprio ambiente.

(...) In tutte queste opere accanto all'innegabile desiderio di colpire e stimolare la fantasia di chi legge, serpeggia anche l'inconfessato ma implacabile impulso di voler esorcizzare sotto abiti di fantasia qualcosa che è ben più reale... quegli orrori davvero inquietanti che circolano nel mondo moderno magari sotto altri nomi.


Belle copertine 😍











L'Anima e il Bello in S.Tommaso d'Aquino e S.Bonaventura

Info tratte da

Nel Medioevo i rapporti fra l'anima e il corpo appaiono tanto difficili quanto i rapporti tra domenicani e francescani. Tutto il secolo XIII fu fervido di dispute filosofiche e teologiche. E ad alimentare questo fervore non fu estranea la grande rivalità che si sviluppò fra i due grandi ordini cattolici di recente formazione, i francescani a tendenza mistica e i domenicani tendenti a conciliare l'aristotelismo col cristianesimo, e che culminò con la conquista dell'Università di Parigi da parte dei domenicani e di quella di Oxford da parte dei francescani.

Il regime di concorrenza giova sempre allo sviluppo delle idee e anche in questo caso contribuì a produrre, nello stesso XIII secolo, due fra i maggiori filosofi cristiani: il francescano San Bonaventura e il domenicano San Tommaso d'Aquino.

Tanto lontano da Averroè per la fede religiosa, San Tommaso gli è vicino in due punti essenziali: il riferirsi al pensiero di aristotele e l'interesse per il difficile problema della natura dell'anima.

Il problema si poteva porre così: se l'anima e il corpo sono due sostanze distinte, che cos'è che le tiene insieme?

Forse una terza sostanza? Ma quale?

Se invece o solo l'anima o solo il corpo è una sostanza, quella dei due che non è sostanza finirà col vanificarsi.

Averroè aveva risolto il problema distinguendo l'anima biologica dall'intelletto conoscente: l'anima fa tutt'uno col corpo, quindi esistono tante anime quanti individui; l'intelletto è invece unico come la luce del sole: serve ad illuminare di conoscenza i singoli individui ma una volta scomparsi gli individui resta unico ed indivisibile, come unica resta la luce del sole se scompaiono i corpi.

San Tommaso imbocca una via diversa: sia l'anima sia il corpo sono due sostanze autonome, ma ciò che le tiene insieme è che entrambe si individuano in singole individualità; così come il corpo di un uomo è un'individualità di tipo materiale ma indissolubile (un braccio non può venir separato dal corpo) altrettanto l'anima è un'individualità di tipo spirituale, per cui si trova tutta sia nella totalità del corpo sia in ciascuna delle sue parti (se mi duole un braccio è come se mi dolesse tutta l'anima): "L'anima è tutta in tutto il corpo e tutta nelle singole parti... Giacché se fosse invece solo forma del tutto e non delle parti, non sarebbe forma sostanziale di tale corpo; sarebbe solo come la forma della casa che, essendo forma del tutto e non delle singole parti, è forma accidentale"

Per S. Tommaso l'anima è tanto strettamente legata al corpo da essere la sua "forma"; però mantiene la sua autonomia per cui può continuare a sussistere anche dopo la morte del corpo.

Ciò è possibile per il principio che ciò che è superiore può sempre assolvere alle funzioni di quel che è inferiore, pur senza identificarsi con esso; per questo l'anima può assolvere a tutte le funzioni richieste dal corpo, pur senza essere condannata con esso.

I Francescani, più votati al misticismo, cercavano di affrontare lo stesso problema per vie meno astratte e cerebrali.

Per San Bonaventura da Bagnorea (1221-1274), il rapporto tra la forma e la materia è anzitutto inscindibile dal fatto che la forma conferisce bellezza alla materia: "ogni essere deve avere una forma; ma soprattutto ciò che ha una forma ha una sua bellezza"

Anche per S. Bonaventura l'anima e il corpo sono due sostanze distinte; però egli ritiene che la loro unione avvenga sotto la spinta del desiderio: da un lato, cioè, l'anima è spinta dall'impulso di perfezionare il corpo, dall'altro il corpo è spinto dal bisogno di esser perfezionato dall'anima.

L'incontro di questi due impulsi permette all'anima di diventare il motore del corpo, cioè la forza che gli conferisce vita e movimento.

(...) Come ogni mistico, S. Bonaventura ritiene che l'impulso fondamentale dell'uomo sia quello di elevarsi il più possibile al di sopra della sostanza corporea; per cui egli ritiene che tre siano "gli occhi dell'uomo": l'occhio della carne con cui vede le cose fuori di lui, l'occhio della ragione con cui vede le cose che sono in lui e l'occhio della ragione con cui vede le cose che sono sopra di lui.

Per S. Tommaso il bello deve avere tre caratteristiche essenziali: la perfezione, l'armonia e la chiarezza che conferisce limpidità. Per S. Bonaventura la bellezza è qualcosa che soprattutto deve emozionare, nella quale i sensi devono essere tramiti dell'anima, ma in cui la chiarezza gioca un ruolo del tutto secondario.

La controversia tra domenicani e francescani era in effetti la controversia fra due opposte maniere di intendere l'eccellenza dell'uomo: per i domenicani l'uomo migliore era il più dotato di intelletto, mentre per i francescani era il più dotato di sensibilità e di fede istintiva, anche quando tali doti fossero in contrasto con le esigenze della ragione.


Pietre Miliari: quelle che ho scoperto!

Una delle mie grandi passioni di Storia del Territorio, le Pietre Miliari e i cippi, o comunque "stele e sassi", anche se in queste zone ormai sono sempre più rare, che di tanto in tanto durante le mie maxi camminate ho trovato agli angoli delle strade e dei boschi.

Ecco quelle che ho scoperto! Le adoro perché ricordano delle piccole lapidi 😍💜💀











Legnano





















Vanzago, sulla via per raggiungere Mantegazza







Cippo stradale nei pressi del cimitero di Vanzago







Questo prima o poi lo devo trovare dal vivo!