Breve introduzione alla Scolastica

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Dall'archivolto del portale d'ingresso di una scuola inglese del XII secolo un'iscrizione rivolgeva ai nuovi studenti questo monito perentorio: "Aut disce aut discede; manet sors tertia caedi", "Impara o vattene; la terza alternativa è di farti staffilare." L'Istruzione era presa molto sul serio nel Medioevo. Chi si iscriveva all'università doveva farlo con onestà assoluta ed impegno rigoroso: per gli studenti svogliati era pronto lo staffile. Ma, in generale, bisogna proprio dire che gli studenti di allora studiavano di gusto. Parecchi di loro facevano chilometri di strada a piedi per andare a sentire le lezioni di qualche famoso maestro. E le dispute che si facevano a proposito di questioni filosofiche detestavano un interesse non immaginabile ai nostri giorni.

Sopra le teste degli studenti convenuti per lo scontro (le dispute su questioni filosofiche destavano un interesse incredibile) i due campioni del ragionamento, professori universitari di tendenze filosofiche diverse, battagliavano stando ritti sui pulpiti. Il primo cominciava sferrando una serie di prove a favore della sua tesi, il secondo rispondeva con una scarica di obiezioni e stringeva alle corde il contendente con qualche ragionamento sottile, perfetto, che strappava l'entusiasmo ai presenti. Ma l'altro non cedeva: infilzava sillogismi e distinzioni da spaccare un capello in quattro e poi ancora in otto. E così via, finché uno dei due finiva intellettualmente KO o finché il pubblico non decretava la vittoria dell'uno o dell'altro. Se l'incontro finiva senza vincitori non era improbabile che la disputa si accendesse fra i seguaci dei due campioni, e spesso costoro usavano argomenti più pesanti dei ragionamenti astratti, che mettevano a soqquadro la sala universitaria e le viuzze della città.

Un'epoca di straordinario interesse per la filosofia, dunque.

Un'epoca durata piuttosto a lungo, almeno dall'XI al XIV secolo: in questi 400 anni di intenso lavorio intellettuale si formò una monumentale filosofia, che toccò ogni problema e ogni questione, che è oggi conosciuta come Filosofia Scolastica. Per Scolastica si intende la filosofia compresa tra i secoli XI e XIV, quale era insegnata nelle "scholae", nelle università. Non fu l'unica filosofia di quell'epoca, ma la più importante; in un certo senso ci furono tante Scolastiche quanti furono i filosofi che le insegnarono. Eppure, la Scolastica è come un enorme albero filosofico dai molti rami, che affonda le sue radici in un medesimo terreno, in una medesima base culturale, cioè il cristianesimo. Tutti i filosofi di quel tempo accettavano la visione cristiana del mondo: un Dio spirituale e trascendente che aveva creato il mondo e aveva parlato agli uomini. Ma allora, se essi possedevano già una completa visione del mondo e della realtà, perché facevano della filosofia, che cosa volevano raggiungere?

Ciò che spingeva i filosofi scolastici a stillarsi il cervello per tutta una vita era il desiderio di sottoporre a una verifica della ragione tutte quelle verità che essi credevano per fede. Per circa un millennio la cultura cristiana si era data da fare per penetrare fino in fondo al mistero della Rivelazione aveva sviscerato il suo contenuto, aveva puntualizzato i dogmi, cioè i misteri profondissimi come la Trinità, l'Incarnazione ecc., che Cristo aveva rivelato. Per circa un millennio, essa aveva fatto della teologia. 

Ma ora si presentava un nuovo problema. è possibile, si chiedevano questi filosofi, che tutto il lavoro intellettuale compiuto da Platone e Aristotele, sia solo un cumulo di errori, destinati ad essere spazzati via dalla verità della Rivelazione?

Visto che questi filosofi avevano cercato sinceramente la verità e visto che anche la ragione umana poteva arrivare a scoprire la verità, era possibile conciliare in una certa misura le verità scoperte dalla filosofia pagana con quelle rivelate dal cristianesimo. Se questo fosse stato raggiunto, la fede avrebbe avuto la certezza di sostenersi su solidi argomenti razionali. 

è chiaro che, in una simile visione, il problema cardine, la chiave di volta che tiene in piedi tutto il sistema non può che essere uno solo: il problema di Dio.

Molti filosofi cercarono di scoprire in quale modo si potesse raggiungere la certezza della sua esistenza e capirne sia pur vagamente la natura, attraverso una via razionale, e non basandosi esclusivamente sulla fede. Eppure il problema di Dio non fu il primo problema della Scolastica alle sue origini (XI secolo): il primo tormentoso problema fu quello degli Universali, un problema già sollevato dagli antichi: che valore possiamo attribuire ai "concetti" elaborati dalla nostra mente?  Noi sappiamo che attraverso i concetti possiamo arrivare a delle conclusioni valide, a scoprire cioè delle verità. Ma se questi concetti sono falsi? Se sono soltanto fantasie della nostra mente o qualcos'altro completamente staccato dalla realtà? è chiaro che in questo caso è perfettamente inutile mettersi a ragionare perché si costruirebbe solo un castello di fantasticherie. Ebbene, un lavoro di decenni e vigorosissime dispute tra i dotti arrivarono a stabilire che noi dei "concetti" ci possiamo fidare e che la nostra mente è quindi in grado di raggiungere da sola certe verità. Giunto a questo punto, la Scolastica si trovò di fronte al problema dei problemi: Dio.

Ci sono due modi, entrambi ammessi dal cristianesimo, per arrivare a Dio partendo dalla natura umana.

Queste due impostazioni del problema hanno dato origine alle due correnti principali in cui si suddivide la Scolastica: la corrente mistica e quella razionalistica.

Il primo è il modo dell'intuizione improvvisa, analoga a quella dell'artista, l'ispirazione misteriosa che fa scoccare nell'animo una scintilla: io "sento" che il mio spirito, imperfetto, non è completo senza uno Spirito infinito, perfettissimo, traboccante di amore universale, senza un Dio: istintivamente lo amo, voglio conoscerlo, capisco che nulla avrebbe senso se egli non ci fosse. E arrivo in questo misterioso modo ad essere certo che egli esiste e riesco perfino a intuirne i "caratteri". Questo è il meccanismo del misticismo puro, che arriva alla verità anche senza far uso delle forze della ragione. Il misticismo dei filosofi scolastici non poteva prescindere dalla ragione. L'intuizione originaria dei mistici scolastici consisteva in questo: sono i principi della conoscenza, le possibilità concrete della ragione nel cogliere le verità che sono presenti nella mente umana. Essi ci sono da sempre, sono innati. è chiaro che la ragione, dopo aver avuto di colpo la consapevolezza della propria forza, deve procedere passo passo, col ragionamento. Questa impostazione della filosofia era già stata anticipata da Platone e resa vigorosamente precisa da sant'Agostino. Sulla linea tracciata da questi due autori si mossero tutti i mistici della Scolastica, che trovarono i loro modelli in S. Anselmo, S. Bonaventura, S. Bernardo da Chiaravalle.

A questa corrente si contrappone la corrente dei filosofi che non credono che i principi della conoscenza siano insiti nella mente umana, ma che essi vadano ritrovati astraendoli, ricavandoli dall'esperienza concreta della realtà. è la corrente razionalistica, che cerca di giungere alle medesime verità con un processo più lento, un gradino dopo l'altro: i gradini dati dalla logica, dal ragionamento, dalle mille prove e controprove.





















Per un approfondimento sulla donna nel Medioevo, vedi:



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