Breve introduzione alla Lirica Greca

Nota di Lunaria: niente da fare, non riescono proprio a piacermi la cultura greca e quella romana... ma visto che ho trovato questo commento, lo metto a disposizione di tutti. Vedi anche: https://intervistemetal.blogspot.com/2021/11/lamore-e-il-carpe-diem-in-catullo.html

Info tratte da

"La lirica si può chiamare la cima, il colmo, la sommità della poesia, la quale è la sommità del discorso umano." 

Questa definizione di Giacomo Leopardi ci dice che la "lirica" in fondo non è altro che l'essenza stessa della poesia.

Come genere letterario a se stante la lirica presenta alcune caratteristiche che la distinguono sia dal romanzo sia da altre forme di poesia.

La lirica è una poesia breve, in cui l'ispirazione del poeta si manifesta attraverso una serie di immagini folgoranti che tendono ad esprimere nel modo più completo un sentimento, una passione, uno stato d'animo.

La lirica nacque in Grecia, quando l'atmosfera epica che aveva dato origine ai poemi omerici si placò e gli uomini cominciarono a sentire il bisogno di una poesia più semplice, immediata, più legata ai sentimenti e alle manifestazioni della vita quotidiana.

Allora i poeti, invece che cantare le gesta degli eroi, esercitarono la loro fantasia su temi meno vasti, ma spesso più intensi. 

Questa rivoluzione condusse a un radicale cambiamento di prospettiva nel giudicare la poesia.

Poeti come Saffo, Alcèo, Pindaro vennero esaltati per l'intensità del sentimento che mettevano nei loro versi.

Storicamente, la grande lirica greca ebbe il suo periodo di massimo splendore tra il VII e VI secolo a.C

Si ebbe una grande fioritura di poeti che composero migliaia di versi che sono andati in gran parte perduti.

Anche delle liriche dei poeti più famosi, come Alcèo, Saffo, Archiloco, Tirtèo, Mimnèrmo, Ibico, Alcmane, Anacreonte, Simònide, non sono giunti che pochi frammenti.

Fa eccezione solo Pindaro, del quale c'è pervenuta l'intera raccolta degli "Epinìci": 44 odi trionfali, nelle quali celebra i vincitori delle grandi feste panelleniche che si tenevano in determinati periodi a Olimpia, a Nemèa, all'Istmo e a Delfo.

Gli antichi considerarono Pindaro il più grande dei lirici greci.

Nota di Lunaria: aggiungo anche Corinna, l'altra poetessa dell'antichità della quale c'è giunta testimonianza. Vinse una gara di poesia.

METTIAMO LA PROVA, PRIMA CHE QUALCUNO STARNAZZI DICENDO CHE "NON è VERO NIENTE, TE LA SEI INVENTATA TU! SOLO ARISTOTELE HA SCRITTO! EH EH EH!"




A proposito, certamente più utili di aristotele al progresso dell'intera umanità, dalla Grecia ricordiamo le Astarte

capitanate dalla grande Tristessa, purtroppo deceduta nel 2014 😭💔

Noi non abbiamo mai dimenticato quel "Rise from within" che uscì nel 2000 celebrando la Nera Fiamma Ellenica, e che a distanza di così tanti anni non ha perso neanche un grammo di oscura bellezza 



Ma quale "Grecia, patria di aristotele", per noi la Grecia resta la patria di Tristessa!!!! E dei Necromantia e Rotting Christ!


Nell'antichità, la musica era una componente essenziale della poesia lirica; ce ne danno testimonianza anche le opere con cui gli artisti greci raffigurarono i poeti lirici del loro tempo.

La lirica, come dice la parola stessa, prende il suo nome da uno strumento, la lira (insieme alla cetra e al flauto) che accompagnava le poesie liriche; la musica non era un elemento marginale della lirica, ma una sua precisa caratteristica.

I lirici greci sono grandi perché hanno inventato queste immagini che sentiamo vive ancora oggi. 

Quando Saffo canta: 

"Scuote amore il mio cuore 

come vento nei monti si abbatte su querce"

"Tramontata è la luna;

tramontate sono le Pleiadi;

è mezzanotte;

l'ora passa;

e io sono qui, sola"

dice con parole di un'immediatezza e semplicità inimitabili tutta la forza fatale della passione a cui l'uomo nulla può opporre.

Anche quando racconta la malinconia di una giovane donna che lascia le compagne per andare incontro allo sposo, la poetessa Saffo esprime la propria malinconia: è il suo cuore che palpita dietro i versi che mette sulla bocca di un'altra donna.

è come creatori di immagini eterne che i grandi lirici greci sono al vertice delle poesie.

"In me Eros,

che mai alcuna età mi rasserena,

come il vento del nord rosso di fulmini,

rapido muove..." (Ibico)


"Di quelli che caddero alle Termopili,

famosa è la ventura, bella la sorte

e la tomba un'ara..." (Simonide)


Alcmàne così descrive l'infinita quiete notturna:

"Dormono le cime dei monti

e le vallate intorno,

i declivi e i burroni;

dormono i rettili, quanti nella specie

la nera terra alleva,

le fiere di selva, le varie forme di api,

i mostri nel fondo cupo del mare;

dormono le generazioni

degli uccelli dalle lunghe ali."


Leggiamo alcuni versi di Ibico, nato a Reggio Calabria e vissuto nel VI secolo a.C

Nella sua poesia lo spettacolo della Natura ha lo stesso ritmo incalzante e fatale che caratterizza i sentimenti del poeta.

Riportiamo la breve lirica nella versione di Salvatore Quasimodo. Già il titolo esprime tutta la furia della passione che colpisce l'uomo senza mai badare alla sua età.

"Come il vento del Nord rosso di fulmini"

A primavera, quando

l'acqua dei fiumi deriva nelle gore

e lungo l'orto sacro delle vergini

ai meli cidònii apre il fiore,

ed altro fiore assale i tralci della vite

nel buio delle foglie;

in me Eros,

che mai alcuna età mi rasserena,

come il vento del Nord rosso di fulmini,

rapido muove: così, torbido

spietato arso di demenza,

custodisce tenace nella mente

tutte le voglie che avevo da ragazzo.

In questa poesia compare la rapida e illuminante descrizione della primavera, vista nei suoi effetti sui campi (l'acqua dei fiumi che viene deviata nei canali, la nuova linfa che fa fiorire i meli e le viti) e poi il trapasso repentino ed inaspettato agli effetti della passione che scuote l'uomo, come se anche lui dovesse obbedire alle leggi della Natura che si rinnova.

Questo senso acuto delle stagioni, questo legare costantemente l'uomo agli eventi della Natura, è uno degli aspetti che più caratterizza la grande lirica greca; essa può anche essere definita come un canto innalzato alla vita e al grande spettacolo del mondo che le fa da scenario.

Un alto sentimento vivissimo nei lirici greci è quello dell'immortalità. I poeti hanno la coscienza dell'importanza estrema della propria arte e non esitano ad affermare la propria superiorità sui comuni mortali.

Leggiamo quanto diceva la poetessa Saffo, la più grande poetessa dell'antichità, nata nell'isola di Lesbo verso la fine del VII secolo a.C., che qui si rivolge ad una donna incolta:

Morta tu giacerai

né più memoria sarà di te,

né rimpianto; che non cogliesti

le rose della Pièria;

e ombra ignota anche nell'Ade

ti aggirerai,

tra scure ombre di morti

sperduta.

Prendiamo un sentimento che oggi definiremmo romantico: la malinconia. Ecco come lo canta Saffo:

"Malinconia"

Tramontata è la Luna;

tramontate sono le Pleiadi;

è mezzanotte; l'ora passa

e io sono qui, sola.

Sono appena quattro versi, semplici: Saffo è riuscita a "dire" ciò che sentiamo tutti quando certi aspetti della Natura si riflettono nel nostro animo e ci costringono a prendere atto della fugacità della vita ("l'ora passa"), della solitudine che ci circonda quando ci troviamo a interrogare il nostro cuore, il nostro destino.

Ma non è solo coltivando i doni delle Muse ("le rose della Pièria") che si incide il proprio nome nel tempo.

Anche i vincitori dei grandi giochi ellenici affidano la loro memoria ai posteri, come canta Pindaro. Anche chi muore combattendo per la patria, come i valorosi che si sacrificarono alle Termopili per salvare la Grecia dall'invasione persiana.

Su questi valorosi una poesia memoriale scrisse Simonide, nato a Iuli, nell'isola di Cèo, nel 559 a.C e morto ad Agrigento.

"Per i morti alle Termopili"

Di quelli che caddero alle Termopili

famosa è la ventura, bella la sorte

e la tomba un'ara. Ad essi memoria

e non lamenti; ed elogio il compianto.

Non il muschio, né il tempo che devasta

ogni cosa, potrà su questa morte.

Con gli eroi, sotto la stessa pietra,

abita ora la gloria della Grecia.

Simonide fu uno dei maggiori poeti dell'Antica Grecia. Scriveva come se incidesse le sue parole nella pietra, a differenza di altri poeti che indulgevano al languore e alla malinconia.

Il senso della morte, della brevità della vita era sempre presente nei lirici greci.

Non tralasciavano occasione per invitare gli uomini a cogliere le gioie che la vita offre e magari ad annegare la tristezza in un bicchiere di vino.

Ascoltiamo quello che diceva Alceo, un poeta che fu amico e contemporaneo di Saffo e che nacque anch'egli nell'isola di Lesbo:

"Vino e oblio"

Eh via, beviamo! Perché

aspettare le lampade? Un pòllice

è un giorno. Prendi le grandi tazze,

le grandi tazze variopinte.

Vino concesse agli uomini

il figliolo di Sèmele e Zeus,

vino e oblio.

Mescola ed empi, empi fino all'orlo,

ed una coppa corra dietro l'altra.

Alceo ebbe una vita avventurosa, fu anche uomo d'azione, prese parte alle lotte politiche, ma la sua sensibilità di poeta gli faceva sentire che tanto affannarsi era vano, perché la vita degli uomini è troppo breve perché un giorno vissuto è appena un "pollice", cioè una misura piccolissima.

La Lirica Greca compie il miracolo di far diventare interiore, personale, anche il canto scritto su commissione, per solennizzare questo o quell'avvenimento pubblico o privato.

Valga come esempio il caso di Pindaro, uno dei massimi lirici greci, cantore di quei giochi olimpici in cui il mondo ellenico celebrava la propria unità.

Qui riportiamo i suoi versi che fecero delirare gli antichi creando la leggenda dei "voli pindarici".

"Effimeri noi siamo: che è mai la vita? che è la morte? Sogno di un'ombra è l'uomo"

Possiamo dire che la poesia lirica nell'Antica Grecia, possiede la freschezza e l'incanto dell'alba, quando dinanzi ai nostri occhi, la Natura sembra svegliarsi dal sonno della notte per rinnovare l'eterno miracolo della vita. 

Le immagini, i colori di poeti come Saffo e Alcèo, Alcmàne e Ibico, Anacreonte e Simonide, hanno infatti una forza di suggestione unica, perché al di là delle parole noi avvertiamo che certi accostamenti, certe illuminazioni, sono il risultato di una confidenza con la Natura che più tardi è andata in massima parte perduta.

Qualunque cosa cantino, gli antichi lirici greci lo fanno immergendo la loro tavolozza nel grande spettacolo della Natura, da cui ricavano immagini e simboli che colpiscono insieme la fantasia e il cuore.


BREVE COMMENTO A SAFFO

Prendiamo un sentimento che oggi definiremmo romantico: la malinconia. Ecco come lo canta Saffo, la più grande poetessa dell'antichità, nata nell'isola di Lesbo verso la fine del VII secolo a.C.

"Malinconia"

Tramontata è la Luna;

tramontate sono le Pleiadi;

è mezzanotte; l'ora passa

e io sono qui, sola.

Sono appena quattro versi, semplici: Saffo è riuscita a "dire" ciò che sentiamo tutti quando certi aspetti della Natura si riflettono nel nostro animo e ci costringono a prendere atto della fugacità della vita ("l'ora passa"), della solitudine che ci circonda quando ci troviamo a interrogare il nostro cuore, il nostro destino.

Possiamo dire che la poesia lirica nell'Antica Grecia, possiede la freschezza e l'incanto dell'alba, quando dinanzi ai nostri occhi, la Natura sembra svegliarsi dal sonno della notte per rinnovare l'eterno miracolo della vita. 

Le immagini, i colori di poeti come Saffo e Alcèo, Alcmàne e Ibico, Anacreonte e Simonide, hanno infatti una forza di suggestione unica, perché al di là delle parole noi avvertiamo che certi accostamenti, certe illuminazioni, sono il risultato di una confidenza con la Natura che più tardi è andata in massima parte perduta. Qualunque cosa cantino, gli antichi lirici greci lo fanno immergendo la loro tavolozza nel grande spettacolo della Natura, da cui ricavano immagini e simboli che colpiscono insieme la fantasia e il cuore.
















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