Ivo Andrić


Bosnia: una regione che evoca subito un'immane tragedia, una somma di sofferenze e violenze che ha scosso la coscienza civile di tutti i popoli. Ma anche una tragedia annunciata che va compresa nelle sue radici più profonde, nella sua storia tormentata.

Con questi racconti, Ivo Andrić ci offre un quadro della vecchia Bosnia, con tutti i suoi contrasti e i suoi incroci di etnie e religioni diverse. Lo fa con una ricerca pacata ma non priva di pathos, tesa a comprendere nel profondo l'umanità dolente e pure spesso violenta di questi suoi conterranei, dando al lettore nuove chiavi per leggere più correttamente e meno in superficie le pagine dolorose della vicenda bosniaca.


Dall'introduzione

"Una sorte e una storia quelle bosniache contrassegnate dalla sventura. A cominciare dalla collocazione geografica. Un paese dalla natura aspra e difficile da dominare, quasi senza sbocchi al mare, montagne selvagge e impervie (...) Assoggettata alla Bulgaria nel X secolo, la Bosnia vide durissime lotte religiose alla fine delle quali cade sotto il dominio magiaro. (...) Sopraggiunse poi la feroce occupazione turca (...) Come in uno specchio Ivo Andrić riflette nei suoi racconti i vizi della società bosniaca: l'abulia, l'accidia, l'avidità contadina, il fatalismo orientale, la superstizione (...) Nei racconti sono compresi tutti i grandi temi della narrativa di Andrić, dal ponte allo straniero, elementi che compaiono nei suoi racconti (...) Infine, tutto ciò che questa nostra vita esprime - pensieri, sforzi, sguardi, sorrisi, parole, sospiri - tutto tende verso l'altra sponda, come verso una meta, e solo con questa acquista il suo vero senso. Tutto ci porta a superare qualcosa, a oltrepassare: il disordine, la morte e l'assurdo. Poiché, tutto è passaggio, è un ponte le cui estremità si perdono nell'infinito e al cui confronto tutti i ponti di questa terra sono solo giocattoli da bambini, pallidi simboli. Mentre la nostra speranza è su quell'altra sponda."


Da "Sentieri"

"All'inizio di tutti i sentieri e di tutti i percorsi, all'origine del pensiero stesso su di loro sta, forte d indelebilmente inciso, il sentiero lungo il quale per la prima volta ho cominciato liberamente a camminare. è stato a Višegrad, su strade dure, irregolari come se fossero rosicchiate, dove tutto è arido e desolato, senza bellezza, dove un boccone amaro, che l'uomo non ha mai inghiottito, sobbalza in gola a ogni passo, dove la calura e il vento, la neve e la pioggia divorano la terra e il seme nella terra, e dove tutto ciò che riesce ugualmente a germogliare e a nascere è talmente segnato, piegato e ritorto che, se fosse possibile, lo si potrebbe ripiantare nel terreno dell'altra parte solo per restituirlo all'oscurità senza forme da cui era spuntato. Sono infiniti i sentieri che come fili e cordoni arabescano le montagne e i declivi intorno alla città, confluiscono nella strada bianca oppure svaniscono vicino all'acqua e nei verdi saliceti. L'istinto degli uomini e degli animali ha tracciato quei sentieri e il bisogno li ha consolidati. Qui è difficile sia partire che andarsene e tornare. Qui ci si siede su una pietra e ci si ripara sotto un albero, su un sito spoglio o in un'ombra incerta, per un po' di riposo, per pregare o per i conti di quel che si è guadagnato. Su questi sentieri che il vento spazzata e la pioggia lava e il sole infetta e disinfetta, sui quali si incontrano solo bestie sofferenti e uomini taciturni dai volti duri, ho fondato il mio pensiero sulla ricchezza e sulla bellezza dell'universo." (da "Racconti di Bosnia")

Vedi anche https://intervistemetal.blogspot.com/2018/03/bosnia-herzegovina-le-stele-il-pantheon.html


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