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IL RITUALE DELL' 'NDOCCIATA (MOLISE)
Il rituale dell' 'Ndocciata si fa risalire ai Sanniti, che usava la luce delle 'ndocce ("torcia" nel dialetto locale) per spostarsi dai propri avamposti militari o per trasmettere messaggi in codice.
Con l'avvento del cristianesimo, le 'ndocce vennero utilizzate per illuminare gli impervi sentieri ai contadini che si recavano ad Agnone per assistere all'avvento della Natività.
Come si festeggia oggi l' 'Ndocciata?
Il giorno precedente la festa, tutti si costruiscono le 'ndocce con abeti, selezionati tra quelli danneggiati dai fulmini o da calamità naturali.
Nel pomeriggio della vigilia, gli oltre mille portatori si radunano alla periferia del paese in attesa del segnale. Ciascun gruppo rappresenta un quartiere del paese.
Quando dal campanile più alto delle 21 chiese del paese si leva il suono del campanone, tutti accendono le 'ndocce, portate sulle spalle.
Si forma un vero e proprio "fiume di fuoco" che gira per le vie del paese mentre nelle campagne circostanti le famiglie contadine accendono il falò. Gli uomini, coperti dalla cappa (mantello di tessuto pesante con il collo in pelle di capra), portano le enormi fiaccole, gli anziani, bambini e donne vestite con costumi antichi, animano il corteo con scene di vita rurale.
Alla fine del corteo, alcune 'ndocce fanno da cornice al presepe vivente, le altre sono accatastate per un unico grande falò nella piazza principale di Agnone.
Sul Molise vedi anche: https://intervistemetal.blogspot.com/2024/09/la-sagra-del-grano-in-molise.html
IL RITUALE DELLA FOCURA (PUGLIA)
In Puglia molte tradizioni sono legate al sentimento religioso, spesso mescolato a superstizioni o legato a tradizioni precristiane. Nel Salento, il culto preistorico riferito alle pietre fitte ("sannà" in dialetto) si è cristianizzato: visto che i contadini continuavano a portare avanti una devozione a queste pietre, come elementi propiziatori lungo i campi e le strade, i vescovi fecero scolpire croci sui menhir.
I falò ("Focura") accesi in tutta la regione la sera del 16 gennaio sono un evidente riferimento all'ancestrale culto del fuoco.
La Focura, rito ancestrale, inizia ai primi giorni di dicembre, dove si ammucchiano lungo la via e la piazza la legna. Per la sua formazione si impiegano nove giorni: deve essere finita a mezzogiorno della vigilia della festa; la chiusura della Focura è annunciata a colpi secchi di sparo; il falò deve essere alto quanto il prospetto della chiesa e la bandiera che lo sormonta raggiunge la sommità della croce; alla catasta di legno viene data la forma di un cono, "pignu", cioè il pino, sulla cui sommità si conficca un ramo di arancio con quattro o cinque frutti pendenti, delle spighe di grano legate a palma e una bandiera tricolore a cui è fissata l'immagine di Sant'Antonio (che brucerà nel falò).
I pesanti candelotti che vengono portati in processione sono chiamati "sugghi"; i parecchi chili di cera che si scioglie sono detti "intorciata". Quando la statua del santo esce dalla chiesa si appendono orologi d'oro e doni votivi alla sua statua, tanto che il santo viene chiamato "Tirluciaru", "Orologiaio".
Il fuoco dura tre giorni, poiché consumate le "Sarmente", cioè i rami di albero, incominciano a bruciare le "Rape", cioè i grossi tronchi collocati alla base della catasta.
Le persone fanno a gara per prendere quel sacro fuoco e la cenere viene venduta come reliquia.
A Bari, la posa della prima pietra di una casa avveniva in concomitanza con la proiezione su di essa dell'ombra di un passante, in ricordo della tradizione bizantina che voleva una casa solida solo se nelle fondamenta c'era una vittima umana. (Nota di Lunaria: analoga leggenda è presente in Albania, in riferimento al castello di Rozafa)
Tutto nel paesaggio del Salento rimanda alla vita ostile del contadino: Menhir e dolmen allignano ovunque, come muraglie megalitiche, in faccia ad una chiesa, nel cortile di una cascina, sul ciglio delle strade. Presso la cappella di San Vito a Calimera c'è una pietra a forma di ruota: attraverso il suo buco il malato o il penitente dovevano passare, per guarire o ottenere il perdono dei peccati.
Presso questi Menhir si va ancora oggi, portando rami di ulivo e fiori.
Il culto dei santi si manifesta con riti pagani che coesistono col cattolicesimo meridionale. Così Sant'Antonio Abate viene considerato il protettore del fuoco e dal fuoco.
La Domenica delle Palme le ragazze gettavano una foglia di ulivo benedetto sul fuoco e domandavano: "Palma benedette ca viine na vold'o u-ànne, dimme: àgghi'avè nu madremònie agguànne?" ("Palma benedetta che vieni una volta l'anno dimme se sarò chiesta in sposa quest'anno")
Se la palma scoppiettava la risposta era affermativa, se non bruciava bene, la risposta era negativa.
Vedi anche: https://intervistemetal.blogspot.com/2024/06/fuoco-e-ceppo-nei-riti-agrari-e.html
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