Creature mostruose e fatate nel Folklore Italiano

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L'ORCO

L'etimologia del termine "Orco" è incerta: per alcuni, deriverebbe dal latino "Orcus", il regno degli inferi, per altri dal greco "ergò" (cingo) e "Orchos" (luogo chiuso): è un mostro gigantesco, di origini nobili perché vive in qualche castello su un luogo inaccessibile; è antropofago, e predilige la carne di fanciullo; può trasformarsi in animali o oggetti.  Non si sa come sia nata questa figura del folklore e delle fiabe: probabilmente è ricalcata su individui nati deformi o su personaggi nobili crudeli come Gilles de Rais.

Nelle società rurali la paura dell'Orco serviva a tenere lontano i bambini dai boschi, dai crepacci, dalle grotte.

A Falterona (Arezzo) si pensava che l'Orco vivesse nascosto nei crepacci: era cieco e senza piedi ma con l'aiuto di due aquile riusciva a divorare chiunque gli capitasse a tiro.

A Cervinara (Avellino) si racconta che l'Orco fu ucciso da san Michele Arcangelo e a ricordo del duello, è rimasto un grosso macigno noto come "Masso dell'Orco".

In Trentino, nella Valle del Bronzale, un Orco costruì un ponte che porta, da allora, il suo nome; l'Orco lo costruì per soddisfare il desiderio di un contadino che era rimasto bloccato ma in cambio chiese la sua anima.

Nelle zone di Nuoro vive "Ziu Orcu"; a Casaleone (Verona) vi è uno dei rari Orchi buoni: trasporta gli ubriachi a casa trasformandosi in asino.

Simile all'Orco, il Babau è presente negli ambienti di città: vola, come un nero fantasma.

Il suo nome è onomatopeico e ricorda i latrati di un cane.

CANI FANTASMA

Pensando a cani fantasma si pensa subito al Mastino dei Baskerville, ma anche in Italia sono diffuse diverse leggende sui cani fantasmi: un mastino più grosso di un bue compare verso mezzanotte sul ponte dell'Albadina a Poggipendenti (Sondrio); un cane simile si aggira anche per la strada che da Morbegno (Sondrio) porta a Colico (Como); a Pavia vi sono almeno tre cani fantasma: a Casteggio il mostruoso cane sputa fuoco e divora i bambini; il secondo si aggira per Mairano ma è il cane fantasma di Montebello quello più originale: latra ad una carrozza fantasma e si getta nel torrente Coppe.

LUPI MANNARI

In Italia sono sempre stati considerati vittime di una maledizione più che non creature diaboliche.

Il Lopomanare (L'Aquila) e il Pomponaro di Benevento sono uomini nati la notte di Natale e per evitare che diventino lupi mannari all'età di vent'anni è necessario che il padre per tre Natali di seguito tracci con la punta di un ferro arroventato una croce sul petto del bambino (o bambina, altrimenti costei diventerà strega).

Non può essere ucciso da armi comuni ma può essere liberato dalla maledizione se qualcuno gli lancia addosso un oggetto da una finestra.

I lupi mannari italiani non sono in grado di salire le scale; in Lunigiana si crede che venga inseguito da un branco di cani e può essere ucciso se viene punto con una lesina da calzolaio alla mano.

I lupi mannari siciliani sono definiti con diversi nomi: Lupunaru, Lupuminaru, Lupupunaro, Lupucumunario, Daminar e per diventarlo basta dormire all'aperto in una notte di luna piena o in un giorno di mercoledì o venerdì d'estate.

Il lupo mannaro del Friuli è considerato benevolo e combatte contro le streghe per aiutare i contadini; non "si trasforma in lupo" ma "si sdoppia" con l'anima che si ritrova nel corpo di un lupo. Di questo tipo di lupi mannari ne parlò Caspar Peucer nel suo "Commentarium de praecipuis divinatium generibus".

Tra il 1942 e il 1943 ad Agnano un licantropo ululava alla luna insieme alle sirene che annunciavano i bombardamenti.

L'UOMO SELVATICO

Uomini pelosi, simili agli Yeti, conosciuti come Om Selvadegh (Val Pusteria) Om Selvadego (Valtellina), Om Salvei (Biella), Ommo Sarvadzo (Alpi Apuane), che hanno insegnato agli uomini a fare il burro, la panna, il formaggio.

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Da sempre è riconosciuta la sacralità dei vertici: le montagne custodiscono segreti e tesori e sono frequentate da eremiti e diavoli che li inducono in tentazione.

Nelle valli ladine, le Games sono le compagne dei Silvans, insieme ai folletti. Le Games delle volte scendono a valle per consigliare ricette agli abitanti.

In Val di Fassa abitano le Vivane, che abitano in castelli sulle guglie dolomitiche.

A valle scendono le Yemeles ("Gemelle"), due bambine che girano fra le pietraie tenendosi per mano quando la terra è cosparsa di rugiada: sono le protettrici del monte Antelao, e avvisano gli uomini evitando loro le frane.

Le Fantine abitano negli anfratti delle montagne piemontesi e valdostane: da una di queste fenditure, la "Borna de la fàye" ("Grotta della Fata") dopo la pioggia esce una donna bellissima e la notte di Ognissanti si può vedere la processione delle anime dei morti.

In certe buche si aggirano creature come l'Harbegeiss, un uccello mostruoso, con tre piedi, che stride orribilmente mentre distrugge i campi di avena; nelle notti di luna è cavalcato dal diavolo.

Se viene colpito, si moltiplica.

Di notte, appoggia la sua testa di capra con un corno sul petto delle persone addormentate.

Una caverna del Castelletto, utilizzata dai Valdesi come rifugio durante le persecuzioni, si riteneva che fosse la dimora di una fata che diventava visibile solo per un'ora alla vigilia del Natale: era seduta e lasciava penzolare il fuso: il giovane che fosse riuscito ad acchiapparlo avrebbe ottenuto l'amore.

In Trentino, la Rocca Pagana conteneva un tesoro, cercato da un uomo che venne condotto al nascondiglio da una bellissima fata; l'uomo si dimenticò dell'oro e tornò alla grotta per rivedere la fanciulla ma i concittadini lo seguirono e scoperta la fata, le posero una pietra pesante sulle trecce.

Al risveglio, la fata, vistasi scoperta, si uccise.

A Gressohey-Saint Jean c'è la Roccia del Diavolo con l'impronta delle sue corna, ma guardando verso l'alto, con il sole, in cima si vedono le Dame Bianche vestite di abiti scintillanti; delle volte queste creature salvano uomini e camosci dalle valanghe.

Le Faye lombarde sono ninfe dei boschi, piuttosto malvagie.

Nei pressi di Vercelli abitano delle "Signore delle Grotte" a Mongrando, e custodiscono un tesoro; si racconta che avrebbero rivelato l'ubicazione se le donne non le avessero derise per i loro piedi caprini, e così maledirono gli abitanti. Anche le fate di Roccasale (Aquila, Calabria) sono guardiane dei tesori e tessono l'oro in fili dopo la mezzanotte, facendo rimbombare i colpi di telaio.

Sul Monte Ventolaro vi è un foro nella roccia che si ritiene fosse stato originato da una cornata del Diavolo che stava trascinando un'anima all'inferno.

Le Masche erano diffuse in Piemonte, Lombardia e Liguria e si crede che danzino al "Piano dell'albero bruciato" a Vercelli o su un poggio dove una Masca venne messa al rogo, a Cuneo.

Le Fadas, invece, sono le fate sarde, che vivono con nani e giganti, sotto i nuraghi.

Faggi, querce, noci, noccioli, frassini, pioppi, larici nel folklore sono personificazioni di spiriti e dimora delle fate, folletti, fantasmi.

L'albero è la linea di demarcazione tra il mondo dei vivi e dei morti.

Le valli valdesi sono infestate dal Barbariccio, una specie di Farfarello, alto venti centimetri, senza gambe e ricoperto da un mantello; è simile ai Manteillons della Valle d'Aosta.

In Trentino vi è il Salvanel, detto anche Mazzarol: ha aspetto di un fanciullo vestito di rosso, molto veloce; rapisce e imprigiona nella sua grotta, obbligando a fare il pastore, chi calpesta l'impronta del suo piede o la sua ombra; ruba anche le anime, come i diavoli; è una creatura che ha somiglianze con l'Orco.

In Cadore vi è il Marzaguò, uno spiritello allegro e dispettoso, vestito di rosso e verde, che appare nei campi di sorbo e castiga i bambini che non vanno a scuola o a messa; attira i discoli nel bosco per farli perdere, altrimenti ruba o sposta gli attrezzi dei contadini e annoda code e criniere ai cavalli.

Nei boschi delle Tre Venezie vive il Massarot di bosc: dotato di un pelo rosso, con pelle e vestito della stessa tinta, indossa degli zoccoli di legno e con una mazza batte gli alberi mimando i boscaioli, per ripulirli dai rami morti.

Può trasformarsi in gigante, in animale persino in un gomitolo: si avvicina agli umani e agli animali per farli perdere.

In Piemonte vivono Orcons e Folletti: lo Spitascé cattura i bambini e li sculaccia; il Ghignarel è maligno; il Karket si nasconde nei buchi ed è orribile d'aspetto, con piedi a forma d'anitra; simili a lui solo il Cinciut friuliano, lo S'Ammuntadore sardo e l'Ammuttadori siciliano: sono pericolosi, ma legati ai loro berretti: chi riesce a rubarli, può avere in cambio un tesoro.

Ci sono poi i folletti del focolare: il Monacheddu e u'Baganieddu di Calabria, che amano le case con molte scale, per provocare cadute ma a parte questo loro difetto, sono protettori della famiglia che abita nella casa.

I folletti che dominano il vento possono assumere forma di pesce, di draghi o serpenti alati (Spirit ajarin); gli Sdraghi si nascondono tra le nuvole mostrandosi in visioni; i Mal'vint sono le anime che quelli che morirono di morte violenta; i Vutarilli gli assassini.

I Magonesi vivono in una sorta di "limbo aereo" chiamato Magonia, dove ci sono enormi ricchezze.

La "Fata del giorno" vive nell'aria torrida, la Vecchiarina balla furiosamente insieme al diavolo; la Maliarda causa gli acquazzoni.

Nei luoghi d'acqua corrente o sorgenti vi sono creature femminili dai piedi deformi che attirano i viandanti con il loro canto: nelle leggende del Biellese si racconta della Cattivora, una creatura dagli occhi verdi e mani con artigli, che attira i fanciulli o chi guarda l'acqua; in Calabria, dall'acqua stagnante delle cisterne emerge una strega altissima che corre velocemente per le strade di Paola.

Il Brenta, nelle Alpi vicino al monte Subiolo, pullula di fate e beatrichi (a volte orchi a volte folletti) che attirano i viandanti.

Una "Maddalena" abitava nel lago di Iseo o stava sulle rive per ghermire i bambini che giocavano sulla sponda. Non si sa che aspetto abbia, l'unica cosa che si conosce di lei è il braccio lungo e nodoso, con gli artigli affilati.

Anche nei laghi del Trentino, come il lago di Carezza, vi sono fate custodi di tesori; le Anguane (Aganis) sono bellissime fanciulle che si specchiano nelle acque mentre si pettinano, ma si pensa che abbiano anche dei piedi di capra.

A Roncone vi è la "la Grotta delle Anguane": uscivano di notte, adorne di campanelli, e attiravano i giovani; a Trento, alle falde del monte Bedolé, vi è il "Sass delle Guane"; a Vito d'Asio (Pordenone) è possibile vedere le impronte dei loro piedi in una caverna: le Anguane di questa zona rapiscono i bambini e se li mangiano.

Anche draghi e basilischi sono descritti come creature acquatiche.

Si pensava che i draghi-basilischi nascessero da un uovo deposto sul letame da un vecchio gallo e covato da un rospo; sulla testa portava una corona o pietra preziosa.

Un drago nero viveva in Valsugana, nei dintorni del Brenta, ed era possibile vederlo in estate quando si tuffava nel lago Rovetta.

Il drago più tremendo viveva in Liguria, ad Ameglia: fu cacciato da san Venerio; a Chieti, san Leucio uccise un drago, del quale resta una costola immensa custodita nella chiesa di Atessa.

nella Valle del Lys in Valle d'Aosta vi sarebbe la tana di un drago enorme.

Nello scomparso lago Gerundo, un lago paludoso della pianura Padana, viveva un drago chiamato Taranto; morì solo quando le paludi vennero prosciugate.

In Sud Italia vi sono molti luoghi associati ai draghi: Torre della Serpe (Lecce), Colle del Dragone (Calabria), Rocca del Drago, Gorgo del Drago (Sicilia)


Vedi anche: https://intervistemetal.blogspot.com/2025/10/le-creature-fatate-delle-acque.html


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