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"Il cosmo è un vortice privo di ordine; un oceano ribollente di forze cieche, nel quale la gioia più grande è l'incoscienza ed il maggior dolore è la consapevolezza" (lettera ad alcuni amici, 6 ottobre 1921)
"Io ho tuttora profondo rispetto per l'intelletto puro. Sono di formazione materialista e meccanicista: credo che il cosmo sia un insieme senza scopo e senza significato di cicli interminabili nei quali si alternano condensazioni e dispersioni delle particelle sub-atomiche; un'entità priva di inizio, di una direzione permanente e di un fine, e consistente soltanto di forze cieche che operano secondo schemi fissi ed eterni inerenti all'eternità stessa. [...] (Lettera a Donald Wandrei del 21 aprile 1927) "
"La nostra razza umana non è che un incidente triviale nella storia della creazione. Negli annali dell'eternità e dell'infinito non ha maggiore importanza di quanta ne abbia il pupazzo di neve d'un bambino negli annali delle tribù e delle nazioni della Terra. Di più: non potrebbe tutta l'umanità essere un errore - una crescita anormale - una malattia del sistema della Natura - un'escrescenza nel corpo dell'infinito progresso, come un porro sulla mano di un uomo? Non potrebbe essere la distruzione dell'umanità quella di tutta la creazione animata, un dono positivo alla Natura nella sua interezza? Che arroganza da parte nostra, creature momentanee, la cui stessa specie non è che un esperimento del Deus Naturae, il pensarci destinati ad un futuro immortale e ad una condizione preminente!... La nostra filosofia è infantilmente soggettiva: immaginiamo che il benessere della nostra razza potrebbe essere un ostacolo al corso predeterminato dell'unione degli universi all'infinito! Come possiamo sapere che quella forma di moto atomico e molecolare che chiamiamo "vita" sia la più alta di tutte le forme? Forse la creatura dominante - la più razionale e simile a Dio di tutte le creature - è un gas invisibile! Chi può affermare che gli uomini hanno un'anima, mentre le rocce non ne hanno?" (Lettera ad un gruppo di amici, dell'8 agosto 1916)
"Dato che l'intero piano della creazione è puro caos, e del tutto privo di valore, non vi è necessità di tracciare una linea fra realtà e illusione. Tutto è un mero effetto di prospettiva, ed è meglio e più confortevole cullarsi nell'accettazione di ciò che abbiamo. Nell'arte, non vi è ragione d'osservare il caos dell'universo, perché così completo è questo caos che nessuna narrazione a parole potrà darne il minimo racconto. Io non riesco ad immaginare in altro modo lo schema della vita e delle forze cosmiche, se non come una mazza di punti irregolari riuniti in spirali senza direzione... Io penso che sia meglio per un uomo saggio scegliere una sorta qualsiasi di filosofia che gli sia piacevole, ed abbandonarsi ad essa innocentemente; conscio del fatto che essa non è reale, ma ugualmente consapevole del fatto che, siccome la realtà non esiste, non guadagnerebbe nulla, e perderebbe parecchio nel gettarla lontana da sé..." (Lettera a Frank Belknap Long dell'8 novembre 1923)
"[…] è questo che intendo e pratico come conservatorismo estremo in senso artistico, sociale e politico: un mezzo per sfuggire al tedio, l'inutilità e la confusione d'una lotte senza guida e senza punti di riferimento contro il caos rivelato" (Lettera a Donald Wandrei del 21 aprile 1927)
"Nel gennaio del 1896, la morte di mia nonna gettò la casa in un'atmosfera cupa dalla quale non è mai più uscita. Le vesti nere di mia madre e delle mie zie mi risultavano così paurose e ripugnanti che cominciai ad attaccare con spilli pezzetti di carta o di stoffa colorati alle loro gonne, nel tentativo di sollevarmi. Dovevano stare bene attente prima di uscire di casa o di accogliere un visitatore! Fu allora che la mia vivacità naturale si spense. Cominciai ad avere gli incubi più odiosi, popolati di cose che chiamai "Magri Notturni" (Night Gaunts) (1), con un'espressione inventata da me... In sogno, essi mi trascinavano nello spazio a velocità paurosa, e mi tormentavano e trafiggevano con i loro detestabili tridenti. Sono trascorsi ormai quindici anni - anzi di più - da quando ho visto per l'ultima volta un Magro Notturno, ma ancora oggi, quando sono in mezzo ad un mare di ricordi d'infanzia, sento un brivido di paura ed istintivamente lotto per tenermi sveglio. Questa era la mia sola preghiera nel 1896, ogni notte: "restare sveglio e lontano dai Magri Notturni!" (Lettera a Reinhardt Kleiner, 16 novembre 1916)
"Io agogno l'etereo, il remoto, il crepuscolare, l'ambiguo - detesto sempre di più la vita e ciò che vi è connesso, e desidero ardentemente quei nebulosi reami di spiriti che soltanto un Machen o un Dunsany sanno evocare... Sono uno che odia l'attualità; un nemico del tempo e dello spazio, della legge e della necessità. Sogno un mondo di mistero gigantesco ed affascinante, di splendore e terrore, nel quale non vi siano altri limiti se non quelli della libera immaginazione. La vita fisica e l'esperienza, con la mortificazione della visione artistica che provocano nella maggioranza, sono oggetto del mio più profondo disprezzo... Io mi ribello alla nozione che la vita fisica abbia un qualsiasi valore o significato. Per me l'artista ideale è un gentiluomo che mostra il suo disprezzo per la vita seguitando per le tranquille maniere dei suoi antenati, e lasciando la fantasia libera di esplorare sfere luminose e sorprendenti. Così, vorrei che un autore ignorasse la sua epoca e il pubblico, creando l'arte non per la fama o per gli altri, ma per la sua sola soddisfazione" (Lettera a Frank Belknap Long del 13 maggio 1923)
(1) Che furono di ispirazione per alcune poesie.
"I Magri-Notturni"
Quale abisso li generi, non so.
Ma ogni notte li vedo: creature rugose,
nere, cornute e sottili, con ali fibrose
e code segnate da bifida barba d'inferno.
Il gelido Vento del Nord li porta a legioni,
mi stringono il corpo con lacci e tormenti,
mi conducono in viaggi tremendi
a grigi mondi celati nell'incubo fondo.
Sorvolano i picchi corrosi di Thok,
ignorano le mie grida disperate,
si tuffano nelle acque avvelenate
che fan da coltre al sonno degli Shoggoth.
E almeno emettessero un suono,
o un volto avessero, ch'io potessi scorgere!
"L'Abitatore"
Era già vecchia quando Babele l'Antica sorgeva:
e non si sa quanto a lungo abbia dormito
nel cuore del colle
ove i nostri picconi insistenti, frugando le zolle,
i suoi blocchi di pietra portarono alla luce primeva.
V'erano grandi locali e ciclopiche mura
e lastre spaccate e statue scolpite
d'esseri ignoti vissuti in ere perdute,
di molto più antichi del mondo ove l'uomo dimora.
Poi trovammo quei gradini di pietra gettati
verso un antro sbarrato da una lastra assai forte
che forse serrava un oscuro rifugio di morte
dov'eran racchiusi antichi segreti e graffiti.
La strada ci aprimmo… ma atterriti
dovemmo fuggire
quando udimmo dal basso quei passi pesanti salire…