Recensione a "Horror" (Super Junior Horror)

Antologia di brevi racconti dell'orrore, con protagonisti bambini che si trovano ad affrontare maledizioni e creature del brivido (ma le situazioni delle volte sono troppo terrorizzanti per un pubblico infantile...) che consiglio a tutti gli amanti dei "Piccoli Brividi". 

Ecco qui i titoli e un breve commento.

"La Vasca da Bagno": uno dei racconti migliori, persino troppo "esagerato" per un target di piccoli lettori (ci sono alcuni stralci troppo splatter), con protagonista una ragazzina, Isabel, che dovrà vedersela con una vasca da bagno "infestata"... il tutto rimanda molto ad atmosfere alla "contessa Bathory" (anche se con un protagonista differente)

"Foto Assassine": anche in questo racconto c'è una maledizione che grava su una macchina fotografica; racconto abbastanza originale che i lettori dei Piccoli Brividi ("Foto dal futuro") apprezzeranno.

"Fulmine": due ragazzini alle prese con un pc "che fa da tramite" con uno spettro che sa prevedere i nomi dei cavalli vincenti alle corse; tutto sembra procedere bene, ma quando un malintenzionato vorrà approfittarsene...

"Autobus Notturno": il tema qui è quello dei morti "viaggiatori" che ritornano sulla terra; quando due ragazzini salgono per sbaglio sull'autobus dei defunti…

"L'incubo di Harriet": altro racconto a tinte leggermente splatter che ha a che vedere con una paura infantile molto diffusa: essere venduti dai propri genitori… ma il peggio, per Harriet, deve ancora arrivare!

"Paura": tra i migliori racconti della raccolta, a tinte "horror ecologiste": quando un intero ecosistema si "vendica" di un ragazzino pestifero e maleducato... Lo scenario "agricolo-bucolico", non così sfruttato nella narrativa horror, fa venire in mente racconti come "I Figli del Grano" e "La Festa del Raccolto".

"Una Carriera nei Videogiochi": una sorta di racconto "cyber interattivo" che mi ha ricordato certi film horror anni '90 sui videogame; è molto incentrato sull'azione.

"L'Uomo con la Faccia Gialla": il più straziante (decisamente troppo per un pubblico infantile) nel quale l'orrore (e poi la compassione) nascono, più che non dalla situazione subita dal protagonista, dal "dopo", nel finale.

"L'Orecchio di Scimmia": ispirato alla "Zampa di Scimmia" di Jacobs (e non di Poe, come invece scrive l'autore), ne è una rilettura in versione comica più che non horror; è un racconto abbastanza scarso, che non regge il livello con i precedenti, ma potrebbe essere stato inserito per "sdrammatizzare", alla fine, l'atmosfera più horror dei racconti precedenti.

Vedi anche: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/02/lhorror-non-ha-eta.html


Concerto MadHour e Smokespell a Gallarate! 🤘

Ho avuto il piacere e l'onore di partecipare alla serata tutta Thrash Metal allo "Spazio 23" a Gallarate 😍🤘

Neanche sapevo che esistesse, e invece anche in passato hanno fatto diversi concerti Metal (purtroppo mi sono persa quello dei Drakkar 😭💔)

Il merito va a Teo, che avevo incontrato prima all'Old Jesse a Saronno (per merito della maxi toppa di King Diamond sfoggiata da un suo amico, che attirò la mia attenzione 😁, così sono andata lì a scambiare quattro chiacchiere) e poi alla fiera del disco a Busto.

Così, mi ha raccontato della sua band, i MadHour, e già al momento avevo realizzato una prima mini intervista:

poi, essendoci la possibilità (ringrazio Mary, come sempre, per il passaggio in macchina 😇) sono andata  a vederli dal vivo a Gallarate e così ho realizzato una seconda intervista, con tutta la band presente 😁🤘

Una grande opportunità per me, per "fare gavetta" intervistando dal vivo una band, dopo tanti anni passati a fare solo interviste scritte...  è già la mia seconda intervista dal vivo

la prima è stata questa

Serata fantastica, non solo per la musica di entrambe le band, ma per come sono stati capaci di intrattenere dal vivo, con tanta attitudine e simpatia, il pubblico 🤘

Locale stupendo e già mi manca non essere più lì 😭💔 Mi sono divertita tantissimo e sono andata via a malincuore 😔💔

Spero di tornarci presto, alla prossima occasione, e sarebbe un sogno realizzare altre interviste alle band prima del concerto 😍



"Il Divoratore di Spettri"

 

I

Follia? Un eccesso di febbre? Vorrei poterlo credere, ma quando mi ritrovo solo dopo il calar del sole nei luoghi deserti dove mi conducono i miei vagabondaggi e odo, attraverso gli spazi sconfinati, gli echi demoniaci di quei ringhi bestiali, di quelle urla e del rumore d'ossa frantumate, rabbrividisco ancora al ricordo della notte maledetta. All'epoca conoscevo molto poco la vita nei boschi, sebbene già allora esercitasse su di me una forte attrattiva. Fino a quella notte avevo sempre preso la precauzione di servirmi d'una guida, ma all'improvviso le circostanze mi costrinsero a mettere alla prova la mia abilità personale. Era mezza estate nel Maine, e, nonostante avessi urgente bisogno di recarmi da Mayfair a Glendale entro mezzogiorno della giornata seguente, non riuscii a trovare una sola persona disposta ad accompagnarmi.

A meno che non prendessi la strada che passava per Potowisset, e in tal caso non sarei giunto in tempo a destinazione, avrei dovuto attraversare fitte foreste; ma quando chiesi una guida incontrai dinieghi e risposte evasive. Sebbene fossi uno straniero, mi sembrava strano che tutti avessero una scusa pronta. Quel villaggio era troppo tranquillo per avere così tanti "affari importanti" e capii che gli abitanti mi mentivano. Tutti avevano "impegni urgenti" o affermavano di averne; e non fecero altro che assicurarmi che la pista attraverso i boschi era molto agevole, correva dritta verso nord, e non avrebbe presentato alcuna difficoltà per un giovanotto sano e robusto come me. Se fossi partito la mattina di buon'ora, aggiunsero, avrei potuto raggiungere Glendale sul far del tramonto, evitando di passare una notte all'aperto.

Anche allora non sospettai nulla.

La prospettiva mi sembrava accettabile e quindi presi la decisione di provarci da solo, lasciando i pigri abitanti del villaggio ai loro affari. Probabilmente ci avrei provato lo stesso, anche se avessi sospettato qualcosa: i giovani sono caparbi, e fin dall'infanzia mi ero sempre fatto beffe delle superstizioni e delle storie delle vecchie comari.

Così, prima del levar del sole, ero già in cammino fra gli alberi, di buon passo, la colazione in mano, la fedele automatica in tasca e la cintura imbottita di fruscianti banconote di grosso taglio. Stando alla distanza che mi era stata indicata e sapendo quanto velocemente potevo camminare, avevo calcolato di giungere a Glendale subito dopo il tramonto; ma ero consapevole che, anche se avessi dovuto passare la notte all'aperto a causa di qualche errore di calcolo, avrei potuto fare affidamento sulla mia esperienza di esperto campeggiatore. Inoltre mi bastava giungere a destinazione entro il mezzogiorno seguente.

Ma fu il tempo a mandare a monte i miei progetti.

Quando il sole salì alto nel cielo, scottava anche attraverso il folto fogliame e a ogni passo bruciava le mie energie. A mezzogiorno avevo già gli abiti inzuppati di sudore e a dispetto di tutta la mia determinazione cominciavo a esitare. Man mano che mi addentravo più profondamente nel bosco, vidi che il sentiero era sempre più ostruito dalla vegetazione e che in certi punti questa lo aveva cancellato completamente. Dovevano essere settimane, forse mesi, che nessuno passava da quelle parti; e cominciai a dubitare di riuscire ad attenermi al programma stabilito. Quando ebbi fame, cercai l'angolo più ombroso che riuscissi a trovare e cominciai a divorare il pranzo che mi ero fatto preparare in albergo: alcuni panini insipidi, una fetta di torta stantia e una bottiglia di vino leggero; indubbiamente, un pasto tutt'altro che sontuoso, ma pur sempre ben accetto a chi si fosse trovato nel mio stato di sfinimento da caldo.

Con quell'afa non mi avrebbe dato soddisfazione neanche fumare, così evitai di tirare fuori la pipa.

Dopo aver finito di mangiare mi distesi sotto gli alberi, deciso a riposarmi un poco prima d'intraprendere l'ultima tappa del viaggio. Suppongo d'esser stato sciocco a bere quel vino, perché, sebbene leggero, si dimostrò abbastanza forte da completare l'opera che quella giornata torrida e opprimente aveva iniziato. La mia tabella di marcia mi consentiva soltanto un sonnellino, ma non avevo neanche fatto in tempo a fare uno sbadiglio premonitore che già dormivo come un sasso.


II

Quando riaprii gli occhi, le ombre del crepuscolo si addensavano intorno a me. Il vento, accarezzandomi le guance, mi ridestò del tutto quando guardai il cielo vidi con apprensione che s'era ammassata una compatta muraglia di nubi nere, e che l'oscurità era foriera d'un violento temporale. Mi resi conto che non sarei riuscito a raggiungere Glendale prima del mattino seguente, ma la prospettiva di una notte fra i boschi - la mia prima notte di solitario campeggio nella foresta - m'appariva molto sgradevole in quella precaria situazione. Decisi immediatamente di proseguire ancora un poco, sperando di trovare un riparo prima che si scatenasse il temporale. L'oscurità coprì i boschi come una coltre pesante. Le nubi, basse, andavano facendosi sempre più minacciose e il vento, rinforzato, soffiava ormai a raffiche violente. Il bagliore di un lampo lontano illuminò il cielo, seguito da un rombo di malaugurio che presagiva avvenimenti spiacevoli. Poi una goccia di pioggia cadde sulla mia mano protesa e, sebbene continuassi ad avanzare meccanicamente, m'ero rassegnato all'inevitabile. Un istante dopo intravvidi la luce d'una finestra attraverso i tronchi degli alberi e il buio. Desideroso di trovare un riparo, mi affrettai verso di essa… Avesse voluto il cielo che voltassi le spalle e ne fuggissi lontano! C'era una sorta di radura irregolare, all'estremità più lontana della quale sorgeva un edificio, la parte posteriore rivolta verso la foresta primordiale. M'ero aspettato di vedere una baracca o una capanna di tronchi d'albero, ma poco dopo mi fermai stupito quando scorsi una linda e graziosa casetta a due piani; stando alla sua architettura non doveva avere più di una settantina d'anni, ma era in condizioni che testimoniavano le cure più attente e civili. Attraverso i vetri a pannelli d'una finestra del pianterreno brillava una forte luce, e verso di essa - spronato da un'altra goccia di pioggia - affrettai i miei passi lungo la radura. Poi, dopo aver salito alcuni scalini, bussai vigorosamente alla porta. Con sorprendente prontezza rispose una voce profonda e piacevole e proferì una sola parola: "Avanti!" Spingendo la porta, che non era chiusa a chiave, entrai in un corridoio ombroso in cui da una porta aperta sulla destra filtrava un po' di luce. Al di là della porta c'era una stanza tappezzata di libri, la stessa che avevo visto attraverso la finestra.

 [continua...]


Shiva (Gaia Junior)

Vestita di pelli, agile come un gatto, capace di scuoiare un lupo e di sfuggire alla carica di un rinoceronte, l'orfana Shiva è la protagonista di questo insolito romanzo ambientato nell'Era Glaciale, che ci restituisce gli odori e i suoni della più lontana preistoria, narrandoci la lunga lotta tra i primitivi Neanderthal e i più evoluti Cro-Magnon.

E a favorire un contatto pacifico tra i due popoli, in guerra da sempre, sarà proprio la giovane Shiva, nata e cresciuta in una tribù governata da donne maghe e guerriere, che alla fine riconosceranno in lei, ragazzina strana e solitaria, la loro futura guida sui sentieri della magia.

"Qualcosa la inseguiva. Shiva si fermò, con le narici frementi. Un brevissimo soffio di vento aveva portato fino a lei l'odore acre della belva, tanto fugace che avrebbe anche potuto esserselo soltanto immaginato. Ruotò lentamente su se stessa nel tentativo di scoprire da dove provenisse quell'odore che le aveva fatto gelare il sangue nelle vene. Scrutò con attenzione le sporgenze rocciose, tra gli arbusti, il sottobosco e gli alberi contorti e stentati dov'era andata a far legna. Niente... Dondolò la testa al modo dei felini, sperando che il predatore si decidesse a uscire dal suo nascondiglio e a mostrarsi. Ancora nulla. Ma c'erano almeno cento nascondigli. Era odore di lupo. (...) Alle proprie spalle, sulla destra, udì di muovo il rumore che aveva sentito poco prima, come il rotolio di un ciottolo spostato. Il che significava che il secondo lupo era lì, ancora nascosto, ma impaziente. (...) C'era un'unica possibilità, e Shiva la scelse. Con un urlo selvaggio, si gettò sulla lupa."


Vedi anche https://intervistemetal.blogspot.com/2019/11/gaia-junior.html

Una Strega Biondo Cenere (Gaia Junior)

Bionda, bella e dotata di capacità magiche e misteriose, Sophie potrebbe sembrare davvero una strega, ma, più semplicemente, appartiene ad una società evoluta che ha sviluppato al massimo i poteri psichici. è inevitabile, comunque, che gli abitanti della primitiva riserva di Urstwile finiscano per considerarla una presenza minacciosa, venuta a turbare la loro tranquillità con oscuri malefici. La situazione precipita quando Sophie e Prudence, una ragazza dal carattere acido e bigotto, cominciano a disputarsi il bel Simon: di lì a poco si scatena la caccia alla strega, tra scope che volano e alberi che cambiano di posto…

Un romanzo pieno di fantasiosa ironia, una storia d'amore che è anche un confronto tra due modi di essere donna.


Vedi anche: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/11/gaia-junior.html


I pensieri di Lovecraft (sull'umanità e il Cosmo...)

Info tratte da

"Il cosmo è un vortice privo di ordine; un oceano ribollente di forze cieche, nel quale la gioia più grande è l'incoscienza ed il maggior dolore è la consapevolezza" (lettera ad alcuni amici, 6 ottobre 1921)

"Io ho tuttora profondo rispetto per l'intelletto puro. Sono di formazione materialista e meccanicista: credo che il cosmo sia un insieme senza scopo e senza significato di cicli interminabili nei quali si alternano condensazioni e dispersioni delle particelle sub-atomiche; un'entità priva di inizio, di una direzione permanente e di un fine, e consistente soltanto di forze cieche che operano secondo schemi fissi ed eterni inerenti all'eternità stessa. [...] (Lettera a Donald Wandrei del 21 aprile 1927) "

"La nostra razza umana non è che un incidente triviale nella storia della creazione. Negli annali dell'eternità e dell'infinito non ha maggiore importanza di quanta ne abbia il pupazzo di neve d'un bambino negli annali delle tribù e delle nazioni della Terra. Di più: non potrebbe tutta l'umanità essere un errore - una crescita anormale - una malattia del sistema della Natura - un'escrescenza nel corpo dell'infinito progresso, come un porro sulla mano di un uomo? Non potrebbe essere la distruzione dell'umanità quella di tutta la creazione animata, un dono positivo alla Natura nella sua interezza? Che arroganza da parte nostra, creature momentanee, la cui stessa specie non è che un esperimento del Deus Naturae, il pensarci destinati ad un futuro immortale e ad una condizione preminente!... La nostra filosofia è infantilmente soggettiva: immaginiamo che il benessere della nostra razza potrebbe essere un ostacolo al corso predeterminato dell'unione degli universi all'infinito! Come possiamo sapere che quella forma di moto atomico e molecolare che chiamiamo "vita" sia la più alta di tutte le forme? Forse la creatura dominante - la più razionale e simile a Dio di tutte le creature - è un gas invisibile! Chi può affermare che gli uomini hanno un'anima, mentre le rocce non ne hanno?" (Lettera ad un gruppo di amici, dell'8 agosto 1916)

"Dato che l'intero piano della creazione è puro caos, e del tutto privo di valore, non vi è necessità di tracciare una linea fra realtà e illusione. Tutto è un mero effetto di prospettiva, ed è meglio e più confortevole cullarsi nell'accettazione di ciò che abbiamo. Nell'arte, non vi è ragione d'osservare il caos dell'universo, perché così completo è questo caos che nessuna narrazione a parole potrà darne il minimo racconto. Io non riesco ad immaginare in altro modo lo schema della vita e delle forze cosmiche, se non come una mazza di punti irregolari riuniti in spirali senza direzione... Io penso che sia meglio per un uomo saggio scegliere una sorta qualsiasi di filosofia che gli sia piacevole, ed abbandonarsi ad essa innocentemente; conscio del fatto che essa non è reale, ma ugualmente consapevole del fatto che, siccome la realtà non esiste, non guadagnerebbe nulla, e perderebbe parecchio nel gettarla lontana da sé..." (Lettera a Frank Belknap Long dell'8 novembre 1923)

"[…] è questo che intendo e pratico come conservatorismo estremo in senso artistico, sociale e politico: un mezzo per sfuggire al tedio, l'inutilità e la confusione d'una lotte senza guida e senza punti di riferimento contro il caos rivelato" (Lettera a Donald Wandrei del 21 aprile 1927)

"Nel gennaio del 1896, la morte di mia nonna gettò la casa in un'atmosfera cupa dalla quale non è mai più uscita. Le vesti nere di mia madre e delle mie zie mi risultavano così paurose e ripugnanti che cominciai ad attaccare con spilli pezzetti di carta o di stoffa colorati alle loro gonne, nel tentativo di sollevarmi. Dovevano stare bene attente prima di uscire di casa o di accogliere un visitatore! Fu allora che la mia vivacità naturale si spense. Cominciai ad avere gli incubi più odiosi, popolati di cose che chiamai "Magri Notturni" (Night Gaunts) (1), con un'espressione inventata da me... In sogno, essi mi trascinavano nello spazio a velocità paurosa, e mi tormentavano e trafiggevano con i loro detestabili tridenti. Sono trascorsi ormai quindici anni - anzi di più - da quando ho visto per l'ultima volta un Magro Notturno, ma ancora oggi, quando sono in mezzo ad un mare di ricordi d'infanzia, sento un brivido di paura ed istintivamente lotto per tenermi sveglio. Questa era la mia sola preghiera nel 1896, ogni notte: "restare sveglio e lontano dai Magri Notturni!" (Lettera a Reinhardt Kleiner, 16 novembre 1916)

"Io agogno l'etereo, il remoto, il crepuscolare, l'ambiguo - detesto sempre di più la vita e ciò che vi è connesso, e desidero ardentemente quei nebulosi reami di spiriti che soltanto un Machen o un Dunsany sanno evocare... Sono uno che odia l'attualità; un nemico del tempo e dello spazio, della legge e della necessità. Sogno un mondo di mistero gigantesco ed affascinante, di splendore e terrore, nel quale non vi siano altri limiti se non quelli della libera immaginazione. La vita fisica e l'esperienza, con la mortificazione della visione artistica che provocano nella maggioranza, sono oggetto del mio più profondo disprezzo... Io mi ribello alla nozione che la vita fisica abbia un qualsiasi valore o significato. Per me l'artista ideale è un gentiluomo che mostra il suo disprezzo per la vita seguitando per le tranquille maniere dei suoi antenati, e lasciando la fantasia libera di esplorare sfere luminose e sorprendenti. Così, vorrei che un autore ignorasse la sua epoca e il pubblico, creando l'arte non per la fama o per gli altri, ma per la sua sola soddisfazione" (Lettera a Frank Belknap Long del 13 maggio 1923)

(1) Che furono di ispirazione per alcune poesie.

"I Magri-Notturni"

Quale abisso li generi, non so.

Ma ogni notte li vedo: creature rugose,

nere, cornute e sottili, con ali fibrose

e code segnate da bifida barba d'inferno.

Il gelido Vento del Nord li porta a legioni,

mi stringono il corpo con lacci e tormenti,

mi conducono in viaggi tremendi

a grigi mondi celati nell'incubo fondo.

Sorvolano i picchi corrosi di Thok,

ignorano le mie grida disperate,

si tuffano nelle acque avvelenate

che fan da coltre al sonno degli Shoggoth.

E almeno emettessero un suono,

o un volto avessero, ch'io potessi scorgere!


"L'Abitatore"

Era già vecchia quando Babele l'Antica sorgeva:

e non si sa quanto a lungo abbia dormito

nel cuore del colle

ove i nostri picconi insistenti, frugando le zolle,

i suoi blocchi di pietra portarono alla luce primeva.

V'erano grandi locali e ciclopiche mura

e lastre spaccate e statue scolpite

d'esseri ignoti vissuti in ere perdute,

di molto più antichi del mondo ove l'uomo dimora.

Poi trovammo quei gradini di pietra gettati

verso un antro sbarrato da una lastra assai forte

che forse serrava un oscuro rifugio di morte

dov'eran racchiusi antichi segreti e graffiti.

La strada ci aprimmo… ma atterriti

dovemmo fuggire

quando udimmo dal basso quei passi pesanti salire…



I Mille Occhi della Notte (SuperJunior Horror)


Tutto iniziò la sera della stella cadente… o forse quando Tan e Simon trovarono tra l'erbacce lo scheletro di un gatto… o quando decisero di portare a casa la nidiata di topolini bianchi scoperta in un vecchio materasso sventrato.
Sempre che quelli fossero davvero topi bianchi e la candida figura nebulosa intravista all'alba fosse davvero un fantasma.
Perché nell'oscurità possono aggirarsi creature più temibili degli spettri e infinitamente più pericolose.
Creature sfuggenti e letali, scaturite dalle tenebre come un'inarrestabile onda spumosa che tutto sommerge e spazza via, lasciandosi alle spalle soltanto rovina e terrore e il ricordo di denti aguzzi e di mille occhi scintillanti spalancati sulla notte.


Commento di Lunaria: Notevole romanzo horror tutto basato su un'atmosfera di "attesa dell'orrore" che si fa via via sempre più palpabile ed evidente; i capitoli sono abbastanza brevi, lo stile dell'Autore "viene subito al sodo" e sa catturare l'interesse del lettore con frasi ad effetto che contribuiscono ad accentuare la sensazione dell'"orrore imminente" che deve irrompere. 
Per curiosità: il virus dell'Ectromelia che viene citato negli ultimi capitoli prima della fine esiste realmente, ma se avete un animo sensibile vi consiglio di NON andare a cercare le immagini su google "per vedere cosa sia" (come ho fatto io, interrompendo la lettura, sigh!), non è un bello spettacolo vedere cosa provoca, come si suol dire...




Mel (Gaia Junior)

Una squallida strada con le case tutte uguali, in un quartiere popolare di Londra: è qui che vive Mel, 17 anni e una situazione familiare difficilissima e apparentemente senza speranza.

Ma ecco che, quando le cose sembrano volgere al peggio, qualcosa cambia.

Accolta ed aiutata, lei bianca, da una simpatica famiglia nera, Mel riuscirà coraggiosamente a conquistarsi il diritto di vivere come vuole, ad avere una casa sua, e anche, in modo del tutto imprevisto, a trovare l'amore.

Un romanzo allo stesso tempo drammatico e divertente, che dai sobborghi londinesi ci porta ne fantastico, folle mondo dei grandi concerti rock.



Legnano, non solo l'Alberto da Giussano

 Legnano è famosa solo per l'Alberto da Giussano (sì, con l'articolo davanti, come viene chiamato da tutti 😂)



ma io sono riuscita a scovare altre statue in angoli meno famosi della città! 😃
















"Streghe"

Cinque ragazze, cinque protagoniste diverse che cercano di sperimentare i propri poteri: streghe di ieri e di oggi, streghe buone per le quali la magia è una forza naturale e positiva, da usare per diffondere la gioia attorno a sé, ma soprattutto per acquistare forza, consapevolezza e capacità di amare.

Cinque lunghi racconti fantastici che parlano di fiori fatati, innamorati improbabili, matrimoni insoliti, guarigioni possibili, misteriose scatole che riescono a deviare un'autostrada… Cinque storie da leggere per scoprire in se stesse l'ombra degli incantesimi di cui tutte le donne sono capaci.


"Il Conte Dracula" (1986)

 Per vedere altre copertine: https://intervistemetal.blogspot.com/2022/07/i-librogame.html















La Casa dal Grande Giardino (Gaia Junior)

Non capita a tutti di vivere in una vecchia, immensa casa piena di ricordi, circondata da un grande giardino. Clare abita appunto in un luogo del genere, insieme alle anziane prozie, amabili e stravaganti, che si rimettono spesso al senso pratico della nipote. Ma ben presto Clare comincia a scorgere, tra le ombre del giardino, bizzarre  figure dal volto dipinto, evocate, forse, da un misterioso oggetto trovato in soffitta, che viene da lontano e sembra possedere oscuri poteri.

Tra sogno e realtà, ha inizio una sorprendente avventura che insegnerà alla protagonista il valore della memoria, facendole capire che il passato può dare un senso al presente.


Vedi anche https://intervistemetal.blogspot.com/2019/11/gaia-junior.html


Astercote, il Villaggio Scomparso

 


Mair e Peter sono due ragazzi intraprendenti, alle prese con un mistero che li porterà a vivere un'avventura insolita e un po' paurosa.
Vedranno infatti riapparire Astercote, un villaggio distrutto nel quattordicesimo secolo, mentre un'antica ed inquietante superstizione allunga la sua ombra sul presente.


Le pagine più belle:

A un certo punto, nella notte, al buio, Mair fu svegliata da Tar che uggiolava nella cucina dabbasso. Era l'unica a poterlo sentire, in parte perché la sua stanza era proprio sopra la cucina e in parte perché, per quanto infantile potesse sembrare, lei ancora preferiva tenere aperta la propria porta di notte e lasciar passare quel rassicurante filo di luce dal pianerottolo. (...) Mair si appoggiò allo stipite, rabbrividendo leggermente quando l'aria della notte le arrivò sulle braccia nude (...) Era quasi chiaro, c'era una strana luce diffusa e uniforme che la sconcertò finché non si rese conto che doveva esserci la luna piena nascosta da qualche parte, dietro gli alberi o le case. Guardando verso il villaggio vecchio, vide le case ammucchiate una sull'altra e il campanile della chiesa, la bella pietra che risplendeva pallida, quasi bianca, contro il nero e il grigio degli alberi, della strada, dei cespugli e dell'erba. Pareva un mondo decolorato, immobile, in cui tutto avesse assunto proporzioni in qualche modo più grandi o imponenti che di giorno. La chiesa pareva una cattedrale, le case più grandi, o anche più antiche. Un pipistrello le volò davanti a pochi centimetri, con la sua minuscola sagoma nitida contro il cielo, nero su nero. (...) La luna sbucò fuori, piatto disco giallo sopra gli alberi, unica nota di colore, finalmente, in quel mondo in bianco e nero. (...) Un uomo camminava sotto la luna, in mezzo alla neve, ascoltando quello stesso ululato gemente, che adesso proveniva da ogni parte, si avvicinava e si allontanava di continuo, ed egli era così stanco, così pieno di freddo, poi guardò verso dove sarebbe dovuto essere il bosco e là, sotto la stessa alta luna fluttuante, vide il dito puntato della guglia della chiesa, la guglia di Astercote, e tutto parve normale. Una filza di tetti di paglia inargentati e la sagoma nera della chiesa, e da qualche parte il bagliore arancione del cerchio di una lanterna, e il freddo e la sensazione di spossatezza cominciarono a sparire. Qualcuno, in un qualche tempo, tanto tempo prima, tornava a casa a notte fonda tra la neve ammucchiata a ridosso delle siepi e nella foresta si sentivano degli ululati...