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Il mito degli Dei nei "Canti dell'Edda"
Molte sono le fonti a cui noi attingiamo notizie del paganesimo nordico. La redazione nota da più tempo è quella che oggi viene definita "Edda Nuova" o "Edda in prosa": ne fu autore il poeta norvegese Snorri Sturluson (1178-1241). Si tratta di un libro che insegnava agli "Skaldi" ossia ai poeti di corte, l'arte di comporre le poesie: contiene perciò regole di prosodia intercalate con esempi evidentemente attinti ad una più antica tradizione con cui Snorri era venuto in contatto. Tale più antica tradizione, ormai spenta nella Norvegia del XIII secolo, era ancora viva a quell'epoca nell'Islanda, l'isola nordica verso cui erano emigrate fin dall'IX secolo alcune tribù norvegesi. Questa circostanza merita di essere sottolineata in quanto ci aiuta a capire la peculiare concezione del mondo che si riflette nei Canti dell'Edda e in genere nella mitologia nordica. La prima considerazione da tener presente concerne lo spirito avventuroso dei Vichinghi e il ruolo della violenza, astuzia, vendetta nell'ethos di quelle popolazioni.
Chi erano i vichinghi? Erano antichissime popolazioni scandinave che usavano l'ascia di guerra. Pressoché sconosciuti ai Greci e ai Romani, i Vichinghi cominciarono a far parlare di sé nei primi secoli del Medio Evo quando, datisi a vivere di piraterie e di saccheggi, sciamarono con le loro navi, i drakkar, dai freddi mari del nord per portare la distruzione ovunque approdassero.
Navigatori intrepidi, assetati di avventure e bottino, essi si spinsero fino in Russia, in Francia e nel Mediterraneo. Vestivano corazze pesanti, lanciavano frecce, lance, maneggiavano spade e scudi; amavano la guerra e non conoscevano né paura né pietà. E le donne non erano da meno degli uomini. Stando così le cose, è ben logico che nell'Edda perfino gli Dei siano violenti, vendicativi e pronti all'inganno. Il terrore delle scorrerie vichinghi-normanne fu causa del crollo dell'Impero Carolingio nel 887 d.c. L'istituzione di un ducato di Normandia nel 911, e più tardi la formazione delle Contee d'Aversa e di Melfi nell'Italia meridionale contribuirono a coinvolgere nella gestione civile della vita economica e sociale di tipo cristiano. Ma il ceppo originario, stanziato in Islanda e Norvegia, rimase più tenacemente legato alle native tradizioni; e fu proprio il gruppo islandese a cantare nell'Edda i temi degli Dei e degli eroi. Infatti la maggior parte delle poesie dell'Edda sono contenute in una grande raccolta islandese, un codice in pergamena, scoperto nel 1643 dal vescovo danese Bryniolf Sweinsson che lo inviò in dono al re Federico III. Tale "Codex Regius" si trova ancora oggi custodito a Copenhagen e contiene il testo dell'Edda antica o poetica.
Non è chiaro cosa voglia dire il termine "Edda": alcuni credono che derivi da Oddi, Odino, e che significhi "poesia di Odino"; altri invece lo interpretano come "arte poetica".
L'Edda contiene i canti degli eroi e degli Dei e le poesie di argomento didascalico e gnomico. "I Canti degli Eroi", che sono più numerosi e più antichi riflettono un costume ancora pagano: esaltano la forza nella sua manifestazione più rude e immediata ed esprimono quasi sempre sentimenti semplici e primitivi. Tra i "Canti degli Eroi" ricordiamo la canzone dedicata a Sigurd e a Sigrdrifa, che nella saga nibelunica ritroveremo con i nomi di Siegfried\Sigfrido e Brunilde.
Tra i "Canti degli Dei" ricordiamo l'Havamal, "Gli insegnamenti dell'Altissimo", il Canto di Thrym, la Voluspa, visione profetica della Sibilla detta Volva, sulle origini e sulla fine del mondo nonché sul nuovo mondo che sorgerà dalle rovine di questo dopo il fatale crepuscolo degli Dei.
è proprio in rapporto ai "Canti degli Dei" che è possibile avvertire l'evoluzione del costume e dei sentimenti delle popolazioni vichinghe in seguito alla conversione cristiana: per esempio, il mito di Balder, dio giovinetto amato dagli Dei ma destinato a morire, salvo poi resuscitare e regnare in pace.
Nota di Lunaria: su Balder\Baldur riporto questo approfondimento, tratto da
Perché, tra i tanti sempreverdi, proprio l'agrifoglio e il vischio accompagnano le feste natalizie?
La leggenda nordica che ce ne narra l'origine non è molto allegra.
Baldur, figlio di Odino, venne ucciso da un suo nemico, Loki, appunto con una freccia tratta da un ramo di vischio.
Odino maledisse la pianta, ma la moglie del Dio, piangendo la morte di Baldur, vi fece cadere alcune lacrime, che diventarono perle: così il vischio fu rivalutato, anche se fu allontanato dai templi in favore dell'agrifoglio, il cespuglio accanto al quale era spirato Baldur, reso da Odino sempreverde e dotato di bacche rosse, in ricordo del sangue sparso dal figlio.
L'agrifoglio venne subito ammesso nelle chiese cristiane, mentre al vischio ne fu a lungo vietato l'accesso, dato l'uso fattone dalle religioni pagane, che lo avevano rivestito di tanti significati magici. Poiché ciò sia avvenuto, resta un mistero, anche se numerose leggende circondano questo sempreverde.
Il vischio è una pianticella parassita di diversi alberi, con foglie verdi e dure e frutti a bacca bianchi. In genere, però, il mito si riferisce al vischio quercino, parassita delle querce che ha foglie più piccole di quello comune.
Vischio e querce erano sacri ai druidi, gli antichi sacerdoti celtici, e sacro era il rituale con cui, durante il solstizio d'inverno, i rametti venivano staccati dall'albero: l'operazione veniva effettuata con un falcetto d'oro, e il vischio, per non perdere i suoi poteri occulti, non doveva toccare il suolo, ma essere raccolto in un panno di lino.
Plinio ci spiega questo complesso procedimento dicendoci come i druidi ritenessero così di "evirare la quercia". La credenza ci porta alla magia similitudinaria: il liquido appiccicoso del vischio era forse paragonato a quello spermatico, per cui la pianticella era ritenuta apportatrice di fertilità.
Curioso è il fatto che tale credenza non sia propria soltanto dell'Europa celtica: la troviamo pure presso gli Ainu dell'antico Giappone, dove anche il rituale per cogliere il vischio era pressapoco uguale a quello dei druidi. "Molti credono ancora oggi che questa pianta abbia il potere di far fruttificare i giardini", ci dice Frazer. "E si sa che qualche donna sterile mangia vischio per avere prole."
Anche in molte regioni africane, la pianticella è considerata sacra, apportatrice d'incolumità, tanto che i guerrieri Valo, andando in guerra, ne portavano addosso le foglie per assicurarsi l'invulnerabilità.
In Europa troviamo altre credenze: i contadini di molti paesi (compresi alcuni italiani) ritenevano il vischio capace di domare gli incendi, per cui ne appendevano i rami sui tetti delle case.
In Boemia lo si chiamava "scopa del tuono" poichè lo si considerava in grado di allontanare i fulmini.
Il vischio è stato usato anche in campo terapeutico: nella Francia meridionale lo si applicava sull'addome dei sofferenti di colite, in Svezia e in Inghilterra lo si pensava atto a preservare dagli attacchi epilettici, mentre in alcune regioni tedesche lo si mette tuttora al collo dei bambini per immunizzarli dalle malattie.
Tali credenze - ci dice Frazer - sono forse dovute al fatto che gli uomini di ogni tempo e luogo hanno visto qualcosa di soprannaturale in questa pianta che cresce e prospera senza affondare le radici nella terra. Non sappiamo se la spiegazione sia davvero questa: sta di fatto che la chiesa ha cercato a lungo e inutilmente di far dimenticare i poteri magici del vischio, vedendosi infine costretta ad accettarne l'uso e a inserirlo nella tradizione cristiana.
Alla pianticella (come all'agrifoglio) è stato così attribuito il generico simbolo di pace e serenità.
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Eracle era anche connesso al culto del Fallo e al rito dell'Evirazione: "Il mito dell'evirazione di Urano ad opera del figlio di Crono [...] Il significato originario è quello dell'eliminazione annuale del vecchio re della quercia da parte del suo successore [...] La cerimonia druidica del taglio del vischio della quercia rappresentava l'evirazione del vecchio re da parte del suo successore essendo il vischio un simbolo eminentemente fallico. Dopo la castrazione il re veniva mangiato eucaristicamente". Anche la ghianda è un simbolo fallico, così come il fungo.
Per quanto concerne lo spirito religioso contenuto dell'Edda, i "Canti degli Dei" non sono veri e propri canti religiosi: nulla contengono che si riferisca al culto, alla preghiera, alle relazioni tra Dei e uomini; può essere che i canti religiosi vennero esclusi di proposito oppure gli islandesi del XIII secolo erano già troppo cristianizzati per scrivere preghiere o inni pagani. Probabilmente i semplici abitanti dell'isola, contadini e pescatori, pur accettando la morale cristiana, non avranno creduto di far male mantenendo le favole dei loro Dei e il clero locale non avrà posto mente al contrasto. In altri paesi germanici, la chiesa ebbe difficoltà ad estirpare il culto di Thor, perché gli agricoltori a malincuore se ne separavano.
Nota di Lunaria: che io sappia, questo è uno dei pochi romanzi rosa ambientato ai tempi dei Vichinghi, ed era scritto abbastanza bene.
Anche questo romanzo ha come protagonista un norvegese, ma l'ambientazione è già del tutto cristiana.
La Cosmogonia Nordica
In principio esisteva il Caos, una materia priva di ordine e di forma. Il Caos era immaginato come una voragine abissale, chiamata Ginnungap, come uno spazio vuoto in cui viveva l'originario Spirito-padre dell'Universo. Tale Spirito-padre era collocato al di sopra tutte le cose e anche di tutti gli Dei. A questo Spirito-padre veniva attribuita la creazione del mondo. Da questa creazione nacquero due mondi: uno a nord, detto Nifelheim, il mondo della nebbia, l'altro a sud, il Muspelheim, mondo del fuoco. Nel centro di Nifelheim scaturì una sorgente dalla quale si riversarono 12 fiumi avvelenati. Le loro acque gelarono, formando immensi massi di ghiaccio che colmarono l'abisso tra i due mondi, ossia tra il mondo della nebbia, il Nord, e quello del fuoco, il Sud. Vicino al mondo del fuoco i venti caldi e le scintille sciolsero il ghiaccio: le gocce si animarono e nacque il gigante Ymir, il primo essere vivente sulla Terra. La rumorosa era dei giganti (Ymir è chiamato "Il Fragoroso") precedette l'era degli Dei e degli esseri umani: forse questa concezione voleva significare che la violenza e il male sono forze essenziali e primitive dell'Universo. Da Ymir si generò l'universo del Male, la stirpe dei giganti. L'universo del Bene iniziò con l'apparizione di Buri, il primo degli Asi, le divinità buone. Buri nacque dall'alito di una vacca. Quando Ymir si addormentò, cominciò a sudare e dal suo braccio sinistro nacquero un maschio e una femmina, dai suoi piedi un gigante a sei teste; da alcune gocce di brina liquefatte era nata Auðhumla, che col suo latte nutriva Ymir.
Nota di Lunaria: è utile, a questo punto, fare un breve approfondimento sulla vacca norrena.
Auðhumla (detta anche Auðumla o Auðhumbla) è, nella mitologia norrena, la grande mucca che nutrì il gigante primordiale Ymir. Auðhumla nacque, come Ymir, dalla brina di Ginnungagap, brina che si sciolse per l'incontro tra le correnti gelide di Niflheimr e quelle calde di Múspellsheimr. Dalle sue mammelle scorrevano quattro fiumi di latte. Per sfamarsi, siccome non trovava erba, Auðhumla cominciò a leccare degli scogli gelati, che sapevano di sale. Nel primo giorno in cui li leccò da questi scogli emersero i capelli d'un uomo, nel secondo giorno la testa, e nel terzo tutta una persona. Questi, la prima creatura in forma umana, fu Búri, che generò Borr; Borr si unì quindi alla gigantessa Bestla, da cui nacquero i primi Dèi: Odino, Víli e Vé.
Anche nell'Induismo c'è una Vacca Cosmica: Kamadenhu
Per tutta la mitologia norrena, sarà frequente il tema della battaglia tra Dei e giganti, sempre in conflitto. Un giorno questa lotta si risolverà in una grande battaglia, il Ragnarök o Crepuscolo degli Dei, e l'Universo sarà precipitato di nuovo nel Caos. Lo Spirito-padre darà origine, dopo la catastrofe, ad un mondo migliore del precedente.
Caratteristica della mitologia nordica è l'immagine del Frassino semprevivo, Yggdrasill, che sorgeva al centro dell'Universo: era l'Albero della Vita contro il quale nulla poteva la forza disgregatrice del gelo. Le sue fronde sempreverdi si elevavano al Cielo e ombreggiavano il Walhalla.
L'Albero aveva tre radici: la prima era protesa verso il Nord, Nifelheim, dove c'era il regno nebbioso di Hel, la Dea che custodiva i morti [e da cui derivò la parola inglese "Hell", "inferno", ovviamente demonizzata al solito modo dei monoteisti. Nota di Lunaria]; da tale radice scaturiva una sorgente nelle cui profondità giacevano nascoste tutte le cose esistenti prima della Creazione. La seconda radice si estendeva verso Jotunheim, il paese dei giganti, eterni nemici degli Dei; la terza radice si spingeva fino a Midgard, un castello fatto con le ciglia del gigante Ymir, sede degli uomini, circondato dal mare. Ai piedi del Frassino sedevano silenziose le Norne: Urd il Passato, Vendandi il Presente, Skold l'Avvenire.
Le tre Dee filavano sui propri fusi il destino di ogni singolo uomo. La potenza delle tre Norne era superiore a tutto e a tutti: Dei e uomini dovevano sottomettersi alle loro decisioni. Le tre fatali sorelle [*] inaffiavano il Frassino con l'acqua di una sorgente sacra. Tale vicenda è riportata nel canto Voluspa:
Io so di un frassino chiamato Yggdrasill\un bianco umore ne bagna i ragni\è la rugiada che i valli irrora\cresce e verdeggia al fronte di Urd\a piè dall'albero v'è una dimora\tre vi dimoran vergin sagge:\Urd è la prima, Vendandi l'altra\incidon rami, Skold è la terza,\fissan le sorti, scelgon la vita\determinando dell'uomo il fato.
[*] che riecheggiano anche nel "Macbeth"
Ovviamente il tema della Dea\Triplice Dea filatrice è diffuso anche in altre culture: Parche, Ixchel, Mokosh, Athena\Minerva, Filonzana, Lada, Pehtra, Holda, tutte figure femminili legate alla tessitura. Alcune avevano anche un aspetto terrifico, per via dell'associazione: filo = vita \ forbici che tagliano il filo = morte. è per questo motivo che erano le Dee ad essere associate alla filatura e che vi erano persino dei riti e delle superstizioni legate alla filatura, che le donne seguivano per evitare di far arrabbiare la Dea attirandosi punizioni.
Draghi, serpenti, nani e giganti, lupi e cani, aquile e corvi, mostri e magie, fulmini e tempeste: la fantasia dei popoli vichinghi insistette sempre sul motivo dell'orrido e dello smisurato. Il sentimento più diffuso sembra essere stata la paura: l'arma più efficace contro il nemico sembra essere stato il terrore. La minaccia degli elementi scatenati, l'incontrollabilità dell'ambiente circostante dovettero costituire l'incubo ricorrente di quelle popolazioni. Foreste in fiamme e ghiacci incombenti appaiono come i due poli entro cui si svolgeva la vita: l'insidia e l'agguato stavano dietro l'angolo né deve apparirci strano che la fantasia popolare vedesse quelle insidie nell'immagine del serpente e del drago, il primo in grado di stritolare l'universo, il secondo di ammorbarlo con le esalazioni.
Tutto ciò conferma, senza ombra di dubbi, che anche i miti nordici trovano le loro radici antropologiche nei desideri e negli istinti degli uomini: desideri e istinti che si equivalgono in qualunque era del mondo e sotto qualsiasi latitudine. I popoli nordici primitivi alienarono, negli Dei del Walhalla e negli eroi caduti sul campo sul campo, il modello esemplare di umanità: nello specchio della condizione divina proiettarono un'esigenza di guerra e lotta, di pace e di saggezza. La guerra e la lotta trovarono i loro simboli in Thor, Dio del tuono e dei campi, terribile e forte, dalla voce agghiacciante, dal magico martello risplendente (1), figlio di Odino, che percorreva l'aria sconvolta dalla bufera su un carro tirato da due caproni, mentre la sua barba rossa fiammeggiava tra i bagliori dei fulmini.
Loki, Dio del fuoco, spirito inquieto e distruttore, abile nel macchinare inganni, astuto e maligno, che poteva trasformarsi.
Le più importanti divinità femminile erano due: la prima era Frieka chiamata anche Frigga, moglie di Odino, industre e feconda, protettrice del focolare domestico e della filatura, Dea delle nubi che mandava la pioggia benefica e protettrice del bestiame.
La seconda Dea era Freya, bellissima divinità dell'amore, sposa di Odur. Feya possedeva una splendida collana di oro cesellato, Brisingamen, che era stata forgiata dai nani, e una camicia di piume di falco che rendeva veloci come il baleno. [Nota di Lunaria: particolare che farebbe ipotizzare che Freya, agli inizi, come altre Dee, era una Dea-uccello e\o alata e\o associata ai falchi]
Freya guidava un carro trainato dai gatti
Tyr, Dio dei guerrieri, ardito e coraggioso, che andava in giro col suo unico braccio (l'altro gli era stato divorato dal lupo Fenrir), impugnante la spada invitta; Heimdall, guardiano del Walhalla, che abitava ai margini del Cielo e aveva la virtù di prevedere il futuro; riusciva anche a sentire l'erba che cresceva nei prati e la lana addosso alle pecore. Portava con sé un corno enorme, che suonava in caso di pericolo.
Odino era il Dio delle tempeste e della guerra, capo supremo degli Dei, Dio della poesia e delle forche. Armato di elmo, lancia e spada, galoppava nelle battaglie in groppa ad un cavallo bianco con otto zampe; era un Dio monocolo: aveva sacrificato un occhio bevendo alla fonte del sapere, custodita da Mimir.
"Che mi domandi? Tutto mi è noto\so dove celasi l'occhio tuo, Odino. L'occhio tuo Odino, giace nascosto\in fondo al chiaro fonte di Mimir\Mimir vi beve met ogni giorno"
Nota di Lunaria: ovviamente Odino lo si può rivedere anche nel Tarocco dell'Appeso
carta che infatti rimanda al sacrificio di sé ma anche al non riuscire ad agire.
Da allora, Odino monocolo fu il più sapiente degli Dei, e inventò l'alfabeto runico, che aveva anche valore divinatorio.
Aggiungo anche Idun\Iðunn, figlia del nano Ivald, la Dea della primavera e della giovinezza, della salute e della rinascita, custode delle mele della giovinezza:
Accanto agli Dei, la mitologia germanica collocava anche figure intermedie come Walkyrie, gli elfi, le ondine, i nani, gli gnomi. Le Walkyrie erano nove fanciulle, figlie di Odino e della sua prima moglie Erda [probabilmente una Dea tellurica; notare che in inglese il termine per dire "Terra" è "Earth"; Erda lo ricorda molto. Nota di Lunaria]. Vergini indomite, armate di elmo, corazza, scudo, lancia [come Athena e certe Dee indù guerriere. Nota di Lunaria], cavalcavano intorno al padre nel vento e nella tempesta e fendevano l'aria con grida selvagge. Potevano trasformarsi in cigni.
Gli elfi erano belli e aggraziati, buoni e soccorrevoli, amanti della musica e della danza; nella memoria collettiva è rimasto Oberon, il re del Piccolo Popolo, e la "Regina delle fate", dai molteplici aspetti, che spesso rapiva uomini mortali per farne i suoi amanti, regine fatate protagoniste di tante leggende e fiabe.
Titania e l'asino, nella celebre opera di Shakespeare, "Sogno di una Notte di Mezza Estate"
Nota di Lunaria: chi volesse approfondire la "Regina delle fate" e le colline fatate, suggerisco la lettura di questo bel libro
Altrimenti anche questo, è altrettanto bello, e corredato da splendidi disegni:
Le ondine erano tre, Voghelinda, Velgonda e Flossilde, cui Odino aveva affidato la custodia dell'oro del fiume Reno. I nani erano figli della Notte, vivevano nelle profondità sotterranee e appartenevano al popolo della nebbia, i Nibelunghi: sapevano fondere e forgiare i metalli preziosi che estraevano dalle viscere della terra.
Curiosamente, nessuno degli Dei nordici sopravviveva in eterno: potevano morire e rinascere. Il mito di Balder infatti ha proprio l'elemento della resurrezione (tanto per dimostrare che i cristiani non si inventano proprio nulla; e che anche in altre mitologie gli Dei morivano, si sacrificavano e resuscitavano. Nota di Lunaria)
Con ciò si torna al tema centrale della mitologia nordica: proiezione fantastica di un ethos comunitario.
(1) Celebrato da centinaia di band Power ed Epic\Pagan Black Metal...
Infine, voglio ricordare delle splendide copertine, e dei cd altrettanto fantastici, che celebrano i ghiacci del Nord:
Vedi anche: https://intervistemetal.blogspot.com/2022/04/i-nibelunghi.html