e intanto gustatevi anche "Hellraiser" in versione Harsh EBM
e rock per chi non gradisse il "tunz tunz" xD
RECENSIONE AD "ECTOPLASM"
Dopo "Infernalia" e "Sudario"
"Ectoplasm" è il secondo libro della serie dei "Libri di Sangue", i "Books of Blood".
Trama: Cinque nuove storie:
"Paura": Uno studente, ossessionato da un perverso desiderio di "ricerca scientifica" sulle fobie, imprigiona i suoi compagni per far emergere le loro paure più nascoste trattandoli come cavie in un laboratorio.
"Jacqueline Ess: le sue ultime volontà": Una donna frustrata imprigionata nelle sue tare psichiche, dopo essere sopravvissuta ad un tentativo di suicidio, scopre di poter deformare la carne umana a suo piacimento solo usando la forza del pensiero: userà questo strano potere per "farsi rispettare" dagli uomini, riducendoli a servi ebeti alle sue dipendenze, fino a che, stanca e sfibrata in questo gioco di potere, desidererà la morte.
"La pelle dei padri": Una città nel deserto dell'Arizona organizza una guerriglia contro degli strani alieni che, anni prima, hanno messo incinta una donna e ora ne reclamano il figlio; ma forse i veri mostri, questa volta, non sono gli alieni...
"La sfida dell'inferno": Uno sportivo gareggia contro l'Inferno per evitare l'Apocalisse.
"Nuovi omicidi in Rue Morgue": Orridi delitti a colpi di rasoio vengono compiuti nuovamente nella famigerata Rue Morgue...
Recensione di Lunaria: Clive Barker è uno scrittore prolifico: ha scritto dozzine di racconti brevi e romanzi poderosi (basterebbe citare "Imagica"...). Geniale nella sua allucinata fantasia sfrenata e creatore di "divi dell'horror" famosissimi come Candyman o Hellraiser, o "Cabal" https://intervistemetal.blogspot.com/2023/08/cabal-recensione-al-libro.html
è probabilmente il secondo nome che viene citato, quando si parla di letteratura horror degli anni Ottanta e Novanta, dopo Stephen King.
Ma è uno scrittore che piace o non piace, senza mezze misure e sfumature, proprio per questa sua sfrenata inventiva che in certi passaggi sfiora e supera il grottesco fine a se stesso; ha un buon ritmo di scrittura e di narrazione ma a tratti risulta troppo sibillino e pedante o si ha la sensazione di "perdere tempo" dietro particolari che non hanno alcuna importanza o in "labirintici giri di parole ridondanti" (soprattutto nel caso di "Imagica", che ha una mole non indifferente e che ricordo mi diede questa sensazione...). Secondo me, dà il suo meglio nei racconti brevi, piuttosto che non nei romanzi, racconti che in "Ectoplasm" sono riusciti sia per originalità nella narrazione della trama ed inventiva, sia per stile e descrizione (ad eccezione di "La sfida dell'inferno", che ho trovato davvero scadente, raccontato male e con una trama risibile se non irritante). Com'è tipico di Barker, si mescolano descrizioni crude ad un passo dallo splatter insieme a monologhi di ossessioni erotiche e nevrotiche (soprattutto in "Jacqueline Ess: le sue ultime volontà") e persino romantiche-oniriche (il soliloquio di Lucy dopo il coito con gli alieni) o riflessive-filosofiche (udite udite, in "Paura" cita persino Sartre...) con un continuo insistere sulla corporeità, la carne umana, che in Barker, è quasi sempre deforme o deformata, in disfacimento, portatrice di germi e malattie, corrotta e perversa, pronta al macello e quindi reificata per l'ab-uso altrui ("Jacqueline Ess: le sue ultime volontà" in tal senso condensa appieno questa idea barkeriana che troverà il suo apice nella carne straziata e sadomasochista di "Hellraiser" e in quella deformata, ributtante e malinconica di "Cabal"). è frequente, in Barker, scendere in dettagli inverosimili e grotteschi, satirici e parodistici: uno stile che potrebbe non piacere a chi ama "lo stile gotico classico", sempre serio, alto e tragico, esente da scurrilità e cafonaggini e soprattutto, in chi cerca "eroi ed eroine" nei quali immedesimarsi o da ammirare; Barker ha uno stile spesso caustico e misantropo, nel descrivere i suoi personaggi con tutte le loro paranoie, meschinità, frustrazioni, puerilità, piccolezze; sembra quasi che Barker si diverta a raccontare storie di palese non-senso, dove non è neanche data una spiegazione plausibile, razionale, ma neppure logica o secondo i canovacci tipici dell'orrore all'evento che pure "accade nella realtà della finzione letteraria, ed è vero agli occhi dei protagonisti": la scimmia omicida che masturba una prostituta talmente drogata da non rendersi neanche conto di avere come cliente un animale, mentre un uomo vivo rinchiuso in un armadio con un cadavere osserva la scena come un voyeur (!), udendo "i sospiri eccitati" della donna spaparanzata sul letto, oscilla tra l'orrido e il ferocemente comico, tanto che non si sa se considerare tale racconto una feroce barzelletta di umorismo nero con un tocco di splatter e di zoofilia o un racconto horror pensato come seguito del celebre racconto di Poe...
Ci sono autori e autrici che amano profondamente i loro personaggi di carta, tanto che "li coccolano" e li abbelliscono all'inverosimile, creando, paradossalmente, personaggi che di umano hanno poco o nulla, non "peccando" con le bassezze meschine che ci toccano in sorte nella nostra umanità così depravata e così guastata, e risultando, a tutti gli effetti, "immacolati" e netti da tutte le sozzure della nostra condizione umana e perciò "così irresistibili"; Barker no: che consideri i suoi personaggi di carta parodie, satire o esagerazioni iper-realistiche di ciò che siamo (già) noi è più che evidente ad ogni riga, in pagine che fanno emergere questa vena misantropica barkeriana, dove alla fin fine, tutti, vittime e carnefici, fanno schifo uguale: basti vedere Jacqueline, donna vuota e frustrata, amorfa psichicamente, in balia della noia di un matrimonio con un marito che neanche la ama e che quando, per una strana bizzarria del destino, si risveglia dotata di un potere mentale in grado di torcere e plasmare la carne umana, non esita ad usare e a tramutare in ammassi di carne sfatta personaggi maschili del tutto insulsi, ebeti e amorfi psichicamente tanto quanto lei, se non corrotti e ipocriti come il miliardario Titus: personaggi che vivono solo per "f*ttere" e che "si invaghiscono" di lei solo perché lei riesce a "movimentare la sc*pata", usando il suo potere, plasmando i loro peni e la sua vagina durante l'atto sessuale. Lei non li ama e li trova interscambiabili passando da uno all'altro (uno vale l'altro...) e, vuota com'è, moralmente e psicologicamente, non ha altro da offrire che il suo corpo; loro non amano lei ma la sua funzionalità sessuale, ovvero, banalmente, le sc*pate di "carne plastica" e l'unica cosa che si ricorderanno di questa donna sarà appunto "la vagina superdilatata e abnorme", aspirante, celebrata con un graffito su un muro che fa tanto "graffito porno da c#sso di stazione" ma anche "pittura rupestre" che celebra una Dea della fertilità e della morte, che crea e ricrea la materia sanguinolenta a suo piacimento, come una Demiurga, capace solo di plasmare forme ributtanti. Niente amore, nessuna tenerezza o sentimento, ma lucida e corrosiva parodia all'acido muriatico dei rapporti sentimentali tra uomini e donne, come a dire che solo la morte rende "per davvero" sentimentali, e difatti Jacqueline diventa "amorosa" e sensibile per davvero solo quando decide di morire fagocitando l'amante più servile e dissolvendosi. Insomma, le simpatie di Barker vanno più ai mostri che non agli esseri umani, e questo emerge nel racconto "La pelle dei padri": Lucy è pestata dal marito ubriacone, ma i mostruosi alieni quando la mettono incinta con diversi sperma, uno dopo l'altro, "la penetrano senza farle male", trattandola con delicatezza, tanto che la donna si sente persino gratificata, ebetita e tranquilla di fronte a peni alieni con forme di carne e pelle variegate, il che stride, terribilmente, nella mente del lettore che legge e visualizza nella sua mente questo "stupro di gruppo", di alieni deformi su una donna che "li trova più delicati e attenti a lei" rispetto a quanto abbia mai fatto il marito umano.
Come si è visto, i racconti horror di Barker sono piuttosto atipici nel genere: di fatto, hanno una propria impronta personale che può anche destabilizzare il lettore, se l'idea di racconti horror che si ha è quella dei "classici fantasmi, vampiri, licantropi" e guai ad uscire dal seminato codificato.
Certo, oggigiorno i racconti di "Books of Blood" "puzzano", forse, "troppo di anni Ottanta" e un lettore del 2018 potrebbe restarci "meno affascinato" e non capirne subito tutta la portata, rispetto ai lettori di quegli anni, quando i racconti barkeriani erano "la nuova frontiera" dell'Horror cartaceo e venivano citati come metro di giudizio per tutti gli altri scrittori: basterebbe citare il famosissimo "Macelleria Mobile di Mezzanotte" (a me è piaciuto anche l'adattamento cinematografico che è stato fatto e che ha scene splatter davvero insostenibili...) e che è usato, volente o nolente, come pietra di paragone per descrivere quanto scritto da una Nancy A. Collins o un Ramsey Campbell. Io stessa non sono una "fan esagitata" di Barker, lo leggo a periodi e non riuscirei mai a leggerlo continuamente, tuttavia ammetto di non saper resistere al comprarmi un libro dei suoi racconti più datati, se lo trovo a buon prezzo.
Per cui il mio consiglio resta quello di procurarsi "Infernalia", "Ectoplasm", "Sudario" in biblioteca, se non si è mai letto nulla del Barker di quegli anni e poi valutare se fa al caso proprio partendo da racconti come "Jacqueline Ess: le sue ultime volontà" o "Paura"; vi renderete conto che in Barker c'è anche tanto surrealismo e umorismo nero, oltre che disillusione: ripeto, la sua idea sull'umanità è piuttosto "misantropica" e verniciata di un spesso strato di umorismo nero.
Qui riporto alcuni passaggi più riflessivi, non puramente horror, che mi sono piaciuti:
Non vi è piacere eguale alla paura. Se fosse possibile sedere rendendosi invisibili fra due persone su di un treno, in una qualsiasi sala d'attesa o in un ufficio, la conversazione che potremmo udire non farebbe che girare attorno allo stesso argomento [...] Tolte metafore e allusioni, ecco che annidata nel cuore del discorso vi è la paura. Mentre la natura di Dio e la possibilità di vita eterna rimangono nel dimenticatoio, rimuginiamo tutti contenti le minuzie delle nostre miserie [...] Con l'inevitabilità della lingua che batte dove il dente duole, ritorniamo pedissequamente alle nostre paure. Ne parliamo con la stessa bramosia di un uomo affamato davanti ad un piatto colmo e fumante. [...] L'arroganza intellettuale di Quaid era stimolante. Steve arrivò presto ad amare la facilità iconoclasta con cui demoliva credo dopo credo. A volte era doloroso quando Quaid formulava una tesi inconfutabile contro uno dei dogmi di Steve. Ma dopo qualche settimana, persino il suono della distruzione sembrava essere eccitante. Quaid stava ripulendo il sottobosco. Sradicando i pilastri della cultura, stava facendo piazza pulita delle nozioni acquisite. Steve si sentiva liberato. Nazione, famiglia, chiesa, legge. Nient'altro che cenere. Tutto inutile. Tutti inganni e catene e oppressione. C'era solo la paura. [...] Era solo. Quella era la fase iniziale, intermedia e finale della paura. Era completamente solo con la sua cacofonia. Rinchiuso in quella camera, in quella casa, in quel corpo, in quella testa. Prigioniero di carne accecata, sorda. [...] Osservare un uomo morire: osservare la nascita e la crescita della paura della morte, l'origine prima di tutte le paure. Sartre aveva scritto che nessun uomo avrebbe mai potuto conoscere la sua morte. Ma conoscere la morte degli altri, intimamente, osservare le acrobazie che la mente avrebbe sicuramente eseguito per evitare l'amara verità, questo era un indizio che poteva condurre alla natura della morte. Non era così? Seppur in minima parte, questo avrebbe potuto prepare un uomo alla morte. Vivere la paura di un altro in prima persona, era il modo più sicuro, più intelligente per toccare la bestia." ("Paura")
"Questa era la sua storia. Ero felice di vivere nel presente e di lasciare che il passato morisse di morte naturale [...] Se ci si dona completamente a un'altra persona, osservarla nel sonno può essere un'esperienza tremenda. Forse qualcuno di voi conosce questa paralisi, quando lo sguardo gravita sul volto chiuso alle vostre richieste, lontano da voi, dove non potrete mai e poi mai entrare nella mente dell'altro [...] In quei momenti, ci si rende conto di non esistere tranne che in relazione a quel viso, a quella personalità. Perciò, quando quel viso è chiuso, quella personalità è persa nel suo mondo imperscrutabile, ci si sente completamente senza scopo. [...] Mio Dio, pensò, siamo insieme. E a quel pensiero, la sua volontà si incarnò. Sotto le labbra di Vassi i suoi lineamenti si dissolsero, diventando quel mare rosso di cui aveva sognato e che prese a fluire sul suo volto, anch'esso in dissoluzione: un flusso unico fatto di pensieri e ossa. I suoi seni aguzzi lo trafissero come frecce; l'erezione affilata del suo pensiero la uccise di rimando alla prima spinta. Avvinghiati in uno sciabordio d'amore, si pensarono estinti, e lo erano." ("Jacqueline Ess: le sue ultime volontà")
"Alzò di nuovo lo sguardo: i suoi occhi erano iniettati di sangue e cerchiati per le notti trascorse a piangere. Ma ora sembrava che non gli fossero rimaste più lacrime. Solo un arido luogo dove una volta risiedeva un'onesta paura della morte, un amore per l'amore, una brama di vita. Ciò che gli occhi di Lewis incontrarono era un'indifferenza universale: rispetto al futuro, all'autoconservazione, ai sentimenti. ("Nuovi omicidi in Rue Morgue")
RECENSIONE A "GIOCO DANNATO"
Trama: Uscito dal carcere, Marty assapora finalmente il piacere di una vita comoda quando viene assunto come guardia del corpo di un magnate. Trova perfino l'amore, legandosi alla figlia del miliardario, Carys, giovane tossicodipendente con capacità ESP. Ma una serie di eventi agghiaccianti sconvolge presto l'esistenza di tutti e Marty scopre che il suo padrone è minacciato a un terribile nemico, Mamoulian, giunto a reclamarne l'anima corrotta. In uno scenario apocalittico si prepara dunque lo scontro finale tra i due rivali, fase culminante di un lungo, sinistro, gioco dannato.
Commento critico di Lunaria: al solito, il difetto di Barker è quello della prolissità: sa costruire ottime storie, ha dalla sua una fantasia che potremmo definire sconvolgente e all'acido muriatico, tanta è la sua incisività, eppure "tira troppo per le lunghe" la storia, con particolari che tediano e danno un senso di dispersione.
Come altri suoi libri (basterebbe citare "Imagica", libro-mattone con una mole di 1006 pagine)
la buona idea che forma la trama viene stemperata fino all'inverosimile per pagine e pagine e pagine. E questo difetto è presente anche nei suoi racconti brevi, che avevo già recensito. Solo che nei racconti brevi (che brevi non sono, se li paragoniamo alla media di pagine di altri scrittori) si giunge nel giro di qualche serata alla fine. Nei romanzi no. Il tempo di lettura è incredibilmente più lungo, più dilatato.
"Gioco Dannato" ha una trama - e personaggi - interessanti e innovativi. Il problema è che il tutto è tirato per le lunghe, in un effetto moviola che finisce anche per irritare il lettore, a tratti. In "Gioco Dannato" nelle prime cento e passa pagine non succede niente. A farla da padrone, qui, sono tutti monologhi e flashback di cose passate, che spesso sono piuttosto confusionari e non si capisce che c'entrino con la trama. E anche quando si arriva alle duecento pagine è successo "solo un qualcosa". La vera azione c'è solamente negli ultimi capitoli, diciamo dal 67 al 74.
A che scopo, una simile "moviola letteraria"? Creare la suspense? Allungare il brodo di una storia che si sarebbe potuta esaurire in dieci pagine di racconto?
Ma al di là di questo difetto, forse opinabile (non escludo ci sia chi ami un simile stile narrativo), sta di fatto che la storia è ben scritta, che i personaggi sono caratterizzati con dovizia di particolari (anche se ovviamente solo a fine lettura si avrà una visione completa degli stessi; nei primi capitoli non tutto è chiaro), senza essere stereotipati né prevedibili (i personaggi di Barker non lo sono praticamente mai), e che negli ultimi capitoli il romanzo acquista un ritmo piuttosto adrenalitico (e lo splatter viene dosato con minor parsimonia). Quindi, in conclusione, "Gioco Dannato" è un bel romanzo horror, molto introspettivo e particolare, con personaggi che entreranno nella memoria e sanno "prenderti". A patto di riuscire a sobbarcarsi "la maratona" sapendo che per più di cento pagine succede poco o nulla, e l'horror più che raccontato è solo suggerito e rimandato. Diciamo che se avrete la costanza di leggere tutto fino a pagina 322, ecco, da quella pagina in poi non dovrete più sobbarcarvi lungaggini e disgressioni esistenziali fine a se stesse, e siamo in puro horror metafisico e (sul finire) viscerale, con la carne finalmente esposta, sanguinolenta e macellata al punto giusto. A voi la scelta, quindi, se ritenete che si possano sopportare 321 pagine di particolari e resoconti alla moviola... fino ai fuochi d'artificio finali.