Info tratte da
Da una parte l'uomo, l'essere raziocinante, prodotto finale (per ora) dell'evoluzione naturale, creatore della tecnica applicata alla già preesistente scienza; dall'altra, lo spettro, il fantasma, il parto dell'irrazionalità, figlio degenere del conflitto preternaturale fra il caos del processo immanentistico in atto, e l'ordine della creazione solipsistica in predicato.
Per ovviare alle proprie inquietudini, l'uomo ha creato il fantasma, doppio eterico, alterico, misterico e morboso delle supponenze all'episteme di un'intera civiltà dominata dal senso del peccato e dalla conseguente paura della morte. Il lenzuolo che il fantasma agita per suscitare paura, è il Velo di Maya che abbiamo paura di sollevare per scoprire una volta per tutte il niente che c'è dietro alle nostre miserie, è la caricatura macabra e sarcastica della placenta materna che custodì le origini delle vite di tutti, è il segnale della nuova carne promessa per il giorno della resurrezione, è il monito della morte del senso, del sudario del verbo che s'incarno per dare una qualche giustificazione allo scenario primevo che sollo dopo abbiamo cominciato a chiamare "storia dell'umanità" (...) Sono quindi fantasmi quelli che amiamo tanto, pallide imitazioni del reale, vacui spettri dell'effimero elevato ad Arte, cupi simulacri dell'effetto macchina che il potere costruisce sull'alveo sanguinante della nostra sensibilità.
Noi siamo fantasmi che ci nutriamo di fantasmi.
Lo spettro non è altro che un'apparizione fantastica di un qualche cosa che un tempo era reale, e che oggi non lo è più. (...)
L'etimo ovvio è dal greco "Phantasma, Phantasmata", ovvero "apparizione, apparizioni": termine usato per indicare delle presenze NON terrifiche, anche se perturbanti, angosciose, inquiete.
Dal termine greco, per filiazioni latine e gemmazioni neolinguistiche, vennero poi a coniarsi il francese "Fantome", l'italiano "Fantasma"; diversa invece l'origine del termine inglese "Ghost", derivato da numeroso passaggi nella terminologia di culture limitrofe: il termine Ghost deriva dalla vecchia parola dell'inglese aulico Gast, e il termine Gast fu mediato dall'antico linguaggio delle genti Frisone, e i Frisoni a loro volta avevano trasbordato il termine dell'antico svedese Gest, che ci porta al germanico Geist, "spirito". (...) Accanto al fantasma è da porsi lo spettro, dal latino "Spectrum", altro termine per indicare l'apparizione, ma questa volta con tendenze più diaboliche.
Anche se i due termini ormai si equivalgono, è bene tenere a mente questa sostanziale differenza terminologica tra le proprietà del fantasma e quelle dello spettro.
Il fantasma può apportare turbamento, inquietudine, ma quasi mai il terrore, il terrore vero e proprio che è foriero anche di un pericolo di morte; simbolo della morte, è vero, ma allo stesso tempo simbolo, per quanto distorto, della vita e di ciò che non vuole morire e che si ostina a sopravvivere, a ritornare eternamente; il fantasma è quindi un'apparizione ma non una presenza, e sul palcoscenico delle tenebre, salvo rare eccezioni, non è un primo attore, ma solamente una comparsa.
Lo spettro, invece, quasi sempre non solo è un simbolo di morte ma è anche apportatore della stessa; la sua esistenza è una caricatura di quello che può intendersi come vita, è l'antitesi del concetto stesso del doppio (...) I fantasmi possono quindi infestare case e castelli, tombe e foreste e ogni altro posto dove un tempo brillava un residuo di fertilità, d'amore, di odio, di vita insomma.
Infine, una lista dei trattati sui fantasmi. Prima fonte di importanti notizie fu il "De Spectris, Lemuribus et magnis atque insolitis fragoribus" (1570), scritto da Louis Lavater, libro tradotto anche in inglese e poi francese, ma non in italiano.
Fu poi la volta del "IV Livres des Spectres" (1586) di Pierre Le Loyer, dove del discernimento del vero e del falso circa le apparizioni si dava un panorama più esaustivo e teologicamente ortodosso (i poteri civili ed ecclesiastici a quel tempo coincidevano in un'unica espressione)
Visto il successo, Le Loyer ampliò il tema in "Discours et Histoire des Spectres, visions et apparitions des Esprits en VIII livres. Esquels est manifestée certitude des spectres et visions de esprits" (1605)
Nel frattempo uscirono anche altre opere, come il "De Apparictionibus et Terrificationibus Nocturnis" di Peter Thyraeus (1594), più volte ristampata e il "The Terrors of the Night; or, A Discourse of Apparitions" (1594) di Thomas Nashe, dove venivano raccolte testimonianze di apparizioni che l'autore giudicava attendibili.
Nota di Lunaria: aggiungo uno stralcio tratto da "Le Storie del Castello di Trezza", l'unico racconto gotico scritto da Giovanni Verga.
"Il silenzio era profondo; il vento cacciava le nuvole rapidamente, e di tanto in tanto faceva stormire gli alberi del giardino; il cielo era inargentato a strappi; le ombre sembravano inseguirsi sulla terra illuminata dalla luna, e il mormorio del mare e quel sussurrio delle foglie, sommesso, ad intervalli, a quell'ora aveano un non so che di misterioso. La signora Matilde volse gli occhi di qua e là, in aria distratta, e li posò sulla mole nera e gigantesca del castello che disegnavasi con profili fantastici su quel fondo cangiante ad ogni momento. La luce e le ombre si alternavano rapidamente sulle rovine, e un arbusto che avea messo radici sul più alto rivellino, agitavasi di tanto in tanto, come un grottesco fantasma che si inchinasse verso l'abisso. "Vede?", diss'ella con quel sorriso incerto e colla voce mal ferma. "C'è qualche cosa che vive e si agita lassù!" "Gli spettri della leggenda." "Chissà!"
"La notte s'era fatta tempestosa, il vento sembrava assumere voci e gemiti umani, e le onde flagellavano la rocca con un rumore come di un tonfo che soffocasse un gemito d'agonia. Il barone dormiva. Ella lo vedeva dormire, immobile, sfinita, moribonda d'angoscia, sentiva la tempesta dentro di sé, e non osava muoversi per timor di destarlo. Avea gli occhi foschi, le labbra semiaperte, il cuore le si rompeva nel petto, e sembravale che il sangue le si travolgesse nelle vene. Provava bagliori, sfinimenti, impeti inesplicabili, vertigini che la soffocavano, tentazioni furibonde, grida che le salivano alla gola, fascini che l'agghiacciavano, terrori che la spingevano alla follia. Sembravale di momento in momento che la vòlta dell'alcova si abassasse a soffocarla, o che l'onda salisse e traboccasse dalla finestra, o che le imposte fossero scosse con impeto disperato da una mano che si afferrasse a qualcosa, o che il muggito del mare soverchiasse un urlo delirante d'agonia: il gemito del vento le penetrava sin nelle ossa, con parole arcane ch'ella intendeva, che le dicevano arcane cose, e le facevano drizzare i capelli sul capo, e teneva sempre gli occhi intenti e affascinanti nelle orbite incavate ed oscure di quel marito dormente, il quale sembrava la guardasse attraverso le palpebre chiuse, e leggesse chiaramente tutti i terrori che sconvolgevano la sua ragione. Di tanto in tanto si asciugava il freddo sudore che le bagnava la fronte, e ravviava macchinalmente i capelli che sentiva formicolarsi sul capo, come fossero venuti cose animate anch'essi. Quando l'uragano taceva, provava un terrore più arcano, e con un movimento macchinale nascondeva il capo sotto le coltri, per non udire qualcosa di terribile. Ad un tratto quel suono che parevale avere udito in mezzo agli urli della tempesta, quel gemito d'agonia, visione o realtà, s'udì più chiaro e distinto. Allora mise uno strido che non aveva più nulla d'umano, e si slanciò fuori ddal letto. Il barone, svegliato di soprassalto, la scorse come un bianco fantasma fuggire dalla finestra, si precipitò ad inseguirla, saltò sul ballatoio e non vide più nulla. La tempesta ruggiva come prima. Sul precipizio fu trovato il fazzoletto che avea asciugato quel sudore d'angoscia sovrumana."

Nessun commento:
Posta un commento