Beverone è un paese di 22 abitanti in provincia di La Spezia (Liguria)
Concetti tratti da
Da dove inizia la storia di Beverone?
La conformazione del suo territorio fa supporre che ci abitassero gli antichi liguri, migliaia di anni fa.
Gli spostamenti romani, durante la loro espansione, avvenivano sui crinali, per evitare agguati.
Ecco perché venivano costruiti dei fortilizi con delle piccole guarnigioni, per sorvegliare le alture.
Uno di questi percorsi di crinale molto probabilmente passava da Beverone proseguendo verso Brugnato, passando dal Montenero.
Nei pressi dell'attuale cimitero, sotto una roccia, vi era una sorgente cui venivano fatti abbeverare i cavalli: forse il nome Beverone nasce così.
La sorgente restò per diversi secoli, tanto che era usata anche dai pastori per le loro pecore e mucche.
Le prime case di Beverone, anche se non è possibile dare una datazione certa, sono antecedenti al 1600: erano fabbricate con un cemento chiamato "cauzina", che si otteneva con un cumulo di pietre di colore chiaro, alternando uno strato di legna ad uno di pietre, lasciando un vuoto all'interno, in cui si accendeva il fuoco, si copriva tutto di terra come una carbonaia per non far disperdere il calore. A cottura ultimata queste pietre diventavano morbide e triturabili. Ci sono ancora dei luoghi a cui è rimasto il nome del fatto che si cuocevano le pietre: "Furnasa".
Per coprire i tetti venivano usati le "ciappe", piastre di pietra grigia che si andava a prendere vicino a Veppo oppure verso "er canà er muin", detto degli ulivi.
Non si conosce la data di edificazione della chiesa; dovrebbe essere tra le più antiche della zona insieme a quella di Bocchignola e Montedivalli; forse venne costruita sulle mura di un antico fortilizio.
Una leggenda racconta che anticamente uno strano animale, il Dügu, con ali e artigli (*), faceva le sue scorribande nei pressi del monte, e portava via i bambini.
Per questo, dice la leggenda, il paese venne costruito più in basso.
(*) Il Dügu sembra essere una sorta di grifone, un animale favoloso mezzo aquila e mezzo leone.
Una volta il pastore era uno dei primi mestieri che si imparava nella vita.
Per curiosità: poteva capitare che la pecora restasse impigliata nei rovi e in dialetto questa situazione era definita "anrazzasse"; se restava bloccata tra le rocce "antecciasse"
Quando arrivava la primavera e si udiva il canto del cuculo, i pastori lo interrogavano su quanto sarebbe stata lunga la loro vita; quando sentivano in lontananza il verso del cuculo gli si domandava con una cantilena: "cucü daa barba bianca, quanti ani a campu anca?", "cuculo dalla barba bianca, quanti anni vivrò ancora?"
Terminata la domanda, si contava quante volte il volatile emetteva il suo cu-cu…
Beverone ha due ruscelli chiamati "canà du Giardin" e "canà der Muin", il primo prende il nome da un terreno che è vicino alla sua sorgente, al riparo dei venti. Il secondo, più ricco di affluenti, prende il nome dal mulino che era nei pressi.
Probabilmente vi era un mulino anche nel "Canà du Giardin", il "Muin de Tumin", ma nel "Canà der Muin" erano presenti sei mulini, costruiti in epoche diverse.
A rimodernizzare il sistema dei mulini fu Emanuele Chioccoli, che per trovare i soldi necessari, emigrò in America.
Tornato a Beverone, il mulino ricominciò a macinare.
Quasi tutte le case avevano un locale chiamato "seccadue", cioè l'essiccatoio.
Il soffitto "grade" era composto da travicelli in castagno affiancati, per far circolare l'aria.
Qui si portavano le castagne da essiccare.
Da alcune castagne uscivano dei vermetti bianchi detti "Zanè", "Giovannini"
In passato, quando una persona riusciva a svolgere molti lavori in breve tempo, si diceva "ma non avrà mica i folletti?" I folletti, nella tradizione di questi luoghi, erano personaggi che eseguivano gli ordini con rapidità.
Vecchi indovinelli
Ghè na veciazza da na fenestrazza, se ghe scrola quelu dente a fa arünae tütte er gente.
C'è una vecchiaccia affacciata ad una finestraccia se gli scrolla quel dente fa radunare tutta la gente
che avevo già visto diverse volte, ma che ho rivisto ieri in compagnia di Francesco, un Metallaro super appassionato dei Moonspell e dei Death, 😍💜, prima di avventurarci alla ricerca delle croci e del cippo a Vanzaghello! (trovate il reportage qui https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2024/03/le-croci-vanzaghello-le-processioni-nei.html) perciò qui trovate le nuove foto del portone (che mi era sfuggito le volte precedenti) e che ha la particolarità di presentare delle figure scolpite che "fuoriescono" dal portone, con la figura di Satana (è molto Black Metal, la chiesa di san Michele e il suo Ossario 💀 qui trovate l'altro Ossario, quello in zona centro: https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2024/10/meraviglioso-ossario-di-busto-arsizio.html)
Trama: Lisa, una ragazza quattordicenne che sogna di diventare una fotografa, cerca di aiutare in tutti i modi Adam, un compagno di scuola in difficoltà, che per fuggire la terribile realtà della sua vita (un padre alcolizzato, l'estrema povertà) si rifugia nella fantasia, raccontando addirittura di essere un extraterrestre.
Tutto il racconto è un delicato studio psicologico degli stati d'animo e dei problemi di ragazzi quasi adolescenti.
Corso Lodi, a Milano, è un viale alberato. I platani sono monitorati di continuo e più che platani dalla larga chioma, sembrano cipressi. Guardando i tronchi, ci si accorge che hanno alcune escrescenze dovute a malattie particolari degli alberi e che queste escrescenze hanno forme strane.
Molti anni fa, sul quarto albero a sinistra per chi scende, una di queste escrescenze assomigliò ad un volto urlante: il volto di un impiccato. Secoli fa, Corso Lodi era luogo di impiccagioni.
E così, qualcuno iniziò a pensare che l'albero fosse posseduto dallo spirito di un morto e la gente iniziò a mettere lumini.
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A Porta Vittoria, una volta, vi era uno strano bassorilievo che raffigurava una ragazza che si radeva il pube: ecco perché veniva chiamata "Porta Tosa" (ragazza) o "Porta Tonsa" (radersi). Probabilmente era un insegna che indicava una prostituta (che dovevano radersi per questioni igieniche) Si credeva che fosse la moglie del Barbarossa; ma in realtà dovrebbe essere un riferimento alla leggenda della "sconcia fanciulla": nel 1162 una ragazza salì sugli spalti e si spogliò per mostrarsi ai soldati tedeschi radendosi le pudenda ed ignorando le frecce che le scagliavano addosso, per umiliare il Barbarossa. Per altri, sarebbe una rappresentazione della Dea Flora, quindi un simbolo di fecondità. Oggi quel bassorilievo è nel Museo Archeologico.
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Villa Simonetta, oggi rimaneggiata, anticamente godeva di una fama un po' inquietante: si diceva che qualsiasi cosa venisse urlata in direzione della villa, si moltiplicava in 56 echi.
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Nella chiesa di San Marco, sia su una tela sia sull'architrave della bifora a sinistra del portale d'ingresso sono rappresentati dei draghi: alcuni sostengono che si tratti del Tarantasio, il mostro che abitava nel lago Gerundo, poi scomparso, che si estendeva tra Bergamo, Lodi e Milano. Al centro del rosone vi è una stella di David, antico simbolo esoterico, con i due triangoli, uno di fuoco, l'altro di acqua, che si intersecano l'uno nell'altro. è rappresentato al centro di un cerchio da cui si diramano 16 raggi, rappresentazione della Rosa dei Venti. Nella chiesa si trova anche una lastra tombale, ma nessuno è stato in grado di capire chi raffiguri perché il viso della rappresentazione dell'uomo è stato distrutto, in segno di damnatio memoriae.
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Si racconta che nel Parco Sempione vi sia il fantasma di una donna vestita con un lungo abito nero e un velo, che conduce dentro il castello i viandanti che, ammaliati, la seguono. Dopo una danza, la donna li conduce su un letto a baldacchino. E quando l'uomo le toglie il velo dal viso, si trova davanti un teschio che lo fissa con orbite vuote.
Le prime versioni di questa storia compaiono alla fine dell'Ottocento. Molte delle persone vittime di questa dama fantasma impazziscono, aggirandosi nei dintorni del Parco nella speranza di rivedere la donna spettrale.
Alcuni credevano che la casa dei fantasmi sorgesse all'angolo di via Paleocapa.
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Anche a Milano, anticamente, si festeggiava la notte dei morti, tra il 1° Novembre e il 2 Novembre: "l'è el dì di mort", "è il giorno dei morti". L'usanza imponeva di mangiare zuppa di ceci, tempia di maiale con sottaceti, grana e per dolce i "òss di mort", dei dolcetti di pasta di mandorle tostate al sapore di cannella, e il "pan dè mort", il pane dei morti: si metteva dell'uva passa per coprire i buchi fatti dalle ossute dita dei defunti che hanno cercato di afferrare il pane.
Un'usanza ormai dimenticata imponeva di chiudere porte e finestre e lavare una donna che avesse appena partorito e il bambino con acqua benedetta, perché qualche defunto avrebbe potuto impadronirsi della volontà del bambino segnandolo con una macchia nera.
Alle ragazze che avessero appena perso tragicamente il fidanzato si consigliava di indossare sette gonne, per andare a trovarlo al cimitero: lo spirito del morto avrebbe cercato di afferrarle per la gonna portandole nell'oltretomba, e per salvarsi la fanciulla doveva essere svelta e sfilarsi la sottana.
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Vi erano poi altre superstizioni, per difendersi dagli spettri.
Se si passeggiava fra le prime nebbie di novembre e si vedevano dei bagliori fluorescenti, andavano seguiti: conducevano alle "pietre saettine", sassi scagliati dai fulmini nei luoghi umidi, specialmente nei letamai: erano piccole pietre nere e lucide, che difendevano dal malocchio.
In prossimità dei bivi si potevano vedere i "cagnolitt", piccoli batuffoli che cambiavano forma e colore, che giravano attorno alle gambe dei viandanti, guaendo come dei cani. Erano gli spiriti dei bestemmiatori che scontavano la loro colpa e non andavano toccati perché mordevano e graffiavano.
Si pensava che durante la Notte dei Morti, via Broletto 7, nel palazzo che Ludovico il Moro fece costruire per la sua mante, Cecilia, si potesse vedere la donna affacciata alla finestra mentre aspettava l'amato. Si pensa che in quel palazzo, funestato da fatti di sangue, si aggirino ancora gli spettri del Conte di Carmagnola o del primo ministro Prina, linciato dalla folla nel 1814.
Anche la pinacoteca Ambrosiana sarebbe infestata dallo spirito di Lucrezia Borgia, che nella Notte dei Morti appare e tira fuori dalla teca la ciocca bionda dei suoi capelli, che aveva donato a Pietro Bembo: la pettina a lungo ed è per questo che quella ciocca di capelli sono ancora così morbidi e belli.
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Si credeva che in corso Monforte, nelle notti di nebbia, apparissero figure indistinte, che via via assumevano aspetto di donne, aumentando di numero, per una triste processione: sono le mogli e le figlie dei catari fatti sterminare da Ariberto di Intimiano, arcivescovo di Milano, bruciati in un immenso rogo che fu eretto in corso Monforte.
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Nel Castello Sforzesco appare ancora il fantasma della crudele Bianca Scappardone Visconti, che venne decapitata: la donna convinse il suo amante ad uccidere un suo ex spasimante che l'aveva derisa in pubblico: dopo aver scannato l'uomo, il sicario raccolse il suo sangue in un'anfora e ne fece dono a Bianca che, nella Notte dei Morti, appare per bere avidamente il sangue e subito dopo la sua testa rotola nel prato del castello.
Da una delle finestre del castello si intravede lo spettro di Bona di Savoia, che piange per la perdita dei suoi cari; anche il fantasma di Ludovico il Moro apparirebbe tra il ponte d'uscita verso il Parco del Sempione e la Ponticella del Duca.
Vicino alla fontanella dei leoni appare Bianca Sforza che intreccia le ghirlande nuziali fatte di rovi per ricordare la sua morte, la notte delle nozze, tra le braccia del marito.
Una figura vestita di broccato e oro corre nel portico dell'Elefante: è Isabella d'Aragona che cerca il veleno per sterminare gli Sforza.
Anche il fantasma di Beatrice d'Este appare, mentre muore dissanguata dopo aver partorito un bambino morto.
Infine, si crede che nella chiesa di San Bernardino gli scheletri danzino.
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Anche Piazza Maggi ha le sue storie di spettri: il fantasma di un uomo morto alla Senavra si manifesterebbe con uno scalpiccio di passi alle spalle dei viandanti. Per farlo smettere è necessario gettarsi alle spalle qualche monetina. Fatto ciò, il rumore di passi claudicanti sparisce.
Davanti alla chiesa di Santa Maria del Suffragio, nelle notti di nebbia, si possono scorgere figure oscure. Altri raccontano di un cane fantasma che infesterebbe la via Cadore, alitando acetilene sugli sfortunati passanti. In via Mecenate molti hanno visto lo spettro di un uomo in giubbotto di pelle: sarebbe un vecchio aviatore che passeggia nella via dove un tempo vi trovavano gli stabilimenti della Caproni, produttrice di aerei nel periodo tra le due Guerre Mondiali.
Tra via Sarpi e via Ceresio apparirebbe uno spettro di un monaco urlante contro l'immoralità; in piazza S. Stefano si sentono le urla del fantasma di un uomo murato vivo nel campanile dell'omonima chiesa.
Nel chiostro di Santa Redegonda vaga il fantasma di Bernarda Visconti che venne rinchiusa nella prigione della Rocchetta di Porta Nuova dopo aver tradito il marito (a cui era stata sposata con un matrimonio combinato) La donna si lasciò morire di inedia e da allora compare come fantasma inquieto.
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Anche nel Duomo di Milano ci sarebbe il fantasma di una donna: è possibile vederla quando si fotografa una coppia di sposi che escono dalla porta del Duomo dopo la cerimonia: alle loro spalle compare una misteriosa figura vestita di nero. Ingrandendo l'immagine si distinguono i tratti del volto della donna: ha spettrali occhi bianchi. Sembra che il fantasma sia quello di Carlina, una donna che abitava nella pieve di Schignano, vicino Como. Per un'antica usanza, le spose di Schignano sono vestite di seta nera, senza nessun gioiello.
Pare che questa usanza risalga ad un passato lontano, quando un feudatario esercitava lo "jus primae noctis", il diritto di giacere con ogni novella sposa la prima notte di nozze.
Le spose di Schignano presero l'abitudine di vestirsi di nero per non far capire agli uomini del feudatario che si stavano sposando.
Fu ad ottobre che Carlina si sposò con Renzino. La mattina dopo, ancora avvolta nel suo abito nero, Carlina era arrivata a Milano per il viaggio di nozze. Piazza del Duomo era avvolta da una coltre di nebbia. Gli sposini decisero di salire e ammirare la Madonnina ma lo spettacolo che videro fu terrificante: le figure marmoree di mostri e draghi uscivano dalla nebbia mentre i due salivano sul tetto del Duomo. Ai piedi della guglia Carelli, Carlina, spaventata, cominciò a correre a perdifiato tra le statue: era in preda al rimorso, perché aveva tradito Renzino con un biondo straniero e ne era rimasta incinta. Credeva di non dover confessarlo a Renzino perché il matrimonio era vicino e Renzino avrebbe pensato che fosse figlio suo. Ma inspiegabilmente, tra quelle statue del Duomo nella nebbia, Carlina aveva sentito il senso di colpa. Continuava a correre, forse per arrivare ai piedi della Guglia della Madonnina per chiedere perdono. Renzino le correva dietro, cercando di fermarla.
Carlina, però, disorientata, cadde nel vuoto e il suo corpo non venne mai più ritrovato. Oggi compare alle spalle degli sposi novelli per augurare un matrimonio felice che lei non ha potuto avere.
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Dosolina dei Navigli, come viene chiamata, era una donna di Vione, vicino a Sondrio. A quel tempo, era terra di contrabbandieri. Dosolina si innamorò di un operaio napoletano di passaggio a Vione per lavoro. I due fuggirono a Milano, dove si sposarono. Ma presto, finito l'idillio, l'uomo obbligò Dosolina a prostituirsi.
Una notte, Dosolina stanca di questa violenza, si ribellò e fuggì. Trovò rifugio sui Navigli, in casa di una sua compaesana, detta Luisa la Bandita. Luisa gestiva un magazzino di merci di contrabbando e Dosolina iniziò a diventare contrabbandiera anche lei, sfruttando il suo fascino.
Poi venne la guerra. I traffici aumentarono e Dosolina con la sua bicicletta sfrecciava per i boschi, a scambiare generi di prima necessità con la Svizzera. Una notte, due orchestrali della Scala bussarono alla sua porta: erano ebrei polacchi.
Le persecuzioni si stavano avvicinando.
Chiesero a Dosolina, in cambio dei loro soldi e gioielli, di portare il loro bambino appena nato in Svizzera, perché potesse salvarsi. E così la gerla della bicicletta di Dosolina divenne una culla per il piccino che arrivò sano e salvo in Svizzera.
E così ogni notte Dosolina prendeva un nuovo bambino da salvare, con l'aiuto dei partigiani e delle guardie di frontiera. Salvò innumerevoli vite fino a quando non venne uccisa con un colpo di fucile.
Il corpo di Dosolina si trova nel piccolo cimitero di Vione dove i partigiani la portarono.
Ma qualcuno sostiene che il suo spirito si aggiri lungo il Naviglio Grande o quello Pavese, nel vicolo dei Lavandai o ai lati della Darsena. è Dosolina dei Navigli, quella che i milanesi chiamano "l'Angel dei poupon", l'angelo dei bambini.
Ecco le foto che mi ha mandato Francesco, che ha trovato questo adorabile negozietto spagnolo che vende abbigliamento alternativo MA SOPRATTUTTO TOPPE DI BAND METAL!
considerato che qui in Italia non riesco più a trovarle 😖...😭😭😭 Alle fiere dei vinili e cd non le tengono 😭😭😭😭
Ma guardate che Meraviglia 😍 più preziose dei diamanti!
💜💜💜💜💜💜💜💜💜💜💜💜😍😍😍😍😍😍😍😍😍
Qui trovate il reportage su Solaro, che ho realizzato per merito di Francesco:
Spillette Metal trasformate in ciondoli! La toppa ce l'ho dal 2000 o giù di lì, esattamente come la spilletta dei COF, comprata al mercato di Busto Arsizio quando avevo 14 o 15 anni 😁
Aggiornamento: IL PARADISO IN TERRA PER NOI METALLARI! 😍
P.s ho inaugurato la nuova borsa! 😁 con le toppine che mi ha regalato Francesco!
La guerra civile greca iniziò nel maggio del 1946 e finì tre anni dopo, nell'ottobre del 1949. Il paese era diviso tra monarchici (sostenitori del re) che erano al governo, e comunisti. Durante la II Guerra Mondiale avevano accantonato le loro differenze per combattere fianco a fianco contro tedeschi e italiani.
Ma una volta che il nemico straniero fu cacciato, la Grecia fece guerra a se stessa. Le cose cominciarono bene per i partigiani comunisti. La maggioranza, almeno all'inizio, apparteneva al grande partito dell'ELLAS e a quello più piccolo, ma ugualmente forte, del KKE.
L'epilogo della guerra sarebbe stato assai diverso sia per loro che per la Grecia se avessero combattuto uniti; invece i partiti si suddivisero in piccoli e litigiosi schieramenti, ognuno deciso a fare in modo proprio. Così finirono per combattersi l'un l'altro, invece di affrontare insieme il nemico. L'esercito del governo fiutò subito la presenza di divisioni all'interno degli "accampamenti rossi" e sfruttò la situazione a proprio vantaggio.
Chiese aiuto all'America e all'Inghilterra e ottenne armi e informatori. Nessuna di queste nazioni voleva una Grecia comunista o solo lontanamente socialista. Il tempo della "rivolta rossa" era ormai superato, e nove anni di spargimento di sangue erano giunti ad un epilogo.
Finalmente i fucili tacevano e a poco a poco le colline, dove erano state commesse tante atrocità da ambedue le parti, in nome della libertà e della verità, avevano perso quell'atmosfera minacciosa che le aveva avvolte così a lungo. La gente poteva nuovamente svolgere le proprie attività quotidiane senza doversi continuamente guardare alle spalle.
Devo aggiungere che sebbene la pace fosse arrivata, per alcuni esisteva un ultimo amaro ostacolo: migliaia di partigiani, spaventati o senza nessuna voglia di tornare a casa per ragioni ideologiche, si diressero verso i paesi comunisti a nord della Grecia, specialmente nella ex Jugoslavia e Bulgaria.
Nella ritirata attraverso la Macedonia (Grecia del Nord) portarono via con la forza i bambini dei paesi che attraversarono.
Oggi, nel 1987, la Grecia è finalmente in pace con se stessa (Nota di Lunaria: peccato che verso il 2009 sono piombati di nuovo nel baratro ma qui in "italia" eravamo affaccendati a fare tutt'altro...)
Ha un governo democratico (socialista) che è salito al potere nel 1980 e vi è libertà di parola e di pensiero. Grazie al turismo il paese ha raggiunto una ricchezza venti anni fa impensabile (considerato che queste cose sono state scritte nel 1987... Nota di Lunaria)
Oggi tutti i bambini mangiano tre volte al giorno e portano le scarpe tutti i giorni della settimana.
Io guardo le colline e incrocio le dita.
(Nota di Lunaria: non è servito a molto, cara Billi...)
Nota di Lunaria: dici "Grecia!" e subito pensi alla crisi economica e a tutte le storture da mondo finanziario dei normaloidi. Noi invece quando sentiamo "Grecia!" pensiamo a "Black Metal!", in particolare a queste band.
La scena Metal greca sarà anche piccola ma ha sfornato band molto valide.