Israele Esoterico (6) Anat, Qedesh, Eva




 tratto da


La "Signora degli animali" arricchita di un tratto spiccatamente agricolo (gli avambracci flessi all'esterno e le mani stringenti fasci di spighe),


Altre Dee nella stessa posa di Astarte

ritorna nel rilievo siriaco con le caratteristiche note minoiche dell'ampia gonna a balze successive sin oltre il ginocchio, del busto nudo, dei seni vistosi, degli egagri rampanti ai suoi lati; ma il capo adorno di un alto e spesso berretto dell'identica stoffa della gonna, arieggiante ad una tiara.
La terra di Canaan, l'Arabia yemenita a sud di essa e la Siria a nord, furono i tre originari centri del suo culto che si affermò con particolare vigore, dando origine a testi religiosi e letterari, nella Siria settentrionale a Ugarit. Gli Israeliti, occupata la valle del Giordano, ne assorbirono con grande facilità i culti preesistenti. Dovettero ben presto venire a conoscenza della Dea, come pure della sua compagna Qedesh, e delle due Divinità Femminili dei "luoghi alti cananei": Ashtartu ed Asherah.
Fiorentissimo era il culto di Anat a Beth-shan (l'odierna Beisan) città della Galilea meridionale, nella valle di Esdrelon, presso la riva destra del Giordano dove gli scavi condotti da archeologi americani rivelarono ben nove strati di cui il più profondo è anteriore all'ingresso degli Israeliti reduci dall'Egitto in Canaan.
Dal libro di Giosuè raccogliamo che fra le città assegnate a Manasse v'era Beth-shan coi suoi villaggi dove i figli di lui si stanziarono più ospiti che conquistatori e quando crebbero in forza reserò i Cananei tributari, ma non ne fecero strage. Si inizia così insieme con un sincretismo di costumi - i matrimoni misti - un sincretismo religioso coincidenti l'uno e l'altro con l'inizio di un periodo di prosperità nel quale gli Israeliti applicavano le arti agricole dei Cananei. E poiché questi attribuivano la fertilità dei campi all'azione vigila della loro Divinità, fu facile agli Israeliti persuadersi che, oltre a jahvè, era pur lecito rendere culto alle divinità delle popolazioni locali:

(Nota di Lunaria: la ben nota ossessione di jahvè: "Io sono il signore dio tuo/non avrai altro dio all'infuori di me/io sono un dio geloso" che lascia intendere pienamente che questo dio, per poter essere geloso di altri Dei, doveva ammettere implicitamente la loro esistenza...!)






Ora tra queste Dee locali cananee era indubbiamente Anat (il cui nome ritorna in toponimi quali Bet-Anat vicino ad Hebron, Anatot a nord di Gerusalemme ed è persino il nome della madre di uno dei Giudici d'Iraele, Samgar, detto "figlio di Anat" che con un vomero uccise 600 filistei) (*)

Le donne straniere, poi, entrando come mogli e concubine negli harem israeliti (vedi la storia di Salomone) vi portavano le loro divinità femminili e spesso le facevano trionfare nei singoli gruppi famigliari. E così, mentre Salomone ergeva il Tempio di Gerusalemme e lo consacrava affinché jahvè venisse ad abitarlo, popolava i dintorni di Gerusalemme di "luoghi alti" dove i vari culti stranieri venivano riccamente installati.

Abbiamo visto qui "i luoghi alti": http://intervistemetal.blogspot.it/2018/04/israele-esoterico-5-gli-alti-luoghi.html


Quanto gli Israeliti fossero attaccati al culto cananeo di Anat è dimostrato da un ben significante episodio rivelatoci dai "Papiri di Elefantina", dove una dinastia fa ergere un tempio dedicato a Jahu/Jahvè ma in cui vi trovavano posto anche altre divinità. In alcune forme di giuramento troviamo che Anat fa coppia con Jahu (Anat-Janu) dove il dio è subordinato alla potenza generatrice di Anat. Che javhè potesse essere subordinato a una Divinità Femminile, che contava sacre etere fra le sue ministre, era una sacrilega bestemmia agli occhi di uno jahvista puro.

(Nota di Lunaria: vedi la storia dell'israelita Zamri e della sua amante madianita Cozbi che vengono trapassati da una lancia manovrata dal nipote di Aronne, in Giudici III, 5)

Dalla "humus" medesima da cui germinò Anat in Palestina e in Siria, germinò la Dea nell'Arabia yemenita, popolata da tribù nomadi.
La Dea appare connessa con il leone. [come molte altre Dee sedute in trono con i leoni a lato. Nota di Lunaria]




Anat e Qedesh furono, insieme con Ashtartu, le divinità femminili che gli Egizi fecero proprie. Anat veniva rappresentata in Egitto come una Dea guerriera, seduta con la lancia o lo scudo nella mano destra, mentre brandisce con la sinistra alzata una mazza di battaglia;
 


o in piedi, vestita di una pelle di pantera, lo scettro papiraceo nella mano destra, il simbolo della vita nella sinistra. In capo, sempre l'alta tiara bianca fiancheggiata da due ricche piume e talora un paio di corna alla base.
Gli Egizi, come si vede, di Anat tennero soprattutto il carattere guerriero, a cui dedicarono un santuario a Tebe, mentre Ramses II chiamò sua figlia "figlia di Anat".
Un'altra Dea che fu assunta dagli Egizi con particolare entusiasmo è Qedesh, "Onnipotente propagatrice dell'amore", non diversamente da  Inanna-Ishtar. Qadesh è rappresentata sopra un gioiello da Ras Shamra, nuda, stante sopra un leoncino, le braccia piegate e alzate a reggere due rami di loto con due serpenti che la fiancheggiano scendendo paralleli alle gambe. Veniva anche rappresentata completamente nuda, in piedi a una leonessa e portante in capo un crescente lunare e un disco.

(Nota di Lunaria: si veda il confronto con Lilith)


Più tardi, assume l'acconciatura hatorica, si adorna di collana e veste con un abito aderentissimo che la fa apparire nuda, tenendo in mano fiori di loto e un cerchietto (uno specchio?) con due serpentelli nella mano sinistra.

(Notare come la Dea abbia per sgabello un leone, animale noto per la forza e l'ardore, quasi a incrementare il potere della Dea che doma il leone e lo rende suo poggiapiedi)


Collegamenti è possibile farli con Bast (Dea Gatta) e Sekhet (Dea Leonessa), rappresentate vestite in modo attilato, con le mani reggenti il sistro e lo scettro di papiro (per Bast) serpenti (Sekhet). Anche Atargatis (Dea Siriana) era rappresentata su un leone, o in trono, con due leoni che l'affiancano.


Anat aveva anche un aspetto sanguinario, e la si immaginava mentre faceva dei veri e propri bagni di sangue:

"Ella, la Vergine, si lava le mani, ella, la Sorella del Principe, si lava la dita; si deterge le mani dal sangue dei soldati, si deterge le dita dal sangue rappreso dei guerrieri"

Nota: e per questo aspetto, andrebbe assimilata a Kali/Morrigan e a Artemis Orthia, "La Dea che suscita la virilità" che veniva celebrata con sacrifici umani maschili, sostituiti poi da flagellazioni. La Dea era avida di sangue maschile irrorante l'altare perché accresceva e rafforzava i suoi poteri autonomi di generatrice. Che poi si credesse, nei tempi antichi, che il sangue fosse l'alimento da donare agli Dei "per non farli morire" era credenza anche azteca: "Per quanto riguarda i sacrifici, gli Aztechi erano convinti che niente fosse più necessario che assicurare al Sole il nutrimento: il sangue umano, che nutriva il Sole e permetteva il suo ritorno. Il Sole esigeva sangue, gli stessi Dei lo avevano donato. Comunque c'è da ricordare che all'epoca si riteneva un grande onore sacrificarsi per gli Dei."


Stralcio tratto da  



Nota di Lunaria: ho parecchio materiale sui Mesoamericani. E ovviamente ci sono molte band sudamericane che mi piacciono. Vedremo se riuscirò a trattare anche loro...



(*) Anche il padre di Gedeone era un adoratore di Baal, a cui aveva elevato un altare con una roccia "fallica" dedicata al dio, la Massebhah, che poteva arrivare da uno a tre metri circa, mentre ad Asherah si dedicavano alberi sfrondati o pali. Anche Erodoto parla di pietre rizzate a mo' di fallo e Mircea Eliade ne parla a fondo della litolatria e dei culti fallici connessi ai sassi in "Trattato di Storia delle Religioni". Anche la figlia di Iefte probabilmente adorava sui monti il dio Baal, quando "va a piangere la propria verginità" nelle selve montuose prima di essere sacrificata.

"I sassi o i meteoriti magici, sacri, le case del Dio/Dea o con proprietà taumaturgiche in grado di guarire o "creare" la gravidanza. Erano anche associati all'eternità, alla partenogenesi - li si riteneva "nati da sé" - e all'organo maschile (infatti venivano "oliati" e tale pratica la si ritrova scritta persino nella Bibbia a testimonianza che gli stessi Ebrei, per un periodo della loro storia, non solo adoravano gli alberi - "il roveto ardente" - ma persino le pietre). Anche la Kaba islamica in realtà rientra nel culto della pietra, e Mircea Eliade ipotizza che all'inizio fosse persino dedicato a una Dea. Per quanto riguarda i cristiani, hanno assimilato il culto delle pietre nelle loro chiese: nella chiesa di san Volfango c'è una cappella - eretta nel 1713! - che ospita all'interno "la pietra sacra", ovvero un masso calcareo - si pensa - toccato dal santo. Nella chiesa di Maria Schnee (nell'ex Boemia tedesca) c'è un grande masso diviso da una profonda spaccatura centrale (riferimento concettuale alla Yoni induista, il culto della Vagina: i popoli protostorici dell'India consideravano le pietre forate un emblema del "Yoni", e l'azione rituale di passare per il buco implicherebbe rigenerazione per mezzo del Principio Cosmico Femminile) e nella cavità venivano offerti cereali e ceri; Nella cappella di San Nicolò si trova l'"Handstein" (pietra della mano): ci si infila la mano per ottenere la guarigione." (Stralcio preso da "Trattato di Storia delle Religioni" di Mircea Eliade)

Per la coscienza religiosa del primitivo, la durezza, la ruvidità e la permanenza della materia sono una ierofania. Non v'è nulla di più immediato e di più autonomo nella pienezza della sua forza, e non v'è nulla di più nobile e di più terrificante della roccia maestosa, del blocco di granito audacemente eretto. IL SASSO, ANZITUTTO, E'. Rimane sempre se stesso e perdura; cosa più importante di tutte, COLPISCE. Ancor prima di afferrarla per colpire, l'uomo urta contro la pietra, non necessariamente col corpo, ma per lo meno con lo sguardo. In questo modo ne constata la durezza, la ruvidità e la potenza. La roccia gli rivela qualche cosa che trascende la precarietà della sua condizione umana: un modo di essere assoluto. La sua resistenza, la sua inerzia, le sue proporzioni, come i suoi strani contorni, non sono umani: attestano una presenza che abbaglia, atterrisce e minaccia. Nella sua grandezza e nella sua durezza, nella sua forma o nel suo colore, l'uomo incontra una realtà e una forza appartenenti a un mondo DIVERSO da quel mondo profano di cui fa parte.
Non saprei dire se gli uomini hanno mai adorato i sassi in quanto sassi. La devozione del primitivo si riferisce sempre, in ogni caso, a qualche cosa di diverso, che la pietra incorpora ed esprime. Una roccia, un ciottolo, sono oggetto di rispettosa devozione perché rappresentano o imitano QUALCHE COSA, perché vengono da QUALCHE POSTO. Il loro valore sacro è dovuto esclusivamente a questi qualche cosa e qualche posto, mai alla
loro stessa esistenza. Gli uomini hanno adorato i sassi soltanto nella misura in cui rappresentavano UNA COSA DIVERSA dai sassi. Li hanno adorati o se ne sono serviti come strumenti di azione spirituale, come centri di energia destinati alla difesa propria o a quella dei loro morti. E ciò avveniva, è bene dirlo subito, perché le pietre con incidenza cultuale erano in maggioranza utilizzate come STRUMENTI: servivano a ottenere qualche cosa, ad assicurarne il possesso. La loro funzione era magica più che
religiosa. Fornite di certe virtù sacre dovute all'origine o alla forma, erano non adorate ma utilizzate (...) Leenhardt scrive che ‘i sassi sono lo spirito pietrificato degli antenati’. La formula è bella, ma non si deve prendere alla lettera. Non si tratta di spirito pietrificato, ma di rappresentazione concreta, di un'‘abitazione’ provvisoria o simbolica dello spirito. Del resto lo stesso Leenhardt confessa: ‘che si tratti di spirito, dio, totem del clan, tutti questi concetti hanno in realtà una rappresentazione concreta, che è il sasso’. I Khasi dell'Assam credono che la Grande Madre del clan sia rappresentata dai dolmen ("maw-kynthei", ‘i sassi femmina’), e che il Grande Padre sia presente nei menhir ("maw-shynrang", ‘i sassi maschi’). In altre zone culturali i menhir incarnano addirittura la divinità suprema (uranica). Abbiamo già visto che in molte tribù africane il culto del dio supremo del Cielo comprende menhir (a cui si fanno sacrifici) e altre pietre sacre (...) La pietra, la roccia, il monolito, il dolmen, il menhir DIVENTANO sacri grazie alla forza spirituale di cui portano il segno (...) A Decines (Rodano), ancora in tempi recenti, le donne si ponevano a sedere sopra un monolito che sta in un campo nella località Pierrefrite. A Saint-Renan (Finisterra) la donna che desiderava un figlio si coricava per tre notti consecutive sopra una grande roccia, ‘la cavalla di Pietra’. Parimenti i novelli sposi, nelle prime notti dopo le nozze, venivano a strofinare il ventre contro quella pietra. La pratica si ritrova in molte regioni. Ancora nel 1923 le contadine che venivano a Londra abbracciavano le colonne della cattedrale di San Paolo per avere figli (...) Numerosi megaliti favoriscono i primi passi dei bambini o assicurano loro buona salute. Nel cantone di Amance c'è una ‘Pietra forata’; le donne le si inginocchiano davanti e la pregano per la salute dei figli, gettando una moneta nel buco. I genitori portavano il neonato alla ‘pietra forata’ di Fovent-le-Haut e lo facevano passare per il foro. ‘Era, in un certo senso, il battesimo della pietra, destinato a preservare il bambino dai malefìci e a portargli fortuna’.  A Natale e il giorno di San Giovanni Battista (cioè ai due solstizi), si ponevano candele accanto a certe pietre forate, e si spandeva sulle pietre dell'olio, che poi veniva raccolto e usato come rimedio. La Chiesa ha lungamente combattuto queste usanze . La loro sopravvivenza malgrado le pressioni del clero, e specialmente malgrado un secolo di razionalismo antireligioso e antisuperstizioso, è una nuova prova del vigore di queste pratiche (...) Oggi la credenza non è più basata su nessuna considerazione teorica, ma è giustificata da leggende recenti o da interpretazioni sacerdotali (un santo si è riposato su quella roccia; sopra il menhir c'è la croce, eccetera). Un esempio suggestivo della multivalenza simbolica della pietra è dato dalle meteoriti. La Pietra Nera della Mecca e quella di Pessinunte, immagine aniconica della Grande Madre dei Frigi, Cibele, portata a Roma durante l'ultima guerra punica, sono le più illustri meteoriti. Il loro carattere sacro era dovuto anzitutto alla loro origine celeste. Ma erano insieme immagini della Grande Madre, cioè della divinità tellurica per eccellenza. E' difficile credere che la loro origine uranica sia stata dimenticata, perché le credenze popolari attribuiscono questa discendenza a tutti gli strumenti preistorici di pietra chiamati ‘pietre del fulmine’. Probabilmente le meteoriti divennero immagini della Grande Dea perché si credettero inseguite dal fulmine, simbolo del Dio uranico. Ma, d'altra parte, la Ka'ba era considerata il ‘centro del mondo’, cioè non soltanto il centro della terra: sopra di essa, nel centro del cielo, doveva trovarsi la ‘Porta del Cielo’. Evidentemente, cadendo dal cielo, la Pietra Nera della Ka'ba bucò il firmamento, e attraverso quel foro può avvenire la comunicazione fra Terra e Cielo (vi passa l'‘Axis Mundi’) (...) ‘Gli Arabi adorano le pietre’, scriveva Clemente Alessandrino (...) si può supporre che al tempo di Clemente la maggioranza degli Arabi ‘adorassero’ i sassi. Ricerche recenti hanno dimostrato che gli Arabi preislamici veneravano certe pietre chiamate dai Greco-latini "baytili", parola di origine semitica che significa ‘casa di Dio’ (55). Del resto tali pietre sacre non furono venerate soltanto nel mondo semitico, ma anche dalle popolazioni dell'Africa del nord, anche prima dei loro contatti con i Cartaginesi. Ma i betili non furono mai adorati in quanto SASSI, lo furono soltanto nella misura in cui manifestavano una PRESENZA DIVINA. Rappresentavano la ‘casa’ di Dio, erano il suo segno, il suo emblema, il ricettacolo della sua forza o il testimonio incrollabile di un atto religioso compiuto in suo nome. Qualche esempio scelto nel mondo semitico farà comprendere meglio il loro significato e la loro funzione. In viaggio per la Mesopotamia, Giacobbe attraversò Haran:

"Giunto a un certo luogo, volendovi riposare dopo il tramonto del sole, prese delle pietre che vi si trovavano, e postele sotto il suo capo, ivi dormì. E vide in sogno una scala rizzata sulla terra, la cui cima toccava il cielo; gli angeli di Dio salivano e discendevano per essa; e il Signore, appoggiato alla scala, gli diceva: ‘Io sono il Signore Dio d'Abramo tuo padre e il Dio d'Isacco; la terra nella quale dormi, la darò a te e alla tua stirpe...’... Svegliatosi Giacobbe dal suo sogno disse: ‘Veramente, il Signore è in questo luogo, e io non lo sapevo!’ e intimorito così continuò: ‘Quanto è terribile questo luogo! altro non è che la casa di Dio e la porta del cielo’. 


APPROFONDIMENTO SU EVA: 


Vedi anche: https://intervistemetal.blogspot.com/2019/10/eva-heba-come-magna-mater.html




APPROFONDIMENTO SULLA COLOMBA


tratto da:


La colomba è un animale che tutti associano al cristianesimo, ma in realtà ha origini pagane. Non solo rappresentava lo spirito vitale, il passaggio da uno stato o mondo ad un altro, o la castità e la dolcezza, ma in alcune tradizioni come quella cinese era associata alla lascivia; più in generale, è un simbolo associato alle Grandi Madri: raffigurava femminilità e maternità; la colomba con un ramo d'olivo è simbolo di pace, di rinnovamento della vita; le colombe che bevono da una ciotola raffigurano lo Spirito che beve le acque della vita, o, al contrario, sono associate ai riti funerari. 



In Egitto la colomba era associata all'Albero della Vita e appariva come il frutto dello stesso Albero.
Simbolo della Dea Hurrita Kupaba, poi conosciuta come Cibele, (e proprio la colomba era il suo ideogramma),



associata nell'arte minoica alla Grande Madre, i cui emblemi erano colombe e serpenti, che simboleggiavano l'aria e la terra; 


emblema di Athena, come rinnovamento della vita, o del Dio Giapponese Hachiman, Dio della guerra, per simboleggiare la fine di una guerra (la colomba portava una spada nel becco); nella tradizione greca erano associate anche a Zeus, Adone, Bacco e a Venere, quale simbolo di voluttà; una colomba con una stella era emblema di Venere Militta; nel contesto sumerico-semitico rappresentavano il Potere Divino di Astarte e Ishtar. 



In India, Yama, Dio dei morti, ha come messaggeri civette e piccioni. 
La Dea-Luna della Palestina asianica era associata alle colombe come le corrispondenti divinità di Tebe d'Egitto, Dodona, Ierapoli, Creta e Cipro. Ma era adorata anche come vacca dalle lunghe corna: Hathor, Iside, Astaroth Karnaim.
Iside è una parola asiatica onomatopeica, Is-Is, "Colei che piange", perché si riteneva che la Luna spargesse la rugiada e perché Iside, originale precristiano della "mater dolorosa", piangeva Osiride ucciso da Set.
Iside era identificata con Io, la vacca lunare bianca o dorata giunta in Egitto da Argo. La "O" di Io è un'Omega, comune variante di Alfa.

Nota bene: Iside è una Dea Alata: https://intervistemetal.blogspot.com/2018/12/iside.html



Inoltre, gli stessi arabi pre-islamici adoravano Dee a forma di cicogna, come abbiamo visto qui: http://intervistemetal.blogspot.com/2018/05/israele-esoterico-7-amuleti-e-toro-nel.html

Nel testo etiopico "Leggende di Nostra Signora Maria", si parla di Maria come perla bianca e uccello bianco, perché la sua anima esisteva prima del tempo: "Gioacchino disse a sua moglie Anna: "Ho visto il cielo aprirsi e un uccello bianco discenderne e librarsi sopra il mio capo". Ora, questo uccello aveva avuto il suo essere nel tempo antico... Era lo Spirito della Vita in forma di un uccello bianco e si incarnò nel grembo di Anna quando la perla uscì dai lombi di Gioacchino e Anna la accolse, ed era il corpo di Nostra Signora Maria." (Nota di Lunaria: ovviamente tutto questo è fantasia popolare, ricalcata sulle Dee, e non vi è traccia di tale evento nei vangeli)



La colomba, che è il simbolo dello Spirito Santo e discende su Gesù al momento del Battesimo, è un animale sacro alla Dea, ed era già attributo delle Sacerdotesse, molto prima dell'avvento del cristianesimo, così come la perla, che è connessa al mare e quindi alla Dea. Secondo questa interpretazione Gesù sarebbe stato quindi "benedetto" dalla Dea e non dal dio padre.

Nota di Lunaria: ovviamente sorvoliamo su questa cretinata, che non toglie per niente lo scandalo di gesù che annuncia "padre nostro che sei nei cieli/chi vede me vede il padre" e se ne guarda bene dal dire che dio è anche madre.


Altro approfondimento tratto da


In Epiro, nella parte nordorientale della Grecia, sorgeva il più antico degli oracoli greci, la Quercia Sacra di Dodona. Il luogo aveva - e conserva tuttora - un aspetto selvaggio e drammatico. Ai piedi del monte Tamaro, sulle pendici dal quale si ergono ancora vecchissime querce, s'innalzava il santuario di Zeus, che nel  IV-V secolo diventò chiesa cristiana e sede episcopale. La zona era famosa per la violenza dei suoi temporali e anche per il freddo che vi regnava. Omero parla di "Dodona dalle male tempeste". A Dodona esisteva una quercia consacrata a Zeus, e in quella quercia c'era un oracolo le cui Profetesse erano donne. Quelli che venivano a consultare l'oracolo si avvicinavano alla quercia e l'albero si agitava un po'; poi le donne prendevano la parola e dicevano "Zeus annuncia la tal cosa".
Queste Sacerdotesse si chiamavano Peleiadi o Peristere, cioè "le colombe". Erano tre, ci dice Erodoto, la maggiore si chiamava Promenia, "l'anima di prima", la seconda Timarete "la virtù onorata", la più giovane Nicandra "vittoriosa sugli uomini".
Interpretavano il fruscio prodotto dal movimento del fogliame (dendromanzia). Non erano però Sacerdotesse di Zeus, ma di Dione, la Dea sposata da Zeus a Dodona. Presso i Greci, Dione è ricordata solo dagli autori più antichi, che la ritengono pre-ellenica. Appare all'inizio della formazione del mondo. Nel mito pelasgico, Dione è una Titanide che, associata a Titano Crio, regna sul pianeta Marte.
Nella Teogonia di Esiodo è figlia di Oceano e Teti. Nel mito orfico, riferito da Platone, Oceano e Teti costituirebbero la coppia primordiale che ha dato origine agli Dei e a tutti gli esseri.
Nel mondo egeo pre-ellenico, Rea, Dea della quercia e delle colombe, con il suo paredro, lo Zeus cretese adolescente, era al centro del culto che si rendeva agli alberi, pratica fondamentale della religione minoica.
In Grecia sono esistiti altri alberi oracolari, ma nessuno ha conosciuto una carriera altrettanto lunga di quella della quercia di Dodona. A Page veniva consultato un pioppo nero che, malgrado fosse un albero funebre, era in quel luogo consacrato a Era. Alla Dea dei morti, Persefone, era attribuito, a causa dei pioppi neri, un altro oracolo a Egira, in Acaia. Sul monte Liceo, in Arcadia, per favorire la pioggia, il sacerdote di Zeus immergeva un ramo staccato da uno di questi alberi in una sorgente che doveva trovarsi ai suoi piedi: occasionalmente Zeus era quindi considerato il Dio del temporale e della pioggia fecondatrice.
In periodo precristiano il culto della quercia era diffuso in tutta Europea. Esso era talmente radicato nei costumi di certi popoli che presso di loro sopravvisse a lungo alla conversione al cristianesimo.
Plinio nella "Storia naturale" ci ha lasciato delle descrizioni delle immense foreste di querce della Germania, che meravigliarono i Romani, che vi entrarono con una specie di terrore sacro.
"Querce di enormi dimensioni, lasciate intatte dal trascorrere del tempo e originate insieme col mondo" (Tacito)
I Germani veneravano nelle querce i divini antenati.
Il Frassino era dedicato a Odino, la quercia a Donar-Thor.
La quercia che nell'ottavo secolo fu abbattuto da san Bonifacio era consacrata a Donar, un Dio legato ai fenomeni atmosferici (tuono, lampo, vento, pioggia)
A Perkunas, il Dio Lituano del tuono, erano consacrate le querce e venivano tenuti accesi i fuochi perpetui (esattamente come per Perun, Dio del tuono slavo). I Lettoni adoravano Perkun, Dio della folgore e la quercia a lui consacrata era "la quercia d'oro". Anche a Taara, Dio del tuono estone, Il Padre del Cielo, era consacrata la quercia. Anche in Gallia esistevano, secondo Plauto, querce oracolari e secondo Lucano, mangiare ghiande era ritenuto una pratica divinatoria.
Del resto, insieme alla quercia era adorato il vischio, ritenuto il seme onnipotente del Dio.
I cristiani assimilarono il culto del vischio "accettando" che nella notte di San Silvestro ci si baci o scambi gli auguri sotto un rametto di vischio.

"Come nel freddo brumale fra la boscaglia usa il vischio frondeggiare diverso, ché non sua pianta lo semina, e di ghirlande giallastro circonda i tronchi rotondi, così si vedeva quell'oro frondeggiare fra l'elce ombroso, così con le brattee leggere sussurrava nel vento"
Così è celebrato il vischio da Virgilio nell'Eneide.
Jean Beaujeu osserva: "La mitologia del vischio, molto scarsa in Italia, era abbondante nei paesi celtici e germanici; al vischio si attribuiva un potere magico: permetteva di aprire il mondo sotterraneo, allontanava i demoni, conferiva l'immortalità."
Nota di Lunaria: è divertente vedere come i cattolici celebrino, inconsapevolmente, il loro dio con un elemento preso dagli Dei Fallici citati prima... 

La quercia di Dodona era consacrata a Zeus, ma accanto a essa c'erano le colombe sacre, simboli della grande Madre tellurica, e questo indica un'antica ierogamia del Dio celeste della tempesta con la Grande Dea della fecondità, fenomeno che ritroveremo su larga scala. (Mircea Eliade)
 

Stralci qui sopra tratti da




Israele Esoterico (5) gli Alti Luoghi, Asherah e Massebah

Info tratte da





Secondo la bibbia la storia di Israele ebbe inizio quando Yahwé ordinò ad Abramo di lasciare la sua famiglia e il suo paese e di andare a stabilirsi a Canaan. Pochi dettagli di questa vicenda possono essere verificati tramite altre fonti; d'altraparte il racconto in generale deve contenere una verità storica. Il movimento migratorio di Abramo probabilmente riflette quello delle tribù Amorrite e Atamee nella prima metà del II millennio a.c

Il riferimento a Dio come "Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe" sembra riflettere l'idea sumero-accadica del Dio personale, dell'individuo, mentre l'uso di nomi come El Elyon, El Shaddai, El Berith, riflette un periodo precedente della religione israelita o meglio pre-israelita. Alcuni costumi religiosi, come ad esempio l'erezione dei pilastri di pietra ("Massebah", Genesi 28,10-20) più tardi furono considerati pagani.


L'apparizione di Yahweh ha luogo nella terra della tribù di Midian: abbastanza stranamente le fonti egiziane fanno riferimento al nome "Yhw" in connessione con alcune tribù beduine. L'origine della religione di Yahweh è oscura, ma alcuni fatti indicano a questo riguardo la tribù di Midian o l'affine tribù di Kenite: è certo comunque che Mosé le diede la sua forma caratteristica. Tipica di questa è la pretesa di Yahweh di essere l'unico Dio del popolo di Israele: non si tratta ancora di monoteismo puro, dato che ancora non si nega l'esistenza di altri Dei, piuttosto si deve parlare di monolatria.

Nota di Lunaria: appunto, monolatria, ovvero scegliersi un dio particolare e adorare solo quello, senza negare l'esistenza degli altri Dei! Del resto, anche un Induista può essere monolatrico! Vedi il culto a Krishna o a Shiva! Si sceglie di adorare Krishna (o Shiva, o Vishnu...) e rivolgersi solo a lui, senza negare l'esistenza degli altri Dei!  In tutto l'antico testamento il ritornello non è quello del dire che gli altri Dei non esistano, ma quello di adorare un unico Dio, le cui qualità (e persino modi di adorazione) sono uguali a quelle di tanti altri Dei, ma che, secondo gli Ebrei, egli è il Dio più forte in assoluto!

Gli Dei più famosi erano (i) Baal (i tanti Dei maschili) e Astarte, che abbiamo già visto: http://intervistemetal.blogspot.it/2018/04/siria-2-litolatria-atargatis-astarte.html
https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/gerico-e-il-culto-della-dea.html

Mircea Eliade nel suo "Trattato di Storia delle Religioni" ne parla a fondo, in un lunghissimo capitolo;

Jahvè.

Le sole divinità del cielo piovoso e fecondatore che siano riuscite a conservare la loro autonomia, malgrado le ierogamie con innumerevoli Grandi Dee, sono quelle che si evolvettero lungo la linea della Sovranità, e che accanto al fulmine fecondatore conservarono lo scettro, restando così garanti dell'ordine universale, custodi delle norme e incarnazioni della
Legge. Zeus e Juppiter sono divinità di questo tipo.
Evidentemente tali figure imperiali ebbero nettamente precisata la loro personalità, grazie alla vocazione particolare dello spirito greco e romano per le nozioni di norma e di legge. Ma simili processi di razionalizzazione divennero possibili soltanto a cominciare dall'intuizione religiosa e mitica dei ritmi cosmici, della loro armonia e della loro perennità. T'ien
è parimenti un bell'esempio di sovranità celeste nella sua tendenza a rivelarsi come ierofania della Legge, del ritmo cosmico. Capiremo meglio questi aspetti quando studieremo le funzioni religiose del Sovrano e della sovranità. Sopra un piano in certo senso parallelo si colloca l'‘evoluzione’ della divinità suprema ebraica. La personalità di Jahvè e la sua storia religiosa sono troppo complesse per potersi riassumere in poche righe. Diciamo tuttavia che le sue ierofanie celesti e atmosferiche hanno formato molto presto il centro di esperienze religiose che resero possibili le
rivelazioni ulteriori. Jahvè manifesta la sua potenza nell'uragano; il tuono è la sua voce e il fulmine viene chiamato ‘il fuoco’ di Jahvè o le sue ‘frecce’. Il Signore d'Israele si annuncia con ‘tuoni, fulmini e un fumo denso’ quando consegna le leggi a Mosè. ‘La montagna del Sinai era tutta in fumo, perché l'Eterno vi era disceso in mezzo al fuoco...’ . Debora rammenta con religioso timore come, ai passi del Signore ‘la terra tremò, i cieli si agitarono e le nuvole si disciolsero in acqua’. Jahvè avvertì Elia che si avvicinava con ‘un grande uragano, da lacerare i monti e spaccare le rocce: il Signore non era nell'uragano. Dopo la tempesta venne un terremoto: il Signore non era in quel terremoto. E dopo il terremoto un fuoco: il Signore non era neppure in quel fuoco, e dopo il fuoco un mormorio dolce e leggero’. Il fuoco del Signore cade sugli olocausti di Elia quando il profeta lo supplica di mostrarsi e di confondere i sacerdoti di Ba'al. Il roveto ardente dell'episodio di Mosè, la colonna di fuoco e le nuvole che guidano gli Israeliti nel deserto, sono epifanie jahviste. E l'alleanza di Jahvè con la discendenza di Noè, sfuggito al diluvio, si manifesta con un arcobaleno. ‘Ho posto il mio arcobaleno nella nuvola e servirà come segno di alleanza fra me e la terra’.
Queste ierofanie celesti e atmosferiche, diversamente dalle altre divinità dell'uragano, manifestano anzitutto la ‘potenza’ di Jahvè. ‘Dio è grande per la sua potenza; chi saprebbe insegnare come lui?’. ‘Prende la luce in mano... si annuncia con un boato... A questo spettacolo il mio cuore è tutto tremante, balza dal suo posto. Ascoltate! Udite il fremito
della sua voce, il rombo che esce dalla sua bocca! Lo fa rotolare su tutta l'estensione dei cieli, e il suo lampo brilla fino alle estremità della terra. Non trattiene più il lampo, appena la sua voce rimbomba. Dio tuona con la sua voce in modo meraviglioso...’ . Il Signore è il vero e unico padrone del Cosmo, può fare tutto e annientare tutto; la sua ‘potenza’ è assoluta, per questo anche la sua libertà non conosce limiti. Sovrano incontestato, misura la sua misericordia o la sua collera a proprio arbitrio, e questa libertà assoluta del Signore è la più efficace rivelazione della sua trascendenza e della sua autonomia assoluta, poiché il Signore ‘non è legato da nulla’, nulla lo costringe, nemmeno le buone azioni e il rispetto delle proprie leggi.
Questa intuizione della ‘potenza’ di Dio come sola realtà assoluta è il punto di partenza di tutte le mistiche e le speculazioni ulteriori sulla libertà dell'uomo e le sue possibilità di salvazione mediante il rispetto delle leggi e una morale severa. Nessuno è ‘innocente’ di fronte a Dio. Jahvè ha concluso un'‘alleanza’ col suo popolo, ma la sua sovranità gli permette di annullarla in qualsiasi momento. Se non fa questo, non è in virtù dell'‘alleanza’  -  nulla ‘lega’ Dio, neppure le sue proprie promesse  -  bensì in virtù della sua infinita bontà. Jahvè si mostra in tutta la storia religiosa d'Israele come un dio celeste e della tempesta, creatore e onnipotente,
sovrano assoluto e ‘Signore degli Eserciti’, appoggio dei re della dinastia di David, autore di tutte le norme e di tutte le leggi che consentono alla vita di continuare sulla terra. La ‘legge’, sotto qualsiasi forma, trova il suo fondamento e la sua giustificazione in una rivelazione di Jahvè. Ma, diversamente dagli altri dèi supremi, che non possono essi stessi agire
contro le leggi, Jahvè conserva la sua libertà assoluta.

Nei primi documenti (Esodo 15, Giudici 5) il carattere guerriero di Yahweh e preminente, come pure è enfatizzata la sua associazione con tuoni e tempeste (Esodo 19,16, Giudici 5,4)



Nota di Lunaria: infatti moltissimi Dei maschili erano Dei della pioggia, del fulmine, del tuono: Zeus, Perun, Perkunas, Teshup, Adad, Shango...

Gli stessi riferimenti "meteorologici" sono presenti anche nel contesto coranico:

Sura LI,1-4 "Venti che spargono": "Lo giuro per i venti che spargono/ e le per portatrici del peso, le nuvole/ e per quelle che agilmente vogano/ e per quelli che trasmettono ordini."
Sura XLVI,24 "Al-Ahqaf": "Si accorsero di una nuvola che si dirigeva verso le loro valli. Esclamarono: ecco una nuvola che passa: sta per piovere su di noi. Ma non era una nuvola: era quello di cui volevano affrettare la venuta: era un ciclone, pregnante di castigo doloroso."
Sura XLI,13 "Furono esposti chiaramente": "Si allontanano? annuncia loro: attenzione, io vi avverto che verrà un fulmine come venne agli Ad e ai Thamud!"
Sura XXXV,9 "Al Fatir, oppure il Creatore": "è Dio colui che scatena i venti che sollevano nubi, che poi sospingiamo (plurale maiestatis: Noi = Allah che parla di sé al plurale) verso una terra morta. Poi Noi ridoniamo la vita alla terra dopo la sua morte. Ecco, in tal modo ci sarà la resurrezione."
che lasciano intendere un "dio dei venti", dei fenomeni atmosferici.



 Esattamente come Adad/Teshub, armato di fulmine trifido!



Altri attribuiscono a Yahweh l'origine della vita e della morte, della ricchezza e della povertà, del bene e del male ( I Samuele 2,6)

(Nota di Lunaria: perché, infatti, gli antichi Ebrei non avevano l'immagine del Diavolo cristiano... e chi sta componendo questo canto, ovvero Anna, lo dimostra chiaramente perché qui si rivolge a Yahweh come se la morte l'avesse introdotta lui e non il "serpente"!!! Avevamo già visto qui che il serpente non è il diavolo: http://intervistemetal.blogspot.it/2018/04/israele-esoterico-3-il-serpente-dagon-e.html)

Questo aspetto monista che caratterizza molti degli Dei principali dei popoli primitivi, permane a lungo e si trova fino ad Isaia 45,7


Nota di Lunaria: da notare che, sempre in I Samuele, si canta "E non c'è roccia simile al nostro Dio": vuol dire che chi ha scritto 'sta roba aveva ancora in testa i culti litolatrici delle rocce... tanto da usarli come... pietra di paragone!!!

L'ingresso a Canaan significò anche un confronto con la religione di Canaan


Nota di Lunaria: basata su questa cosa...


come si vede nella storia delle guerre sostenute da Gedeone contro il culto di Baal. Sebbene il secondo nome di Gedeone, Jerubbaal, (Giudici 6,32), contenga il nome di quel Dio, si sa che egli distrusse l'altare di Baal, edificandogli al suo posto un altare a Yahweh.

Nota di Lunaria: e si veda anche il riferimento precedente a Giudici  3, 6



Si può pensare che Baal, Dio della fertilità, attirasse i nomadi israeliti quando si stabilirono a Canaan, cominciando a praticare l'agricoltura (la stessa situazione è riferita più tardi a Osea 2,8)
Nota di Lunaria: Yahweh era un dio di guerra: infatti l'Arca (scatola di legno simbolo della presenza di Yahweh) veniva anche condotta dall'esercito nelle sue spedizioni per assicurare la presenza e l'aiuto divino.
Vedi la vicenda dei Filistei, che avevo già riportato http://intervistemetal.blogspot.it/2018/04/israele-esoterico-3-il-serpente-dagon-e.html
(e questa arca era proprio un oggetto maligno!!!)


In terzo luogo si sviluppò una sorta di sincretismo tra Yahweh e il Dio di Gerusalemme El Elyon: le fonti bibliche danno l'impressione che, mentre il culto a Baal fu eliminato, quello di El Elyon fu assorbito da Yahweh, cosicché  El Elyon, "l'Altissimo" divenne uno degli attributi di Yahweh.

Vedi per esempio i salmi dell'"intronizzazione", che sono probabilmente un'eredità cananea.


Un altro elemento "strano" è la lotta e la vittoria di Yahweh contro un mostro chiamato Leviatano, Rabab o Drago (Tannin) che impersonificava la forza ostile del mare
 (ma come??? se gli altri Dei non esistevano... come faceva questo supposto Yahweh "unico dio" a combattere contro un mostro/dio inesistente??? Ah ah ah... 😂)


Vedi i salmi 74,13 - 89,10 - Giobbe 26,12 - Isaia 27, 1 e 51,9






Insomma, per essere un libro che dovrebbe convincerci che "esiste solo Jahvè" strano che questo Leviathan/Raab/Drago/Mostro Marino sia citato per ben 5 volte! Cosa contro avrà combattuto l'unico, super-unico, super-super-unico jahvè visto che a parte lui non dovrebbe esistere nient'altro?




Ma la cosa divertente viene ora... In pratica i Cananei, gli Hittiti e i Babilonesi... indovinate un po'? Ma sì! Anche i loro Dei avevano combattuto contro "il mostro marino", "il drago", ah ah ah!
Già da Ugarit si conosce la lotta di Baal con il Principe del Mare (Yam). Per gli Hittiti era il loro Dio, il Dio del cielo tempestoso, ad aver sconfitto il mostruoso serpente, Illuyankash;


I Babilonesi invece avevano Marduk che aveva combattuto contro Tiamat.

Accidenti, che originalità che troviamo nella Bibbia! Sono raccontate storie che nessun altro, prima di loro, aveva pensato... certo come no... ah ah ah!



Ora vediamo la vicenda che ci interessa.


Gli scrittori biblici, che giudicavano le condizioni religiose secondo gli ideali della più tarda riforma deuteronomica, si riferivano a culti di ispirazione Cananea del "Luogo rialzato" ("Bamah") con il "Massebah" (Pilastro di pietra), e dell'asta di legno (Asherah)  come ai simboli delle Divinità maschili e femminili. Un'iscrizione recentemente trovata a Kuntillat Ajrud nomina l'asherah di Yahweh.
 

Infatti, come già ho scritto dozzine di volte, sia gli Arabi che gli Ebrei, come tutta quella zona lì!, veneravano alberi e pietre! http://intervistemetal.blogspot.it/2018/04/siria-2-litolatria-atargatis-astarte.html
Lo stesso Yahweh agli inizi è un dio dell'albero: il roveto!!! Così come, in tutta quell'area lì, era normale pensare che gli Dei avessero un sesso: maschile o femminile! Lo stesso Yahweh (e anche la sua melensa versione cristiana da volemmmmose bbbbene) era un dio che sceglieva per sé attributi maschili (sì, vabbè, tranne le ridicole frasucole di Isaia sul "dio che partorisce il suo popolo"... che certamente non si riferiscono ad una Dea Madre...), anche estremamente violenti e bellicosi, se non maligni: vedi questi passaggi (sarei curiosa di sapere se i cattolici li conoscono!!!) dove si dice chiaramente che Yahvé mandava il "suo spirito cattivo" che "possedeva":




Vedi la storiella dello sposo di sangue: http://intervistemetal.blogspot.it/2018/04/israele-esoterico-4-satana-angeli.html

Questo è il dio Yahweh. Non si capisce davvero come possono i cristiani non rendersi conto che tale Dio è a tutti gli effetti un dio di guerra, di sterminio e anche di male!

Questo è quello che gli Ebrei monolatrici, ad un certo, punto hanno fatto:


imponendo il culto del solo Yahweh, che non è un unico dio, bensì un'accozzaglia di concetti presi qui e lì e assemblati in un'unica zuppa (che non ha neanche un minimo di filo logico, perché tutta la bibbia è assemblata in modo confusionario e illogico!).


Ed esattamente come tutti gli altri popoli, anche i primi Ebrei erigevano pioli di pietra e di legno:
Scriveva Mircea Eliade in "Trattato di Storia delle Religioni":
 

Epifanie e simbolismi litici.

Zimmern ha mostrato che "Beth-el", ‘casa di Dio’, è insieme nome divino e appellativo della pietra sacra, del betilo. Giacobbe s'è addormentato sopra una pietra, nel punto dove il Cielo e la Terra sono in comunicazione; era un ‘centro’ corrispondente alla ‘Porta dei Cieli’. Ma il Dio che appare in sogno a Giacobbe è il Dio di Abramo, come rileva il testo biblico, o è una divinità locale, il dio di Bethel, come credeva nel 1921 il Dussaud? I testi di Ras Shamra, che sono preziosi documenti per la vita religiosa dei Semiti premosaici, dimostrano che "El" e "Bethel" sono i nomi equivalenti di una stessa divinità. In altri termini, Giacobbe nel suo sogno ha visto il Dio dei padri e non una divinità locale. Per consacrare il luogo ha eretto un betilo, venerato in seguito dagli indigeni come una certa divinità, Bethel. Le "élites" monoteiste fedeli al messaggio di Mosè hanno sostenuto lunghe lotte contro quel ‘dio’, quelle lotte che Geremia ricorda. ‘Si può tenere per dimostrato che, nel famoso racconto della Visione di Giacobbe,... il dio di Bethel non era ancora il dio Bethel. Ma l'identificazione e la confusione poterono avvenire piuttosto rapidamente negli ambienti popolari’. Dove Giacobbe vide secondo la tradizione -  la SCALA degli angeli e la casa di Dio, i contadini palestinesi vedevano IL DIO BETHEL.
Ma è bene ricordare che, quale che fosse il dio riconosciuto in Bethel dalle popolazioni autoctone, la PIETRA rappresentava tuttavia soltanto un SEGNO, una casa, una teofania. La divinità si MANIFESTAVA per il tramite della pietra, oppure  -  in alcuni rituali  -  doveva ATTESTARE e santificare un patto concluso nelle sue vicinanze. Questa TESTIMONIANZA consisteva, per la coscienza popolare, nell'incarnazione della divinità in un sasso, e per le "élites", in una trasfigurazione del sasso mediante la presenza divina. Dopo aver concluso il patto fra Jahvè e il suo popolo, Giosuè ‘prese una grossissima pietra, la collocò sotto la quercia che era nel santuario del Signore, e disse a tutto il popolo: ‘Questa pietra sarà in testimonianza per voi, che avete udito tutte le parole dettevi dal Signore, affinché non avvenga che voi vogliate negare...’. Dio è ‘testimonio’ anche nelle pietre erette da Labano in occasione del suo patto di amicizia con Giacobbe. Simili pietre-testimoni furono probabilmente adorate dalle popolazioni cananee in quanto manifestazioni della divinità.
La lotta delle "élites" monoteiste mosaiche era condotta contro la confusione frequente fra il SEGNO della presenza divina e l'INCORPORAZIONE della divinità in un qualsiasi ricettacolo. ‘Non vi farete idolo né scultura, non erigerete pilastri ("masseba", ‘pietra sacra’), né porrete nella vostra terra segnali cospicui ("maskit", ‘pietra figurata’) per adorarli’. E nei "Numeri" (33, 52) Dio ordina a Mosè di distruggere le pietre cultuali che avrebbe incontrato in Canaan: ‘Spezzate i pilastri scolpiti ("maskitim"), fate in bricioli le statue, distruggete tutti gli altari dei luoghi alti’. Qui assistiamo non a un conflitto fra la fede e l'idolatria, ma al combattimento di due teofanie, di due momenti dell'esperienza religiosa: da una parte la concezione arcaica, che identificava la divinità con la materia e la adorava, quale che fosse il luogo o la forma dell'apparizione divina; d'altra parte una concezione sorta dall'esperienza di un'"élite", che riconosceva la presenza divina soltanto nei luoghi consacrati (l'arca, il tempio, eccetera) e in certi riti mosaici, e cercava di confermare questa presenza nella coscienza stessa del credente. Come per solito avviene, le antiche forme e oggetti cultuali, una volta modificato il loro significato e il loro valore religioso, furono adottati dalla riforma religiosa. Nell'Arca dell'Alleanza, ove secondo la tradizione si conservavano le Tavole della Legge, erano state forse racchiuse in origine certe pietre cultuali consacrate dalla presenza divina. I riformatori accettavano questi oggetti, valorizzandoli entro un complesso religioso diverso, conferendo loro un contenuto completamente differente. Ogni riforma, insomma, viene fatta contro una degradazione dell'esperienza originaria; la confusione fra SEGNO e DIVINITA' si era aggravata negli ambienti popolari, e appunto
per eliminare il pericolo di tali confusioni, le "élites" mosaiche distruggevano I SEGNI (le pietre figurate, le immagini scolpite, eccetera) o ne trasformavano il significato (‘Arca dell'Alleanza’). La confusione che rapidamente ricompariva sotto altre forme, determinava nuove riforme, vale a dire una nuova proclamazione del significato originario.
 

Pietra sacra, "omphalos", ‘Centro del Mondo’.

La pietra su cui si era addormentato Giacobbe non era soltanto la ‘casa di Dio’, era anche il luogo dove, per mezzo della ‘scala degli angeli’, Cielo e Terra venivano posti in comunicazione. Di conseguenza il betilo era un ‘centro del Mondo’, come la Ka'ba della Mecca o il Monte Sinai, come tutti i templi, palazzi e a centri’ consacrati ritualmente. La qualità di ‘scala’ che unisce il Cielo e la Terra derivava da una teofania effettuatasi in quel punto; la divinità che si mostrò a Giacobbe sul betilo rivelava, in quel momento, il luogo ove poteva scendere in terra, il punto ove il trascendente poteva manifestarsi nell'immanente. Vedremo più oltre che simili scale fra Cielo e Terra non sono necessariamente localizzabili in una geografia concreta, profana; che il ‘centro del Mondo’ può venir consacrato ritualmente su infiniti punti geografici, senza che l'autenticità di ciascuno leda quella degli altri. Ci contenteremo, per ora, di ricordare alcune credenze intorno all'"omphalos" (‘ombelico’) del quale Pausania dice (10, 16, 2): ‘Quel che gli abitanti di Dodona chiamano "omphalos" è fatto di pietra bianca e si ritiene che occupi il centro della terra, e Pindaro, in una delle sue odi, conferma questa opinione’. Molti lavori sono stati pubblicati sull'argomento. Rohde e la Harrison credono che l'"omphalos" rappresentasse in origine la pietra funebre posta sulla tomba. Il Roscher, che ha dedicato tre monografie al problema, afferma che l'"omphalos" fu concepito fin dall'inizio come ‘centro della terra’. Nilsson non sembra soddisfatto di queste interpretazioni e considera i due concetti della pietra tombale e del ‘centro del mondo’ recenti e sostituiti a una credenza più ‘primitiva’. In realtà, le due concezioni sono ‘primitive’ e non si escludono fra loro. Una tomba, considerata come punto d'interferenza del mondo dei morti, del mondo dei vivi e di quello degli dèi, può essere contemporaneamente un ‘centro’, un ‘"omphalos" della Terra’. Ad esempio, presso i Romani il "mundus" rappresentava il luogo di comunicazione fra i tre domini: ‘quando il "mundus" è aperto, è aperta anche la porta dei tristi dèi dell'Inferno’, scrive Varrone. Il "mundus" evidentemente non è una tomba, ma il suo simbolismo ci permette di capire meglio la funzione analoga dell'"omphalos": le sue eventuali origini funerarie non contraddicono alla sua qualità di ‘centro’. Il luogo ove poteva stabilirsi la comunicazione col mondo dei morti e con quello degli dèi sotterranei, era consacrato come un anello di congiunzione fra i vari piani cosmici, e un tal luogo poteva trovarsi unicamente in un ‘centro’ (la multivalenza simbolica dell'"omphalos" sarà studiata entro il complesso che le è proprio, quando analizzeremo la teoria e la funzione rituale della consacrazione dei ‘centri’).
Sovrapponendosi all'antico culto ctonio di Delfo, Apollo si annetté l'"omphalos" e i suoi privilegi. Inseguito dalle Erinni, Oreste è purificato da Apollo accanto all'"omphalos", il luogo sacro per eccellenza, l'‘ombelico’ che col suo simbolismo garantisce una nuova nascita e una coscienza reintegrata. La polivalenza della ‘pietra centrale’ è conservata ancor meglio nelle tradizioni celtiche. Lia Fail, ‘la pietra di Fail’ (il nome è oscuro; Fail = Irlanda?) comincia a cantare appena vi si siede sopra l'uomo degno del trono; nelle ordalie, l'accusato che sale su quella pietra, se è innocente, diventa bianco; di fronte a una donna destinata a rimanere sterile, la pietra suda sangue, ma per una donna destinata alla maternità, trasuda latte. Lia Fail è una teofania della divinità del suolo, l'unica che riconosce il proprio padrone (il re d'Irlanda), la sola che dirige l'economia della fecondità e garantisce le ordalie. Esistono, ben inteso, anche varianti falliche, tardive, di questi "omphaloi" celtici: la fecondità è per eccellenza attributo del ‘centro’, e i suoi emblemi sono spesso sessuali. La valorizzazione religiosa (e implicitamente politica) del ‘centro’ da parte dei Celti è attestata da nomi come "medinemetum", "mediolanum", conservati fino a oggi nella toponimia francese. Considerando gli insegnamenti della Lia Fail e di alcune tradizioni conservate in Francia, possiamo identificare questi ‘centri’ con le pietre onfaliche. Nel villaggio di Amancy (cantone della Roche), ad esempio, esiste (prova sicura del 

‘centro ) una PIETRA DEL MEZZO DEL MONDO. La "Pierra chevetta" (cantone di Moutiers) non è mai stata sommersa dalle inondazioni, vaga sopravvivenza del ‘centro’ che il diluvio non è riuscito a inghiottire.

Avevamo già visto che pure gli Inuit e i Lapponi adoravano le pietre: http://intervistemetal.blogspot.it/2018/04/i-lapponi-sami-leggende-sciamani.html

Come abbiamo visto quindi, "gli alti luoghi", i pali\stele eretti sono tutti elementi pagani;
a questo punto ci si potrebbe chiedere come gli ebrei politeisti rappresentassero la divinità femminile più nota: Asherah.
Probabilmente, aveva "un look" simile ad Astarte\Inanna: quindi grandi fianchi, mezzeluna in testa, doppie spirali sul seno\ventre, triangolo pubico in evidenza... Per un certo periodo veniva sicuramente rappresentata sotto forma di statuetta. 

Astarte rappresentata sotto forma di pendente

Si noti come il volto di Astarte nella linea tra occhi e naso ricordi l'ankh egizio



Dea Filistea



Dea Cananea, XVI sec. a.c



Sono poi propensa a pensare che venne poi rappresentata sotto forma di palo o tronco di legno, o comunque con una forma molto stilizzata, filiforme e tendente verso l'alto



e traccia di questa usanza e modo di concepire la divinità femminile della fertilità e fecondità è rimasta nei riti della fertilità slavi\anglosassoni, le danze di primavera attorno ad un palo, il Palo di Calendimaggio; 



non a caso, in quelle danze, che oggi sono "cristianizzate", ma che ovviamente hanno origini pagane, si elegge la "Regina di maggio", scegliendo la ragazza più bella che, in un certo senso, rappresenta "lo spirito della primavera". Lo avevamo visto parlando della Bulgaria:
http://intervistemetal.blogspot.it/2018/01/bulgaria-traci-rose-rovine-e-black-metal.html
o dell'Ucraina: http://intervistemetal.blogspot.it/2018/03/ucraina-usanze-pagane-e-tanto-tanto.html 
che ha mantenuto l'usanza - paganissima! - di dipingere le uova; appunto: la Grande Dea era legata all'Uovo Cosmico. 

Ma c'è anche un altro particolare che ci dimostra che il palo infisso al terreno aveva "un non so che" di sessuale e fecondo, di buon auspicio per la prosperità: il riferimento palo\donna è rimasto anche nelle danze sexy come la pole dance:



Il palo infisso al terreno - che come abbiamo visto, è un'usanza millennaria, tipica della mente umana quando deve "rappresentare l'idea di prosperità" - ha, di primo acchito, anche visivamente, una valenza fallica; ma probabilmente, agli inizi, era "percepito" più come femminile: il palo-Asherah, appunto. Anche le Dee pre-islamiche venivano rappresentate sotto forma di sasso\meteorite nero o tronco d'acacia o di palma. Sulla palma, in particolar modo, ci sarebbe molto da dire... https://intervistemetal.blogspot.com/2019/09/alberi-sacri-femminili-nellantico.html

Approfondimento utile sugli "alti luoghi": https://wol.jw.org/it/wol/d/r6/lp-i/1200002022