Gabriela Mistral

Info tratte da

Il Cile ha dato alla letteratura mondiale diversi autori interessanti; ricordiamo la poetessa Gabriela Mistral (1889-1957) che cantò la potenza amara e purificatrice del dolore e la forza sovrumana dell'amore, più forte della morte.

Dalla nicchia gelata in cui gli uomini ti posero,

ti calerò nella terra umida e assolata.

Che dormirò in essa, gli uomini non sapevano,

e che dobbiamo sognare insieme sopra lo stesso guanciale.

Ti deporrò nella terra solatia con 

la dolcezza che ha una madre per il figlio

addormentato,

e la terra si trasformerà in soavità di culla,

ricevendo il tuo corpo di bimbo sofferente.


Altre scrittrici del Novecento: https://intervistemetal.blogspot.com/2021/12/la-campagna-lombarda-e-il-naviglio.html https://intervistemetal.blogspot.com/2021/12/colette.html https://intervistemetal.blogspot.com/2021/12/daphne-du-maurier.html


La campagna lombarda e il naviglio nelle parole di Liala

Trama: Gipsy, fanciulla bella e felice, si trova un giorno davanti a una rivelazione dolorosa che sconvolge la sua esistenza. Ma quando si è ormai convinta che la sua vita andrà sempre avanti così, senza luce né felicità, incontrerà un uomo che attraverso la dedizione e il sacrificio riuscirà a farle capire i suoi veri sentimenti... Gipsy credeva che la luce della passione si fosse spenta, ma non era così...


Gli stralci più belli: 

"Avevano infilato via Lorenteggio, una via che rivelava ancora, in certi punti, di essere stata la periferia di Milano. La campagna lombarda era totalmente cheta sotto un pallido cielo privo di opinioni: a levante vi era un ammasso di nuvole scure, a ponente era tutto azzurro. 

[Gipsy] si era distratta e guardava la campagna. Era bella, tranquilla e tutta tenera di erbe nuove. Nei prati c'erano rivi che andavano da tutte le parti. La strada correva a livello di una teoria di prati. Ma oltre a quei prati, vi era un balzo e pareva vi fosse un'immensa, altrettanto pacifica vallata. Nella vallata, tra pioppi e gelsi, correvano altri rivi. Nel sole, tutto luccicava: ma dove non giungeva il sole, e vi erano campi che parevano allagati, l'impressione che la natura dava era di palude. Ora bella ora no, la pianura lombarda si offriva allo sguardo ricca e tranquilla. Poi Zoldan svoltò: un poco d'acqua a sinistra, in abbastanza ampio letto: a destra, poco più largo di un metro e mezzo, un altro canale: e pareva, quell'acqua, la freccia indicatrice che doveva guardare quel curioso fabbricato a un solo piano e a mattoni. (...) Non lontano il Naviglio Grande forniva acqua a quei due corsi e giù dove la strada secondaria si biforcava, correva proprio lui, il Gran Naviglio. Scuro e quieto, dava l'impressione che l'acqua, pur limpida, fosse densa, quasi oleosa."

"Luca Zoldan. Ebbene, vi era lui. Egli l'amava, lei era contenta di averlo accanto. Non sapeva ancora se quel piacere nell'averlo accanto fosse amore, ma sentiva, con sicurezza estrema, di avere un appoggio in quell'uomo. Luca Zoldan. Lo conosceva da pochi giorni: ma era già nella sua vita."

"[Gipsy] si preparò per coricarsi. Dentro il cuore aveva l'inferno. Con un tonfo, era precipitata dal paradiso del pomeriggio all'inferno di quella sera. Aveva negli occhi l'acqua limpida del Naviglio Grande e negli orecchi la confessione, inattesa, di Diletta. (...) Gipsy si sentì soffocare: tornò sul bancone. L'estrema grazia della notte lunare si frangeva nella mollezza dell'acqua: vi era un punto in cui acque e cielo si congiungevano come il mare con l'orizzonte. E le magnolie, per un vento leggero, parevano respirare tra le foglie scure e lucide dei rami. (...) Chiuse la finestra, la notte restò fuori con tutta la sua luce e con tutta quella grazia che fondeva acque e cielo. Si coricò, smaniò, si agitò, finalmente si addormentò."

"Oltre l'ordinata confusione fiorita, lontano, vi era il lago: carico di scintille. Ma come il sole moriva, le scintille qua e là argentee si facevano rosse: come fiammelle che dessero l'ultima vampa prima di spegnersi."

"Gipsy lo guardava incantata. Vi era da qualche istante, nei suoi occhi leali, una specie di adorazione per lui. Ma era un'adorazione fatta anche di malinconia, di umiltà, come se ella adorasse qualcuno a lei assai, assai superiore e da quella superiorità ella si sentisse schiacciata."





Kay'Ith

 

Una cittadina di provincia che all'improvviso impazzisce. Uno straniero che viene da lontano. La morte che giunge inaspettata, e porta via con sé vittime inspiegabilmente designate. E la vita che continua a scorrere tranquilla, a Bain Hollow. Josh, Paul, Beth e Ben non comprendono. Osservano, scrutano, spiano, per ricomporre il puzzle di un mistero che soltanto loro sembrano percepire, con il rischio di passare per pazzi davanti agli occhi di un'intera comunità. Poi l'orrore scopre il suo vero volto, e la piaga dilaga inarrestabile.


Gli stralci più belli:

"La stanza all'ingresso era tale e quale alla sera precedente. Come il silenzio, pesante, ininterrotto, quasi innaturale. (...) Sinceramente preoccupato, per non dire in preda ad un panico nero, Josh si decise ad aprire quella dannata porta. Davanti a lui, uno spettacolo che conosceva bene: nella stanza regnava un deserto che odorava d'angoscia, e sapeva di morte. (...) Josh avrebbe voluto gridare per liberarsi dall'incubo e dall'angoscia che lo opprimevano. Aprì la bocca, fece per urlare tutta la sua disperazione, ma era talmente debole che non gli uscì una parola. Qualche suono soffocato, e nulla più."

"Che lo sceriffo Trask fosse morto, non c'era da dubitarne. Aveva la testa spaccata in due: addirittura il cervello era schizzato a qualche metro di distanza. Eppure la sua testa si stava muovendo. Sussulti impercettibili, che facevano pensare alle storie lugubri e sinistre sugli zombi che ritornano in vita. Lentamente, la bocca di Trask prese a spalancarsi. Ora Josh poteva distinguere qualcosa di peloso emergere dalla cavità sanguinolenta. (...) Un ragno nero, gigantesco, vide la luce, strisciando fuori dalle labbra violacee dello sceriffo Trask."

"Un grido lancinante si levò dalla caverna. Gli uomini vuoti rantolavano e si contorcevano in preda al delirio, mentre dalla loro bocca usciva una schiuma nauseabonda e verdastra; erano i ragni che fino ad allora avevano albergato nel loro corpo."




Breve introduzione agli Angeli

 Info tratte da

Per capire la presenza dell'Angelo nella Bibbia è necessario conoscere la vera fisionomia dell'Angelo come compare nell'Antico Testamento. Nella Bibbia sono menzionati diversi tipi di Angeli: dai cherubini con la spada fiammeggiante che custodiscono il giardino dell'Eden agli Angeli dell'Apocalisse.

La parola ebraica originaria, "Mal'ak", messaggero, è stato tradotto col greco "Anghelos" e ricorre per ben 215 volte. Gli Angeli nella Bibbia hanno volti diversi e inattesi: nel capitolo 18 della Genesi si presentano davanti alla tenda di Abramo come tre viandanti ed è nei tratti di un uomo misterioso che l'angelo si presenta nella lotta contro Giacobbe alle sponde del fiume Jabbok.

L'Angelo custode di Tobia, dall'aspetto di giovane, porta il nome di Azaria, ma nasconde l'identità di Raffaele.

Altre volte l'Angelo ha sembianze mostruose: il cherubino e il serafino rimandano alle creature dell'antico Oriente che erano a tutela delle aree sacre dei templi e dei palazzi reali; i cherubini che sorreggono l'arca dell'alleanza erano simili a sfingi alate, mentre il termine serafino, in ebraico, rimanda a qualcosa di serpentiforme; attraverso la simbolica del mostro si voleva evocare il mistero del divino nel suo aspetto di giudizio e di potenza. (https://intervistemetal.blogspot.com/2019/02/cherubini-o-grifoni.html)

Altre volte l'angelo è indefinito: l'angelo biblico nell'Antico Testamento non è un "puro spirito" e a volte l'angelo e Dio stesso sono intercambiabili: nel Roveto ardente del Sinai a Mosè appare "l'angelo del Signore" ma subito dopo la narrazione prosegue con "Il Signore vide che Mosè si era avvicinato e Dio lo chiamò dal Roveto" (Esodo 3, 2-4). Questa narrazione la si ritrova anche nella vicenda di  Agar e Ismaele (Genesi 16,7-13), Isacco (Genesi 22, 11-14), Gedeone (Giudici 6,12-14) 

Questa identità tra l'angelo e Dio ha suggerito che l'angelo, nella Bibbia, non sia altro che un antropomorfismo, un modo simbolico di rappresentare il rivelarsi di Dio.

Se non leggiamo la Bibbia in modo letterale e materiale, ci accorgiamo che l'angelo biblico è una sintesi dei tratti fondamentali del volto di Dio: l'Altro, diverso e superiore all'uomo, trascendente, ma anche il Vicino, l'Emmanuele, il Dio-con-noi; egli, entra nel mondo degli uomini, parla e agisce come una creatura.

L'Angelo è spesso una personificazione dell'efficace Parola di Dio che annuncia e opera salvezza e giudizio. La visione della scala che Giacobbe ha a Betel è esemplare: 

"Gli angeli di Dio salivano e scendevano su una scala che poggiava sulla terra mentre la sua cima raggiungeva il cielo" (Genesi 28,12)

L'angelo raccorda Cielo e Terra, Infinito e Finito, Eternità e Storia, Dio e Uomo.

In altri passi biblici l'angelo appare come entità in sé e non semplice rappresentante dello svelarsi di Dio. E in quest'ottica che gli angeli sono stati classificati in gerarchie: principati, potestà, troni, dominazioni, cherubini, serafini, arcangeli, angeli.

Nota di Lunaria: l'Angelo gode di popolarità anche al di fuori della teologia cristiana, infatti la New Age ma anche l'Urban Fantasy lo hanno citato, rinnovato e modernizzato (ma molti cristiani userebbero il termine "pervertito") citandolo in centinaia di libri. 









Per i cattolici, e solo per loro visto che nella Bibbia non c'è nessun versetto che ne parla, Maria è "La Regina degli Angeli". 

L'Angelo nell'arte islamica:






Colette

Info tratte da

Gabrielle Sidonie Colette (1873-1954) Narratrice a autrice drammatica francese, celebre col semplice nome di Colette, nata a Saint-Sauveur-en-Puisaye e morta a Parigi. Il suo primo libro, "Claudine a scuola" (1900) fu seguito da altri 80 romanzi.

Fu il marito, Henry Gauthier-Villars, egli stesso scrittore, a incitare Colette a scrivere; un giorno che si trovava a corto di manoscritti (Villars, conosciuto come Willy, faceva anche scrivere ad altri scrittori i romanzi che poi faceva uscire col suo pseudonimo) invitò la giovane moglie a scrivere sulla carta i suoi ricordi di scuola senza paura dei "particolari scabrosi".

Nacque così la saga di Claudine: "Claudine a scuola", "Claudine a Parigi", "Claudine maritata" e "Claudine se ne va", che inizialmente uscirono sotto il nome di Willy.

Ma in queste opere c'era una certa femminilità che non poteva appartenere a Willy e i critici se ne resero conto.

Ci si potrebbe chiedere quale fosse il ruolo che  Willy ebbe nei primi quattro libri di Colette e dei due che seguirono, "Minna" (1904) e "Gli smarrimenti di  Minna" (1905) oltre al seguito di "Claudine se ne va" in "Il rifugio sentimentale" 

La volontà di indipendenza e di libera esperienza di Claudine fu un contributo alla lotta per l'emancipazione femminile e il divorzio fu provvidenziale per Colette, restituendola a se stessa, perché se si fosse solo limitata a scrivere per Willy avrebbe accentuato solo l'aspetto "piccante" dei suoi libri, alternando l'attività di scrittrice a quella di danzatrice di music hall.

Il mondo che Colette esprimeva in modo tanto perfetto era singolarmente limitato: è il mondo delle sensazioni; l'Autrice sentiva la natura con tale intensità da ritrovare, già sul declino, una sua giovinezza nell'eterna giovinezza delle cose.

Un altro tema di Colette è l'incontro e la rapida ed intensa fiammata erotica, la separazione inevitabile, l'aura di malinconia attorno a queste avventure dei sensi. 

In "Il sorgere del giorno" (1928) l'amore è una cosa triste, tanto che quando ci si libera di esso, tutto il resto è gioioso, vario; ma non ci si può liberare dell'amore, non si possono dimenticare i paradisi terrestri della passione.

E così Colette scrive "L'ingenua libertina" (1909), "La vagabonda" (1910), "L'ancora" (1913), "Chéri" (1920), "La gatta" (1933), nelle quali ritorna il tema della tristezza, considerata come la compagna inseparabile di un'accesa vita sentimentale.

Colette si dedicò anche al teatro, sia come critico, sia come autrice drammatica e attrice.

è per questo motivo che Colette ha assunto un posto di primaria importanza nella letteratura francese del Novecento.




Il Taj-Mahal

 Info tratte da

Giahan fu un famoso imperatore talmente appassionato di architettura che, dopo aver ornato l'India di numerosi monumenti, fece costruire un'intera città, trasformando l'antica Delhi in una splendida metropoli.

Nel 1630 la giovanissima moglie dello scià, in punto di morte, pregò il marito di farle costruire la più bella tomba dell'India. Per soddisfare questo suo ultimo desiderio, lo scià incaricò un architetto di erigere un mausoleo degno della bellissima moglie Taj-Mahal, "La più nobile del palazzo".

L'architetto riuscì a creare qualcosa di maestoso, in 14 anni di lavoro (1631-1645) creò ad Agra il gioiello dell'architettura islamica che si chiamò "Taj-Mahal". Il sultano ne fu così soddisfatto che per "ricompensare" l'architetto lo fece accecare, affinché non potesse mai più creare nulla di simile.





L'Invidia come divinità allegorica

Info tratte da

Presso gli antichi Romani, l'Invidia era venerata come divinità allegorica: era descritta come una vecchia scarna e livida, con i serpenti al posto dei capelli e con una serpe che le mordeva il cuore; si spostava con un bastone avvolto da una fascia di spine; nascosta da una nuvola nera, calpestava i fiori e bruciava l'erba, e col fiato pestilenziale avvelenava i popoli.

Ovidio, nelle "Metamorfosi" descrive la casa di Invidia come "funerea di peste e squallore, nascosta in fondo ad una valle, priva di sole, senza un alito di vento, tetra, intorpidita dal gelo, dove manca il fuoco e dove dilaga la nebbia". 

"Invidia, dentro la casa, mangia carne di vipera per alimentare i suoi vizi, lasciando brandelli di serpenti mezzi divorati; pallida in viso, magrissima, lo sguardo non dritto, i denti lividi e guasti, il cuore verde di bile, la lingua tinta di veleno.

Senza un'ombra di sorriso, se non mosso dalla sventura altrui, con astio apprende i successi degli uomini e quando li apprende si strugge"


Macchinari

 











"Neuromante" di William Gibson

Immaginate un futuro alla Blade Runner, non molto lontano dal nostro presente, un mondo di cupa delinquenza e di elevata tecnologia, di droghe e computer, di traffico nero di organi umani, di trapianti e di sfrenata ricchezza, di popolosi quartieri dove si aggira il più fetido sottobosco umano, un mondo di cyborg e di tetre strade notturne, di fatiscenti metropoli illuminate da un cielo grigiastro per le colorate luci al neon e gli ologrammi dei locali malfamati.

In questo mondo si muove Case, che un tempo era stato il miglior cow boy d'interfaccia, un uomo che con la mente riusciva ad entrare e muoversi nell'incredibile mondo delle metrici dei computer, nel cosiddetto cyberspace, dove la sua essenza disincarnata frugava nelle banche-dati delle ricchissime corporazioni che dominavano la Terra e rubava le informazioni richieste dai suoi mandanti.

Ma poi Case aveva commesso il classico errore, aveva cercato di rubare anche ai suoi mandanti, di tener per sé parte del bottino. E, scoperto, era stato vittima di un destino cui avrebbe preferito la morte: il suo sistema nervoso era stato danneggiato in maniera tale che non avrebbe più potuto entrare nel misterioso e bellissimo mondo del cyberspace. Ma forse Case aveva ancora un'altra possibilità, e stava soltanto a lui sfruttarla a dovere...

Un romanzo magnifico e avvincente, che unisce in maniera splendida un'accurata estrapolazione sociale e tecnologica a una incredibile serie di personaggi dipinti con maestria e con uno stile vivido e immediato, da un nuovo scrittore che ha già conquistato il pubblico d'oltreoceano e si avvia a diventare uno dei nuovi "Grandi" della fantascienza mondiale. 

Gli stralci più belli:

"La matrice ha le sue radici nelle prime sale giochi", recitò la voce, dall'alto, "nei primi programmi di grafica e negli esperimenti militari con gli spinotti cranici. (...) Una guerra spaziale bidimensionale si dissolse dietro una foresta di felci generate matematicamente, che mostravano virtualità spaziali delle spirali logaritmiche (...) Cyberspazio: un'allucinazione vissuta consensualmente ogni giorno da miliardi di operatori legali, in ogni nazione, da bambini a cui vengono insegnati i concetti matematici... Una rappresentazione grafica di dati ricavati dai banchi di ogni computer del sistema umano. Impensabile complessità. Linee di luce allineate nel non-spazio della mente, ammassi e costellazioni di dati. Come le luci di una città, che si allontanano..."

"E nel buio illuminato dal sangue dietro i suoi occhi, fosfemi argentei che arrivavano ribollendo dall'orlo dello spazio, immagini ipnagogiche che scivolavano via sussultanti come una pellicola montata con inquadrature scelte a casaccio. Simboli, figure, facce, un mandala confuso e frammentato d'informazioni visive."

APPROFONDIMENTO










Musica consigliata: https://www.youtube.com/watch?v=2Q5frYZq-HE&list=OLAK5uy_nkCX3JRyXABsfeHX0tF7Xh5BsfXS4AMxA

https://www.youtube.com/watch?v=W9nLpEJT-bQ&list=OLAK5uy_njqcunMjkfcjOnSJ7NGuh_Kc7FLx7jXPg