"Una Culla in fondo al Mare" (Gaia Junior)


Trama: Fiord ha quindici anni ed è sciatta e scontrosa. Di giorno fa la sguattera, e di notte dalla sua solitaria capanna, guarda con odio il mare che le ha portato via il padre. Ma Fiord è anche una piccola maga, capace di strani incantesimi: sarà lei a trovare l'antica via che unisce la terra agli abissi, e che ha permesso a una creatura del mare di sostituire l'erede al trono con un figlio suo, il malinconico Kir. Se a tutto questo si aggiungono un giovane e potente mago, un drago color fuoco e un gioiello di incalcolabile valore, il risultato sarà un'affascinante storia di magia, la cui protagonista, però, è una ragazza vera, che va in cerca di se stessa e che per la prima volta riflette sull'amore.

Commento di Lunaria: Ambientato in un'epoca e in luogo indefiniti (il Medioevo? un'isola nei pressi della Norvegia?) "Una Culla in fondo al Mare" è veramente un romanzo affascinante, dalla sintassi ricercata, che omaggia la bellezza e la crudeltà del mare ad ogni pagina. Questo romanzo "trasuda mare e salsedine" ad ogni riga, e su questi paesaggi marini al chiaro di luna e sconvolti dalla tempesta, si muovono i personaggi della vicenda.  Non è tanto la storia in sé ad avermi conquistata, ma il modo in cui è narrata, con parole cariche di poesia e l'atmosfera marina ed onirica.

Gli stralci più belli: "Uno strano turbamento le affiorò negli occhi. Fece qualche passo, posando il piede su una delle impronte. Aveva lasciato acqua dappertutto. Poi si bloccò, trattenendo il respiro; le era parso di intravedere un'immagine fugace, elusiva come i guizzi di luna sul mare. Una ciocca di capelli venati di grigio... una perla... un messaggio."

"Improvvisamente la casa le parve troppo silenziosa, troppo vuota. Fiord si sedette al tavolo, occhi spalancati, corpo immobile, a sentire Kir, passo dopo passo, che le portava via il cuore. Qualche ora dopo, in piedi sulla soglia, guardava la Luna nel suo lento vagare in un cielo indago, guardava il continuo spezzarsi e ricomporsi del sentiero di luce sull'acqua: la strada verso i sogni, verso le isole d'estate. Ascoltava il respiro del mare e udiva, nella memoria, il respiro di Kir. (...) Il mago uscì dall'ombra, o smise di essere un'ombra. Sapeva di erica e salvia; il chiaro di Luna indugiava ora qua ora là sulla sua figura, imprevedibilmente. (...) Il suo viso era una maschera pallida, sotto la luna; gli occhi, pozze d'ombra."

"Vide la faccia di Kir nell'acqua scura; sentì il tocco delle sue mani, delle sue labbra, invitarla negli abissi con baci gelati e promesse di perle e fiori marino; e lo rivide, abbandonato nella risacca, piangere e aggrapparsi a lei sulla terraferma, così come lei gli si sarebbe aggrappata nel mare. (...) E ancora lo stava guardando, il mare, molto tempo dopo che Lyo l'aveva lasciata. La Luna adesso era sospesa sulle dune, regina dei pesci in un cielo fitto di stelle. La marea s'era acquetata. Lunghe, lentissime onde le sussurravano di magie nascoste in quelle tenebre: grandi isole galleggianti che scivolavano appena sotto la superficie, aguzze torri d'avorio percorse da spirali, come il corno del narvalo.  Il mondo di Kir, il mondo tanto desiderato che sempre gli sfuggiva, elusivo come il chiaro di luna, come l'acqua..."

"Le raccolse i capelli tra le mani e la baciò sulle guance, sulla bocca. Fiord sollevò il viso, a incontrare i suoi occhi scintillanti di luna."

"Sembra strano, adesso, guardando il tuo viso immutato, che io non sia più quel giovane che camminava lungo il mare, in una notte d'estate, quando l'intero firmamento pareva caduto nell'acqua, e tu mi sei apparsa tra la spuma, scuotendo dai capelli grappoli di stelle...  La donna sorrise: un delicato, guardingo sorriso in cui, questa volta, c'era più calore. "Sì, ricordo. Il tuo cuore cantava, quella notte, cantava al mare. E quel canto è arrivato fino a me, nella mia torre di corallo, e sono salita a raggiungerlo. Gli uomini dicono che il mare leva il suo canto verso di loro per incantarli, ma certe volte è il canto umano che imprigiona il mare.  Chi lo sa dove finisce la terra e dove comincia il mare?" "La terra inizia dove inizia il tempo", disse il re."

"Le giornate cominciavano ad allungarsi, e l'aria era colma di profumi delicati, impalpabili. Il crepuscolo tingeva il mare di colori tenui, cangianti come seta. Il regno marino sembrava quasi affiorare in superficie, nascosto da un sottile velo d'ombre. (...) S'era dissolta anche l'ultima luce, e lungo l'orizzonte si stendeva una sottile fascia azzurra, l'ombra della notte. (...) In silenzio, sua madre la strinse fra le braccia. Il mare cominciava a imbrunire, forse l'ombra della notte si dilatava in un blu profondo, catturando le tonalità più cupe della madreperla..."


N.B: A tinte magiche, nei Gaia Junior, era apparso anche "La Figlia della Luna" https://intervistemetal.blogspot.com/2019/12/la-figlia-della-luna-gaia-junior-e-il.html



Vedi anche: https://intervistemetal.blogspot.com/2024/05/gli-occhi-dellamaryllis-gaia-junior.html https://intervistemetal.blogspot.com/2022/05/la-donna-della-foresta-gaia-junior.html https://intervistemetal.blogspot.com/2019/11/gaia-junior.html https://intervistemetal.blogspot.com/2019/12/recensione-catherine-gaia-junior.html https://intervistemetal.blogspot.com/2019/12/recensione-un-corpo-di-donna-gaia-junior.html https://intervistemetal.blogspot.com/2019/12/recensione-dente-di-serpe-gaia-junior.html https://intervistemetal.blogspot.com/2019/12/recensione-ronja-gaia-junior.html https://intervistemetal.blogspot.com/2019/12/recensione-il-rogo-gaia-junior.html https://intervistemetal.blogspot.com/2019/12/recensione-zio-vampiro-gaia-junior.html https://intervistemetal.blogspot.com/2021/12/recensione-emma-e-tornata-gaia-junior.html

 

La Valle dei Sette Morti (leggenda veneta)

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C'erano una volta sei pescatori che costruivano delle chiuse nella Laguna, quando, improvvisamente, il mare portò a riva un cadavere. I pescatori lo issarono sul battello e alla sera armeggiarono, per poi scendere a terra, in una casa dove alloggiavano insieme ad un ragazzo e ad un cane. Dopo aver preparato la cena, dissero al ragazzo: "Vai a chiamare l'uomo rimasto a dormire sulla barca." Il ragazzo corse alla barca, chiamò l'uomo e non ricevette nessuna risposta. Quando si avvicinò per toccarlo e svegliarlo, si accorse, con orrore, che era morto. Allora ritornò in casa, correndo; i pescatori ridevano per lo scherzo che gli avevano fatto, ma improvvisamente, sulla soglia, comparve il cadavere. "Non si scherza con i morti", disse con voce cavernosa. "Io sono uno dei peccati capitali, e voi siete gli altri sei." E col dito, segnò ciascun pescatore nominando i peccati capitali, uno per uno, su ogni pescatore. I pescatori, terrorizzati, morirono di crepacuore e rimasero vivi solo il ragazzino e il cane.


Breve storia del camino

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Il camino, cuore della cucina e della casa contadina serviva a mille funzioni domestiche. Serviva per la cottura delle zuppe in grandi pentole di rame, minestroni e verdure, alla base dell'alimentazione contadina, ma veniva usato anche per la preparazione del mangime degli animali ("ul panell\buarun") Le catene che sostenevano i tegami erano regolabili così da poterli avvicinare o allontanare dal fuoco. Sulla brace veniva posto un treppiede usato come fornello. La brace veniva utilizzata nei ferri da stiro in ghisa e nello scaldino, per avere un po' di calore nelle camere. Il camino era munito di molle ("a möia"), delle pinze lunghe 70 cm, per prendere i tizzoni o la legna, di una paletta di ferro ("ul barnasc") per prendere la brace e riempire il ferro da stiro o lo scaldino, un soffione ("ul bufetu") che si usava per ravvivare il fuoco del camino. I camini più grossi avevano anche delle panche ai lati che permettevano di sedersi. Davanti al camino, durante l'inverno, i contadini si ritrovavano per recitare il rosario o raccontarsi i fatti di cronaca o le leggende.




Nota di Lunaria: Hestia\Vesta era la Dea greco\romana del focolare. https://intervistemetal.blogspot.com/2019/06/hestiavesta-e-la-betulla.html Una Dea praticamente uguale a Vesta, chiamata Fuchi Kamui, era adorata anche dagli Ainu. Fuchi Kamui, Dea del focolare, https://intervistemetal.blogspot.com/2019/10/larchetipo-della-matta-e-le-dee-del.html è infatti la Dea più importante e più potente del pantheon Ainu.


Johann Heinrich Füssli

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Johann Heinrich Füssli (1741-1825), nato a Zurigo ma formatosi artisticamente a Roma, in pieno Neoclassicismo, anticipò la pittura visionaria e da incubo tipica del Romanticismo Nero, con visioni terrifiche che rimandano al nascente romanzo Gotico di fine Settecento e dei primi dell'Ottocento.

"L'incubo" è la sua opera più celebre: una donna giace, esanime, forse già cadavere, pallida come uno spettro, avvolta in una tunica che ricorda un sudario, col volto stravolto dal terrore; sul fondo scuro del dipinto, si vedono creature mostruose: un piccolo demonio ghignante, un cavallo grigio dagli occhi bianchi, come se avesse la cataratta.





In un'ottica psicanalitica, si può vedere questo dipinto come l'inconscio umano che, durante il sonno, si libera della censura e dei freni inibitori e dà vita a fantasie inquietanti.

(Nota di Lunaria: quanto il colore bianco possa essere terrorizzante l'ho scoperto, mio malgrado, "qualche incubo fa"... prima di allora, chi mai avrebbe potuto pensare che la leucofobia potesse essere una fobia così terrorizzante?!)

Un suo disegno color seppia, "La disperazione dell'artista davanti alla grandezza delle rovine antiche" rappresenta il senso di smarrimento che l'uomo prova di fronte alla magnificenza dell'arte classica.


L'artista è seduto all'angolo, quasi rannicchiato, con una mano sulla fronte e la testa declinata, disperato, accanto ad un gigantesco piede di una statua antica; oltre al piede, vediamo una mano possente, con l'indice alzato; vi è quindi un contrasto tra le rovine titaniche, perenni e grandiose del passato e l'uomo, perituro e misero, a cui non resta che piangere vagheggiando la perdita di quel mondo antico.

Vedi anche la pittura allucinata di Bosch https://intervistemetal.blogspot.com/2020/07/bosch-grien-e-altdorfer.html

Rappresaglie comuniste nella Spagna Franchista

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Stralcio tratto da "Per chi suona la campana", 1945:

"Vidi la sala piena di uomini che battevano alla cieca con randelli e correggiati, e infilavano e pestavano e urtavano e brandivano i forconi bianchi di legno, che ora erano rossi e i rebbi erano spezzati. Urlavano e bastonavano e infilavano senza fermarsi, e si udivano uomini nitrire come cavalli in un'incendio. E vidi il parroco, con la veste rialzata, arrampicarsi sopra una panca e i suoi inseguitori lo colpivano, tagliuzzandolo con falci e coltellacci, e a un tratto qualcuno gli afferrò l'abito e udii un altro grido, e un altro grido, e un altro ancora, e vidi due uomini che gli affondavano le falci nella schiena mentre un terzo lo teneva fermo per l'orlo della veste; e il parroco alzò le braccia e s'aggrappò allo schienale di una sedia."

Lo studioso inglese Brenan fa una distinzione tra "terrore rosso" e "terrore bianco". 

"è impossibile conoscere il numero delle vittime dei plotoni d'esecuzione da entrambe le parti, ma i resoconti dei testimoni oculari - che hanno sottolineato il carattere prolungato e sistematico della purga - inducono a supporre che durante i primi sei mesi di guerra per ogni giustiziato in campo repubblicano, ve ne fossero due o tre in campo ribelle. Esecuzioni sommarie avvenivano quotidianamente nelle prigioni franchiste; le carceri si vuotarono e riempirono varie volte. Se ciò non accadde su una larga scala in campo avverso fu perché le autorità repubblicane si erano tenacemente opposte al terrorismo, stroncandolo non appena possibile, mentre da parte nazionalista gli stessi terroristi, ossia i falangisti e i carlisti, furono e rimasero responsabili del fronte interno per tutta la durata del conflitto."

(https://intervistemetal.blogspot.com/2018/08/i-crimini-del-comunismo.html)(https://intervistemetal.blogspot.com/2019/08/la-cruzada-e-le-vittime-cattoliche-e.html)


Il comunismo nel commento di Kundera

La prima rivolta interiore di Sabrina contro il comunismo non aveva un carattere etico ma estetico. Ciò che la disgustava era però molto meno la bruttezza del mondo comunista (i castelli distrutti trasformati in stalle) che non la maschera di bellezza che esso portava; in altri termini: il Kitsch comunista.  Il modello di questo Kitsch è la cerimonia detta del primo maggio. Aveva visto i cortei del primo maggio all'epoca in cui la gente era ancora entusiasta, oppure fingeva ancora entusiasmo con diligenza. Le donne indossavano camicette rosse bianche e blu sicché, viste dai balconi e dalle finestre, creavano figure di vario genere: stelle a cinque  punte, cuori, lettere. Tra le varie sezioni del corteo avanzavano orchestrine che suonavano ritmi di marcia. Quando il corteo si avvicinava alla tribuna centrale, anche i visi più annoiati si illuminavano di un sorriso, come a voler dimostrare di essere doverosamente contenti, o meglio essere doverosamente d'accordo. E non si trattava di un semplice accordo politico con il comunismo, ma di un accordo con l'essere in quanto tale. La cerimonia del primo maggio si alimentava alla fonte profonda dell'accordo categorico con l'essere. La parola d'ordine non scritta e tacita non era "Viva il comunismo!" bensì "Viva la vita!" La forza e l'astuzia della politica comunista consistevano nel suo essersi appropriata di quella parola d'ordine. Era appunto quella stupida tautologia ("Viva la vita!") a trascinare nel corteo comunista anche coloro che alle tesi del comunismo erano indifferenti.

https://intervistemetal.blogspot.com/2018/08/i-crimini-del-comunismo.html

  

Recensione a "Devil's Kiss"

Trama: Billi SanGreal di giorno è una ragazza irrequieta e solitaria, di notte è ostaggio di un'oscura profezia: è l'unica donna ammessa nell'ultimo drappello dei Templari e, nel segreto più assoluto viene addestrata a combattere come uno spietato guerriero. Ma quando conosce il seducente Mike si scopre a desiderare di essere un'adolescente qualsiasi, una che possa innamorarsi anziché combattere contro i demoni. Baciarlo si rivela però un errore: Mike non è quello che sembra... La metterà di fronte a scelte disumane. Londra è in pericolo, così come l'intera umanità. Con l'aiuto di Kay, la ragazza si lancerà in un'inesorabile corsa contro il tempo, per trovare l'unica arma capace di uccidere gli angeli ribelli, ma anche la forza necessaria a compiere un estremo, atroce sacrificio.


Nota di Lunaria: Urban Fantasy "più mascolino" che non femminile, visto che a predominare sono l'azione e i combattimenti e la parte amorosa è praticamente inesistente e confinata "di contorno" (e neanche fatta tanto bene) con tutto che la copertina e la frase sul retro "lasciavano intendere altro" per acchiapparsi le fans dell'Urban Legend ("A Billi si gelò il sangue nelle vene. Non poteva essere. Le falde del cappotto nero di Mike si spiegarono, non come le ali di un pipistrello, ma come quelle di un angelo. Un angelo delle tenebre") l'unica pagina interessante, a mio parere, è quando si parla dell'Angelo della Morte che ha ucciso i primogeniti degli egiziani per ordine di Dio. Non che il resto sia scritto male, eh, c'è pure qualche altra pagina precedente più virata su atmosfere quasi horror, ma mi aspettavo un Urban Legend più "romantico" e non con la bellezza di 289 pagine dove si parla di armi e tecniche di combattimento. Se leggo questo genere di romanzi è perché mi aspetto di trovarci personaggi maschili che mi attizzano e scene romantiche anche clonate dai capisaldi del genere (non cerco l'originalità a tutti i costi), non pagine di sparatorie e inseguimenti di questo o quel Templare che interviene a salvare Billi...

L'idea che gli angeli di Dio disprezzino il genere umano e siano gelosi "perché Dio ama di più gli uomini che non gli angeli\perché gli uomini non lo adorano abbastanza" era già presente nel film "L'Ultima profezia" https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2017/12/i-fotogrammi-piu-belli-di-fallen.html e anche in altri Urban Fantasy come "Due candele per il Diavolo" https://intervistemetal.blogspot.com/2021/08/due-candele-per-il-diavolo-recensione.html; anche in "Fallen" gli angeli "classici" non facevano una gran bella figura... https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2017/12/i-fotogrammi-piu-belli-di-fallen.html ma oggigiorno la gente implora san Michele Arcangelo di liberarci da un essere maligno e noi mettiamo like se l'algoritmo di youtube ci mette tra i consigliati quei post. 

E non ce la sentiamo di dare ragione a Von Balthasar per quella faccenda dell'inferno vuoto...

L'autore, comunque, si è impegnato a metterci dentro di tutto e di più, in quanto a riferimenti tra amuleti e mitologie, passando da un rigo all'altro dai mandala tibetani agli acchiappaspiriti americani (!), dall'Occhio di Ra alla Piccola Chiave di Salomone (!!)

Non un pessimo romanzo, ma piacerà di più ai lettori che non a delle lettrici che vogliono l'intrigo amoroso.

Per chi volesse approfondire "cosa la teologia vera dice sugli angeli" https://intervistemetal.blogspot.com/2021/12/breve-introduzione-agli-angeli.html


Gli stralci più belli:

""Un vento gelido spazzò strisce di foschia che danzavano sulle lastre di pietra, simili a fantasmi inquieti. Billi era sola, al freddo, ma nel cuore della comunità dei Templari la presenza degli antichi cavalieri era ancora viva. Chi, a parte lei, suo padre e pochi altri ricordava il motivo per cui erano morti, o i sacrifici che avevano fatto?"

"Cos'è l'inferno, SanGreal? L'inferno è il pianto di un bambino che muore di fame. è negare pietà a chi la implora. (...) L'inferno è ovunque sia il cuore."

"Sotto di loro la città dorme. Qualche torcia brucia lungo i bastioni del palazzo e tra le pattuglie di soldati che marciano per le strette vie, tra capanne di fango e case. La città è stata turbata da cupi presagi e segni soprannaturali. Ma credono che il peggio sia passato. Si sbagliano. Il profeta si ferma a pochi metri. (...) "è compiuto?", chiede il profeta. "Sono morti?" Michael fissa lo sguardo sul suo compagno. è da stolti chiederlo e vale quasi il suo silenzio. Ma vede l'uomo tremare, per quanto si sforzi di resistere. Fa bene ad aver paura, pensa l'arcangelo. Mosè non è altro che un uomo mentre lui è... Michael. "Sì. Sono morti. Il primogenito di ogni famiglia d'Egitto." "E che ne è della mia gente?". La voce di Mosè è tremula. "Hanno fatto come è stato loro ordinato e segnato le loro porte con il sangue." Michael fa un gesto attraverso il cielo. "E io sono passato oltre." (...) "E adesso sanno di dover temere il Signore Dio di Israele." L'Angelo della Morte sorride. Da qualche parte nella città, un gallo canto al sorgere del sole. E le grida cominciano."




Abd el-Krim

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Abd el-Krim ( محمد بن عبد الكريم الخطابي ), famoso nazionalista arabo, nato nel 1882, battutosi per l'indipendenza del Marocco. Discendeva dalla tribù dei Beni Uriaghel, assai bellicosa e insofferente della dominazione spagnola nel Rif. 

Nel 1919, ritiratosi tra le impervie montagne del paese, Abd el-Krim riuscì a organizzare una tenace resistenza che costrinse le forze di occupazione ad attestarsi su alcune zone costiere attorno a Tetuàn. Nel 1921 sconfisse clamorosamente il generale Silvestre ad Annual.

L'intervento armato della Francia a fianco della Spagna fu decisivo e costrinse il capo marocchino ad arrendersi nel 1926. Esiliato nell'Isola della Réunion, nell'Oceano Indiano, vi rimase fino al 1947, quando venne deciso di trasferirlo via mare in Francia. Elusa la sorveglianza della polizia a Porto Said, Abd el-Krim riparò al Cairo dove morì il 6 febbraio 1963.


 


La Dea Parvati e la Noce di Cocco

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Sulle spiagge di Bombay si riversa una folla di ragazzi, uomini, donne. Il monsone, raggiunto il suo culmine, presto, comincerà a calare. E allora tutti festeggeranno il Giorno della Noce di Cocco, gettando in mare, dopo averla spaccata una noce di cocco, per ringraziare Madre Natura.

"La pioggia è cessata\ed ella si avvolge tutta\in veli di seta\con gocce di diamante..."

Questa è l'ultima quartina di un dolcissimo canto che a Jaipur le giovani donne, dondolandosi sull'altalena, dedicano a Parvati, la moglie del dio Shiva. Tutti sono felici, perché il monsone è finito e la grande pioggia è finalmente scesa a rendere fertili i campi.




APPROFONDIMENTO

Il Kalash (Kalasha) è un recipiente dove viene inserita una noce di cocco e delle foglie di mango; serve ad attirare prosperità e abbondanza e rappresenta il grembo della Dea (Devi)

In tal senso lo si potrebbe accostare anche al calderone di Cerridwen, a mio parere, oltre che alla cornucopia: l'idea è sempre quella, del grembo tondo e rotondeggiante della Dea\Madre Natura da dove si origina tutta la vita e la prosperità.



"Bàrnabo delle Montagne" di Dino Buzzati

Trama: Bàrnabo è un guardaboschi e convive con altri compagni di lavoro in una casa isolata in montagna; devono sorvegliare la Polveriera, dove si trovano le munizioni. Un giorno, però, dei briganti uccidono il compagno Del Colle. Quando Bàrnabo si troverà davanti i briganti, per paura, non riuscirà ad intervenire e fugge, tornando poi dai compagni come se niente fosse. Nessuno l'ha visto fuggire, ma sentendosi vile e codardo, Bàrnabo non riesce a perdonarselo; viene licenziato e se ne va. Comincia per lui la vita da contadino. Dopo alcuni anni, riesce a farsi riammettere nel corpo dei guardaboschi; quando vedrà i briganti tornare, inizialmente vorrebbe ucciderli, ma poi decide di non farlo. 


In questo primo romanzo di Buzzati compaiono i temi cari allo scrittore: l'attesa, il senso di mistero che aleggia su un paesaggio primordiale e ancestrale (qui è la montagna con le sue foreste cupe, sterminate e silenziose, in "Il deserto dei Tartari" l'arido deserto), la solitudine dei personaggi, i monologhi.


Gli stralci più belli:

"Si odono i soliti piccoli rumori delle case abitate, di notte. Scricchiolii dietro alla porta. Una finestra che sbatte da sola. Il vago insistente suono del vento nella foresta. Un topo che si muove e il respiro dei compagni che dormono, questa notte così pesante. (...) Un gemito tormentoso attraversa d'un tratto il silenzio."

"Lasciata la Casa nuova e inoltratosi un po' nel bosco, Barnabo si fermò a sedere in una piccola radura. Guardò a lungo la catena delle montagne mentre più dense e pesanti si facevano le nubi. Tutte le cime stavano attorno, immobili e burrascose. Si rimise il sacco sulle spalle. Guardò le immense rocce cupe per la tempesta imminente, i boschi senza confini, la caligine della lontana pianura."


Vedi anche: https://intervistemetal.blogspot.com/2018/10/le-dark-web-mystery-box-le-ha-inventate.html https://intervistemetal.blogspot.com/2022/05/il-segreto-del-bosco-vecchio-di-dino.html


"Un po' di sole nell'acqua gelida": gli stralci più belli

Trama: Un uomo, preso senza scampo dal male di vivere, abbandona il lavoro, l'amante e i divertimenti della vita a Parigi, e si rifugia in campagna. Ha scoperto che non può più fare nulla, nemmeno l'amore, e che la sola forma di vita senza angoscia è la contemplazione. Un giorno incontra una donna, che gli si dà senza domande, in modo assoluto. Per tutti e due è la felicità esclusiva e senza limiti, prima della civiltà e della repressione. Ma il possesso di un oggetto ridona all'uomo un senso di sicurezza, uno scopo. A questo punto il conflitto nasce inevitabile e tragico. Un romanzo che risponde con un'utopia amorosa a uno dei più inquietanti interrogativi: è possibile conciliare Eros e Civiltà?


Gli stralci più belli:

"Ormai gli succedeva praticamente tutte le mattine. A meno che non si fosse ubriacato sul serio il giorno prima e che lo sforzo di alzarsi, di fare la doccia, di vestirsi non diventasse così vago, così inconsapevole quasi, da farlo a tentoni, e che la fatica lo privasse, anzi lo sgravasse, di se stesso. Ma gli altri giorni erano più frequenti e più duri: si svegliava all'alba, con il cuore palpitante di paura - di paura della vita, ormai non poteva chiamarla altrimenti - e attendeva che nella sua testa si riprendesse il recitativo delle angosce, dei fallimenti, del pesante calvario del giorno imminente. Il cuore gli batteva, cercava di ripiombare nel sonno, cercava di dimenticarsi. Invano."

"Come soffriva, come assumeva un'aria disinvolta davanti alla padrona chiedendole un bicchiere che beveva di colpo, con il cuore in subbuglio per la pena, per la rabbia, come viveva! E quell'atroce periodo in cui la sua vita era subordinata a qualcuno e da questo qualcuno calpestata, gli sembrava quasi invidiabile in confronto al presente. Era ferito, ma almeno quella ferita aveva un volto"

"Camminava per le vie, adesso, dirigendosi verso casa, ma facendo giri enormi, incapace di fermarsi, incapace di rincasare. Aveva in testa un gran vuoto frusciante, gli sembrava che tutti lo squadrassero, che tutti lo trovassero brutto, miserabile, come lui si trovava, gli sembrava ora di non avanzare di un passo ora di aver attraversato tutta una piazza senza rendersene conto."




La morte di Garcìa Lorca

Info tratte da

Garcìa Lorca venne ucciso in un boschetto di pinastri selvaggi nella località detta Fuentegrande, a 15-20 km da Granada.

Il poeta Machado ricorda così la morte di Garcìa Lorca:

Fu visto camminare tra i fucili

per una lunga strada

e uscire alla campagna fredda

ancora con le stelle,

al primo albore.

Hanno ucciso Federico

quando la luce spuntava.

Cadde morto Federico

sangue in fronte e piombo nel ventre

... Sappiate che a Granada fu il delitto

povera Granada! nella sua Granada...

Il compositore Manuel de Falla, nel 1946 confidò al poeta Rafael Alberti che Lorca, appena arrestato, venne ucciso a percosse nella "Capitania" e il suo cadavere trasportato a Viznar insieme alle salme di due fucilati.

Secondo José Bergamin "L'ordine dell'esecuzione venne dato dall'autorità di Granada che in quel momento rappresentava formalmente la Giunta di Burgos, il governo di Franco. (https://intervistemetal.blogspot.com/2019/06/la-dittatura-cattolica-di-francisco.html) (https://intervistemetal.blogspot.com/2019/07/alle-origini-della-dittatura-franchista.html)

Gli istigatori del crimine furono i giovani membri dell'Accìon Popular, cioè dei giovani cattolici spinti a loro volta alla violenza criminale, alla crociata, dalle autorità ecclesiastiche." (https://intervistemetal.blogspot.com/2019/08/la-cruzada-e-le-vittime-cattoliche-e.html)

Chi ha voluto la morte di Lorca fu un seguace dell'avvocato Gil Robles: Ruiz Alonso, ex tipografo e deputato della CEDA. Ruiz Alonso giustificò così il delitto: "Ha fatto più danno coi suoi libri che gli altri con le rivoltelle"

 METTO LA PROVA, PRIMA CHE QUALCUNO STRILLI DICENDO CHE NON è VERO NIENTE E ME LO SONO INVENTATA IO:


Per approfondimenti sulla Poesia di Lorca, vedi: https://poesiamondiale.blogspot.com/2015/08/poesia-spagnola.html


L'inquietante leggenda gitana del violino

Sono riuscita a trovare un altro romanzo con protagonisti i gitani; sono diversi i romanzi che potremmo etichettare come "Gipsy Romance" e di tanto in tanto li trovo in giro anche se non sono stata lì a prenderli tutti; curiosamente, questa volta, rispetto alla stragrande maggioranza dei "Gipsy Romance" i ruoli sono invertiti (quasi sempre nel romanzo Rosa lui è gitano e lei no): in "Una zingara sotto la luna" lei è gitana, lui è un visconte inglese...

Avevo già recensito questo https://intervistemetal.blogspot.com/2022/01/il-sacrario-dei-riti-celtici-tratto-da.html ma anche "Una zingara sotto la luna" mi sembra molto valido, sono già arrivata a pagina 62... e sono curiosa di vedere se dopo l'inizio intrigante, il romanzo prosegue con altri particolari legate al folklore gitano. Per il momento riporto la leggenda (inquietante e macabra) del violino, non so se sia presa realmente dal folklore gitano o sia stata inventata dall'Autrice... comunque come mini-storiella horror mi è piaciuta e quindi l'ho trascritta

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Trama: Una fanciulla gitana danza scalza al chiaro di luna. Ha un corpo flessuoso, lunghi capelli neri come l'ebano, occhi scuri, brillanti e fieri. Una gattina selvatica e, insieme, una deliziosa creatura. Theo, giovane visconte in cerca d'avventure, si dice pazzo di lei e promette di sposarla.  è arrivato all'accampamento dei gitani che soggiornano sulle sue terre nel bel mezzo dei festeggiamenti per un matrimonio, e, complice la frenesia della festa e delle bevande alcoliche, desidera Pilar, tanto che è disposto a comprarla cedendo un cavallo al capoclan dell'accampamento. Ma Pilar non è una vera gitana al 100%, è figlia di una donna sedotta da un uomo inglese che poi l'ha abbandonata, e non crede all'amore e alle promesse degli uomini...  Fa di tutto per ribellarsi all'idea di andare in sposa a Theo, ma viene ceduta al visconte, che, completamente fuori di sé, la trascina in chiesa, sveglia il prete e lo obbliga a celebrare il matrimonio... La mattina dopo, ormai sobrio, Theo non ricorda più quanto successo, ma ormai Pilar è sua moglie... Ma la nobiltà inglese del Settecento non vede di buon occhio tali unioni e per di più, una dama del gran mondo, non si rassegna a perdere i favori dello scapestrato visconte. Che ne sarà della piccola, selvaggia, Pilar, strappata alla sua gente? Un romantico avventuroso romanzo con finale a sorpresa.

Gli stralci più belli: "La luna di settembre si levava piena e chiara sugli alberi, inondando lo scabro terreno di una fredda luce d'argento che faceva apparire ancor più nere e impenetrabili le ombre. Tre uomini risalivano a cavallo il pendio che segnava il limite dei possedimenti dei Gilmore: chinandosi in avanti sulla sella, quello al centro indicò con un ampio gesto l'orizzonte contro cui si profilavano i tetti del villaggio con al centro la chiesa dall'alto campanile. La luce della luna faceva spiccare i candidi pizzi che uscivano dalla sua giacca scura. (...) "Allora ditemi cosa può essere questo suono lamentoso alle due del mattino."

Lo udivano tutti distintamente, ora. Attraverso gli alberi brillavano alcune luci in lontananza; il vento portava l'eco di risa e un suono di violino. "Zingari!" esclamò il visconte. "Sulle mie terre!" Spronò il cavallo e si lanciò al galoppo, seguito a stento dagli altri due."

"C'è una leggenda, fratello, se la volete ascoltare." Lovell fece un cenno verso una donna vecchissima, dal viso raggrinzito come cuoio consunto, e costei iniziò a parlare con voce acuta, cantilenante. "Si racconta di una bella ragazza gitana che si era innamorata di un giovane Gorgio. Lui non ne voleva sapere e la folle zingara, per disperazione, strinse un patto col diavolo: gli vendette l'anima di tutti i suoi familiari in cambio di aiuto. Il demonio trasformò il padre di lei in una cassa armonica, i quattro fratelli in corde, la madre in un archetto... Dalle loro sei anime nacque così il violino. La ragazza imparò a suonare questo meraviglioso strumento e in breve tempo il giovane Gorgio fu suo schiavo. Ma nell'ora del suo trionfo riapparve il diavolo e li portò tutti e due all'inferno. Il violino rimase a terra dimenticato fino a quando un giorno, un ragazzo gitano lo trovò... e scoprì la sua magia. Da quel momento zingari e violini sono inseparabili."


Una critica cristiana all'Esistenzialismo e a Nietzsche

Info tratte da

Nota di Lunaria: Curiosamente, io sono stata molto più influenzata dall'Esistenzialismo Cristiano che non da quello ateo. Ecco qui un punto di vista cristiano sull'Esistenzialismo.

Ci sono due umanesimi atei - e cioè negatori di Dio - che parlano dell'uomo cercando di presentarne - e di spiegarne - il mistero. Il primo di tali umanesimi esalta l'uomo, tanto da far di lui un valore assoluto, autonomo, indipendente da ogni essere superiore;  (Nota di Lunaria: si veda il pensiero di Stirner o di Lavey) l'altro, abbassa l'uomo fino alla disperazione, negando che si possa dare un senso alla sua esistenza. (Nota di Lunaria: più che non Sartre, si veda Cioran)

Per il primo, l'umanità deve sforzarsi per costruire per sé una stabile dimora quaggiù, null'altro esistendo al di sopra dell'uomo, vertice supremo e centro unico di tutta la realtà; per il secondo è addirittura inspiegabile ed è assurda l'esistenza stessa dell'uomo.

è onesto dire che tali affermazioni, proprie di questi due umanesimi, danno luogo a tendenze che sono effettivamente vissute; questo è segno evidente che qualcosa - e magari più di qualcosa - c'è, in esse, di vero: al punto che si vorrebbe quasi dare a quelle affermazioni il nome di verità incomplete, di verità innestate negli errori o, se si preferisce, di verità quasi imprigionate da essi.

Chi legge la Costituzione pastorale "Gaudium et Spes" dove si tratta della Chiesa del mondo contemporaneo, vi trova affermato che la Rivelazione ha una precisa risposta per la domanda che l'interessa: che cosa è l'uomo?

Nel dare una prima risposta concordano credenti e non credenti affermando, gli uni e gli altri, che tutto quanto esiste sulla terra deve essere riferito all'uomo come a suo centro e suo vertice. Ma altre domande sorgono: che cosa fu l'uomo all'inizio? Che cosa divenne, poi, coscientemente, liberamente? E che cosa egli è, adesso? Che cosa sarà in futuro: nel prossimo e nel remoto futuro? Di fronte a queste domande, i non credenti cercano ma non trovano; e quel che ritengono di aver trovato non li soddisfa, non li fa sereni. Nulla, infatti, vedono oltre la terra - oltre la realtà che noi chiamiamo creato - I credenti, invece, vedono al di là di essa: oltre la materia corruttibile, vedono lo spirito immortale; oltre il tempo che passa scoprono l'eternità che di un'interminabile vita è il possesso pieno e perfetto; oltre l'uomo intravvedono e scoprono Dio. E l'uomo lo vedono anzitutto come immagine di Lui. (*)

Ho ripreso in mano, questi giorni, gli scritti di un ateo che andava molto di moda quand'ero giovane: Nietzsche. Egli era inebriato della propria potenza e la proiettava in visioni di distruzione, nel desiderio di abbattere tutto ciò che fino a lui era stato considerato intangibile e degno del massimo rispetto.  Era irresistibilmente attratto, come egli confessa, dalla "masnada degli empi".  Egli si abbandonò a questa prospettiva con tutto se stesso e scrisse pagine di fuoco in cui sprofondavano tutti i valori. Purtroppo le sue eccellenti doti di intelletto e di cuore non resistettero ad un tale vortice distruttore; il magnifico ed immaginifico scrittore perdette ogni mèta, smarrì ogni sentiero... Il suo sguardo angosciato non poté fuggire la notte purpurea della follia. Nietzsche finì in manicomio assai tristemente: lui, il profeta del superuomo. Eppure egli aveva intravisto ormai dove stava dirigendosi. Quando ancora era conscio di sé confessò lucidamente il suo presentimento, ma non fece niente per ritirarsi dall'abisso.

Vale la pena di leggere le sue parole, questa volta davvero profetiche: "Mi fermo, mi sento ad un tratto tutto stanco. Innanzi, così sembra, la strada precipita: in un lampo, tutt'intorno, l'abisso: non riesco a guardare. Alle mie spalle s'erge la montagna. Stendo tremando la mano in cerca d'un appiglio. Come? Tutto s'è trasformato improvvisamente in rocce e dirupi? Ecco un cespuglio... esso si sbriciola nella mia mano e foglie ingiallite e minute radichette sfuggono e rotolano verso il basso. Rabbrividisco, chiudo gli occhi... dove sono? Fisso lo sguardo in una notte di porpora: essa pure guarda me e mi fa cenni." Come abbiamo detto, fu un tragico invito. Personalmente sono convintissimo che Nietzsche fu responsabile della sua pazzia. Egli volle sostenere un'esperienza disumana. Infatti egli non accettò di essere un uomo, ossia una creatura, ma volle essere il superuomo che non aveva niente di superiore. In una sua celebre opera in cui egli si identifica nel protagonista che fa il libero cacciatore in uno strano Eden, Nietzsche si rese conto perspicacemente dove poteva condurlo la pretesa di vivere senza far riferimento a valori assoluti e divini. Infatti egli vede il cacciatore che s'introduce furtivamente nel paradiso dell'antico serpente che seduce con la vecchia tentazione: "Sarete come Dio!" Ecco le sue sgomente parole: "Perché ti sei lasciato adescare ad entrare in paradiso dell'antico serpente? Perché ti sei introdotto furtivamente in te... in te? Un ammalato adesso sei, malato del veleno del serpente."

A commento di un testo di Isaia, "Dio mi conosce e mi chiama per nome", Newman scrive: "Dio era perfetto, beatissimo in se stesso; ma Egli volle creare un mondo per la sua gloria. Egli è l'Onnipotente, ed avrebbe potuto fare ogni cosa da sé; ma fu sua volontà compiere i suoi disegni per mezzo di esseri creati per la sua gloria; noi siamo creati per fare la sua volontà. Io sono creato per fare o per essere qualche cosa per cui nessun altro è creato; io occupo un posto mio nei consigli di Dio, nel mondo di Dio: un posto da nessun altro occupato. Poco importa che io sia ricco, povero, disprezzato o stimato dagli uomini; Dio mi conosce e mi chiama per nome. Dio mi ha creato per rendergli qualche servizio ben definito: Egli mi ha affidato un lavoro che non ha affidato ad un altro. Io ho la mia missione: potrei non conoscerla mai in questa vita, ma mi sarà rivelata nell'altra. In qualche modo io sono necessario ai suoi intenti, tanto necessario al posto mio quanto un Arcangelo al suo. In verità se io fallisco Egli può scegliere un altro, come avrebbe potuto suscitare dai sassi dei figli di Abramo. Tuttavia io ho una parte in questa grande opera; sono un anello della catena, un legame tra le altre persone. Egli non ha creato me inutilmente. Io farò del bene, farò il suo lavoro. Sarò un angelo di pace, un predicatore della verità nel posto che Egli mi ha assegnato, anche senza che io lo sappia, pur ch'io segua i suoi comandamenti e Lo serva nella mia vocazione. Perciò io voglio fidarmi di Lui: checché io sia, io non posso mai venir gettato via come cosa inutile.  Se sono malato, la mia malattia può servirgli; se perplesso, la mia incertezza può servirgli; se sono nel dolore, il mio dolore può servirgli. La mia malattia, la mia incertezza, il mio dolore possono essere le cause necessarie a qualche grande opera che ci è del tutto incomprensibile. Egli non fa nulla inutilmente. Egli può prolungare la mia vita, Egli può accorciarla, Egli sa quello che fa. Egli può portare via i miei amici, Egli può gettarmi tra estranei, Egli può immergermi nella desolazione, opprimere il mio spirito, nascondermi l'avvenire; eppure Egli sa quello che sta facendo. Lavora in me e per mezzo mio."

 

(*) Nota di Lunaria: Il che, poi, è il problema del cristianesimo: il fatto che rivela che questo loro Dio è Padre (e quasi mai Madre) e che si è incarnato nel maschio Gesù (e non si è incarnato anche in una femmina). Così, se il maschio è sempre stato considerato "totalmente ad immagine di Dio" (Agostino, Aquino), la stessa cosa non la si è avuta pienamente per la femmina, che veniva considerata "Immagine di Dio se era unita a suo marito\Immagine di Dio secondaria (l'Imago Dei piena e primaria spettava al maschio)" Oggigiorno i cattolici progressisti non ritengono più la femmina secondaria, quanto ad Immagine di Dio; ma un cattolico tradizionalista potrebbe benissimo rifarsi ancora all'idea agostiniana o aquiniana della donna. Il fatto che solo il maschio può essere prete, in quanto "Alter Christus" conferma, anche oggi, questa idea: ovvero che "la femmina non è abbastanza degna per rappresentare Dio" e "Dio non può essere abbassato con immagini simboliche femminili". Comunque, ad onore del vero, negli ultimi tempi, alcuni teologi (non tutti) hanno parlato di una maternità di Dio o dello Spirito Santo o hanno rivisto Maria come una sorta di manifestazione della Maternità di Dio e della cura materna che porta ai suoi figli.


Leggende sul Martin Pescatore e sul Merlo

Info tratte da un fascicolo

Il Martin Pescatore è uno degli uccelli dai colori più brillanti nella nostra fauna; discende i corsi dei ruscelli e si lascia cadere sulla preda, come un pescatore instancabile; è anche in grado di immergersi per catturare il pesce che ha adocchiato. Nidifica nel fondo di una galleria profonda un metro che scava negli argini a picco sui corsi d'acqua. I suoi piccoli (5 o 7) rigurgitano in forma di gomitoli le lische di pesce, che finiscono per intasare il nido.

Curiosità: 

L'11 dicembre segna l'inizio dei 15 giorni di bonaccia, i "giorni alcioni", in riferimento al mito di Alcione, figlia del dio dei venti Eolo, e Ceice. I due giovani amanti si chiamavano "Zeus e Era" ma le due divinità non gradirono l'affronto. 

A causa di una tempesta, Ceice annegò. La Dea Era annunciò la sciagura ad Alcione mentre la fanciulla dormiva. Al risveglio, Alcione andò verso il mare e quando vide il cadavere di Ceice, si annegò.

Zeus, però, tramutò Alcione in gabbiano e Ceice in martin pescatore.

Alcione significa "concepito in mare", da "Hélos" e "Kuon", ed è proprio uno dei nomi del martin pescatore. 

Secondo la leggenda, la femmina del Martin Pescatore nasconde il compagno prima di deporre le uova in un nido galleggiante fatto di lische di pesce; Eolo comanda ai venti di non scuotere la culla.

I "giorni alcioni" sono periodi di pace, felicità e prosperità.

Anticamente il Martin Pescatore era ritenuto un portafortuna: le sue penne, se indossate o portate con sé, portavano salute e prosperità per questo nell'Inghilterra vittoriana si diffuse una moda: portare gioielli che rimandassero a questo uccello o avessero le sue piume.  

Se un nido di Martin Pescatore viene portato via dalle correnti e portato in mare senza capovolgersi, ci sarà un lungo periodo di bel tempo. 

Il corpo di un Martin Pescatore morto veniva appeso nello stenditoio per tenere lontane le tarme; altre volte il suo cadavere veniva sospeso dalla parte del becco sul tetto perché funzionasse da rilevatore di vento.

Se si sente il richiamo di un Martin Pescatore alla sinistra, si avranno dei problemi di lavoro; se lo si sente alla destra, si avrà un successo.

Una leggenda medievale, per spiegare i colori del martin pescatore, racconta che questo uccello, che agli inizi era grigio, cercò la terra ferma dopo essere stato fatto uscire dall'arca di Noè insieme al corvo e alla colomba. Volò così vicino al sole che divenne arancione e il dorso acquistò il blu del cielo. Quando tornò indietro, l'arca era scomparsa; per questo il martin pescatore continua a volare su fiumi e torrenti: cerca ancora l'arca di Noè...





Una leggenda irlandese racconta che san Kevin passasse ore in preghiera, stando in silenzio. Un giorno un merlo depose un uovo sulla sua mano e il santo rimase immobile fino a che l'uovo non si schiuse.

Nel Nord Italia gli ultimi tre giorni di gennaio, freddissimi, sono detti "i giorni della merla": la leggenda racconta che i merli, una volta, erano bianchi. Divennero neri quando per ripararsi dal freddo di questi tre giorni di gennaio, un merlo si rintanò in un comignolo, sporcandosi di fuliggine.

Il Merlo Bianco è il protagonista della "Storia di un merlo bianco" di Alfred de Musset (1810-1857). Un merlo bianco si innamora di una femmina, candida come lui. Scopre però di essere stato ingannato quando, piangendo lacrime d'amore sulla merla, le sue penne diventano marroni perché il trucco bianco si scioglie a contatto con le lacrime del merlo.

Nei paesi protestanti, si credeva che se una fanciulla vedeva un merlo il 14 febbraio, avrebbe sposato un sacerdote.

Per San Gregorio, il merlo tentava le persone al peccato perché san Benedetto, visto un merlo, sognò una bella donna. Stava per commettere peccato e per resistere alla tentazione, si gettò tra le ortiche.




Libro consigliato: