L'Oscurità di Dio e il Mondo

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[...] è in quanto creatura che l'uomo impara a conoscere in un primo tempo come suo signore il Dio, sempre più grande e perciò sempre più nascosto. E questo rapporto di velamento e svelamento è iscritto nel suo stesso essere. [...] Se egli si ribella a questa legge intacca se stesso.  Certo, la rivelazione della parola è molto di più che il risveglio dell'ordine immenso nell'oblio del peccato. Ma essa è sempre anche questo e perciò rimanda sempre anche a una zona della necessità, dietro la quale la creatura non può più ritornare. Nella particolare non evidenza della fede cristiana si manifesta quindi anche e sempre qualcosa che, con le necessarie precisazioni, può essere chiamata evidenza del creatore, che si rivela velatamente come principio e fine di tutte le vie del mondo.
L'oscurità di Dio in rapporto al mondo non è dovuta solo al fatto che il creato sarebbe sopraffatto se dovesse essere totalmente invaso dalla luce dello splendore di Dio: la sua presenza nel mondo è oscurata anche dal peccato.
E tuttavia quello stesso Dio che fu "respinto dagli uomini" rispose redimendo il mondo nell'occultamento della croce  e, in tal modo l'oscurità che avvolgeva il mondo con il peccato è stata ora assunta da Dio e assorbita nella sua stessa divinità. [...] Qui abbiamo occasione di parlare in termini estetici di questa nuova forma dell'occultamento provocato dall'infezione del peccato (oggi resa ancora più invasiva a causa della sua repellente degradazione) grazie agli analoghi che il mondo (e il mondo dell'arte) ci mette a disposizione:
"Se la croce costituisce la fine radicale di ogni estetica mondana, questa fine è dall'altra parte proprio l'inizio dell'ascesa decisiva all'estetica divina. Laddove non bisogna dimenticare che anche l'estetica mondana non può più mettere da parte il momento della bruttezza, della rottura tragica, del demoniaco, ma deve venirne fuori. Ogni estetica infatti che tenta semplicemente di ignorare questa dimensione tenebrosa, può essere fin dall'inizio ignorata come estetismo."
Quello che nel XVII secolo il poeta metafisico George Herbert poteva dare per scontato è diventato ora per noi estremamente difficile, e spiega perché a questo sia dedicata la successiva sezione dell'Estetica. Per Herbert, invece, tutto il mondo irradiava lo splendore della luce invisibile.
Un uomo che guarda allo specchio\su di esso può posare il suo occhio\o se gli piace, passaci attraverso\e scoprire così i cieli.
Questo per noi non è più possibile e dobbiamo perciò chiederci perché arriviamo così all'"archeologia della bellezza alienata". Che cosa è accaduto, sia nella storia del pensiero cristiano sia nel cammino intellettuale dell'Occidente, perché ci sentiamo così tagliati fuori e incapaci di guardare attraverso lo specchio e "scoprire i cieli"?
è dunque legittimo porre per ogni epoca della chiesa la domanda: quanti dei presupposti spirituali e intellettuali che governano il suo pensiero sono in conformità con il Vangelo?


Nota di Lunaria: ritengo utile far conoscere alle lettrici quanto Mary Daly scriveva sul concetto di "redentore maschio", visto che le donne sono abituate, fin da piccole, ad accettare l'idea che "gesù era maschio ma anche redentore di noi donne" senza farsi o fare troppo domande (ed obiezioni...).


"L'idea di un salvatore unico di sesso maschile può essere vista come un'ulteriore legittimazione della supremazia del maschio (...) In regime di patriarcato un simbolo maschile sembra proprio il meno indicato ad interpretare il ruolo di liberatore del genere umano dal peccato originale del sessismo. L'immagine stessa è unilaterale per quanto concerne l'identità sessuale, e lo è proprio dal lato sbagliato, perché non contraddice il sessismo e glorifica la mascolinità."

"L'ideologia cristiana presenta una distorsione prodotta dalla gerarchia sessuale e che la convalida, palese non solo nelle dottrine relative a Dio e alla Caduta ma anche in quelle relative a Gesù [...] Una logica conseguenza della liberazione della donna sarà la perdita di credibilità delle formule cristologiche che riflettono ed incoraggiano l'idolatria verso la persona di Gesù [...] Non è tuttora insolito che preti e ministri cristiani, posti di fronte al discorso della liberazione della donna, traggano argomenti a sostegno della supremazia maschile dall'affermazione che Dio "si incarnò" esclusivamente in un maschio. In effetti la stessa tradizione cristologica tende a giustificare tali conclusioni. Il presupposto implicito - e spesso esplicito - presente per tutti questi secoli nella mente dei teologi è che la divinità non poteva degnarsi di "incarnarsi" nel "sesso inferiore" e il "fatto" che "egli" non lo abbia fatto conferma ovviamente la superiorità maschile. Venendo meno il consenso delle donne alla supremazia maschile, questi tradizionali presupposti cominciano a traballare.
(Nota di Lunaria: si vedano Sprenger e Kramer nel "Malleus Maleficarum": "E sia benedetto l'Altissimo che finora ha preservato il sesso maschile da un così grande flagello [la stregoneria]. Egli ha infatti voluto nascere e soffrire per noi in questo sesso, e perciò lo ha privilegiato")

"L'idea di un salvatore unico di sesso maschile può essere vista come un'ulteriore legittimazione della supremazia del maschio (...) In regime di patriarcato un simbolo maschile sembra proprio il meno indicato ad interpretare il ruolo di liberatore del genere umano dal peccato originale del sessismo. L'immagine stessa è unilaterale per quanto concerne l'identità sessuale, e lo è proprio dal lato sbagliato, perché non contraddice il sessismo e glorifica la mascolinità [...] La premessa basilare di questo tipo di ortodossia è che "Dio venne" nell'uomo (maschio) Gesù, e solo in Gesù - donde l'ostacolo che viene descritto dai suoi difensori come lo "scandalo della particolarità".

"Ho già osservato che il testo paolino "in Cristo non c'è... maschio né femmina", funziona in questo modo, perché semplicemente e palesemente ignora il fatto che Cristo è un simbolo maschile e perciò a tale livello esclude la femmina."

"Io ritengo che un altro ribaltamento sia l'idea dell'incarnazione redentrice unica nella forma di un salvatore maschio perché questo è precisamente impossibile. Una divinità patriarcale, o suo figlio, non è in grado di salvarci dagli orrori di un mondo patriarcale."

Mi pare significativo concludere con questo commento:

"è ovvio che tutte queste ideologie hanno non solo la funzione di conciliare le donne con il loro ruolo subordinato sostenendo che è inalterabile, ma anche di far credere che esso rappresenti l'appagamento dei loro desideri, o un ideale che è lodevole cercare di raggiungere" (Horney)

"La sorte delle tre istituzioni patriarcali, la famiglia, la società e lo Stato, è interdipendente. Questo in quasi tutte le forme di patriarcato ha portato a favorire la religione sostenendo il precetto cattolico "il padre è il capo della famiglia" o la delega del giudaismo di un'autorità quasi sacerdotale al genitore maschio. Anche i governi secolari di oggi [1969] confermano il fenomeno come ad esempio nella prassi dei censimenti che designa il maschio come capofamiglia, soggetto della tassazione, intestatario di passaporti ecc." (Kate Millet)

Si tenga presente che, come scriveva Von Balthasar stesso: "L'anelito più profondo dell'uomo è di ascendere a Dio, di diventare simile a Dio, anzi uguale a Dio. [...] Ma sappiamo che il serpente proprio di questa pulsione intima ad andare verso Dio si è impadronito, e l'ha avvelenato. Il peccato originale non tocca qualche aspetto marginale della natura umana; la promessa eritis sicut dii, sarete come Dei, va a toccare e pervertire lo stesso nucleo originario di questa natura"

Per cui queste sono le tre risposte dell'uomo, davanti al concetto di Dio:

1)  L'invidia e il voler essere come lui, anzi lui, ponendosi al suo posto e rifiutando di sottomettersi ad un dio (Satanismo Razionalista)
2) Il tentativo di negarlo. (Marxismo, Comunismo, Ateismo)
3) La disperazione, il crollo nel Nulla, la disperazione nichilista (Nietzsche, Cioran)


Ma Dio è un concetto, simbolo, raffigurazione del Maschile.
Cosa significa per la donna? Il concetto di Dio riassume la donna, la donna è rappresentata da Dio? Se la teologia afferma, come afferma, che la creatura è l'analogia di Dio, avendo in comune con lui l'unità fra l'essere-quello-che-è (Sosein, la sua essenza) e Esserci (Dasein), creata a "sua immagine e somiglianza", che analogia può esserci tra una femmina e un Dio che si rivela come maschio? 


"Quanto più la liberazione delle donne trova e troverà nuovi simboli di Dio, tanto più ci costringerà a riesaminare anche la cristologia. Per secoli essa non è stata altro che una estensione di Dio, l'onnipotente-maschio. è stato un assunto implicito o spesso esplicito dei teologi che Dio non si sarebbe degnato di incarnarsi in un corpo di donna...La percezione liberante deve dunque porre una seria questione all'idea di un'unica incarnazione divina in un essere umano di sesso maschile" (Basil Moore, 1973)

APPROFONDIMENTO: Dio nel pensiero di Cioran

* Se Dio ha potuto affermare di essere "colui che è", l'uomo, al contrario, potrebbe definirsi "colui che non è". E proprio questa mancanza, questo deficit di esistenza, risvegliando per reazione la sua tracotanza, lo incita alla sfida o alla ferocia. Avendo disertato le sue origini, barattato l'eternità con il divenire, maltrattato la vita proiettando in essa la propria giovane demenza, egli emerge dall'anonimato tramite un susseguirsi di rinnegamenti che fanno di lui il grande transfuga dell'essere.

* Dio ha sfruttato tutti i nostri complessi di inferiorità, a cominciare da quello che ci impedisce di crederci Dèi.

* Dio ha creato il mondo per paura della solitudine. è questa l'unica spiegazione possibile della Creazione. La sola ragione di essere di noi creature è di distrarre il Creatore...

* Tutti i Nichilisti hanno avuto a che fare con Dio. Prova supplementare della sua vicinanza al Niente. Dopo aver calpestato tutto, altro non vi resta da distruggere se non quest'ultima riserva del Nulla.

* Uno dei primi capitoli si intitolava "L'Antiprofeta". In realtà reagivo da profeta, mi attribuivo una missione, dissolvente se si vuole, ma pur sempre una missione. Attaccando i profeti, attaccavo me stesso e... Dio, in conformità col mio principio di allora secondo il quale ci si dovrebbe occupare soltanto di lui e di sé.

* Ribelli contro Dio, astrazione suprema dell'uomo, il nostro secolo scopre che è l'uomo il vero obiettivo della nostra ribellione.

* È difficile, è impossibile, credere che il dio buono, il « Padre », sia implicato nello scandalo della creazione. Tutto fa pensare che non vi abbia mai preso parte, che essa sia opera di un dio senza scrupoli, un dio tarato. La bontà non crea; manca  d'immaginazione; e per fabbricare un mondo, sia pure abborracciato, ce ne vuole. A rigore, è da un miscuglio di bontà e di cattiveria che può sorgere un atto, o un'opera. Oppure, un universo. A ogni modo, considerando il nostro, è ben più agevole risalire a un dio sospetto che a un dio rispettabile. Manifestamente, il dio buono non era attrezzato per creare: possiede tutto, fuorché l'onnipotenza.
Grande per le sue deficienze (bontà e anemia vanno  di pari passo), è il prototipo dell'inefficacia: non può aiutare nessuno... Del resto, ci si aggrappa a lui solo quando ci siamo spogliati della nostra dimensione storica; se la reintegriamo ci è subito estraneo, incomprensibile: non ha niente che affascini, niente di un mostro.
È a questo punto che ci volgiamo al creatore, dio inferiore e indaffarato, istigatore d'eventi. Per comprendere come abbia potuto creare dobbiamo figurarcelo preda del male, che è innovazione, e del bene, che è inerzia. Questa lotta fu probabilmente nefasta al male, che dovette subire in essa il contagio del bene: ciò spiega come mai la creazione non riesca a essere interamente cattiva.
Poiché il male presiede a tutto ciò che è corruttibile, ossia a tutto ciò che è vivente, è ridicolo il tentativo di voler dimostrare come, rispetto al bene, contenga meno essere, o addirittura non ne contenga affatto. Coloro che lo assimilano al nulla si figurano di salvare con ciò quel povero dio buono. Non è possibile salvarlo se non avendo il coraggio di disgiungere la sua causa da quella del demiurgo. Per esservisi rifiutato, il cristianesimo fu costretto durante tutta la sua carriera, a ingegnarsi per imporre l'inevidenza d'un creatore misericordioso: impresa disperata, che ha esaurito il cristianesimo e compromesso il dio che voleva preservare.
Non possiamo impedirci di pensare che la creazione, rimasta allo stadio d'abbozzo, non poteva compiersi, né lo meritava, e che nel suo insieme essa è una colpa: il misfatto famoso commesso
dall'uomo appare quindi come la versione minore d'un misfatto di ben altra gravità. Di che siamo colpevoli, se non di avere seguito più o meno servilmente l'esempio del creatore? La fatalità che fu la sua, ben la riconosciamo in noi: non per nulla siamo venuti fuori dalle mani di un dio infelice e cattivo, un dio maledetto.  


Per approfondire, vedi: