La Letteratura degli Anni Sessanta\Settanta

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Nel 1964 la Gran Bretagna conclude l'esperienza conservatrice e le elezioni segnano la vittoria dei laburisti il cui leader, Harold Wilson, promette un rinnovamento della classe politica, passando per temi dello sviluppo, dell'innovazione tecnologica e pianificazione economica.
Intanto cambia anche il rapporto tra i sessi, specchio dei mutamenti che stanno avvenendo in società. Nei film inizia a comparire l'elemento della donna seduttiva (mentre nei film inglesi precedenti l'iniziativa spettava alla "working class", spesso rappresentata con una mascolinità piuttosto spiccata). Il matrimonio non appare più così desiderabile, l'indipendenza economica viene conquistata anche con un grado di istruzione più elevato.
Il libro che meglio esprime questi temi è "Il taccuino d'oro" ("The Golden Notebook") di Doris Lessing (1962). L'autrice, nata in Iran nel 1919, comunista fino al 1956, fondatrice del gruppo anti-nucleare e per il disarmo.
Lei stessa parla così dell'ispirazione che la portò a scrivere quel libro:
"Ero a un bivio, a una svolta, pronta per essere rifatta da capo. Lo sapevo, non c'era niente di inconscio (...) Poi c'era la politica, il crollo del comunismo come forza morale. (...) Io volevo scrivere un romanzo che si potesse poi leggere per scoprire come la gente vedeva se stessa, quelli che erano comunisti e sognavano l'età dell'oro che, devo ricordare, per un breve periodo credevamo fosse a due passi. (...) Le ideologie non erano solo strettamente politiche, ma riguardavano anche il modo in cui le donne si vedevano."

"Il taccuino d'oro" pone al centro le contraddizioni di una donna, Anna, che pur dando l'impressione di essere autonoma dal punto di vista intellettuale e sessuale, si interroga sulle modalità dei rapporti tra individui: i "taccuini" sono un elenco ragionato dei modelli sociali e psicologici di uomini e donne.
Uno dei personaggi del libro, ad esempio, deve decidere se vivere con un uomo in un rapporto di dipendenza o di autonomia. Sceglie la dipendenza perché "la libertà conta ben poco senza amore", diventando un'allegoria delle donne che pur fingendosi (o sembrando) emancipate sono ancora sottomesse e influenzate a delle regole sessiste. Quando l'uomo in questione l'abbandona la protagonista inizierà una riflessione sull'inutilità della sottomissione, che non permette di conquistare né la libertà, né l'amore.
"Il taccuino d'oro" non dà risposte univoche, ma offre diverse alternative, facendo riflettere sul contrasto tra ordine e disordine, nel personale e nel politico. In questo modo "Il taccuino d'oro" anticipa la struttura della narrazione postmoderna: "Il romanzo è diventato una funzione di una società frammentata e la sua frammentaria consapevolezza. Gli esseri umani sono così disgregati, diventano sempre più disgregati e soprattutto disgregati in se stessi, a immagine del mondo nel quale vivono. Si tratta di una cieca, frenetica ricerca della totalità e il romanzo-indagine è un mezzo per raggiungerla."
L'autrice sceglie di costruire l'intera opera sui taccuini che offrono ciascuno un'immagine della realtà con una diversa angolatura, come se fossero strumenti per maneggiare parti di realtà da ricomporre poi in un disegno che ne mostri la totalità complessiva.
Ma il disordine non può essere arrestato e il linguaggio non riesce a ridurre a forma ciò che si rifiuta di avere forma e ordine.
E la protagonista ammette "l'assottigliarsi del linguaggio contro lo spessore della nostra esistenza" e la debolezza di una scelta di impegno civile compiuta solo allo scopo di trovare una disciplina.


Intanto, in America "La Mistica della Femminilità" di Betty Friedan (1963) segna profondamento gli anni Sessanta e Settanta. https://intervistemetal.blogspot.com/2020/03/la-donna-moglie-e-madre.html



Il libro è un saggio che analizza la profonda insoddisfazione e depressione delle casalinghe americane che hanno dovuto rinunciare a tutto per dedicarsi alla famiglia: queste donne sono come delle "sepolte vive" in "comodi lager domestici".

Il libro ottiene successo e l'Autrice fonda la National Organization for Women (NOW) seguito, nel 1967, dal Women's Liberation Movement (WLM), senza la struttura gerarchica che caratterizzava il NOW. Sono soprattutto le giovani e le universitarie a partecipare a questi gruppi. Proprio in quegli anni, i sindacati giudicano l'ingresso delle donne nel mondo del lavoro come una minaccia nei confronti degli operai e dei lavoratori uomini.

Una cronaca di un giornale del tempo (1964) racconta: "Più di duemila uomini hanno scioperato ieri per paura di una invasione di donne nella loro fabbrica. Gli uomini protestavano perché alcune donne, che guadagnano una sterlina, 10 scellini e 5 pence alla settimana meno degli uomini, hanno ottenuto lavori giudicati "maschili" in due catene di montaggio automatizzate."

Nota di Lunaria: qui di seguito, gli stralci più belli tratti da "La Mistica della Femminilità"

C'è un problema che per molti anni è rimasto sepolto, inespresso, nella mente delle donne americane. è una strana inquietudine, un senso di insoddisfazione che la donna americana ha cominciato a provare intorno alla metà del ventesimo secolo (...) esperti sostenevano che il compito di queste donne era cercare la realizzazione della loro personalità come mogli e madri.
Queste donne impararono a compatire quelle donne nevrotiche, poco femminili e infelici che volevano fare le poetesse, le scienziate o essere presidentesse di qualche associazione. Appresero che le donne veramente femminili non desiderano perseguire una professione, ricevere un'istruzione superiore, esercitare i loro diritti politici: che cioè non desiderano quell'indipendenza e quelle prospettive per cui le femministe d'altri tempi avevano combattuto.
(...) Non si chiedeva loro che dedicare la vita, sin dall'infanzia, a trovare un marito e a partorire figli.


Nota di Lunaria: fa riflettere che a pagina 15 l'Autrice, parlando di America degli anni '50, abbia scritto che "negli ospedali ci furono casi di donne che stavano morendo di cancro, le quali rifiutarono un farmaco che aveva qualche probabilità di salvar loro la vita, e questo perché era stato loro detto che i suoi effetti secondari avrebbero potuto danneggiare la femminilità"
A me non viene difficile crederlo. Quando una donna è incapace di avere un proprio Io a prescindere da quello che gli altri\l'altro\la società dirà di lei e su di lei, ci si lascia condizionare fino alla morte nel lasciarsi plasmare così come gli altri ci vogliono e ci dicono di essere. La grande Mary Daly



lo aveva capito alla perfezione, che il punto di tutta la questione è questo. Ancor prima che la violenza fisica (che spesso è una fatalità che non si può prevedere e non si può evitare, neanche con tutto il proprio impegno, e che, ad ogni modo, non può venir debellata) a rendere soggetta e manipolabile la donna è la mancanza di un EGO. Per questo Mary Daly diceva che l'unico peccato delle donne, l'unica cosa di cui dobbiamo vergognarci, è la mancanza di Ego.
"Le donne sono state condizionate a considerare riprovevole ogni atto che affermi il valore dell'ego femminile. L'ambizione femminile può "passare" solo quando viene diluita nell'ambizione vicaria tramite il maschio o per conto dei valori patriarcali. Per controbattere questa autosvalutazione di massa le donne dovranno costruire l'orgoglio femminile, alzando i nostri standard relativi a quanto è bello essere donna. Il nostro fallimento è consistito nel non aver affermato attivamente l'ego femminile. Se dobbiamo vergognarci di qualcosa, è di questo."
Carla Lonzi parlerebbe anche di colonizzazione delle idee dell'altro nel cervello della donna. E considerato quante donne stanno dietro a cristianesimo, islam e cose del genere, questa è un'amara verità!

La casalinga del quartiere residenziale piacevole: era questa l'immagine ideale delle giovani americane (...) era sana, bella, istruita, preoccupata solo del benessere del marito e dei figli, interessata solo alla casa (...) questa mistica della realizzazione della personalità femminile divenne uno dei temi centrali della civiltà americana. (...) Se una donna si sentiva in tensione, ormai sapeva che doveva ricercarne le cause nel matrimonio o in se stessa. Le altre donne erano soddisfatte della loro vita, pensava; si vergognava talmente di ammettere la sua insoddisfazione che non ne parlava mai con le amiche, per cui non veniva mai a sapere che tante altre donne condividevano il suo stato d'animo. (...) Taluni dicevano che era il vecchio problema: l'istruzione. Le donne erano sempre più istruite e, naturalmente, ciò le rendeva infelici nel ruolo di casalinga
(Nota di Lunaria: viene in mente, ai giorni nostri, quella celebre frase detta qualche tempo fa da un uomo cristiano: "togliete i libri alle donne, torneranno a far figli"... eh sì, il punto è questo qui, certamente. Più una donna legge libri - soprattutto i libri GIUSTI... - e più apre gli occhi... certi libri sono pura dinamite, esiste un prima e un dopo che li hai letti, e no, non si torna indietro allo stato ebetoide di prima, dopo che li hai letti. Ovviamente i monoteisti lo sanno molto bene, per questo hanno sempre bruciato libri e per questo vorrebbero che tutte le donne fossero analfabete. Una donna che legge e scrive è una mina vagante)

[La donna] non ha una personalità se non come moglie e madre. Non sa che cosa è all'infuori di questi suoi ruoli. Passa tutto il giorno ad aspettare che il marito torni a casa per consentirle di sentirsi viva (...) è terribile per le donne giacere lì, una notte dopo l'altra, ad aspettare che il marito consenta loro di sentirsi vive. (...) Molte donne di casa prendevano tranquillanti come fossero state pasticche per la tosse. "Ti svegli la mattina e ti sembra che non valga la pena di trascinarti lungo un altro dei soliti giorni. Però prendi un tranquillante perché così non importa troppo se non vale la pena."


Nota di Lunaria: vedi questa sconceria di Von Balthasar, celebre teologo cattolico del Novecento, che definiva la donna "secondaria" rispetto all'uomo "primario"




Sì certo, tutta la gloria va al maschio gesù, vero maschio e vero dio. E poi, per comunanza di organo genitale, la gloria divina va anche al maschio terreno "primario", che fa la veci di Dio, in terra. La donna no, la donna è solo secondaria, derivata dall'uomo e a lui sottomessa. Dio Padre san paolo maometto confucio buddha e cogl... associati hanno deciso così.
(https://intervistemetal.blogspot.com/2019/07/un-altro-capolavoro-salvato-dalloblio.html)

è facile individuare i precisi dettagli che costituiscono la trappola in cui è presa la donna di casa normale, i continui impegni che l'assillano. Ma le catene che davvero la imprigionano sono catene create dalla sua mente e dal suo spirito. Sono catene fatte di idee sbagliate e di fatti male interpretati, di verità incomplete e di scelte illusorie. Non si vedono facilmente e non si riesce facilmente a farle cadere. (...) Non possiamo più ignorare quella voce interiore che parla nelle donne e dice "Voglio qualcosa di più del marito, dei figli e della casa."
Il penoso silenzio venato di senso di colpa, e l'enorme sollievo che si prova quando un sentimento viene finalmente esternato, sono indizi psicologici ben noti. Quale bisogno, quale parte di se stesse tendono oggi a reprimere tante donne? In quest'epoca post-freudiana la prima cosa a cui si pensa è il sesso. Ma questo nuovo turbamento delle donne non sembra legato al sesso: e infatti le donne ne parlano con molta più riluttanza. E allora c'è forse un altro bisogno, una parte di sé che le donne hanno seppellito tanto profondamente quanto le donne vittoriane avevano seppellito la sessualità? (...) L'immagine della donna che emerge [dalle riviste americane anni Sessanta] è giovane e frivola, infantile, morbida e fragile, passiva; soddisfatta di un mondo composto di camera e cucina, sesso, bambini e casa. La sola impresa, la sola meta che è consentita alla donna è la caccia al maschio. Nel mondo delle riviste, le donne attendono alle faccende domestiche e tengono bello il proprio corpo per conquistare e conservare l'uomo.
[un certo editore di riviste] parlò delle esigenze della grande rivista femminile che dirigeva: "Le nostre lettrici sono donne di casa e non fanno altro. Non si interessano delle grandi questioni pubbliche del giorno. Non si interessano delle faccende nazionali o internazionali. Si interessano solo della famiglia e della casa." (...) Mentre ascoltavo, mi ritornò alla mente una frase tedesca "Kinder, Kuche, Kirche" [bambini, cucina, chiesa] cioè lo slogan con cui i nazisti decretarono che le donne dovevano di nuovo esser confinate nel loro ruolo biologico (...) https://intervistemetal.blogspot.com/2019/06/hitlerjugend-e-bund-deutscher-madel.html
ma perché [l'America] limita le donne "a una sola passione, un solo ruolo, una sola occupazione?" Non molto tempo fa le donne sognavano e si battevano per la parità, per conquistarsi un posto nel mondo. Cos'è accaduto dei loro sogni, quand'è che le donne hanno deciso di rinunciare al mondo e di ritirarsi in casa? (...) [perché alcuni] tengono a ricordare alla donna di casa americana che nel Medioevo i paesi cattolici elevarono la mite e pudica Maria a regina del cielo e costruirono le loro più belle cattedrali per "nostra signora", colei che crea la  casa, che nutre, che crea l'ambiente in cui vivono i figli, la perpetua rigeneratrice della cultura, della civiltà e della virtù.

Nota di Lunaria: Ida Magli (prima di gettare alle ortiche tutto il suo lavoro) aveva notato che le donne vedono continuamente celebrata "una figura di donna" che appare ovunque sui santini e si illudono di essere loro ad essere rappresentate.  https://intervistemetal.blogspot.com/2018/12/ida-magli-i-concetti-piu-belli.html

"La madonna incarna non soltanto quell'ideale di donna senza mestruazioni, totalmente chiusa, prima durante e dopo il parto, vergine madre, che i maschi inseguono ovunque (...) gli innumerevoli santuari mariani, le infinite statue della madonna (...) per quanto sia falsa e ingannevole, le donne non si sentono sole perché vedono ovunque la propria immagine e credono che questa le rispecchi, attesti la loro presenza nel mondo."

Ma Maria non è una vera donna, una donna carnale, materiale, con tutte le nostre aspirazioni individualistiche e desideri sessuali, sicché quelle immagini, quei santini, quegli inni, tutta quella stucchevole paccottiglia colorata e floreale non celebra la donna, bensì un ideale artefatto di donna costruito per soddisfare i capricci maschili di potenza e di dominio. Maria infatti è "la serva del signore", docile, obbediente, silenziosa, non "rivaleggia" con l'uomo, ma obbedisce; si lascia ingravidare, accetta totalmente di essere solo madre, e madre sottomessa, in ombra; la gloria non è per lei, ma per l'Uomo-Dio; lei vive di gloria riflessa, in ginocchio, con le mani giunte in preghiera.


Riporto un estratto del pensiero di Rosemary Radford Ruether:

"Finché la mariologia costituisce l'esaltazione del principio della sottomissione e della ricettività purificato da qualsiasi relazione con la femminilità sessuale, liberazione della donna non c'è e non può esserci"

e ancora:

"La mariologia è l'esaltazione del principio della sottomissione e della ricettività, purificato da qualsiasi relazione con la femminilità sessuale [...] Nel patriarcato c'è una buona e una cattiva femminilità. La cattiva femminilità rappresenta la volontà della creatura [...] nel suo stato naturale, la femminilità rappresenta il peccato e tutto ciò che deve essere sottomesso o rigettato. La buona femminilità invece rappresenta la creatura in quanto veicolo passivo della volontà maschile di Dio.[...] La mariologia esalta il femminile verginale, obbediente e spirituale, ma teme tutte le vere donne di carne."

Nel 1949 (...) tutte le riviste si ispiravano a "Modern Woman: the lost sex" di Farnham e Lundberg che già nel 1942 aveva ammonito che le professioni e l'istruzione superiore stavano portando ad una "mascolinizzazione delle donne, che avrebbe avuto consenguenze terribilmente pericolose sulla famiglia, sui figli e sulla capacità della donna, nonché del marito, di raggiungere la soddisfazione sessuale."
La mistica femminile afferma che il valore più alto e l'unico impegno possibile per la donna è la realizzazione della sua femminilità. (...) Alla radice delle difficoltà delle donne sta il fatto che in passato esse hanno invidiato gli uomini, e hanno cercato di essere come loro, invece di accettare la propria natura, che può realizzarsi solo nella passività sessuale, nel dominio del maschio e nell'amore materno. (...) La nuova mistica fa della madre-casalinga, che non ha mai avuto la possibilità di essere qualcos'altro, il modello per tutte le donne; essa presuppone che per quanto riguarda le donne, la storia abbia raggiunto hic et nunc una conclusione definitiva e gloriosa. In sostanza trasforma certi aspetti concreti, finiti, quotidiani dell'esistenza femminile - quale è stata vissuta finora da donne la cui vita si limitava per necessità al cucinare, al pulire, al lavare, al partorire, all'allevare figli - in una religione, in un modello secondo cui ora tutte le donne dovrebbero vivere, se non vogliono negare la propria femminilità. (...) Le donne devono continuare a partorire figli, perché la mistica della femminilità afferma che per la donna è questo il solo modo di essere una protagonista.
Anche in passato l'immagine della donna era spaccata in due: la donna buona e pura sul piedistallo, e la prostituta dei desideri della carne. (Nota di Lunaria: si pensi alla fissazione cattolica dell'idolatria che si porta all'imene di maria "la vergine eterna")
La nuova spaccatura apre una prospettiva diversa: di qui la donna femminile, la cui bontà include i desideri della carne, di lì la donna che lavora autonomamente, la cui negatività comprende ogni aspirazione ad una personalità autosufficiente. (...) l'indipendenza, l'insoddisfazione spirituale, il sentimento di una personalità propria debbono essere esorcizzati per conquistare o conservare l'amore del marito o del figlio.

La fase finale, in senso quasi letterale, è la scomparsa totale della protagonista come personalità distinta  e come soggetto di una propria vicenda. Lo sbocco finale si chiama "togetherness", uno stato in cui la donna non ha alcuna personalità indipendente: esiste solo per il marito e i figli, e tramite il marito e i figli.
[è da notare] che si rimproverava alle donne di costringere i mariti a sbrigare faccende domestiche invece di lasciare che si dedicassero alla nazione e ai problemi del mondo. Perché, si chiedeva, uomini che avevano capacità di statisti, antropologi, fisici, poeti, dovevano lavare i piatti e cambiare i pannolini ai neonati le sere dei giorni feriali e durante i weekends quando avrebbero potuto adoperare quelle ore per svolgere impegni più importanti per la società? (...) [Nota di Lunaria: si potrebbe osservare che questa idea dell'uomo che "non fa niente di domestico e si lascia servire dalla casalinga che cucina e lava per lui" paradossalmente fa sembrare l'uomo in questione un tontolone bamboccione incapace di provvedere a se stesso, incapace di cucinarsi un uovo al tegamino, incapace di lavarsi le mutande, incapace di portarsi il cucchiaio alla bocca, tanto da necessitare della badante che lo fa al posto suo. Non mi sembra un ruolo di grande dignità e prestigio per l'uomo stesso, che viene fatto passare come un incapace inetto a fare cose semplici e basilari per la sua sopravvivenza, se nei dintorni non c'è la sguattera badante che le esegue al posto suo, ma vabbè...]
Pareva che nessuno si ricordasse che una volta s'era creduto che le donne avessero la capacità e l'intelligenza per diventare statisti, poeti e fisici. (...) Scrivendo di un'attrice per una rivista femminile, si doveva presentarla nel suo aspetto di madre o donna di casa. Non veniva mai mostrata mentre lavorava o raggiungeva il successo se non quando alla fine lo pagava perdendo il marito o il figlio oppure ammetteva in qualche altro modo di essere fallita come donna.
[scontato dire] che questa immagine di donna madre-casalinga era stata creata in gran parte da scrittori e redattori.

Una di queste donne dichiarava: "Per la madre l'allattamento al seno diventa un complemento dell'atto di creazione. Acuisce il suo senso di soddisfazione e le consente di entrare in un rapporto più vicino alla perfezione di qualsiasi altro che una donna possa sperare di raggiungere (...) la maternità è un modo di vita. Essa dà alla donna la possibilità di esprimere la sua intera personalità, grazie ai teneri sentimenti, agli atteggiamenti di protezione, all'amore senza riserve della donna materna." (...) Ed ecco poi, in brillante e sorridente contrasto [alle donne "mascolinizzate" che si sono dedicati ad altro che non fosse la maternità], le nuove mogli massaie con la loro "eccezionale femminilità, ricettività e passività implicite nel loro sesso", preoccupate dalla propria bellezza e della propria capacità di partorire e allevare figli, sono "donne femminili con atteggiamenti veramente femminili, ammirate dagli uomini per la loro capacità miracolosa, divina, strepitosa di portare le gonne, con tutte le implicazioni di questo fatto." (...) Graziosamente [questo tipo di donna] lascia i posti più importanti agli uomini. Questa meravigliosa creatura si sposa, inoltre, in giovane età, partorisce più figli e appare molto più femminile della ragazza "emancipata" degli anni Venti o Trenta (...) se oggi [la donna] compie una scelta tradizionale e si dedica amorosamente a un giardino e ad una messe abbondante di figli, merita più lode che in passato."
[...] Quando una mistica è forte, trasforma i fatti nei miti che le convengono. S'alimenta degli stessi fatti che potrebbero contraddirla, e si diffonde in ogni angolo della società, ingannando anche i critici di quest'ultima. Adlai Stevenson, in un discorso pronunciato allo Smith College nel 1955, in occasione del conferimento delle lauree, annoverò "tra le crisi del nostro tempo" il desiderio delle donne istruite di avere un proprio peso politico. [un altro commentatore osservava che] "penso che possiate far molto per risolvere la nostra crisi restando nell'umile ruolo di casalinghe. Non credo di potervi augurare una vocazione migliore."
Nella mistica della femminilità la donna non ha altro modo di sognare intorno alla creazione o intorno al futuro. Non può nemmeno sognare di se stessa, se non come madre dei suoi figli e moglie di suo marito.
Una giovane donna dichiara: "Se lui non vuole che io porti un certo colore o un certo tipo di vestito, allora non lo voglio nemmeno io. Il fatto è che tutto ciò che ha voluto lui è anche quello che voglio anch'io... non credo nei matrimoni su un piede di parità"
Nella logica della mistica della femminilità per una donna come questa, che non ha propri desideri, che si definisce solo moglie e madre, non esiste alcun problema. Il problema, se esiste, può essere solo dei figli o del marito.

[Paradossalmente un marito commenta]: "due persone non possono diventare una nel senso che intende Mary. è già a prima vista totalmente ridicolo. E inoltre non mi va. Non voglio essere così legato ad un'altra persona da non poter avere un pensiero mio o da non poter fare una cosa che sia mia." [appunto, come facevo notare prima. Alla lunga venir accudito da una badante che ogni 5 secondi ti sta col fiato sul collo è umiliante, asfissiante e noioso anche per un uomo perché una persona rispettosa, indipendente ed equilibrata non desidera affatto avere al suo fianco un automa mentecatto]
Oggi [1963] le riviste a larga diffusione si trovano tutte in difficoltà (...) per assicurarsi il maggior numero possibile di potenziali clienti. è forse questa frenetica corsa a costringere i creatori dell'immagine a vedere le donne solo come compratrici? Li costringe forse a tentare di svuotare i cervelli femminili da ogni altro pensiero?
L'amore, i bambini e la casa sono gran belle cose, ma non esauriscono il mondo: perché le donne dovrebbero esser disposte ad accettare questa immagine di una vita dimezzata al posto di una partecipazione integrale al destino umano? (...) Il  vero mistero sta qui: per quale ragione tante donne americane dotate di capacità e istruzione adatte a scoprire e creare si sono ritirate nella casa, a cercare nel lavoro casalingo e nell'allevamento dei figli dei significati che non possono avere?
Negli anni in cui stavamo diventando adulte, non riuscivamo a immaginare noi stesse al di là dei 21 anni. La mia generazione non aveva un'immagine del proprio futuro: del proprio futuro di donne.
(...) Non sono mai riuscita a spiegarmi la ragione per cui feci quella rinuncia [la borsa di studio]; vivevo nel presente lavorando nel giornalismo, ma senza alcun piano particolare. Mi sono sposata, ho avuto dei figli, ho vissuto come una donna di casa dei suburbi secondo la mistica della femminilità. Solo dopo molto tempo ho affrontato quel problema, che ancora mi tormentava, e ho trovato una soluzione.

Ecco cosa mi disse una signora sposata a un medico e madre di tre figli, 15 anni dopo aver lasciato l'università:
"La tragedia è che nessuno ci ha mai detto chiaro e tondo di decidere che cosa volevamo fare della nostra vita, a parte l'esser mogli e madri. Ho affrontato il problema soltanto a 36 anni, quando mio marito ormai era troppo preso dalla sua professione per potersi occupare di me la sera. I tre ragazzi stavano a scuola tutto il giorno (...) Da bambina avevo sempre saputo che sarei cresciuta e andata al college e che poi mi sarei sposata, e che una ragazza non ha bisogno di pensare ad altro. In seguito il marito determina e riempie la nostra vita. Solo quando cominciai a sentirmi terribilmente sola mi resi conto che dovevo crearmi una mia vita. Dovevo ancora decidere che cosa volevo essere."

La mistica della femminilità consente e persino incoraggia le donne a ignorare la questione della loro identità. Essa sostiene che alla domanda "chi sono io?" possono rispondere "la moglie di Tom"\"la madre di Mary". Ma credo che la mistica non avrebbe un tale potere sulle donne americane se esse non avessero paura di affrontare questo vuoto che si para loro davanti dopo i ventun anni (...) Nella mia generazione eravamo in molte a renderci conto che non volevamo essere come le nostre madri. Non potevamo fare a meno di constatare la loro delusione (...) Molte madri non volevano nemmeno loro che le figlie crescessero prendendo a modello la loro vita.
Una ragazza fa notare: "Ormai esco con tanti ragazzi e mi costa uno sforzo perché non mi sento me stessa con loro. (...) Non mi piace pensare di diventare adulta (...) Non riesco ad immaginarmi sposata e madre, perché mi sembra che non mi permetterebbe di avere una personalità mia"
e parlando di sua madre, osserva: "Sembra che non esista. Mia madre non serve che a pulire la casa. (...) Mi viene la paura di assomigliare a mia madre (...) forse finirò per diventare come lei. E questo mi terrorizza."

Quasi tutte le nostre madri erano donne di casa, anche se molte avevano cominciato a svolgere una professione, o avevano desiderato svolgerla o si erano rammaricate di avervi dovuto rinunciare. Qualunque cosa ci dicessero, noi sapevamo che le loro vite erano vuote. Non volevamo essere come loro, ma quale altro modello ci si offriva? (...) Non si vedevano casi di donne che adoperassero il cervello, avessero un loro posto nel mondo e al tempo stesso amassero e avessero figli.
Se questo terrore fosse il terrore della libertà di decidere della propria vita senza che ci sia nessuno che prescriva la direzione da prendere? E se quelle che scelgono la via dell'adattamento femminile si stessero puramente e semplicemente rifiutando di crescere, di affrontare la questione della propria identità?
Una donna, madre di sei figli, osserva: "Vorrei aver impostato la mia vita in modo più profondo e creativo, e non essermi fidanzata e sposata a diciannove anni. Dal momento che mi immaginavo che il matrimonio fosse una cosa ideale e che il marito sarebbe stato una creatura devota al cento per cento, è stato uno choc scoprire che le cose non stanno così"
[le donne] non avevano che da attendere di essere scelte, e poi attendere ancora, finché il marito, i figli e la nuova casa avessero determinato il contenuto della loro vita. Sono queste le donne che sentono di più il problema di cui parliamo.
(...) Per le vecchie convinzioni e per la nuova mistica della femminilità le donne non sono tenute a diventare adulte, a scegliere un'identità umana. L'anatomia è il destino della donna, dichiarano i teorici della femminilità: l'identità della donna è determinata dal suo carattere biologico.

Negli ultimi anni si è irriso al femminismo come ad una barzelletta. Lottando perché la donna potesse partecipare alle attività principali e alle decisioni fondamentali della società su un piede di parità con gli uomini, si pensava che le donne negassero la loro natura di donne, che poteva realizzarsi solo con la passività sessuale, l'accettazione del dominio del maschio e le cure materne.
Il loro [delle prime femministe] è stato un atto di ribellione, una violenta negazione dell'identità della donna come a quel tempo veniva prospettata. Fu l'esigenza di una nuova identità a spingere queste donne a cercare nuove vie per la donna.
Il problema dell'identità era veramente nuovo, allora, per la donna, e le femministe erano delle pioniere che si trovavano all'estremo limite dell'evoluzione femminile. Dovevano dimostrare che le donne erano umane, spezzare quella figuretta che rappresentava la donna ideale, prima ancora di poter cominciare a lottare per i diritti di cui le donne avevano bisogno per poter diventare umanamente eguali agli uomini.
A quell'epoca la donna era considerata dall'uomo così totalmente un oggetto, così inesistente come soggetto, che non ci si attendeva nemmeno che godesse o partecipasse all'atto sessuale.
è così difficile comprendere che l'emancipazione, il diritto alla piena umanità ebbe per generazioni di donne ancora viventi o da poco scomparse [nota: il libro è del 1963] un'importanza tale da meritare la decisione di fare a pugni, andare in prigione, persino morire?

Ibsen vide benissimo che questo era il senso del femminismo. Quando in "Casa di Bambola" disse, nel 1879, che la donna non era altro che un essere umano, toccò un tasto nuovo per la letteratura; e migliaia di donne del ceto medio europeo ed americano si riconobbero in Nora:
"Sei sempre stato tanto gentile con me. Ma la nostra casa non è mai stata altro che una stanza da gioco. Sono stata la tua moglie-bambola, come prima ero stata la figlia-bambola di papà. E qui i bambini sono stati le mie bambole [...] ed è per questo che ora ti lascerò. Debbo reggermi proprio da sola per potermi capire a fondo."
Il marito ricorda a Nora "che i più sacri doveri della donna" sono quelli verso il marito e i figli. E Nora risponde:
"Credo che prima d'ogni altra cosa sono un essere umano ragionevole, proprio come te".
Una delle ragioni per cui la mistica della femminilità predomina è che pochissime donne sotto i quarant'anni conoscono i fatti del movimento per i diritti delle donne.

Le prime donne che parlarono in pubblico, in America, a favore dei diritti della donna (Fanny Wright, figlia di un nobile scozzese, Ernestine Rose, figlia di un rabbino) vennero chiamate "la rossa sgualdrina dell'infedeltà" e "la donna mille volte inferiore ad una prostituta".
Ad ogni passo le femministe si trovarono di fronte all'accusa che stavano violando la natura data da Dio alle donne. Per frenare l'emancipazione delle donne, si ricorda che "un potere più alto di quello che emana i nostri atti legislativi ha stabilito che l'uomo e la donna non saranno eguali"

Il mito che queste donne fossero dei mostri innaturali si basava sull'idea che la distruzione della subordinazione della donna avrebbe distrutto la famiglia e reso schiavi gli uomini.
[...] Nel voltare le spalle alle vecchie immagini della donna, nel lottare per liberare se stesse e tutte le donne, alcune di loro diventarono donne nuove, diventarono degli esseri umani completi.

Ricordiamo due di loro: Lucy Stone ed Ernestine Rose.


Lucy Stone si ribellava al fatto di essere femmina, se questo voleva dire essere umile quando lo diceva la bibbia.
Risparmiò per nove anni consecutivi un dollaro a settimana fino a che potè andare al college. Voleva prepararsi a perorare "non solo la causa degli schiavi, ma quella di tutta l'umanità sofferente.
E soprattutto volevo adoperarmi per l'elevazione del mio sesso".
Lucy Stone tenne conferenze per l'abolizione della schiavitù e per i diritti delle donne. Affrontava uomini che la minacciavano con bastoni, le tiravano in testa messali e uova e una volta in pieno inverno infransero il vetro di una finestra e le diressero addosso un getto d'acqua ghiacciata.
Quando si sposò, conservò il suo cognome per timore che diventare moglie significasse morire come persona.
Nel 1855 in uno dei suoi discorsi più commoventi disse: "Sin dai primi anni di cui conservo memoria, sono stata una donna delusa. Quando con i miei fratelli tendevo la mano verso le fonti della conoscenza, mi si rimproverava dicendo "Non è adatto a te; non è cosa da donna". Nell'istruzione, nel matrimonio, nella religione, in tutto quanto la delusione è il destino della donna. Sarà compito della mia vita approfondire nel cuore di ogni donna la delusione finché non sia più disposta ad inchinarsi ad essa."

è un fatto innegabile che organizzando e raccogliendo firme e parlando a favore della liberazione degli schiavi, le donne americane impararono a liberare se stesse. Le donne che parteciparono all'underground railroad, o che si adoperarono in altro modo per liberare gli schiavi, non rimasero più le stesse di prima.
Ernestine Rose, figlia di un rabbino, si ribellò contro la dottrina della sua religione che decretava l'inferiorità della donna; ricevette l'educazione al libero pensiero dal filosofo utopista Robert Owen. Sfidò anche il costume religioso ortodosso per sposare l'uomo che amava. Insistette sempre, anche nei momenti più amari della lotta per i diritti della donna, che il nemico non era l'uomo: "Non lottiamo contro l'uomo, ma soltanto contro principi sbagliati"
Queste donne straordinarie (Lucy Stone, Elizabeth Stanton, Ernestine Rose, Sojourner Truth...) non solamente conquistarono dei diritti formali: si liberarono anche dell'ombra del disprezzo e dell'autodisprezzo che aveva gravato sulla donna per secoli. Tuttavia, molto spesso erano osteggiate anche dalle stesse donne. Così Ida Alexis Ross Wyley ricorda gli anni della lotta:
"Le donne che se ne stettero in disparte - e mi dispiace dire che erano la maggioranza - si fecero donnette ancor più del solito, e odiarono quelle che lottavano con la velenosa rabbia dell'invidia"

è proprio lo stesso vecchio ideale che ha tenuto in trappola per secoli le donne e ha spinto le femministe alla ribellione.
Nota di Lunaria: se non bastasse la religione con la sua misoginia, ci si mettono anche psichiatria, psicanalisi e sociologia, che specialmente alle loro origini, consideravano la donna inferiore e necessariamente da confinarsi in casa!
Ma non solo, secondo costoro, una donna che "non fosse felice di essere considerata inferiore" e una donna "che faceva successo in campi culturali" erano donne malate! Peraltro questa stessa cosa la psichiatria l'ha usata anche contro gli afroamericani che volevano emanciparsi dalla schiavitù! Quegli schiavi africani che non volevano sottomettersi, essere considerati inferiori, che si ribellavano, erano considerati "malati di drapetomania"!!!


Per un approfondimento sui crimini della psichiatria vedi https://intervistemetal.blogspot.com/2018/08/i-crimini-della-psichiatria-raccolta-di.html

La verità è che per Freud le donne formavano una specie strana, inferiore, men che umana. Le vedeva come bambole infantili, che esistevano solo per l'amore dell'uomo, per amare l'uomo e soddisfare i suoi bisogni. Era un po' lo stesso genere di inconscio solipsismo che spinse per molti secoli l'uomo a vedere nel Sole soltanto un oggetto luminoso che girava intorno alla Terra. Freud crebbe in una cultura dominata da questo atteggiamento: e che non era solo la cultura dell'Europa vittoriana, ma anche quella cultura ebraica in cui gli uomini dicevano la preghiera quotidiana: "Ti ringrazio Signore di non avermi creato donna" e le donne pregavano sottomesse "Ti ringrazio Signore di avermi creato secondo la tua volontà"
Già nell'infanzia e nell'ambiente dove Freud crebbe era evidente questa sottomissione femminile: il padre comandava la famiglia con un'autorità autocratica tradizionale, la madre adorava il piccolo Freud: i suoi bisogni erano il sole intorno a cui ruotava la famiglia. Quando il suono degli esercizi che le sorelle facevano al pianoforte cominciò a disturbare i suoi studi, "il pianoforte scomparve", raccontò più tardi Anna Freud, "e con esso la possibilità per le sorelle di diventare musiciste."
Freud non pensava che questo atteggiamento potesse provocare problemi nelle donne. La natura delle donne era di farsi guidare dall'uomo ed era una malattia invidiarlo.
Anche la sua futura moglie, Martha, venne trattata da Freud come una "docile donnina", con il tono condiscendente che si usa per parlare alle bambine.
Freud soffrì quando lei non superò ciò che per lui era la prova più importante: "la completa identificazione con lui, con le sue opinioni, i suoi sentimenti, i suoi propositi. Non era davvero sua se non poteva vedere su di lei il suo marchio"

Freud dava per scontata la degradazione delle donne: ed essa è la chiave della sua teoria della femminilità. La forza motrice della personalità della donna, nella teoria di Freud, è l'invidia del pene, che la spinge a sentirsi disprezzata ai propri occhi e che nella femminilità normale porta al desiderio del pene del marito, un desiderio che non viene mai realmente soddisfatto finché essa non possiede un pene dando alla luce un figlio.
In breve, la donna è soltanto un uomo mancato, un uomo a cui manca qualcosa (idea che Freud riprende da Aristotele e da Tommaso d'Aquino)

I concetti del complesso di castrazione e dell'invidia del pene, due delle sue idee più fondamentali, sono postulati sulla base della premessa che le donne sono biologicamente inferiori agli uomini.
Per Freud, "la scoperta della propria castrazione, in una donna, è una svolta nella vita della ragazza. Essa è ferita nell'amor proprio dal paragone sfavorevole col maschio che è molto meglio equipaggiato." Questo porta ad un "complesso mascolino" nel quale la donna si rifiuta di rinunciare all'attività fallica (cioè alle attività "normalmente caratteristiche del maschio"). La situazione femminile si concreta soltanto quando il desiderio del pene viene rimpiazzato dal desiderio di un bambino: il bambino sostituisce il pene. Il "più forte desiderio femminile", il desiderio di un pene, trova una vera soddisfazione solo se "il bambino è un maschio che porta con sé il desiderato pene": la madre può trasferire al figlio tutta l'ambizione che ha dovuto sopprimere in se stessa, e può sperare di ottenere da lui la soddisfazione di tutto ciò che le è rimasto del complesso della mascolinità.
Freud non si preoccupava di mutare la società, di renderla più equa, ma di aiutare l'uomo e la donna ad adattarsi ad essa.
Insomma, per Freud e i suoi seguaci, la donna era inferiore, infantile, impotente, impossibilitata a raggiungere la felicità se non adattandosi ad essere l'oggetto passivo dell'uomo. Freud e i suoi seguaci volevano aiutare la donna a trovare la soddisfazione sessuale affermando la loro naturale inferiorità.
Anche autori come Helene Deutsch, Marynia Farnham e Ferdinand Lundberg pensavano che la ricettività, la passività, la disposizione ad accettare la dipendenza, il fare figli, fossero tutti elementi necessari "al piacere della donna"
Insomma: se una donna è istruita, tanto più è disturbata e tanto meno figli avrà.
Ovviamente, tutte le donne di successo nei campi culturali erano, per questi "luminari", donne "sofferenti del complesso della mascolinità"

Nel Novecento, Freud divenne il nuovo leader spirituale, e le sue teorie la nuova bibbia.
La mistica della femminilità elevata al rango di religione scientifica dalla teoria freudiana ha portato alle donne un unico messaggio di limitazione delle prospettive, di negazione dell'avvenire.
Le ragazze che erano cresciute giocando a baseball o amando la geometria, si sentirono dire dai "pensatori più avanzati del nostro tempo" di tornare a vivere la loro vita come se fossero delle "donnine" confinate in case di bambola dal pregiudizio vittoriano. E il loro stesso rispetto per l'autorità della scienza impedì loro di mettere in dubbio questa nuova forma di misoginia, questa nuova mistica della femminilità.

Per un curioso processo circolare, le intuizioni della psicologia, dell'antropologia e della sociologia, che avrebbero dovuto essere armi potenti per la liberazione delle donne, si sono in certo qual modo annullate a vicenda, col risultato di chiudere le donne da ogni parte.

Anche in sociologia si assiste ad un'aberrazione chiamata funzionalismo, che era un tentativo di rendere le scienze sociali più "scientifiche", mutuando dalla biologia l'idea di studiare le istituzioni come se fossero muscoli o ossa, cioè dal punto di vista della loro struttura e della loro funzione nel corpo sociale.
Il funzionalismo riprese il vecchio sessismo vittoriano, celandolo dietro un complesso e misterioso linguaggio.

Se questo brano del 1870, scritto dalla regina Vittoria, oggigiorno fa ridere:
"Alla regina preme in particolar modo sollecitare l'appoggio di tutti coloro che sono in grado di parlare o  scrivere, allo scopo di frenare questa malvagia follia dei diritti della donna, con tutti gli obbrobri che l'accompagnano, alla quale tende il povero debole sesso cui ella appartiene, perdendo ogni sentimento e decoro femminile... Dio ha creato diversi gli uomini e le donne: che ciascuno rimanga nella sua posizione."
questo brano tratto da "Marriage for moderns" di Henry A. Bowman (1942) cela abilmente il sessismo (certe cose sono per maschi, altre per femmine e non si possono "invertire") dietro parole all'apparenza neutre:
"I sessi sono complementari. Sono gli ingranaggi del mio orologio a far muovere le lancette e a consentirmi di dire l'ora. Gli ingranaggi sarebbero allora più importanti delle lancette? Non sono né superiori né inferiori. Ciascuno deve essere giudicato secondo le sue funzioni peculiari. Insieme formano un'unità funzionante. Così è degli uomini e delle donne: insieme formano un'unità funzionante. Presi separatamente sono entrambi in un certo senso incompleti. Sono complementari... quando gli uomini e le donne si dedicano alle stesse occupazioni o svolgono funzioni eguali, il rapporto complementare può spezzarsi (...) Parlare di ciò che si potrebbe fare se la tradizione e i costumi venissero radicalmente mutati, o di ciò che può avverarsi nell'anno 2000 non aiuta i giovani d'oggi ad adattarsi a ciò che è inevitabile nella vita, o a portare i loro matrimoni su un piano più alto di soddisfazione."
Insomma, per questo tipo di funzionalisti, "la donna potrebbe realizzarsi in qualche professione", anziché sposarsi e fare figli; sta di fatto "che sarebbe meglio restare casalinghe e pensare che chi guadagna da vivere (il marito) e chi organizza la casa (la moglie) formano insieme una combinazione complementare che non teme confronti"

Questo è in sintesi il funzionalismo che ha pervaso tutta la sociologia americana degli anni Quaranta. In libri come "Analisi sul ruolo dei sessi nella struttura sociale degli Stati Uniti" di Talcott Parsons, per la donna era contemplata la sola alternativa di essere "donna di casa", fondata sull'"abilità domestica, il fascino e il cameratismo":
"Lo status fondamentale della donna è quello di moglie del proprio marito, di madre dei propri figli"

Per Parsons, sociologo di alta fama e massimo teorico del funzionalismo, una vera uguaglianza tra uomini e donne non sarebbe "funzionale": lo status quo può essere mantenuto solo se colei che è moglie e madre è esclusivamente una casalinga o al massimo ha un'occupazione, piuttosto che una professione, la quale potrebbe darle uno status uguale a quello del marito. Perciò Parsons giudica la segregazione del sesso femminile "funzionale" allo scopo di mantenere immutata la struttura sociale, che è la preoccupazione principale dei funzionalisti, che hanno come funzione proprio quella di aiutare l'individuo ad adattarsi al ruolo assegnatogli in quel sistema.
"Un ordine sociale può funzionare solo perché nella stragrande maggioranza gli individui si sono in qualche modo adattati al loro posto nella società e svolgono le funzioni che ci si attende che svolgano. Le differenze nell'educazione dei due sessi sono ovviamente connesse ai rispettivi ruoli nella vita adulta (...) Anche se un genitore giustamente considera privi di valore certi convenzionali attributi del ruolo della donna, prepara dei rischi alla ragazza se la costringe ad allontanarsi troppo dai costumi accettati del suo tempo... possono risvegliare aspirazioni e sviluppare abitudini che sono in conflitto con certi aspetti del loro ruolo di donne... corriamo il rischio di risvegliare interessi e capacità che ancora una volta contrastano con la presente definizione della femminilità" ("Women in the modern world, their education and their dilemmas" di Mirra Komarovsky)

Eh certo! Una donna istruita e con tanti hobby, è qualcuno che non ha voglia di fare solo figli stando segregata in casa! Perciò, per questi funzionalisti, è pericoloso istruire le donne... il ruolo di "angelo del focolare, di madre" dev'essere preservato perché "funzionale" all'ordine precostituito patriarcale.
Ma, del resto, in pieno 2019 i cristiani ancora se ne escono con 'sta roba:



 https://intervistemetal.blogspot.com/2019/06/questa-volta-vi-e-andata-male.html

E così, in nome dell'adattamento alla definizione della femminilità data dalla società, si finisce praticamente per avallare la continua "infantilizzazione" della donna e la sua segregazione nella sfera domestica.
I funzionalisti fissavano la società in un presente senza fine e rifiutavano di ammettere la possibilità di un futuro diverso dal passato. Il loro ragionamento poteva reggere fin tanto che il futuro non fosse mutato. La vera scienza, invece, guarda al futuro. Sotto il funzionalismo, si era così rigidamente orientati sul presente da negare il futuro: le loro teorie rafforzarono i pregiudizi sessisti del passato e di fatto impedivano il mutamento.
Gli stessi sociologi trovavano il funzionalismo imbarazzante, perché non diceva nulla. Nel 1959 Kingsley Davis dichiarava: "[Il funzionalismo] è un impedimento piuttosto che un appoggio al progresso scientifico... la tesi che il funzionalismo non può occuparsi dei mutamenti sociali perché postula una società integrata e statica è vera per definizione."

Il funzionalismo trasformò "l'essere" in "dover essere": coloro che usavano termini come "protesta femminilista" chiusero in faccia alle donne le porte del futuro. Le donne dovevano essere preparate ad uno stato inferiore a quello che avrebbero potuto raggiungere; e anche se i funzionalisti non accettavano la tesi freudiana del "l'anatomia è destino", accettavano pienamente una definizione ugualmente restrittiva della donna: la donna è ciò che la società afferma che sia. (Nota di Lunaria: peraltro si vede che per il funzionalismo anche l'Io, il Singolo, non ha alcun valore; ciò che conta è la massa di individui, tutti uguali, già tutti incasellati in ruoli pre-confezionati)
Ma come mai le donne non reagirono? Quando una società ha eretto delle barriere giuridiche, politiche, sociali, economiche e scolastiche che impediscono alla donna di raggiungere la maturità, anche nel momento in cui una gran parte di queste barriere viene abbattuta, è sempre più facile rifugiarsi nel santuario della casa. è più facile vivere attraverso il marito e i figli che aprirsi una propria strada nel mondo. E la libertà è una cosa che spaventa: spaventa le prospettive di maturare e di liberarsi dalla dipendenza passiva. Perché una donna dovrebbe preoccuparsi di essere qualcosa di più di una moglie e una madre, se tutte le forze fondamentali della sua società le dicono che non ha nessuna necessità di maturare, e anzi sarà tanto meglio per lei se lo eviterà?
Gli studiosi del comportamento si interessano sempre più al fondamentale bisogno umano di maturare, alla volontà dell'uomo di realizzare tutte le sue potenzialità.
Questa "volontà di potenza, affermazione dell'Io, autonomia" non implica aggressività: è l'individuo che afferma la sua esistenza e la sua potenzialità come creatura autonoma: è il coraggio di essere un individuo.

Le casalinghe che vivono secondo la mistica della femminilità non hanno uno scopo personale che si protenda nel futuro. Ma senza uno scopo di questo genere, che susciti appieno le loro capacità, non possono pervenire all'autorealizzazione. Senza di esso smarriscono il senso della propria identità, perché sono gli scopi che danno forma alle giornate.
In nome di una femminilità (falsa e costruita dal patriarcato) hanno evitato le scelte che avrebbero dato loro un fine personale, il sentimento del proprio essere.
Se le viene impedito di realizzare la sua vera natura, la donna si ammala.
Il disagio, la disperazione della donna è un ammonimento che la sua esistenza umana è in pericolo, anche se ha raggiunto un compimento, secondo le massime della mistica della femminilità, come moglie e madre.
La mistica della femminilità comporta una scelta tra "l'essere una donna" e il rischiare le doglie dello sviluppo.

Il professor Maslow ha accertato che quanto più forte era il sentimento di padronanza o la forza dell'ego, tanto meno la donna era egocentrica e tanto più i suoi interessi si indirizzavano verso gli altri e i problemi del mondo. Invece le donne più tradizionalmente femminili si preoccupavano soprattutto di se stesse e delle proprie inferiorità.
La donna che possedeva un forte senso di padronanza era soprattutto psicologicamente più libera ed autonoma. La donna con scarso senso di padronanza non era libera di essere se stessa, era eterodiretta. Quanto più bassa era la sua opinione di sé, la sua fiducia in se stessa, tanto più tendeva a ritenere l'opinione altrui più valida della propria, e a desiderare di assomigliare a qualcun altro.
Queste donne di solito ammirano e rispettano gli altri più di se stesse, e insieme a questo enorme rispetto per l'autorità e all'imitazione degli altri, ad una completa subordinazione volontaria agli altri, mostrano odio, risentimento, invidia, gelosia, sospetto, sfiducia. Questo tipo di donna ha spesso la sensazione che quello che dice è stupido e provocherebbe irrisione, ha paura di esporsi e ritiene di essere incompetente.
Per usare le parole di Eugene Minkowski, "Noi pensiamo ed operiamo e desideriamo al di là di quella morte che, malgrado tutto, non potremo evitare. L'esistenza stessa di fenomeni come il desiderio di far qualcosa per le generazioni future indica chiaramente il nostro atteggiamento in questo senso. Nel nostro paziente, quella che pareva mancare del tutto era questa propensione verso il futuro... In questo slancio personale c'è un elemento di espansione; noi superiamo i limiti del nostro ego e lasciamo un'impronta personale sul mondo che ci circonda, creando opere che si staccano da noi per vivere una loro vita. A questo si accompagna la contentezza: quel piacere che accompagna ogni azione compiuta e ogni ferma decisione. Tutta la nostra evoluzione individuale consiste nel tentativo di superare ciò che è stato fatto. Quando la nostra vita mentale si offusca, il futuro si chiude davanti a noi..."

La mistica della femminilità promette alle donne la soddisfazione sessuale attraverso la rinuncia dell'Io.
Come gli uomini, le donne possono trovare la loro identità solo in attività che impegnino pienamente le loro capacità. Una donna non può trovare la sua identità nel marito, nei figli. Non può trovarla nella routine del lavoro domestico. La mistica della femminilità prescrive alle donne una morte vivente. Minacciata dalla lenta morte del proprio io, la donna deve cominciare a prendere sul serio la vita.


Nota di Lunaria: Mary Daly dirà la stessa cosa. Infatti:

"Le donne sono state condizionate a considerare riprovevole ogni atto che affermi il valore dell'ego femminile. L'ambizione femminile può "passare" solo quando viene diluita nell'ambizione vicaria tramite il maschio o per conto dei valori patriarcali. Per controbattere questa autosvalutazione di massa le donne dovranno costruire l'orgoglio femminile, alzando i nostri standard relativi a quanto è bello essere donna. Il nostro fallimento è consistito nel non aver affermato attivamente l'ego femminile. Se dobbiamo vergognarci di qualcosa, è di questo."

Una donna deve dire molto chiaramente di no alla mistica della femminilità per sopportare la disciplina e lo sforzo che ogni impegno professionale richiede. Infatti la mistica non è soltanto una costruzione intellettuale. Moltissima gente ha, o crede di avere, un interesse costituito nelle perpetuazione della condizione della casalinga. è certo che una donna deve fare i conti con i pregiudizi, gli errati timori e gli ingiustificati dilemmi di cui si fa portavoce il marito, gli amici, i vicini, il pastore, il sacerdote, il rabbino.
Anche la tradizionale resistenza dell'ortodossia religiosa si maschera oggi con le tecniche manipolative della psicoterapia.
Le donne cattoliche o ebree non si liberano facilmente dall'immagine della casalinga; (1) questa immagine è incorporata nei canoni della loro religione, nei precetti della loro infanzia e nell'infanzia del marito, nelle definizioni dogmatiche del matrimonio e della maternità che dà la loro chiesa.
In un opuscolo religioso si leggeva "Una moglie che lavori può essere una sfida all'autorità del marito?"
Venivano poi elencate queste cose:
"Può darsi che essa stia minando in maniera impalpabile la convinzione del marito di essere il capo di casa e colui che mantiene la famiglia. Il mondo economico può inculcare nella sposa lavoratrice atteggiamenti ed abitudini che le rendono disagevole adattarsi alla guida del marito".
Una donna cattolica si ritirò dal comitato direttivo statale della Lega delle elettrici perché il sacerdote e il marito "mostravano dispiacere". "Per una cattolica è più difficile restare emancipata. Io mi sono ritirata. Sarà meglio per tutti gli interessati se sarò soltanto una casalinga", disse. (2)

Anche per le donne non religiose, l'arma più potente della mistica della femminilità è la tesi secondo cui accettando un lavoro extracasalingo, rinnegano marito e figli. Se il figlio si ammala o il marito ha qualche difficoltà, le dicerie insidiose, la mistica della femminilità e la stessa voce interiore della donna daranno la colpa al suo rifiuto di accettare il ruolo di casalinga.
è allora che molte donne rinunciano definitivamente o rinviano i loro impegni verso se stesse e verso la società.

La donna che si mette in marcia deve sempre affrontare quel senso di perdita che accompagna il mutamento: vecchi amici che scompaiono, rassicurante routine, nuovi itinerari non ancora chiari. è tanto più facile per una donna dire di sì alla mistica della femminilità che non rischiare le pene, la volontà di compiere lo sforzo, se vuole davvero uscire dalla trappola della casalinga.
La mistica della femminilità vorrebbe che le donne rinunciassero ad avere proprie ambizioni. Il matrimonio e la maternità sono il fine, dopodiché si pretende che le donne siano ambiziose solo per il marito e i figli.

In quasi tutti i campi professionali le donne sono ancora trattate come cittadini di seconda classe. Perciò una ragazza deve imparare a concorrere, non come donna, ma come individuo. Finché un grande numero di donne non passeranno dai margini al centro della vita sociale, la società non fornirà loro i mezzi per attuare il nuovo progetto di vita. Ma ogni ragazza che riesca a diventare avvocato o medico aiuta le altre ad andare avanti. Ogni donna che si batta contro quegli ostacoli alla piena eguaglianza, che sono celati dalla mistica della femminilità, rende più facile il cammino alle altre donne.
In passato è stata necessaria alle donne - e lo è ancora - una straordinaria fermezza di propositi per perseguire i loro progetti di vita di fronte ad una società che non attendeva e non attende nulla da loro. Queste donne risolvevano le loro difficoltà e procedevano oltre. Resistevano ai tentativi di persuasione e manipolazione, non rinunciavano ai loro valori in cambio dei vantaggi del conformismo. Erano tutte coscienti della propria identità.
Le donne sono più longeve degli uomini, ma passano come fantasmi attraverso il resto della loro vita.
Allorché la soddisfazione delle madri renderà le figlie contente di essere donne, queste ultime non dovranno "ridursi" ad essere femminili; potranno dispiegarsi finché si renderanno conto da sole della propria identità. Non avranno bisogno dell'opinione del ragazzo o dell'uomo per sentirsi vive. E quando le donne non avranno più bisogno di vivere attraverso i mariti e i figli (...) uomini e donne potranno finalmente vedersi reciprocamente per come sono.


(1) Nota di Lunaria: qui l'Autrice probabilmente non cita le donne islamiche perché quando scriveva (1963) non penso ci fossero molte islamiche in America...


(2) Nota di Lunaria: l'Autrice lo affronta in sintesi, il discorso sarebbe molto più esteso. Mi limito ad elencare i concetti che rendono il monoteismo inconcepibile con i diritti delle donne.

1) L'idea che dio sia maschio o comunque un essere astratto senza corpo ma con simbolismo maschile.
2) L'idea che tale dio abbia deciso i ruoli: al maschio spetta il dominio, alla femmina la servitù.
3) L'idea che le figure femminili che fanno da contorno a tale dio (maria, maria maddalena, sante...) siano "esempi perfetti di femminilità" e siccome erano donne sottomesse, se ne deduce che la sottomissione è la qualità femminile per eccellenza, gradita al dio in questione.
4) L'idea che tra maschi e femmine solo i maschi rappresentano in miglior modo l'immagine di tale dio "visibile in terra" e solo i maschi possono agire "in vece sua": preti, imam, rabbini.
5) L'idea che il rapporto sessuale sia "valido" esclusivamente a fine riproduttivo: da qui la condanna anche per l'autoerotismo, l'omosessualità o qualsiasi forma di piacere sessuale "non riproduttivo"
6) L'idea che una "femmina vergine" sia "più degna di stima" di una "femmina non vergine"
7) L'idea che una "femmina coperta" sia più "rispettabile" di una "femmina che non si mette la palandrana coprente"
8) L'idea che la donna abbia minor capacità intellettuali dell'uomo e quindi "non sia adatta" a fare cultura.



ALTRO APPROFONDIMENTO

La battaglia dei movimenti femministi - in Gran Bretagna come negli altri paesi occidentali - durante gli anni Sessanta ebbe lo scopo di mostrare come l'identità sessuale venisse plasmata in base a precisi processi ideologici o sociali e non naturali.
L'idea venne espressa nel 1935 dall'antropologa Margaret Mead (che ipotizzava l'esistenza di una dimensione socialmente costruita dell'identità, sovrapposta per convenzione e per scelta maschile al sesso biologico) e influenzò molte autrici degli anni Sessanta.

Altri saggi che riscossero molto successo furono "La politica del sesso" (1969) di Kate Millet e "L'eunuco femmina" (1970) di Germaine Greer. Entrambi i libri analizzano il ruolo della donna, in base anche ai cambiamenti in corso nella società.



 
In questo periodo ci sono soprattutto tre rivendicazioni:

1) obiettivi pragmatici come l'aborto
2) l'analisi alla repressione sessuale
3) la rivendicazione di nuovi ruoli per le donne

Tra le autrici più attive nell'analisi ai meccanismi storicamente patriarcali c'è Kate Millet che, tra le altre cose, in "La politica del sesso" dimostra come anche la letteratura del Novecento (D.H. Lawrence, Henry Miller, Jean Genet, Norman Mailer) perpetui il canone letterario sessista:

"Il dominio sessuale prevale come l'ideologia più diffusa della nostra cultura e ne costituisce il concetto-base di potere. Questo perché la nostra società, come tutte le altre civiltà storiche, è un patriarcato. Tale realtà appare subito evidente se si ricorda che le forze armate, l'industria, la tecnologia, le università, la scienza, le cariche politiche, le finanze sono completamente nelle mani dei maschi. (*) Poiché l'essenza della politica è il potere, tale constatazione non può non colpire. Quel che ancora rimane dell'autorità sovrannaturale, la divinità, il suo clero, insieme all'etica e all'arte della nostra cultura è di creazione maschile, come fece rilevare una volta T.S. Eliot (**).
Se si accetta che il governo patriarcale è l'organizzazione con cui quella metà del volgo che è di sesso femminile è dominata dall'altra metà di sesso maschile, i principi del patriarcato sembrano duplici: il maschio dominerà la femmina, il maschio anziano dominerà il più giovane (***)"

"La sorte delle tre istituzioni patriarcali, la famiglia, la società e lo stato è interdipendente. Questo in quasi tutte le forme di patriarcato ha portato a favorire la religione sostenendo il precetto "il padre è il capo della famiglia" o la delega del giudaismo di un'autorità quasi sacerdotale al genitore maschio. Anche i governi secolari di oggi confermano il fenomeno, come ad esempio nella prassi dei censimenti che designa il maschio coma capofamiglia, soggetto della tassazione, intestatario di passaporti eccetera. Si tende a considerare indesiderabili le femmine capifamiglia: ciò è un prodotto della povertà e della sfortuna."

I concetti espressi da Kate Millet vengono inglobati nel movimento di controcultura che caratterizzò gli anni Sessanta.

(*) Ovviamente, in primis va citato il discorso delle religioni, visto che il concetto di dio (e del prete che lo rappresenta) è maschile.
Attualmente (2019) le donne ricoprono tutte le cariche e i ruoli che Kate Millet cita in questo passaggio di un libro scritto nel 1969. Nota di Lunaria.
(**) Anche perché donne che pure fecero letteratura e arte nei secoli precedenti non vengono manco fatte studiare a scuola: vedi nome come Ann Radcliffe, Mary Shelley, Lavinia Fontana, Rosa Mezzera, Gaspara Stampa ecc.

Con l'arrivo dei diritti per le donne, sale anche l'interesse per la scrittura femminile; inizia a perdere mordente la tradizione narrativa maschile e si sviluppa una sensibilità letteraria politica con nuovi modelli culturali.
Le autrici più significative sono Iris Murdoch e Muriel Spark. 
Iris Murdoch, autrice di 26 romanzi (tra i più noti: "Sotto la rete" e "A Message to Planet") ha saputo continuare lo stile della letteratura ottocentesca (soprattutto Jane Austen, George Eliot e Henry James) aggiungendo la filosofia: il risultato è quello di romanzi dove prevalgono quesiti morali (specialmente influenzati dal pensiero filosofico greco). "Platone presenta la vita umana nei termini di un pellegrinaggio dall'apparenza alla verità. L'intelligenza, cercando soddisfazione, passa da un'accettazione acritica dell'esperienza sensibile e del comportamento a una comprensione più sofisticata. Come questo avvenga e cosa significhi è compito del narratore spiegarlo."
Muriel Spark, di fede cattolica, riprende le influenze del romanzo gotico (Ann Radcliffe\Mary Shelley) in particolare il tema del segreto, usato per smascherare le ipocrisie.
I romanzi più celebri di Muriel Spark sono "Memento Mori", "Gli anni fulgenti di Miss Brodie" e la trilogia macabra di "The Driver's Seat", "Not to Disturb" "The Hothouse by the East River".
In questo periodo molto importanti sono anche le riletture delle opere del passato ("Ogni interpretazione è politica e la letteratura ci sembra fondamentale per capire come vengono rappresentate le donne e come si definisce la differenza sessuale", affermano Catherine Belsey e Jane Moore)